Loe raamatut: «Terre spettrali»
T E R R E S P E T T R A L I :
M O R T E
E
B R U N C H
(UN CASPER A QUATTRO ZAMPE – LIBRO 2)
S O P H I E L O V E
Sophie Love
Sophie Love è l'autrice di bestseller come la serie romantica LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, composta da otto libri, e la commedia romantica LE CRONACHE DELL'AMORE, che comprende cinque libri. La sua nuova serie TERRE SPETTRALI, comprendente (al momento) tre libri, è un cozy mystery: un giallo soft, di piacevole lettura.
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Copyright © 2020 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per suo uso personale, è pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Chris Mt, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com.
I LIBRI DI SOPHIE LOVE
UN CASPER A QUATTRO ZAMPE
TERRE SPETTRALI: OMICIDIO E COLAZIONE (Libro #1)
TERRE SPETTRALI: MORTE E BRUNCH (Libro #2)
TERRE SPETTRALI: RANCORE E PRANZO (Libro #3)
LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR
ORA E PER SEMPRE (Libro #1)
SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)
SEMPRE CON TE (Libro #3)
SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)
PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)
PER SEMPRE, PIÙ UNO (Libro #6)
PER TE, PER SEMPRE (Libro #7)
NATALE PER SEMPRE (Libro #8)
LE CRONACHE DELL’AMORE
UN AMORE COME IL NOSTRO (Libro #1)
UN AMORE COME QUELLO (Libro #2)
UNA AMORE COME IL LORO (Libro #3)
UNA AMORE COSI’ GRANDE (Libro #4)
UN AMORE COME IL VOSTRO (Libro #5)
CAPITOLO UNO
Nel sentire i rumori del trapano e del martello provenienti dall'esterno, Marie avrebbe dovuto sentirsi rassicurata: in fondo, erano il segnale che i lavori alla casa procedevano per il meglio. Invece quei suoni le procuravano una strana sensazione. Le sembrava infatti, come in certi cartoni animati, di udire in continuazione l'effetto sonoro di un registratore di cassa. Ogni volta che il cassetto si apriva, il suo denaro prendeva il volo. Più chiodi piantava Benjamin, il suo prezioso tuttofare, più i suoi soldi mettevano le ali. Ogni volta che tintinnava la catena del dondolo in veranda, ancora più quattrini se ne andavano. Se Marie avesse ascoltato molto attentamente, avrebbe potuto sentire il pianto digitale del suo conto in banca.
Ci fosse stato anche solo un ospite in più lì a June Manor, quei rumori non le avrebbero dato poi così fastidio. Date le circostanze, invece, si domandava per quale motivo avesse deciso di intraprendere quei lavori. Perché scomodarsi a migliorare il posto, se tanto non veniva nessuno?
Conosceva la risposta. Benché di recente il bed-and-breakfast avesse avuto la sua dose di controversie e pubblicità negativa, Marie sperava comunque che l'affare si sarebbe sgonfiato presto. In fin dei conti… le notizie non potevano certo aver raggiunto tutti. C'era ancora, certamente, qualcuno che ignorava che lei aveva affermato che il suo bed-and-breakfast fosse infestato dai fantasmi, per essere in seguito sbugiardata. Quelle notizie erano circolate, sì, ma in cerchie ristrette, tra piccoli gruppi online e, naturalmente, tra gli abitanti di Port Bliss. Tutto sarebbe indubbiamente ritornato alla normalità… vero?
Quella almeno era la sua speranza. Ma si trattava di una speranza labile, specie considerando i suoi piani per quella notte. Fermarsi a pensarci la faceva sentire nervosa, forse anche un po' spaventata. Ma in ballo c'erano ventimila dollari. Quelli sì che avrebbero attutito i rumori causati da Benjamin in veranda, fino a renderli meno allarmanti.
