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Loe raamatut: «La tigre della Malesia», lehekülg 22

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Quantunque avesse di già intravveduto il prossimo tramontar della sua stella in quei mari, il prossimo tramontar della sua potenza, del suo nome, all’ultimo momento sentivasi straziare il cuore, sentivasi mancare la forza. Per quell’uomo, benché innamorato alla follia, era atroce veder cadere brano a brano quella nomea che a prezzo di tanto sangue aveva acquistato.

Si levò dalla branda, dove tutta la notte s’era agitato ruggendo, mugolando, che il sole si era alzato, e si lasciò cadere su di un sedile, colla testa stretta fra le raggrinzate dita.

– Ah! – esclamò egli, con voce strozzata. – Il pirata sta per spirare, la Tigre, quella terribile Tigre che un dì andava orgogliosa del suo nome, sta per morire e morire per sempre. Marianna! Marianna! se tu sapessi quanto mi strazi il cuore! Se tu sapessi quanto mi costa amarti, quanto mi costa abbandonare la mia terribile carriera, che era la mia gloria!…

«Orsù, era fatalità, era destino che io, dopo aver tanto brillato, dopo aver guazzato nel sangue di coloro che mi morsero il cuore, di aver sparso il terrore per duecento miglia a me d’intorno, avessi ad amare!

«Un giorno il mio cuore era di granito, un giorno non sapeva amare che le stragi, che le guerre, che la mia Mompracem, che il mio mare, che i miei tigrotti… e ora non so amare che lei, Marianna, la nepote di una giacca rossa, d’un nemico!

«Giorno e notte sento il fuoco dell’amore che mi arde il cuore, che serpeggia come piombo fuso nelle mie vene; giorno e notte non vedo che lei che volteggia dinanzi ai miei occhi, che mi sorride, che mi affascina, che mi accieca, che spegne l’ultima mia volontà, l’ultima mia forza che potrebbe ancora essere capace di spezzare la catena che mi lega a lei! Non sono più la Tigre, non sono più il terribile Sandokan; sento di essere un’ombra ammalata, atrocemente rosa dall’amore, e destinata a perire fra le braccia di quell’incantatrice dagli occhi azzurri e dai capelli d’oro che mi ha domato dopo avermi distrutto i miei tigrotti, i miei figli!…

Il pirata alzò le braccia, con gesto disperato e chiuse gli occhi movendo le labbra come cercassero un bacio nell’aria. Stette così un minuto, due, cinque, immobile trasognato, poi tornò in sé.

Gettò un sospiro; il passato ricomparve assieme all’avvenire, entrambi tenebrosi, sfilando dinanzi ai suoi sguardi e rabbrividì, suo malgrado, di spavento, ma fu tutto.

Fece qualche passo per la stretta cabina poi salì in coperta dove il Portoghese lo aspettava di già con qualche impazienza. I suoi ordini erano stati puntualmente eseguiti durante la notte, di maniera che il prahos era completamente scomparso a qualsiasi sguardo d’Inglese. Giro Batoë dopo di aver fatto ammainare gli alberi, e levate le vele, l’aveva fatto trascinare fra i canneti dalla riva sinistra, ricoprendolo di un ammasso di rami e di alberelli, che lo nascondevano del tutto.

La sola imbarcazione galleggiava fra la riva e anch’essa semi-nascosta tra le erbe.

– Credeva che dormissi per due giorni interi – disse il Portoghese movendogli incontro con sollecitudine.

– No, Yanez – rispose Sandokan. – Progettava il mio piano. Ecco tutto.

– Ebbene che pensi di fare? Bada bene, Sandokan, che se si deve giuocare giuochiamo in silenzio e con astuzia.

– Lo so, e ci metteremo subito in campagna. Non bisogna lasciarci sfuggire la minima occasione per porsi all’opra. Scegli dieci fra i più agili e coraggiosi uomini e, assieme a Giro Batoë, imbarcali. Mi occorrono e bene equipaggiati.

I dieci uomini, la maggior parte Malesi e Bughisi, di un provato coraggio e di una agilità da dare dei punti alle scimie stesse, furono scelti in un batter d’occhio. Furono imbarcati assieme ad alcune coperte, una tenda, munizioni e una grossa provvista di viveri. Sandokan, prima di unirsi ad essi, chiamò il sottocapo.

