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Loe raamatut: «Il ponte del paradiso: racconto», lehekülg 16

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– Dio voglia! – esclamò Filippo Aldini.

– Ella ha intanto la mia assoluzione; – aggiunse il signor Anselmo.

Erano arrivati frattanto in capo alla Merceria. Di lì il signor Cantelli poteva andare da solo a San Marco; e Filippo Aldini lo lasciò, per non correre il pericolo di farsi vedere a quell'ora con lui.

XVII.
La donna forte

Certo oramai della strada, poichè la Merceria metteva appunto a quella nobilissima parte di Venezia che tutti i viaggiatori conoscono anche prima d'esserci stati, il signor Cantelli si avviò speditamente all'albergo; pensieroso, e non senza ragione, così per il triste caso dell'amico Zuliani, come per il discorso malagevole che avrebbe dovuto fare alla sua cara figliuola. Ma nell'animo di quel babbo soverchiava un sentimento di viva simpatia per quel conte Aldini, il quale, ora più che mai, colla sua nobile sincerità, meritava di diventare suo genero. Tutta la difficoltà consisteva nel modo come la confessione generale del giovinotto sarebbe stata intesa da Margherita: quanto a lui, lo confortava abbastanza la sua vecchia massima: “l'uomo è nato cacciatore„; alla quale poteva anche aggiungere che nel caso concreto il cacciatore era stato trascinato, più che dalla imprudenza sua, dalla follìa della selvaggina. Una vera fatalità! e tanto più fastidiosa, in quanto che l'errore lontano portava conseguenze vicine.

Ed ora, come dire tutte queste cose a Margherita? Erano discorsi da farsi a ragazze? Ma sì, pur troppo, viene il momento che anco alle ragazze bisogna parlare l'aspro e volgare linguaggio del brutto mondo in cui vivono, povere anime ignare! Del confidarsi alla moglie, perchè facesse lei il discorso, gli era pur venuta l'idea; ma subito l'aveva messa in disparte. Anzitutto il segreto rischiava di non esser più tale, passando per troppe orecchie; ed egli non ne aveva preso licenza dal suo penitente. Poi, l'effetto buono o cattivo di quella confessione generale sull'animo di Margherita poteva dipendere, più che dalla esposizione di alcuni fatti dolorosi, da quella di molti particolari che li accompagnassero, ora aggravandoli, ora attenuandoli, spiegandoli sempre. Come se la sarebbe cavata, da questo passo, la signora Eleonora? E non sarebbe poi stato il caso di ricorrere a lui, per aggiunte e commenti? Tutto ciò si evitava, parlando egli diritto diritto a sua figlia.

Mentre veniva innanzi, pensando queste cose con tanto giudizio, il signor Anselmo s'imbattè in sua moglie, che in compagnia di Federigo andava girando botteghe.

– Oh bravi! – diss'egli. – E Margherita?

– In camera, a scrivere le sue lettere; – rispose la signora Eleonora. – Hai lasciato il conte Aldini?

– Sì, poco fa. E a proposito di lui, ricordiamo che verrà questa sera col signor Zuliani. Non bisognerà dunque lasciarci sfuggire ch'egli sia venuto prima; e ciò per lasciare all'amico Raimondo il piacere di averlo presentato egli stesso a me. Sarà un atto di delicatezza verso di lui, non vi pare? Il signor Zuliani ne è degno. —

Così disposte le cose, e felicissimo di trovar Margherita sola, affrettò il passo verso l'albergo. Era appena arrivato nel suo appartamento, che Margherita lo udì, e tosto gli mosse incontro serena e sorridente.

– Ahi, ahi! – pensò egli. – Come si fa ora a dirle tante brutte cose, a questa cara figliuola? —

Margherita non gli aveva ancora letto negli occhi.

– Ebbene, – gli disse, – come sei rimasto contento del signor Filippo?

– Io, molto. Così ne fossi contenta tu!

– Oh, babbo! A me non c'è bisogno di augurarmelo. – Il signor Anselmo colse la palla al balzo, entrando subito nel vivo dell'argomento.