Seduta al tavolo della sala da pranzo, Marie si trovava in una posizione ideale: era abbastanza vicina ai lavori da poter capire a che punto fossero, ma era anche abbastanza distante da non rimanerne troppo traumatizzata. Lanciava frequenti sguardi al suo cellulare, in ansiosa attesa della telefonata che avrebbe dato inizio a quella che si prospettava già come una notte molto strana.
Mentre aspettava, sentì aprirsi la porta d'ingresso. Doveva essere Posey, tra le pochissime persone a entrare a June Manor senza bussare prima. Poco dopo, infatti, vide avanzare verso la sala da pranzo proprio la sua gentile e talentuosa cuoca. Non portava con sé nessuna borsa, segno che avrebbe preparato la cena per l'unico ospite del bed-and-breakfast usando gli ingredienti che già si trovavano nel frigorifero.
“Benjamin ha quasi finito di rimettere in sesto il dondolo,” disse Posey. “Sta venendo davvero bene.” Esitò prima di entrare in cucina e lanciò un'occhiata curiosa a Marie. “C'è qualcosa che non va?”
“Oh, un sacco di roba. Ma, in questo preciso istante, mi chiedo semplicemente se non stia per commettere un grosso errore.”
“Oh, vero! Me ne ero quasi dimenticata. È come un appuntamento galante, giusto? Tu e Brendan?”
Il suono di quel nome le provocava emozioni confuse. Dopo tutto, Brendan Peck era l'autore di quelle registrazioni che le avevano fatto credere che il suo bed-and-breakfast fosse infestato. Ed era sempre stato lui, in seguito, a smontarle, per evitare a sé stesso e a Marie di essere sospettati in un caso di omicidio. Gli eventi avevano poi preso una piega assurda, quindi non sarebbe stato poi tanto strano se avesse sviluppato sentimenti piuttosto freddi verso una tale persona. Ma il fatto che Brendan sembrava una persona molto genuina non l'aiutava affatto. Così Marie si ritrovava adesso a dover combattere con tutte le sue forze quella che sembrava a tutti gli effetti una piccola cotta nei suoi confronti.
“Uhm, assolutamente no,” rispose Marie. “Starmene rinchiusa in una casa a sperare che il mio cane riesca a stanare e mettere in fuga un fantasma non è affatto un appuntamento galante.”
“Ma starai insieme a lui, giusto?” arguì Posey, con un sorrisetto malizioso. “Tipo, per tutta la notte?”
“Sei una persona orribile, Posey. Però… sei anche un angelo. Sei sicura di volerti occupare tu del posto stasera?”
“Tesoro, non c'è quasi nessuno. E ho salvato il numero di telefono di Benjamin. Sì, penso di potermela cavare. Mi piacerebbe soltanto poter avere Boo con me, sono affezionata a quel bastardino.”
Come evocato dalla menzione del suo nome, Boo zampettò dentro la stanza. Sollevò il muso guardando Posey con aria speranzosa, e scodinzolò quando lei gli fece una grattatina tra le orecchie. “Allora, stasera si va a caccia di spettracci, vero, ragazzo?”
In risposta alla voce acuta di Posey, la sua coda si mosse ancora più rapidamente. La seguì in cucina, sperando forse che avrebbe lasciato cadere una briciola o due mentre preparava la cena. Marie rimase di nuovo da sola, seduta al tavolo della sala da pranzo mentre tentava di convincersi che non stava per commettere un grosso errore. Come pensava di potersi tenere alla larga dalla comunità di appassionati di paranormale, se di sua spontanea volontà si stava ricacciando in una situazione di quel tipo?
Quando il telefono squillò, quasi si lasciò sfuggire un piccolo urlo di paura.
Oh già, pensò. Terrorizzata da un telefono. Farai proprio un figurone stanotte. Grazie al cielo che ci sarà anche Brendan Peck.
A Posey sarebbe piaciuto il sorriso che affiorò alle labbra di Marie non appena vide il nome di Brendan sul suo cellulare. Certo, non poteva essere che lui, ma averne la conferma, per qualche motivo, la rassicurava. Era una sensazione strana… e non le piaceva.