– Ikaut – diss’egli volgendosi verso il Dayacco. – Tu rimarrai con dieci uomini al prahos per ogni possibile evento; bada a essere prudente e non attirare l’attenzione delle giacche rosse che possono girare nei boschi o navigare sul mare. Eseguisci ciecamente gli ordini che ti saranno mandati, e tienti pronto a qualsiasi ora per prendere il largo.

– Bene, capitano, fidatevi di me – disse Ikaut. – Quando me l’ordinerete, il prahos sarà in mare prima di un’ora.

Sandokan prese posto nell’imbarcazione, e i tredici uomini attraversato il fiumicello sbarcarono sulla riva opposta.

– Dove andiamo noi? – domandò il Portoghese guardando Sandokan sul cui volto brillava un raggio di contentezza.

– Lo vedrai, Yanez, noi compieremo il nostro progetto senza rumore, ma con torrenti di sangue.

Caricatisi dei viveri, armi e munizioni, la tenda e coperte, si misero in marcia attraverso i boschi, dirigendosi senza rumore, e senza fretta verso la villa che poteva distare tre chilometri. Sandokan dopo di aver guardato con qualche attenzione un mango selvatico contornato da rotang e da cespugli che lo coprivano a metà si arrestò.

– Tu rimarrai qui – diss’egli, volgendosi a uno dei suoi uomini. – Pianterai il tuo domicilio, ti terrai nascosto o nei cespugli o nel fogliame. Trecento metri alla tua sinistra hai il fiume e quindi il prahos col quale avrai facile relazione e gli trasmetterai i miei comandi, e a trecento metri verso il bosco avrai un tuo compagno. Spia, riferisci a esso ciò che tu vedi che di bocca in bocca passerà sino a me. Mi comprendi? Una catena ti unisce al prahos e a me; abbi prudenza e che la fortuna ti sia propizia.

Gli fu dato una coperta, la sua parte di munizioni, qualche po’ di viveri e lasciato. Mentre egli preparava il suo domicilio fra i cespugli, il drappello continuò la marcia, fino a che, ad altri trecento o trecentocinquanta metri, fu posta una nuova sentinella. La manovra si ripeté, descrivendo una gran curva a una certa distanza dalla villa, fino a che Sandokan, il Portoghese e Giro Batoë giunsero sul sentiero che menava a Vittoria, la cittadella di Labuan, a una distanza di circa tre o quattro chilometri dal fiumicello. Standosene colà accampati, spiando ogni occasione propizia, potevano avere una continua relazione col prahos senza essere scoperti e ricevere o trasmettere notizie e comandi. Le sentinelle che avevano posto, erano uomini che non si lasciavano sì facilmente scovare, capaci di attraversare una intera foresta passando di ramo in ramo a mo’ delle scimie sia di giorno che di notte, senza destare attenzione, passando sopra la testa del più astuto cercatore di piste.

– Hai compreso il mio piano? – domandò Sandokan al Portoghese che si stropicciava le mani da uomo contentissimo.

– Perfettamente, fratellino mio – rispose egli. – Avevo ragione di dire che la Tigre è più forte del leone.

– Sì, e ne vedrai ancor di belle, Yanez. Noi siamo sul sentiero di Vittoria a un seicento metri dalla villa, nulla può sfuggirci di ciò che può succedere, e se il lord ha qualche idea di darsi alla fuga per sottrarre la giovanetta alle mie zanne, avrà da che far con me, per quanti soldati abbia. In un baleno posso radunare ventitre tigri o in un baleno prendere il mare. Lo vedrai.

Il campo fu rizzato in mezzo a tre banani selvatici, i quali completamente avviluppati fra una rete di rotang e di gamuti, nascosti ai piedi da fitti quanto alti cespugli, permettevano ai pirati di passare i giorni senza essere con tanta facilità scoperti. La tenda tenuta assai bassa e di color scuro che si poteva confondere colle piante, fu rizzata, e i tre uomini con una grossa provvista di viveri, bene armati, e con qualche bottiglia di wisky vi presero posto aspettando pazientemente gli eventi, senza perdere di vista il sentiero lontano una sessantina di passi.