– Neanche se nel suo passato ci fosse… qualche taccherella? – domandò.

– Come sarebbe a dire, taccherella?

– Ma sì, qualche scappata, qualche impennata, come può fartela il cavallo più generoso. Intendimi per discrezione… qualche antica passioncella, via!.. Sai bene; l'uomo è nato… un po' leggero di testa. E se una fiammatella ci fosse stata… anche fuoco di paglia… specialmente fuoco di paglia… che ne diresti! come vedresti la cosa? —

Margherita stette alquanto sovra pensiero, guardando il suo babbo negli occhi.

– Tu sai qualche cosa. – gli disse, – sai… della signora Zuliani! —

Figurarsi l'atto di stupore del signor Anselmo, a questa scappata della sua dolce figliuola!

– O come? Già eri informata?

– Eh, ci voleva poco a capirlo. Quella graziosa signora ci ha sempre veduto volentieri come il fumo negli occhi. Appena una visita, in tutto il dicembre passato, e ci ha lasciate sole a far la nostra vita di forestiere. Finalmente, perla notte del capo d'anno, c'è stato l'invito, e neanche fatto da lei, ma dal signor Raimondo, che, evidentemente per salvar le apparenze, metteva innanzi il nome della sua agrodolce metà. E là, a quella cena, mio caro, ho inteso tutto, ho tutto indovinato. Guardava me con aria di volermi sorbire come un uovo fresco: poi covava quel povero Aldini con gli occhi, mettendolo in uno stato d'angustia e d'impazienza da far veramente pietà. Dio, com'era seccato! e come si vedeva che l'avrebbe tanto volentieri mandata a quel paese! Vecchie lune, è questo il vostro destino. Ed era una vecchia luna, quella lì, molto vecchia; non c'era da prendere abbaglio.

– Quante cose hai osservate in una notte!

– Seconda vista, babbo; e si ha sempre, per le cose che premono. Ed anche ho notato l'atto della signora, quando suo marito destinò il conte Aldini per accompagnarci in gondola fino alla riva degli Schiavoni. Avrei avuto compassione di lei, te lo confesso, se non avessi veduto, e prima e poi, che il signor Filippo pensava a lei, com'io al Gran Turco. Ah, la stizza, che la prese cinque giorni dopo, quando capitò qui e trovò il signor Filippo intento a disegnare il ponte del Paradiso, per ricordo d'una passeggiata artistica, che avevamo fatta quarantott'ore prima! È vero che se ne vendicò da sua pari, distillando veleni nell'orecchio della mamma. Così li avesse distillati in presenza mia! Ero donna da risponderle, sai? come va che lei lo riceve, un uomo simile? E ne parla così a noi, ora, ch'egli è appena appena uscito di qui? Permette che ci lagniamo a suo marito, di averci presentato un tal uomo? Avrei voluto vederla, allora, che cosa mi sapesse rispondere. —

Il signor Anselmo sorrideva, sentendosi un po' più sollevato.

– Dunque, non ti dai pensiero di quella vecchia luna?

– Nè di quella, nè d'altre, le cui fasi son da lasciarsi dormire negli antichi almanacchi. D'una sola cosa potrei darmi pensiero; come sei venuto a saper tu, appena arrivato, di quella vecchia luna?

– Appagherò subito la tua legittima curiosità. Quel bravo giovinotto mi ha voluto condurre in casa sua; e là, con grande effusione di cuore, mi ha fatta la sua confessione generale.

– E ti ha detto che si trattava di una vecchia luna?

– Sì, ed io l'ho assolto col proverbio; acqua passata non màcina. È un onest'uomo; è stato tale anche in quella debolezza passeggera, in cui la minor parte di colpa è stata certamente la sua. Fu involto, sconvolto, travolto: mi servo delle sue stesse parole. Ma in verità, il parlare di queste cose ad una ragazza come te…

– Babbo, non sarò io tra poco Margherita Aldini?

– Eh, Dio sa se mi farebbe piacere! Vorrei che fosse oggi la vigilia e domani la festa. Ma tu la fai liscia più che non sia veramente. Se ci fosse ancora qualche difficoltà da superare? —

Margherita impallidì a quelle parole del babbo.