“Ehilà,” disse lei. “È da un po' che non ci si vede… o sente.”
“Non tantissimo,” rispose Brendan. “Quattro giorni, giusto?”
“Non sto a contarli.” Invece li contava, eccome. E sì, aveva ragione lui: erano quattro giorni.
“Beh, forse dovresti,” continuò lui. “Senti, Marie, mi spiace davvero tantissimo, ma non posso venire stasera.”
La prima sensazione provata da Marie fu il terrore, seguito da una fugace tristezza nel rendersi conto che non avrebbe visto Brendan. A prevalere, però, era decisamente il terrore. La proprietaria del bed-and-breakfast aveva messo bene in chiaro che quella sarebbe stata la sola notte in cui avrebbe aperto casa sua in quel modo. In pratica, era ora o mai più. E anche se Marie avrebbe preferito scegliere l'opzione mai più, non poteva certo rifiutare tutto quel danaro.
“Sei sicuro che non si può rimandare?” chiese Marie.
“No. Deve essere per forza stasera.”
Le ribollì lo stomaco, di nervosismo, ma anche di paura, una paura mai sentita fino ad allora. Le sembrò quasi di sentire, dentro di sé, una voce che, dando di gomito al suo buon senso, osservava: Beh, ad ogni modo, mica volevamo farla davvero questa cosa, no?
“Cosa? Aspetta un secondo. Sei stato tu a trascinarmi in questo affare. E adesso mi dici che non vieni?”
“Lo so, lo so. Ma, vedi, c'è questo convegno in Rhode Island. Uno degli ospiti in programma si è ammalato e non può più andare. Mi hanno chiamato stamattina, chiedendomi se potessi essere lì stasera per sostituirlo. So che potrebbe sembrare un po' egoista, ma potrebbe essere un bel colpo per salvare la mia carriera.”
La spiegazione era chiarissima. Marie sentì dentro di sé la paura espandersi come erba infestante e prendere il controllo di ogni cosa. Non credeva di aver mai sentito prima in vita sua una tale angoscia. E la cosa ironica era che forse non sarebbe stata così spaventata, se non avesse già visto ciò che Brendan poteva portare nella sua vita. E sebbene non credesse sul serio alle sue teorie né agli incontri ravvicinati con spettri e fantasmi, aveva comunque vissuto quelle cose abbastanza da vicino da sapere bene in che situazione avrebbe potuto ritrovarsi… da sola, stavolta.
In un angolo ancora più remoto della sua mente si materializzò un'altra paura: quella di dover andare fino lì (tutta sola!) solo per dover scoprire poi che la piccola esibizione che Boo aveva sfoggiato a June Manor era stato solo un caso. E l'ultima cosa a cui Marie voleva essere associata, per non rovinare una reputazione che a Port Bliss era già logora, era il termine truffa.
“E tu vorresti che io vada lì da sola?”
“Marie, andrà tutto bene. Ci sarà Boo con te.”
“Ma certo. Sarò in compagnia di un cane.”
“Un cane dalle abilità speciali, aggiungerei.” Brendan sospirò. E in quel sospiro, molto più che in tutto ciò che aveva detto fino ad allora, Marie percepì una costernazione sincera. “Mi spiace davvero tanto, Marie. Guarda… se non te la senti, posso chiamare la signora Grace e parlarci io.”
Dentro di sé, Marie continuava a ripetersi come un mantra: hai bisogno di soldi. E la somma che avrebbe portato a casa recandosi in quell'altro bed-and-breakfast, sempre ammesso che Boo fosse riuscito a fare ciò che gli veniva chiesto, era davvero generosa.
“E se una volta lì vengo posseduta da un demone o qualcosa del genere?” chiese Marie. Voleva essere una battuta, ma subito le venne in mente quel film con la bambina che volava sopra il proprio letto e vomitava sul prete la sua zuppa di piselli, o qualsiasi cosa fosse. L'ironia era crudele; i meccanismi di difesa che in genere scattavano per proteggerla da questo genere di cose la stavano terrorizzando ancora di più.