Non erano passate sei ore, che Giro Batoë era andato a prendere notizie dalla prima sentinella imboscata sulla cima di un gluga. Fu nel ritornare che l’orecchio fino del Malese fu colpito da un lontano rumore, appena distinto che doveva venire dal sentiero che conduceva a Vittoria. Senza comprendere da ciò che provenisse, in pochi salti guadagnò la tenda.

– All’erta capitano! – esclamò egli. – Qualche cosa succede sul sentiero; io ho udito un certo rumore che non rassicura troppo.

– Gl’Inglesi di già? – mormorò il Portoghese, che, da uomo prudente, tendeva la mano verso la sua ricca carabina.

– Non lo potrei accertare. L’essere che lo produce deve trovarsi assai lontano – disse Giro Batoë.

– Possiamo prendere le nostre precauzioni – disse Sandokan. – Può essere qualcuno che si avvicina alla villa. Venite.

Uscì seguito dai compagni e si spinse fino al sentiero dove appoggiò l’orecchio al suolo. Non tardò a udire un suono precipitato che andava avvicinandosi rapido e che la superficie della terra trasmetteva chiaramente.

– Mi sembra un cavallo – diss’egli, alzandosi. – Se fosse un cavaliere che si recasse alla villa?

– In tal caso consiglierei di lasciarlo passare tranquillamente – rispose il Portoghese.

– Lasciarlo passare? – esclamò Sandokan che gli balenò in mente un sospetto e un nuovo piano. – Se fosse il baronetto? Sangue di Maometto, guai a lui, e poi baronetto o soldato, mi occorre, amici miei. Se si reca alla villa, deve recarsi per qualche cosa; presto Giro Batoë, vammi a prendere una corda e tendiamogli un agguato per farlo cadere.

– Farlo cadere? Egli si difenderà, sparerà fucilate, pistolettate e metterà in all’arme quelli della palazzina. Tu, Sandokan, ti vuoi perdere.

– Lascia fare a me, Yanez. Il cavaliere s’avvicina rapidamente, è segno che ha molta fretta. Il cavallo che viene alla carriera cadrà di colpo secco trascinando l’uomo; noi gli saremo addosso prima che abbia tempo di porre mano alle armi.

– Ma che diavolo vuoi farne di questo cavaliere?

Il pirata sorrise furbescamente accostando un dito alle labbra per invitarlo a tacere.

Aiutò il malese Giro Batoë a tendere una solida corda attraverso il sentiero, ben assicurata a due tronchi d’albero e tanto bassa da rimaner nascosta dalle erbe.

– Lascia che s’avvicini, Yanez – disse poscia, – e l’uomo sarà nostro senza far fracasso. Tu, Giro Batoë, va a imboscarti dietro quel folto cespuglio e appena che il cavallo cade afferralo per la briglia. Noi penseremo al cavaliere.

Il Malese si affrettò a ubbidire e sparve in mezzo alla macchia posta sull’altro lato del sentiero. Sandokan e Yanez si nascosero in mezzo alle folte erbe in vicinanza della corda.

Il galoppo del cavallo andava allora avvicinandosi rapido, e udivasi tratto tratto un lungo fischio, senza dubbio emesso dal cavaliere.

– Il cavallo vi urterà contro come un prahos col vento in poppa avventato contro uno scoglio – disse Sandokan. – Spero di far viaggiare tutti i soldati del parco al sud dell’isola più facilmente dell’altra volta. Ah! lord James, mi conoscerai meglio!

– Vorresti impicciarti in qualche pericolosa faccenda? – chiese Yanez. – Non so che diavolo intenda di fare.

– Lo saprai fra breve, e ti avviso prima che tu avrai una parte importante in questa faccenda. Diverrai un elegante cavaliere inglese.

– Io! Io un cavaliere inglese! Sei pazzo, Sandokan.

La Tigre si mise un dito sulle labbra raccomandandogli silenzio.

Il cavaliere inglese che pareva venisse da Vittoria, comparve sul sentiero a trecento passi di distanza. Era un bel giovanotto sui ventisei anni, robusto, dal volto fiero, vestito da ussaro, che cavalcava con eleganza estrema. Pareva avesse assai fretta, e spronava vivamente il suo cavallo morello che col petto chiazzato di candida bava andava alla carriera colle crini al vento. Sandokan urtò Yanez.