– Tu non me la dici giusta; – esclamò.

– E tu, bambina, non sei tranquilla come vorrei.

– Vediamo di contentarti; – ripigliò Margherita, facendo uno sforzo visibile, per padroneggiare la sua inquietudine. – Viene da lui, la difficoltà?

– Non da lui; egli ti ama pazzamente… disperatamente…

– Allora, son tranquillissima; – diss'ella, respirando. – Vedi che effetto produci, con un paio di avverbii? – aggiunse tosto, ridendo. – Sono una donna forte più che tu non creda, e poco mi basta a farmi riavere, purchè quel poco sia buono…

– Ed abbondante; – conchiuse il signor Anselmo, ridendo più gustosamente di lei.

– Sentiamo dunque; – ripigliò Margherita. – Donde viene la difficoltà a cui accennavi?

– Da un caso spiacevole di cui egli non ha colpa veruna, e che mi ha dovuto raccontare, confessandosi a me.

– Se egli si è confessato a te, la sua confessione era sicuramente per me. Dunque, sentiamo tutto. —

Tutto! Faceva presto a dirlo, quella cara figliuola. Il babbo impacciato non ne disse neanche la metà. Nondimeno, ce ne fu d'avanzo per lei, quando ebbe sentito brevemente del vecchio errore, dei pronti rimorsi, delle oneste esortazioni, che erano sembrate efficaci per rimetter quell'anima in pace, ma che tutto ad un tratto, in quei giorni, avevano perduto ogni forza. Non era divampata da capo una fiamma d'amore, che più non poteva davvero, e che ad ogni modo non avrebbe trovato propizio il terreno; era stato un incendio di orgoglio offeso, di collera feroce, all'udire che un certo matrimonio era imminente, e che Raimondo Zuliani sarebbe andato quella mattina alla stazione per aspettare l'arrivo d'un padre, d'un padre già persuaso di quelle nozze e dispostissimo ad affrettarle. Qui, in breve spazio di tempo tutta una rovina, un precipizio di cose; la donna, vera furia scatenata, che scopre sè stessa al marito, per nuocere altrui, anche a suo rischio di vita, e sempre poi a suo danno; il marito che corre a chiedere ragione all'amico traditore, ma precorso dalla donna impazzita, che va a dare avviso della commessa follìa, ed anche a consigliare la viltà d'una fuga, avendo appena il tempo di trafugarsi lei in un andito, presso un uscio segreto, donde ascolta il colloquio terribile tra i due uomini ch'ella ha messi l'un contro l'altro, e donde si ritira anche male, imprudentemente facendo rumore nel chiudersi l'uscio dietro alle spalle; onde avrebbe potuto accadere di peggio, se il signor Zuliani, sospettando il vero, fosse corso ad inseguire quella donna nella scaletta di servizio.

Margherita ascoltava fremendo la rapida esposizione di quel viluppo di casi. E più doveva farla fremere il racconto di ciò che era seguito tra i due, così posti di fronte. Raimondo Zuliani era l'offeso; dettava egli le condizioni della sua vendetta; imponeva la sua volontà, con un duello alla sorte. La sorte aveva favorito l'Aldini; lo Zuliani perdente, doveva uccidersi entro un termine di tempo già stabilito tra loro. Ma egli, da galantuomo, confessava al suo avversario che si sarebbe ucciso egualmente, vincendo, poichè aveva perduta la sua felicità con tutte le illusioni della sua vita. Amava ancora, pur disprezzandola, quella donna infedele, che già era stata cagione del suo dolore più acerbo. Per far sua ad ogni costo quella donna, il poveretto aveva perduto l'affetto di una madre adorata.

– La signora Adriana che vive a Belluno; – disse Margherita, ricordandosi. – Infatti, veneziana com'è, non si lascia più vedere a Venezia. Si vede ora che conosceva bene la sua futura nuora. Povero signor Raimondo! Ed è tanto un brav'uomo!