“Non scherzare, Marie. Senti, se una volta sul posto ti sembra che le cose stiano andando un po' fuori controllo, ci sono alcune cose che puoi fare. Come prima cosa… portati con te una Bibbia. Conosci a memoria qualche versetto?”
“Uhm… non davvero.”
“Non importa. Trova il passaggio in cui Cristo chiede ai demoni di allontanarsi e…”
“Aspetta un momento, ma fai sul serio?”
“Eccome. E se questa cosa della Bibbia ti sembra troppo strana, puoi sempre usare del sale. Anche i cacciatori di fantasmi del Duemila credono che rimanere all'interno di un cerchio di sale può tenerti al sicuro dagli spettri più malevoli. C'entra l'energia della terra…”
“Brendan! E questo mi dovrebbe far stare più tranquilla?”
“Senti, Marie. Spero che tu sappia che non ti farei mai andare da sola se pensassi che fosse pericoloso.”
“Sì, lo so.”
“A presto, allora?”
Non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione per un'ultima frecciata. “Dipende da te, mi sa.”
Chiuse la telefonata, sorridendo. Boo si era avventurato nuovamente nella stanza e la guardava con uno sguardo d'intesa. A volte quel cane le faceva venire la pelle d'oca. Per esempio, in quel momento sembrava percepire perfettamente il disagio di Marie, come se avesse ascoltato ogni singola parola, di entrambi gli interlocutori, della conversazione appena svoltasi.
“Che ne dici, Boo? Sei pronto?”
In risposta, il cane scodinzolò e si avviò verso la porta d'ingresso.
Marie guardò fuori dalla finestra e vide Benjamin impartire delle istruzioni a un altro operaio arrampicato su una vecchia betulla. I rami erano troppo vicini alla casa e bisognava sfrondarli. Li osservò, ma distrattamente. Pensava a cosa avrebbe potuto accadere quella notte e a come la sua reputazione avrebbe potuto essere intaccata se si fosse tirata indietro. Ormai c'era dentro fino al collo, anche se era Boo che avrebbe dovuto fare tutto il lavoro. Già, aveva bisogno del denaro, ma davvero il gioco valeva la candela, con tutti i guai e la paura che comportava?
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di un ramo spezzato e da uno strano rumore metallico, come di qualcosa che si è appena rotto. Guardò sulla destra e vide che il primo ramo caduto dalla betulla era atterrato direttamente sul margine sinistro della veranda, distruggendo mezza grondaia.
Sospirò, calcolando subito quanto le sarebbe venuto a costare. E così ebbe la conferma che, per quella sera, non le restava che attenersi al programma previsto.
CAPITOLO DUE
Marie guardò davanti a sé, oltre il parabrezza, esaminando da cima a fondo il vecchio bed-and-breakfast. Inclinò la testa, per poterlo osservare da un'altra angolatura, ma le sembrava sempre uguale. Aggrottò le sopracciglia: la cosa non aveva senso.
“È questo il posto?” chiese Marie, guardando Boo. “È questo il bed-and-breakfast?”
Boo era seduto nel sedile posteriore, e scrutava il luogo come se fosse un potenziale cliente.
La casa in sé aveva un che di maestoso, ma la sua solennità era minata da una facciata sinistra. Per meglio dire, era ai limiti del decrepito e dell'inquietante. June Manor, al confronto, sembrava una scintillante reggia da cartone animato della Pixar.
“Beh, Boo, mi sa che tra i bed-and-breakfast inquietanti spaventosi e potenzialmente infestati non siamo certo i primi in classifica.” Ridacchiò alla sua battuta, ma poi si rese conto che non c'era molto da ridere.
Per tutta risposta, Boo sbuffò sommessamente. Sembrava condividere le sensazioni di Marie.
“Cosa succederà se non dovesse funzionare?” chiese Marie.