– Attento – gli soffiò all’orecchio.

Il cavallo s’avvicinava rapido come una freccia, eccitato dalla briglia, dallo sprone e dal fischio che il cavaliere emetteva. Capitò come un fulmine addosso alla corda. Fece un balzo indietro gettando un nitrito doloroso e rotolò fra le erbe seco trascinando l’ussaro.

I pirati erano lì. Ancor prima che il cavaliere potesse liberarsi dalle staffe e porre mano alla sciabola gli furono addosso. Giro Batoë saltò alla testa del cavallo e afferrando le briglie lo tenne fermo, e Sandokan e Yanez si precipitarono sull’uomo riducendolo all’impotenza.

– Non opporre resistenza – gli disse Sandokan passando due dita di ferro al collo di lui e dandogli una stretta. – Sciogli la lingua appena che ti è passata la paura e bada, giovanotto mio, di non ingannare. Ehi! Giro Batoë, lega il cavallo che potrebbe più tardi esserci di qualche utilità.

Il Portoghese, mentre che Giro Batoë si affrettava a ubbidire, legò saldamente le mani dell’ussaro, che non ardì opporre resistenza e presolo fra le braccia lo portò sotto la tenda per farlo parlare a loro comodo.

– Orsù ora sei nelle nostre mani e hai dei kriss alla gola – disse Sandokan sedendosi accanto al soldato. – Tu devi avere qualche lettera per lord James, è facile capirsi. Lasciami un po’ vedere ciò che contiene.

Il pirata, malgrado le proteste dell’ussaro, si mise a rivoltare le sue tasche e non tardò a far saltare fuori una lettera che lesse avidamente.

Era diretta al lord James Guillonk e scritta dal baronetto William Rosenthal. Non conteneva che poche parole, ma abbastanza importanti. Il baronetto faceva avvisato il lord che un prahos piratesco era stato veduto da un piroscafo e lo raccomandava di ben vegliare su lady Marianna, sospettandosi che la Tigre guidasse quel legno.

– Notizie vecchie – disse Sandokan, quando l’ebbe letta. – Se egli sapesse che io sono di già a Labuan e che sto per rapirla!…

Intascò la lettera dopo di aver attentamente guardata la scrittura come volesse imprimersela bene in mente e tornò sedersi.

– Il baronetto mi pare che si occupi molto di noi – disse il Portoghese.

– Sì, Yanez – rispose Sandokan. – E si occupa molto della giovanetta, ma per poco.

– Hai qualche progetto nuovo?

– Chi sa? – poi volgendosi nuovamente verso il soldato: – giovanotto mio, le notizie che rechi a lord James sono vecchissime e a me occorrono notizie freschissime. Che fa il baronetto William?

– Ah! – fe’ il soldato sogghignando, – credi tu che io voglia parlare? Quando avrò parlato tu mi ammazzerai egualmente, lo si sa. Chi è uscito vivo dalle mani dei pirati? To’, scommetterei che tu sei quel ladrone che si dà pomposamente il nome di Tigre.

– Credo che tu abbia indovinato, cane d’Inglese – disse Sandokan mentre un lampo d’ira balenavagli negli occhi. – Bada però bene a misurar le parole; il tuo cranio potrebbe darsi che mi servisse da tazza!

– Si dice che tu beva sangue umano, sarebbe più giusto che tu lo bevessi nel cranio di un soldato. Non metterti in testa però che io abbia a parlare o che io abbia paura di un miserabile come sei tu. Mi hai preso tendendomi agguato, perché avresti avuto paura a misurarti con me, sono caduto stupidamente nelle tue mani, fa ciò che credi. Quando il tuo kriss si caccierà nella mia gola, fingerò di essere già morto.

– Se tu non mi avessi offeso, ti lascierei libero perché tu sei coraggioso. Giro Batoë, afferrami quest’uomo e fa in maniera che fra un’ora sia a bordo del prahos. È il primo uomo che regalo a essi; che ne facciano ciò che vogliono purché domani o posdomani veda la sua testa sull’asta della mia bandiera. Va, io ne farò di meno delle sue notizie che saranno sempre false.