– Tanto bravo, che con tutto quello ch'è accaduto fra lui e il conte Aldini, vuole che il matrimonio si faccia, e dentro i sessanta giorni che gli resterebbero da vivere, secondo il patto giurato. Patto segreto, s'intende, e noi non dobbiamo saper nulla di nulla. Solo la bontà di cuore del conte Aldini, la sua rettitudine, la sua probità verso di noi, ci mettono a parte di quel triste segreto. Sicchè, vedi tu a che punti siamo. Quell'ottimo giovinotto ha pensato che tu dovessi sapere ogni cosa dei suo passato, per dar giudizio di lui. E qui è da lodare la sua delicatezza: io gli ho già detto che per questa io lo stimavo mille volte di più. Ma egli ha voluto raccontarmi ancora tutto l'occorso di questa mattina, pensando che un matrimonio in queste condizioni potesse dispiacere a te…

– Ha ragione; – interruppe Margherita.

– Come, ha ragione? – gridò il signor Anselmo, stupito.

– Sì, ha ragione, e per questo lo stimerò io diecimila volte di più. Io non sposerò il conte Aldini, coll'ombra del suicidio di Raimondo Zuliani davanti agli occhi. Il nostro matrimonio è stato ideato dal signor Zuliani, desiderato, preparato, voluto da lui. Con che cuore, dimmelo tu, con che cuore andrei io all'altare, pensando che dopo la cerimonia, il padrino delle mie nozze, si toglierebbe la vita?

– Capisco, – rispose il signor Anselmo. – Ma a fargli mutar proposito non ci adopreremo anche noi? Lo metteremo con le spalle al muro, vedrai; lo pregheremo, lo piegheremo; ascolterà le voci della ragione.

– Lo credi? Ci vuol altro che esortazioni e preghiere! Ci penserò; – rispose Margherita con accento risoluto.

– E intanto, cara mia, che si fa coll'Aldini? Egli ha riconosciuta la necessità di farti sapere tutta la sua confessione, ma soggiungendo che ne dovevano conseguire due mali; uno, il più grave, e per lui certamente insopportabile, che il tuo cuore si allontanasse da lui; l'altro, che ne sarebbe il corollario immediato, di non potersi presentare questa sera da noi. Lo vedresti tu volentieri, dopo ciò che conosci di lui?

– O babbo, – disse Margherita, – anch'io mi sono confessata a te; più brevemente, e per un fallo minore. Speravo di aver fatto un giudizio temerario, sospettando che tra lui e quella donna ci fosse stato… qualche cosa. In verità, non pensavo di colpir così giusto. Ad ogni modo ero certa… il cuore mi diceva, il cuore che non s'inganna mai, che fossero vecchie lune, tramontate da un pezzo, e che solo per orgoglio offeso, od altro di simile, quella donna mi odiasse. Quanto a lui, senti, io ti confesserò candidamente, che non avrei voluto quell'ombra del passato ad oscurargli la fronte. Mentirei, se ti dicessi il contrario. E credi ancora, avrei rinunziato a lui, se egli fosse stato un altro.

– Che sottigliezze!

– Sì, e da capirsi benissimo. Egli era così gentile e buono, così nobile e colto, così rispondente al mio ideale, che, salvo sempre il tuo consenso, io non avrei rinunziato a lui per il ricordo di un'ombra passata sopra i suoi occhi, prima che quegli occhi si fossero posati su me. Così potevo perdonare il passato; così posso ancora, e perdonarlo e cancellarlo. Egli è oggi senza colpa, per me. Non lo hai tu confessato, del resto? – soggiunse la cara fanciulla, sorridendo. – E non gli hai data la tua paterna assoluzione?

– Con tutta l'anima; – rispose il signor Anselmo, intenerito. – Dunque, ecco qua; lo riceverai bene. Io gli ho detto, congedandomi da lui: esplorerò l'animo di Margherita, e le scriverò un bigliettino, con questa frase, che lo conforti: “il ponte del Paradiso è in ottimo stato di conservazione; ci si può passare senza pericolo.„

– Babbo cattivo! Tu ascolti, passando…

– Come tu dietro agli usci.