Boo guaì e con innocenza grattò la zampa contro la portiera. Era come se sapesse che quella era la loro destinazione… e che aveva del lavoro da fare.
“Okay, andiamo. Solo… non avercela con me, d'accordo? Mi dovrò prendere io i meriti per questo lavoro. Capisci, vero?”
Boo si limitò a continuare a grattare la portiera.
Marie osservò nuovamente la casa. Certo, June Manor aveva un certo aspetto dark, ma qui si saliva davvero di livello. Sembrava una sorta di castello in miniatura trasportato via aereo direttamente dalla Transilvania e fatto atterrare nella piccola cittadina di Bloom, nel Maine. Il dettaglio più grazioso e più tradizionale di tutto era il cartello intagliato a mano affisso sopra l'ampia scalinata della veranda, sul quale c'era scritto BLOOM GARDENS AND REST. A parere di Marie, era l'unico elemento che rendeva un po' accogliente l'esterno del palazzo. Certo, era ben tenuto, ma ogni dettaglio sembrava gridare questa è una casa degli orrori anziché vi auguro una piacevole notte di riposo al mio interno.
In altre parole, per la prima volta stava avendo un assaggio di quello che in tanti dovevano pensare di June Manor.
“Ventimila dollari,” si disse Marie. “Non dimenticartelo.”
Uscì dall'auto insieme a Boo e insieme attraversarono il piccolo cortile per raggiungere la veranda. Durante il breve cammino, Marie si prese un momento per fare il punto su come fosse finita lì. Di certo il fatto di essere la proprietaria di un bed-and-breakfast da sole tre settimane non le dava il diritto di mettersi a spiegare a un'altra proprietaria cosa fare con la propria attività, questo era sicuro. Dopo tutto, aveva preso in considerazione la richiesta di questa donna solo per i soldi che le avrebbero permesso di tenere a galla il proprio bed-and-breakfast, il quale aveva decisamente già avuto la sua dose di attività soprannaturale, con tutti i guai che ne erano conseguiti.
Avvicinandosi alla veranda, a Marie venne in mente che stava per varcare di sua spontanea volontà l'ingresso di un luogo che poteva essere veramente infestato. Sebbene si stesse rassegnando all'idea di ammettere che forse c'era davvero qualcosa di paranormale nel suo bed-and-breakfast, entrare di proposito in un posto che la stessa proprietaria aveva definito come “messo a soqquadro regolarmente molte volte a notte” era una faccenda completamente diversa.
Quando giunse sulla veranda, Marie rabbrividì. Era solo la sua immaginazione, o all'improvviso l'aria era diventata un po' più fredda?
Boo zampettò su per le scale e rimase in attesa davanti alla porta. Marie lo seguì e bussò, producendo un suono sordo e spaventoso. Si disse tuttavia che era la sua mente a essere sicuramente già tanto suggestionata da farglielo sembrare molto più terrificante di quanto non fosse in realtà.
La donna che le aprì la porta aveva un aspetto completamente opposto a quello della casa. Era una signora sui cinquant'anni, che indossava un abito estivo giallo chiaro. Aveva i capelli biondi, anche se aveva scelto di non darsi troppo la pena per nascondere quel po' d'argento che iniziava a colorarne le radici.
La donna esaminò Marie per un momento e aspettò qualche secondo prima di sorridere. A quanto pareva, anche lei era stranita quanto Marie dalla situazione.
“Lei è Marie Fortune, suppongo?” chiese.
“Sì, signora.”
“Piacere di conoscerla, Marie. Mi chiamo Anna Grace, sono la proprietaria del Bloom Gardens.” Abbassò poi lo sguardo, accorgendosi per la prima volta di Boo. “Oddio, e lui chi è?”
Boo sapeva riconoscere le lodi quando le riceveva, e immediatamente raggiunse i piedi della sua nuova amica. La signora Grace gli fece una grattatina sotto il mento e gli accarezzò la testa.
“Lui è Boo. E le sarei molto grata se potesse rimanere con me, se lei è d'accordo. È il mio aiutante.”