Il Malese mise un bavaglio sulle labbra del soldato che si era messo urlare dibattendosi, poi afferrandolo fra le sue robuste braccia lo portò seco. Sandokan per un istante cupo si volse verso il Portoghese e spiegando la lettera:

– Yanez, sapresti tu imitare questa scritta in maniera che il lord non abbia ad accorgersene che non è del baronetto?

– Uhm! Non sarà tanto facile, ma infine con un po’ di pazienza si può riuscire. Ma che vorresti farne tu?

– Aspetta; Giro Batoë, alla prima sentinella spogliami quell’uomo che ho bisogno delle sue vesti – disse Sandokan voltosi al Malese.

– Ti abbisognano le sue vesti, adunque? – domandò il Portoghese. – Tu mi hai un piano che non giungo a comprendere.

– Lo saprai, Yanez. Tu vedi che la villa è troppo bene guardata e che noi siamo troppo deboli per tentare un assalto dove le probabilità di una rotta sono tutte volte contro di noi. Bisogna che quei soldati se ne vadano, ed è perciò che ho bisogno di una falsa lettera e delle vesti di quel soldato. Tu sei bianco, non si può sospettare che tu sia un pirata, la sarebbe ridicola; parli bene l’inglese da farti credere un nativo di Calcutta, sei coraggioso quando bisogna esserlo e sei stato soldato. Il cavallo è ancora là, indosserai le vesti d’Inglese e andrai alla villa facendoti credere proveniente da Vittoria cogliendo il momento di dire due parole alla giovanetta da parte mia. Acconsenti tu, Yanez, a far tutto ciò per me? Te ne serberò ricordo finché avrò sangue nelle vene.

– Sono tuo, Sandokan! Disponi di me come vuoi. Mi hai salvato, mi hai chiamato fratello, devo ubbidirti: è mio dovere.

– Grazie, Yanez, io sapeva che tu eri un uomo fatto per me. Grazie, e ora scrivimi questa lettera.

– Ecco il più difficile, fratello mio, tuttavia scriverò. Dammi la lettera che vediamo bene il carattere.

Esaminò la scrittura fina ed elegante, per qualche tempo, poi traendo un calamaio e una penna dal fondo delle saccoccie si mise a scarabocchiare su alcuni fogli di carta della quale non mancava mai. Provò e riprovò per mezz’ora, poi quando credette di essere riuscito a imitarlo, scrisse ciò che gli dettava il pirata.

Mylord,

«I pirati hanno abbandonato da sei giorni Mompracem e sono sbarcati sulle nostre coste senza che i piroscafi abbiano potuto impedirlo. La Tigre della Malesia li guida, forse decisa a mettere in opera i suoi tenebrosi progetti su vostra nepote. Ho avuto notizie della sua comparsa al parco e della scalata, della fuga e della vostra caccia sfortunata, ma ora non abbiate timore. Un combattimento si è impegnato al sud dell’isola fra i pirati e le nostre truppe e una parte di essi colla Tigre sono stati battuti. Ignoro la vera località del luogo, ma credo che la moschetteria che continua durare basterà per guidare gli aiuti, che dovrete spedire immediatamente per ordine del Governatore.

«Coraggio, mylord, un ultimo sforzo e i banditi trincerati fra gli alberi, stretti per terra e per mare fra poco cadranno dinanzi al valore dei nostri soldati e con essi la Tigre. Mandateli e che Dio sia con loro.

«I miei saluti a voi e a vostra nepote che fra breve rivedrò.

«Vostro

«Baronetto Rosenthal William».

Il Portoghese aveva appena terminato che Giro Batoë era di ritorno colle vesti del cavaliere senza dimenticare la sciabola.

– Hai consegnato il tuo uomo? – domandò freddamente Sandokan suggellando la lettera, dopo di averla letta.

– Sì, mio capitano, e credo che fra poco si pentirà di aver troppo beffato la Tigre – rispose il Malese.

Yanez prese le spoglie del soldato e le indossò dopo essersi liberato dalle sue. Erano un po’ strette e più lunghe, ma non vi fece caso. Cinse la cintola colla sciabola, si appiccò gli speroni ai lunghi stivali, si calcò in capo il gran cappello da ussaro, e salì con tutta serietà in arcione raccogliendo le redini.