– Ma io non potevo fare diverso, essendo nella camera attigua.

– E neppur io, essendo nella stessa camera, e infilando la pelliccia. —

Erano pari e patta. Margherita conchiuse il giuoco, abbracciandolo stretto, e stampandogli due baciozzi sulle guance.

– Sicchè?.. – diss'egli.

– Scriverai… scriveremo… anzi scriverò io il biglietto. Si guadagna tempo. Non l'ho mica da sposare domani. E gli parlerò un pochino ancor io, per l'appunto domani… se il babbo permetterà.

– Veramente…

– Veramente, al punto in cui siamo, anch'io debbo parlare. E poi che cos'è? Dubiteresti della prudenza di tua figlia?

– No, questo, no. Ma siete prudenti in un certo modo, voialtre donne; e prepotenti, poi!.. Insomma, farai quel che vorrai. —

In quel punto venne un cameriere ad annunziare la visita del signor Raimondo Zuliani.

– Ditegli che passi; – rispose il signor Cantelli.

– Ed io, babbo, passo di là, per iscrivere ancora una lettera; poi vengo da voi. —

Leggera leggera, la fanciulla si trafugò nella camera attigua. Aveva già richiuso l'uscio, quando il signor Zuliani entrò nel salotto.

Raimondo era calmo nell'aspetto, quasi severo. Gran forza di volontà in quell'uomo, che la sventura aveva così duramente percosso! Si sarebbe mostrato anche ilare, se non avesse dovuto dare, a scusa della sua assenza mattutina all'arrivo di Anselmo, poco liete notizie della sua signora. Nervosa all'eccesso, la sua Livia aveva sofferto nella notte un potentissimo assalto del suo male, restandone molto abbattuta. Era a letto, naturalmente, e n'avrebbe avuto per parecchi giorni. Egli intanto, rinnovate le sue scuse, ringraziava caldamente l'amico di esser venuto alla chiamata, e di mostrarsi tanto disposto ad accogliere il suo disegno. Gli premeva di esser egli l'autore della felicità di un carissimo giovine, che avrebbe presentato quella sera ad Anselmo Cantelli. Un gentiluomo perfetto, quel conte Aldini, un'anima grande, un cuor d'oro, degno di Margherita, almeno in quel modo e in quella misura che un uomo poteva esser degno di un angelo. Ed anche a questi patti, poteva l'angelica creatura esser certa di non trovar fallo presente in quell'uomo. Tutti si è stati giovani, conchiudeva Raimondo, e qualche antica debolezza, com'egli aveva avuto l'onore di dire alla signora Eleonora dopo l'imprudenza di un certo discorso leggero, non doveva assolutamente contare.

– Acqua passata non mácina; – disse il signor Anselmo; – e poi, bisogna sempre passarne qualcuna, pensando che l'uomo è nato cacciatore. La mia figliuola non ha poi badato molto ad un discorso che voi volete pur ricordare, mio caro Zuliani, dicendolo anche leggero, mentre infine esso non usciva dai limiti delle chiacchiere da salotto, urbane sempre e graziose. E dopo tutto, la mia Margherita, senza essere un angelo, come voi avete la bontà di chiamarla, è una donna forte, ve l'assicuro io, una donna forte.

– Dunque, – riprese Raimondo, – è affar combinato?

– Eh, quasi. Bisognerà bene che questo giovinotto lo veda prima ancor io, e ancor io me ne innamori; ne convenite?

– È giusto; – conchiuse Raimondo. – Ma di ciò sono più che sicuro. —

L'uscio della camera attigua si aperse, e Margherita comparve, Margherita luminosamente bella, col sorriso sul labbro, e un mazzettino di lettere nella destra, che fece scorrere prontamente nella sinistra, per istender l'altra con atto cortese e sollecito al signor Raimondo Zuliani. E strinse forte, quella mano delicata, strinse forte la mano di quell'uomo, per cui sentiva una simpatia più viva e più profonda di prima.