“Oh cielo,” esclamò la signora Grace. “Adoro i cani, e lui sembra davvero un tesoro, ma non ho mai permesso a nessun cane di entrare in casa mia.”
Marie sentì il cuore paralizzarsi. Ci mancava solo quello, aver fatto tutta quella strada fino a lì solo per scoprire di non avere il permesso di usare la sua arma segreta. Se a Boo non fosse stato consentito di rimanere al suo fianco, in breve tempo avrebbe fatto la figura dell'imbrogliona. Sentì accendersi una scintilla di panico, ma immaginò che poteva perlomeno tentare di convincere la signora Grace.
“Oh, capisco. Beh, vede, in un certo senso lui è parte integrante del mio lavoro. È un po' difficile da spiegare.” Ma ciò che davvero stava pensando era che se a Boo fosse stato vietato di entrare, tutto sarebbe crollato come un castello di carte e il giorno successivo avrebbe avuto la reputazione di una grossa ciarlatana.
“Suppongo che è addomesticato e non urina in casa?” domandò la signora Grace.
“Certo. È addestrato a lasciare peli in giro. E comunque, se vuole, posso passare l'aspirapolvere prima di andare via.”
La signora Grace si mise a riflettere ma aveva l’aria irritata. Osservò Boo, che sembrava essere consapevole di essere l'oggetto della conversazione. Sbuffò leggermente e annusò i piedi della signora Grace.
“D'accordo, ha il mio permesso,” concesse la signora Grace. “Ma la prego di tenerlo d'occhio.”
Marie provò subito una sensazione di sollievo ma cercò di far finta di niente, limitandosi a un semplice ma cortese: “Grazie.”
La signora Grace annuì. Si guardò intorno: il pomeriggio stava ormai cedendo il passo al crepuscolo. Anche se diversi giorni prima aveva acconsentito con Brendan a fissare l'appuntamento a quell'ora, ora ne sembrava quasi pentita. “Vi prego, entrate, tutti e due, vi faccio fare un giro della casa.”
La signora Grace fece strada, lasciandoli entrare. Appena Marie varcò la porta d'ingresso, ancora una volta le sembrò che il mondo fosse diventato, d'improvviso, un po' più freddo. Guardò in basso verso Boo per vedere se si comportasse in modo inusuale, ma non sembrava affatto turbato, tutt'altro: aveva invece l'aria entusiasta di poter esplorare una nuova casa.
“Non posso affermarlo con certezza,” disse la signora Grace, guidandoli verso il pittoresco atrio, “ma credo che ce ne siano due. Uno sembra amichevole, l'altro piuttosto cattivo.”
“Due…?”
“Fantasmi, cara.”
La signora andava dritto al sodo, pensò Marie. Non menava il can per l'aia, nessuno spettrale elefante nella stanza. C'era un che di confortante in quell'atteggiamento, ma anche di disarmante. Brendan avrebbe adorato questa signora, trovò.
Marie ascoltò attentamente, ma si prese anche il tempo di esaminare per bene il luogo. Le sembrò che, tutto sommato, avesse più cose in comune con June Manor di quanto avesse pensato. All'interno, aveva un'aria più maestosa, sebbene sempre spettrale. Era un edificio a due piani, ma risultava angusto come se si fosse trattato di un solo piano. Era una sensazione particolare. Il soffitto nell'atrio era alto almeno sei metri, e si abbassava, ma di pochissimo, mano a mano che si passava da una stanza all'altra. Sul pavimento dell'atrio erano disposte delle piastrelle che assicuravano una transizione elegante verso il corridoio, da cui si accedeva a diverse camere. Come a June Manor, la scala di accesso al secondo piano era una delle prime cose che si vedevano entrando in casa, poiché si trovava dirimpetto alla porta d'ingresso.
“Brendan le ha detto molto in merito alla casa?” domandò la signora Grace.
“Non molto,” rispose Marie. “Credo desiderasse che fosse lei a parlarne.”