– Mi hai compreso, Yanez, consegnerai la lettera al lord e parlerai a Marianna – disse Sandokan tirandosi da un lato.

– Bene, fratello mio, e vedrai che mi comporterò da vero soldato. Lascia le briglie, Giro Batoë.

Quasi nel medesimo istante il Portoghese spronò il cavallo e partì alla carriera, mentre i compagni ritornavano alla tenda.

CAPITOLO XXIII. La missione del Portoghese

La missione del Portoghese era senza dubbio una delle più arrischiate che avesse sognato in vita sua e delle più strane. Avrebbe bastato una parola sfuggita a caso, un sospetto, una mancanza, una risposta fuor di senso e forse un motto per tradirlo, quantunque avesse dovuto sembrare assai strano il trovare un pirata in un bianco.

Egli non ignorava che la carta che stava giuocando per conto di Sandokan era pericolosa, ma si preparava a sostenere la sua parte di soldato inglese colla spigliatezza e sagacia di Lusitano, che aveva raddoppiata la malizia e il coraggio nella sua vita d’avventuriere.

Si rizzò fieramente in sella raccogliendo le briglie, stringendo le ginocchia, e fantasticando entro di sé sul miglior modo di fare la sua comparsa dinanzi al lord senza compromettere la situazione, spinse risolutamente il cavallo verso la villa.

In pochi minuti superò i seicento metri che lo dividevano e si arrestò dinanzi al cancello del parco.

– Chi va là? – domandò un soldato posto in sentinella dietro ai cespugli togliendolo freddamente di mira.

– Ehi! giovanotto, abbassa il tuo fucile che non sono già un babirussa da cacciarmi una palla nelle reni. Ordine di William Rosenthal!

Il nome fece più effetto dello scherzo. Il soldato, che aveva le sue ragioni per diffidare, abbassò l’arma e aprì il cancello.

– Si prendono adunque tante precauzioni in questo luogo? – domandò Yanez sorridendo. – My-God! quasi crederei che all’intorno formicolano dei nemici, e che lord Guillonk tenga dei tesori nelle sue cantine anziché botti di Xeres o di Porter.

– Non venite da Vittoria? – domandò la sentinella che manifestava qualche sorpresa alle parole del Portoghese.

– Certamente, e vi sorprende ciò? Si vede che i soldati in campagna perdono la bussola sulle notizie.

– Voi lo credete; ignorate adunque, che i pirati ronzano attorno al parco e che la Tigre in persona tentò arditamente di penetrare nell’abitazione per rapirvi la milady!… Mi sembra impossibile che non abbiate incontrato qualcuno di quei furfanti.

– Voi andate spifferando robe vecchie da provincia, amico mio – disse Yanez che si preparava a raggiungere la villa. – I pirati non solo hanno preso il largo, ma si battono colle nostre truppe al sud, capitanati dalla Tigre, un pezzo d’uomo, giovanotto mio, che fa venir i brividi al solo vederlo, ma che la sua testa vale un migliaio d fiammanti sterline. Orsù, preparate il vostro bagaglio per andarvene alla guerra; io conto fra poco di essere della partita.

– Dite davvero, camerata?

– Altro che, ed ecco qua la lettera che il baronetto William Rosenthal spedisce a lord Guillonk perché vi mandi al campo anziché lasciarvi a poltrire in questo parco – e il Portoghese, girato sui talloni, si diresse alla palazzina.

Fu allora che egli vide i soldati accampati in bell’ordine nel parco, colle tende rizzate, i fucili in fasci e i fuochi accesi pel rancio e numerose sentinelle messe a guardia delle palizzate.

– Uhm! – fe’ egli contando il piccolo esercito. – Quante precauzioni per una lady, che ama un pirata e che non è amata da suo zio. Vi sono più di cinquanta uomini fra Malesi, Indiani ed Europei; un osso duro da rodere. Speriamo che fra poco vadano a passeggiare nelle foreste del sud.