– Permette? – diss'ella poscia, accennando le sue lettere. – Le consegno, e sono da Lei. —

Andava intanto alla parete, e toccava il bottone del campanello elettrico.

– Subito queste lettere nella cassetta postale; – ordinò al cameriere, che era comparso alla chiamata.

Poi, libera dalle sue piccole faccende, venne a sedersi accanto al signor Raimondo, chiedendo anzitutto notizie della signora Livia, ed ascoltando con molta attenzione quello che egli ne diceva; egli poveraccio, che dalla mattina non era più ritornato al palazzo Orseolo. Di quante piccole bugie necessarie non si compongono le nostre conversazioni! Di lì, mutando argomento, la donna forte passò a discorrere della mamma, che era in volta col suo Federigo, per arricchirne il corredo. Sicuro, anche lì ci voleva un corredo di nozze; non per la sposa, che non ne aveva bisogno, se non di carbone e di munizioni da fuoco, essendo una bella corvetta, destinata a fare con Federigo, per suo viaggio di nozze, il giro del globo. La lunghezza del viaggio voleva adunque che fosse più ricco dell'usato il corredo dello sposo.

In queste chiacchiere si consumò una mezz'ora; dopo di che il signor Zuliani prese commiato, promettendo una visita più lunga per quella medesima sera.

– Non so, – diss'egli, – se troverò il conte Aldini, per presentarlo io al suo babbo. Ci siamo intesi per le nove. Ma se per caso egli avesse da capitare prima di me, prego Lei, signorina, di far le mie veci.

– Con gran piacere; – rispose Margherita, stringendo ancora ben forte la mano di Raimondo; – ed Ella me ne ricambierà con buone notizie della sua signora, alla quale vorrà fare i nostri più caldi augurii per la sua pronta guarigione. —

Non una fibra del volto di Raimondo Zuliani tradiva lo stato dell'animo suo.

– Uomo forte davvero, e risoluto; – pensò Margherita, vedendolo partire; – questo sarà duro a vincere, più che il babbo non pensi. —

Indi a poco arrivò Federigo con la mamma.

– Grandi acquisti, – disse la signora Eleonora al marito. – Quest'oggi ti costiamo un capitale.

– Dài, dài dentro senza misericordia; – rispose il signor Anselmo, stropicciandosi le mani. – Sei capace, scommetto, d'avermi speso un dugento di lire.

– Sì, bravo; aggiungi uno zero.

– E che cos'è uno zero? Nulla, mia cara. Infatti, non si dice di un uomo… come me, verbigrazia, ch'egli conta come uno zero? —

Si rideva, così, aspettando l'ora del pranzo; e il signor Anselmo, prendendo esempio da quella donna forte di sua figlia, le cercava tutte per rallegrar la sua gente.

E la signora Eleonora, ottima pasta di donna, era lontana le mille miglia dal sospettare che figlia e marito non avessero punto voglia di star sulle celie, dopo tanti sopraccapi che avevano avuto in tre ore. Bello, passare tra i drammi della vita senza avvedersene! Ma un gusto simile è solamente capace d'intenderlo bene chi della vita ha saggiato il disgusto.

Quella sera, alle nove in punto, ritornava Raimondo Zuliani, tranquillo, sereno, anche ilare, secondo il suo vecchio costume, poichè della sua signora poteva recare sempre migliori notizie. Con lui veniva Filippo Aldini, che il signor Anselmo ebbe l'aria di vedere per la prima volta. Così voleva la diplomazia, concertata tra loro.

L'Aldini non appariva ilare come Raimondo, tra perchè quello non era mai stato il suo costume, e perchè allora come allora gli sarebbe parso un insulto, o poco meno, all'interna pena del suo compagno di visita. Era calmo, nondimeno, e garbato: un po' umile, anzi un po' vergognoso, si accostò a Margherita, osando appena di toccarle la mano.