La signora Grace li guidò in un piccolo soggiorno caratterizzato da un arredamento sontuoso e bellissimo. Marie si sedette su un piccolo divanetto mentre la signora Grace si accomodò su una poltrona reclinabile dall'aria davvero signorile.
“Va avanti da anni ormai,” iniziò a spiegare la signora Grace. “All'inizio, erano piccole cose. La saliera e lo spargipepe dall'angolo cottura si spostavano fino al lavandino della sala da bagno. I parasole della veranda posteriore si chiudevano appena li aprivo. La cosa che preferivo però era questa: ogni tanto, mentre ascoltavo Frank Sinatra sul mio altoparlante Bluetooth, la musica veniva interrotta dal sibilo di un'interferenza, dopodiché partivano i Beatles. Sempre la stessa canzone, Strawberry Fields Forever. Piccole cose così.”
“Poi però la situazione è peggiorata?” chiese Marie.
“Sì. All'incirca sei o sette mesi fa, ho avuto la sensazione che ne fosse arrivato un altro. Tutti quegli scherzetti di cui parlavo erano opera del primo fantasma. Sinceramente, non so nemmeno se i miei ospiti se ne siano mai davvero accorti. Alcuni mi hanno riferito di aver intravisto qualcosa con la coda dell'occhio, o mi hanno detto che alcuni loro effetti personali sembravano essere spariti, ma che poi erano riapparsi sul loro comodino poco prima del check-out. Ma poi quest'altro… è arrivata quest'altra presenza, ecco, e tutto è cambiato. Ad esempio, gli ospiti hanno iniziato a venire da me al mattino assicurandomi di aver visto una figura imponente ai piedi del letto. Una coppia della Virginia mi ha persino giurato che il loro letto era stato sollevato da qualcuno o qualcosa. Questi poveretti hanno lasciato l'hotel alle due di notte. Il marito era pallido come un cencio.”
“Lei ha mai visto di persona una di queste figure?” le domandò Marie.
“Credo di aver visto quella cattiva. Ho imparato ad accorgermi quando è presente nella stessa stanza dove mi trovo io, perché diventa dannatamente fredda. E quando le dico di andarsene, lo fa… ma con riluttanza. E quando se ne va, in un paio di occasioni mi è parso di vedere qualcosa muoversi, come un'ombra sfocata.”
“La casa ha qualche storia lugubre alle spalle?” chiese Marie.
“Sì, anche se ne sono venuta a conoscenza soltanto dopo averla acquistata, otto anni fa. Secondo alcuni rapporti di polizia c'è stato un caso di una donna che ha ucciso il marito, per legittima difesa. E gira anche voce che l'uomo che ha costruito la casa, il primo proprietario, immagino, si sia impiccato in veranda durante un temporale.”
Marie rabbrividì, ma fece del suo meglio perché l'altra non se ne accorgesse. Aveva una gran voglia di scappare ma, allo stesso tempo, si sentiva incollata al divano.
“C'è anche un'altra cosa,” aggiunse la signora Grace. “Mia madre asseriva che la casa in cui era cresciuta da ragazza fosse infestata da uno o due fantasmi. Lei è morta molti anni fa, ormai… e la casa alla fine è stata fatta demolire da una grossa società edilizia. Quando il signor Peck è venuto qui a esaminare il luogo, mi ha detto che cose del genere non sono inusuali, che esistono storie di fantasmi che restano attaccati alle stesse famiglie anche dopo che queste hanno traslocato in un'altra casa. Potrebbe trattarsi di uno di questi casi.”
“Capisco,” disse Marie. Ma non era affatto vero. Aveva soltanto sentito il bisogno di dire qualcosa per non far piombare la casa in una cappa di silenzio.
“Ad ogni modo,” proseguì la signora Grace, “se ha bisogno di me, sarò nella mia seconda casa. La maggior parte del tempo vivo qui, ma da quando si è manifestato quest‘altro fantasma trascorro sempre più tempo nel mio piccolo cottage fuori città.”