Arrestò il cavallo dinanzi alla porta di fronte a una seconda sentinella che lo esaminava scrupolosamente dalla testa ai piedi e smontò nel momento che uno staffiere prendeva per le briglie il cavallo.

– Lord James Guillonk? – domandò brevemente Yanez mostrando la lettera.

– Salite e troverete l’aiutante del lord – rispose la sentinella, tirandosi da un lato.

Il Portoghese, raccogliendo tutta la sua audacia per giuocare la terribile carta, affettando la massima calma e rigidezza di un vero anglo-sassone, messa la sciabola sotto il braccio salì le scale ed entrò in un salotto.

L’aiutante di campo del lord, un luogotenente dalla faccia ardita e le mosse meccaniche, gli venne incontro.

– Comandante – disse il Portoghese salutando militarmente, e misurando scrupolosamente le parole colla flemma britannica. – Una lettera per lord Guillonk da parte del baronetto William Rosenthal. Credo che farete bene a consegnargliela subito.

– Avete da parlare personalmente al lord? – chiese l’ufficiale, prendendo la lettera e leggendo con attenzione l’indirizzo.

– Non al lord, ma a lady Marianna Guillonk – rispose audacemente Yanez.

Il luogotenente lo guardò sorpreso però non fece osservazione alcuna.

– Aspettatemi qui – s’accontentò di dire.

Il Portoghese rimasto solo si mise a guardare scrupolosamente la sala, le fenestre, misurando l’altezza e la scala.

– Per satanasso! – mormorò egli stropicciandosi come era di consueto le mani. – Entrare per queste fenestre non sarà affar serio una volta ammazzate le sentinelle. Sandokan mio, credo che noi rapiremo la bella senza bisogno di buttar giù tutte le porte.

Era a tal punto delle sue riflessioni quando il luogotenente rientrò.

– Milord vi aspetta per avere migliori informazioni su questi avvenimenti assai laconicamente descritti nella lettera.

Il Portoghese sentì un brivido corrergli per le ossa. Il momento terribile si avvicinava dove occorreva la maggior audacia e sangue freddo per ingannare i due gentlemen senza dare alcun sospetto e per non imbrogliarsi o lasciarsi sfuggire qualche parola portoghese.

– Yanez mio – mormorò il Portoghese mentre attraversava la sala flemmaticamente. – Abbi prudenza e sangue freddo per sostenere la baracca.

Entrò col luogotenente in un salotto arredato con somma eleganza, e seduto su di una gran seggiola a spalliera vide il lord vestito semplicemente di bianco, colla lettera spiegazzata fra le mani, col volto pensieroso, ma collo sguardo acceso. Gli si avvicinò salutandolo, e aspettò di venire interrogato.

– Voi avete detto di venire da Vittoria, non è vero? – domandò il lord con voce grave nel quale accento trapelava la stizza.

– Sì, milord – rispose Yanez spigliatamente.

– Siete forse agli ordini del baronetto di Rosenthal nella qualità di sua ordinanza? Potete parlarmi di lui e di Vittoria.

– Oserò dire a V.O. che godo la sua confidenza, nella qualità di suo lontano parente.

– Ah! – fe’ il lord senza muoversi d’una linea. – Non sapevo ciò; in tal caso voi non ignorerete ciò che è scritto sulla lettera.

– No, milord, posso recitarvela parola per parola. Era una precauzione, nel caso che i pirati me la rubassero o che la perdessi.

– I pirati! – esclamò il lord la cui fronte si aggrottò. – Parlatemi dei pirati; dove sono essi?

– La lettera lo dice, sono al sud impegnati in un sanguinoso combattimento colle nostre truppe. Si aveva saputo che la Tigre aveva abbandonato Mompracem con tre o quattro prahos e il fiore delle sue genti e che avea approdato sulle nostre coste durante la tempesta. Uno dei nostri piroscafi li scorse, li bombardò per qualche tratto, ma il vento e le onde lo costrinsero a ritirarsi con qualche danno nell’attrezzatura e nella macchina. Non si ignora ciò che intraprese l’audace pirata sulla villa allo scopo di rapire milady vostra nepote, né la caccia che gli si diede nelle foreste.

– La caccia! – esclamò il lord irritato. – Andate a cacciar voi quel miserabile che si nasconde persino in una stufa!