Ma sul cuore sentiva il dolce conforto di una letterina, ricevuta quella sera al Quadri; una cara letterina, che lo aveva miracolosamente aiutato a mandar giù qualche boccone con minor reluttanza. La soprascritta era di pugno del signor Anselmo; lo scritto interno di Margherita. Così erano in due a dargli animo. Ed era la prima volta, quella, che Filippo Aldini vedeva i caratteri della divina creatura, fini, svelti, e chiari ad un tempo, non imitati, grazie al cielo, da certi uncini, arpioni e rampini bislunghi e bistorti dei secoli barbari, come si usa oggidì dalle graziose donne del mondo civile.

La letterina di Margherita diceva brevemente ed eloquentemente così:

“Il babbo ha molte faccende e non può scriverle, come sarebbe suo desiderio vivissimo. Ma faccia conto che scriva egli in persona, nel lasciare che fa il grato incarico a me di significarle che si può passare senza pericolo; Ella sa dove.

“Margherita„.

Certo il Povero Aldini sarebbe stato molto impacciato, quella sera, a trovar materia di conversazione, così turbato com'era, e per parecchie ragioni. Ma gli venne provvidamente in aiuto la signorina Margherita, tirando il discorso sull'arte. Il ponte del Paradiso ebbe naturalmente la parte sua; l'ebbe il pittore Longhi; l'ebbe il Pannini; l'ebbe soprattutto il divino Correggio. Erano a Parma, buon Dio; frugarono tutti i piani della Pilotta, dal museo archeologico al teatro Farnese; poi fecero una serie di scorribande, alla rocca di Torrechiara, a quella di San Secondo, a Montechiarugolo ed a tante altre castella circonvicine, per andare a finire nelle alte solitudini del lago Santo. Ci prese gusto anche il signor Anselmo, che sul territorio parmense possedeva un latifondo da principe, e meditava di ampliarlo ancora, tanto vedeva di quei luoghi invaghita la sua cara figliuola.

– Margherita, – diss'egli giubilante, – ha Parma sulla punta delle dita.

– Babbo, il tuo complimento sarebbe più bello in francese: je la sais par coeur.

– Non è lo stesso?

– Sì: ma c'è quel cuore, che ha più sentimento delle dita; non ti pare? —

Per la maggior bellezza della frase doveva aver ragione lei, se anche le si potesse rispondere che il sapere una cosa au bout des doigts aveva corso libero in Francia. Quella sera faceva lei tutte le carte, ma usando l'arte di far parlare più che potesse l'Aldini. Il signor Zuliani notò con soddisfazione che il Cantelli non ispiccava mai gli occhi da Filippo, se non forse per rivolgerli alla sua Margherita.

– Mi pare che il negozio cammini; sia lodato il cielo; – pensò egli in cuor suo.

Quando egli fu sul punto di andarsene, Margherita gli disse con la sua grazia adorabile:

– Signor Raimondo, io so che Lei mi vuol bene; e Lei sappia che io gliene voglio ancora di più.

– Mi par difficile; – rispose egli con bella galanteria.

– Vedremo. Chi vive, ha tempo a vedere… e a ricredersi. Vuole che scommettiamo? —

Raimondo Sorrise, ma non accettò la scommessa.

Al conte Aldini, che era rimasto ancora qualche minuto, la donna forte trovò il modo di dire in disparte:

– Ci si vede domani? L'aspetteremo alle tre, io e babbo. Si parlerà d'alte cose. —

E perchè Filippo era rimasto un po' sconcertato da quelle “alte cose„, soggiunse:

– Ma sì, c'è da aggiustare quel benedetto ponte. Non pericola, lo so; ma qualche restauro mi pare che lo richieda… e lo meriti. —

Ah, birichina, quella donna forte! Ed aggiungeva per il buon peso:

– È anche un po' angusto, quel povero ponte. Non già come quello che la fantasia di Maometto ha saputo imaginare, fatto d'un filo di ragnatela, che, guai alle anime, se non son più che leggere, perchè non ci si potrebbero reggere e cascherebbero nella Geenna, fiammeggiante di sotto! Ma al nostro dobbiamo pensare, da buoni architetti, facendolo ampio al bisogno, e ben saldo. Sorrida intanto; sorrida almeno una volta! —

Filippo Aldini sorrise, e promise.