“Non rimane qui?” si stupì Marie. Le parve che il mondo le stesse crollando addosso in quel preciso istante.
“No, cara. Non che creda che qui dentro ci sia qualcosa che mi possa fare del male, ma preferisco comunque non essere nei paraggi mentre lei si adopera per disturbare i miei sgraditi ospiti. Mi spiace molto… Brendan non le aveva detto che non sarei rimasta?”
“No, non me ne ha fatto cenno.” Cercò di celare la sua irritazione, perché non provava nessun risentimento nei confronti della signora Grace. Ma di certo avrebbe avuto qualche paroletta da dire a Brendan, se mai lo avesse rivisto.
“Beh, mi spiace terribilmente, ma credo che potrebbe essere molto strano se rimanessi qui. Ho già preso impegni e preferirei non modificarli.”
“Ovviamente no,” assentì Marie. Il terrore la stava paralizzando. Trovò difficile persino pronunciare quelle due parole, che le uscirono con un tremolio infantile che sperava la signora Grace non avesse notato.
“Signorina Fortune, le auguro il massimo della fortuna,” disse la signora Grace, avviandosi verso la porta. “Per qualsiasi evenienza, il mio numero è sul frigorifero. Si serva pure se ha fame, mi raccomando.”
“Grazie. Sa, mi chiedevo se…”
“Oh, sono sicura che se la caverà alla grande. Grazie mille per il suo aiuto! Ci vediamo domattina.” Aprì la porta poi, come se avesse avuto un improvviso ripensamento, aggiunse: “Magari stia attenta alla prima camera del secondo piano. In genere è piuttosto… movimentata.”
“Cosa vuol d…”
La signora Grace se ne andò così rapidamente che il colpo d'aria provocato dalla chiusura della porta investì Marie in pieno. Nel vedere quella porta chiudersi alle spalle della signora Grace, Marie ebbe l'impressione che una lapide fosse stata piantata davanti a una tomba.
“D'accordo,” tentò di scuotersi, cercando lo sguardo di Boo. “Al lavoro, ragazzo. Togliamoci il pensiero, così ce ne potremo andare da qui.”
Boo la guardò con aria interrogativa, poi si voltò e iniziò a zampettare per tutta la casa come se avesse capito perfettamente. Marie esaminò con grande attenzione ogni angolo, ogni buco, ogni nascondiglio, ma nella mente, in realtà, stava abbozzando il testo di un messaggino malevolo da inviare appena possibile a Brendan Peck.
Boo, nel frattempo, esplorava la casa come se ne fosse il proprietario, prendendosi il tempo di fermarsi qua e là e di annusare ogni oggetto interessante. Marie lo seguì per un po' poi, quando fu chiaro che il cane non aveva bisogno del suo aiuto, raccolse tutto il coraggio possibile e iniziò a fare anche lei il suo giro della casa.
C'erano quattro camere al piano terra, tutte arredate essenzialmente nello stesso modo: letti matrimoniali con lenzuola dai colori tenui, tutti disposti su un grande tappeto decorativo che copriva circa metà del ben curato parquet della stanza. Visitò anche la camera della signora Grace, e poi quello che sembrava una sorta di studio, uno spazio comune in cui Marie immaginava che gli ospiti venissero a bere caffè o tè, a leggere un libro o a chiacchierare.
Salì poi al piano di sopra, dove c'erano altre due camere identiche a quelle del piano terra. Boo adesso la stava seguendo. Mentre Marie faceva strada, si ricordò dell'ultimo avvertimento della signora Grace: la prima stanza del piano di sopra era, aveva detto, particolarmente movimentata. Gettò solo una rapida occhiata nella camera. Ma quel brevissimo tempo le era bastato per percepire in modo molto netto che c'era qualcosa di strano lì dentro. Solo per un attimo, le sembrò di aver infilato la testa in un'antica voragine in cui l'uomo non aveva messo piede per secoli.