– Lo si sa, milord, che quella Tigre è piena di risorse, ma credo che questa volta non ritornerà mai più alla sua isola.

«Una cannoniera, che navigava al largo da queste coste, scorse un prahos sul quale erasi imbarcato il pirata sbucar da un fiumicello e veleggiare verso il sud. La caccia fallì anche per la cannoniera, ma notò il posto ove i pirati sbarcarono e dove si imboscarono con altri compagni sopraggiunti di lì a poco.

– E sono andati ad assaltarli? – chiese il lupo di mare che fece un salto sulla seggiola col volto diventato raggiante.

– Sì, milord. Tutte le truppe disponibili imbarcate sui piroscafi e sulle cannoniere filarono al sud e sbarcarono a notte oscura, prendendo posto dinanzi e ai fianchi del nemico in maniera di tagliare la ritirata. Il combattimento si cominciò da parte di una mano di pirati guidati dalla Tigre in persona, mentre che i piroscafi sfasciavano i prahos.

– Siete sicuro che era la Tigre che li comandava? – domandò l’Inglese che stentava a crederlo.

– Sì, gli ufficiali l’hanno conosciuto dal turbante a piume rosse, dalla scimitarra e dal kriss la cui impugnatura è piena di grossi diamanti. La lotta fu sanguinosa e lunga ma i nostri hanno vinto e ora si preparano a un attacco generale appena saranno giunti i rinforzi e farla finita per sempre con questa razza di pirati, che minacciano audacemente Labuan.

Il lord tornò a diventare cupo. Stette alcuni istanti in silenzio cogli occhi fissi a terra, poi rialzando la testa e guardando Yanez:

– La lettera non dice quanti soldati dovrò spedire. Io credo che dieci uomini più o dieci uomini meno non sieno gran cosa.

Il Portoghese aggrottò lievemente la fronte e si morse le labbra, ma non si smarrì.

– Io credo che farete bene a mandare al sud tutti i vostri soldati – diss’egli. – Si tratta di schiacciare completamente i pirati.

– Voi parlate, ma senza conoscere chi sia la Tigre della Malesia. Voi dite che è là, circondato dai nostri soldati e in procinto di venire sconfitto e preso, ma io ho paura di quell’uomo. Egli sarebbe capace di prendere il volo e di recarsi qui con un pugno dei suoi tigrotti. Non dimenticate che egli ha giurato di rapire mia nepote.

– Se credete che la Tigre sia capace di fare questo, prendete le vostre precauzioni senza che sieno né poche né troppe. Tuttavia credo che abbiate a ingannarvi sulla sua fuga: difficilmente si passa attraverso a delle truppe quando queste hanno giurato di vedere il sangue della Tigre.

– Chi sa? Luogotenente, sceglietemi dieci dei più gagliardi e dei più risoluti uomini della vostra compagnia, e fate agli altri piegare le tende. I primi rimarranno con me, e i secondi partiranno pel sud. Voi li condurrete il più presto che sia possibile sul luogo del combattimento.

– Bene milord, e poi?

– E poi, una volta battuta la Tigre tornate a Vittoria. Potrebbe darsi che io mi vi recassi fra qualche giorno.

Il luogotenente salutò e uscì colla medesima calma e come andasse a fare una semplice passeggiata.

Il lord s’alzò e si mise alla fenestra a guardare i soldati che levavano in fretta e in furia il campo, piegando le tende, caricandosi degli zaini e sciogliendo i fasci di fucili. Egli rimase lì in osservazione alcuni minuti e poi rientrò fermandosi dinanzi al Portoghese impassibile.

– Voi mi avete detto di essere il confidente di William, non è vero? Ditemi, che fa egli a Vittoria?

– Quando partii stava raccogliendo dei soldati per correre in aiuto dei combattenti – rispose Yanez.

– Bene, è un giovanotto che farà carriera. A proposito, non vi ha incaricato di consegnare qualche lettera a mia nepote?

– No, milord, mi ha incaricato solo di portare i suoi saluti a lady Marianna e…

Vanusepiirang:
12+
Ilmumiskuupäev Litres'is:
30 august 2016
Objętość:
580 lk 1 illustratsioon
Õiguste omanik:
Public Domain

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