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Un Amore come il Nostro

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Keira aveva un po’ paura ad accettare la Guinness e a dare il primo sorso di quel forte liquido cremoso. Non aveva mai assaggiato una Guinness prima e il sapore non le piacque molto. Dopo un solo goccio fu certa che non sarebbe riuscita a finire la pinta intera.

“Gente,” gridò Orin ai clienti del pub, “questa è la giornalista americana!”

Keira sussultò quando l’intero pub si voltò verso di lei e iniziò ad applaudire e a festeggiarla come se fosse stata una celebrità.

“Siamo così emozionati che tu sia qui!” esclamò una donna con i capelli ricci e crespi, avvicinandosi e mostrando un sorriso con troppi denti per la tranquillità di Keira. Poi con voce più bassa aggiunse: “Forse vuoi ripulirti il baffo di Guinness.”

Sentendosi le guance bollenti per l’imbarazzo, Keira si asciugò rapidamente la schiuma sopra il labbro superiore. Un secondo più tardi un’altra dei clienti del bar si fece avanti, sgomitando via altre persone senza che nessuno sembrasse prendersela. Caracollando rovesciò qualche goccia del drink. “Non vedo l’ora di leggere l’articolo!”

“Oh, grazie,” rispose Keira, scrollando le spalle. Non aveva pensato che la gente del luogo avrebbe voluto leggere che cosa avrebbe scritto su di loro. Forse così sarebbe stato un po’ più complicato mantenere una prospettiva fredda e cinica.

“Quindi perché sei diventata una giornalista?” domandò l’uomo accanto a lei.

“Sono solo una scrittrice,” rispose Keira arrossendo, “non una giornalista.”

“Solo una scrittrice?” esclamò l’uomo, parlando ad alta voce e attirando l’attenzione degli altri attorno a lui. “L’avete sentita? Dice che è solo una scrittrice. Beh, io quasi non so tenere una biro in mano quindi per quel che mi riguarda tu sei un genio.”

Tutti scoppiarono a ridere. Keira bevve nervosamente piccoli sorsi della Guinness. Era molto grata per l’ospitalità irlandese ma era anche uno shock culturale, e si sentì intimorita, pensando ai diversi modi in cui poteva fare a pezzi quel posto nel suo articolo.

“Ti faccio vedere la tua camera,” disse alla fine Orin, non appena ebbe finito metà della sua pinta di Guinness.

Lei lo seguì su per una scalinata stretta e scricchiolante e lungo un corridoio con un logoro tappeto dal forte odore di polvere. Keira camminò in silenzio e assorbendo tutti i dettagli, costruendo frasi taglienti nella mente mentre osservava l’arredamento antiquato. Le pareti erano decorate con fotografie sbiadite e incorniciate delle squadre di calcio locali del passato e Keira sogghignò notando che la maggior parte dei giocatori condivideva lo stesso cognome, O’Sullivan. Scattò discretamente una foto della squadra di calcio in bianco e nero e la mandò a Zach con la dicitura: Il signor O’Sullivan si deve essere dato da fare.

“Eccola qui,” annunciò Orin, aprendo una porta e mostrandole l’interno.

La stanza era tremenda. Anche se era ampia, con un letto matrimoniale e una grande finestra, l’arredamento era agghiacciante. La carta da parati era di uno strano color pesca, macchiata da anni di manate unte. Il letto era coperto da un piumino, che era trapuntato ma non in un gradevole stile campagnolo, piuttosto come un residuato invenduto di un negozio di seconda mano.

“Questa è la stanza con la scrivania,” disse Orin, sorridendo con orgoglio e indicando il piccolo tavolino di legno sotto la finestra. “Così puoi scrivere.”

Keira arrossì. Dentro di sé era disgustata dall’idea di stare in quella stanzetta sudicia per un mese intero, ma riuscì a emettere un grato: “Grazie.” E lei che era stata certa di riuscire a vivere ovunque per un mese!

“Preferisci ambientarti e riposarti un po’ prima di incontrare Shane?” chiese Orin.

Keira si accigliò, confusa. “Chi è Shane?”

“Shane Lawder. La tua guida turistica. Per il festival,” spiegò Orin.

“Certo,” disse Keira, ricordando che tra gli appunti di Heather c’era scritto che avrebbe avuto una guida. “Sì, grazie, mi farebbe piacere incontrare Shane.” Non aveva alcun desiderio di passare neanche un altro minuto nella stanza, quindi lasciò cadere la borsa sul letto e si diresse di nuovo verso la scalina scricchiolante.

“Shane!” gridò Orin, riprendendo la sua posizione dietro il bancone del bar.

Con grande sorpresa di Keira, fu il violinista a rispondere. Abbassò il suo strumento, anche se il gruppo di musicisti con cui si stava esibendo continuò come se non fosse cambiato niente, e si avvicinò.

Sotto la barba incolta, Keira notò che aveva una mascella scolpita. In effetti, se non fosse stato per i capelli, che dovevano assolutamente essere tagliati, e gli abiti trasandati, Shane si sarebbe potuto definire decisamente attraente. Keira si sentì in colpa a fare un pensiero di quel tipo, specialmente dato che le cose con Zach erano tanto incerte in quel momento, ma poi pensò al motto di Bryn: Non c’è niente di male nel guardare.

“Non sembri un Joshua,” commentò Shane stringendole la mano.

“Oh, non te l’hanno detto?” disse Keira. “C’è stato un cambio di piani e sono stata mandata io al suo posto. Mi spiace.”

Shane le lanciò un’occhiata impudente. “Perché ti scusi? Preferisco di gran lunga passare trenta giorni con una bella ragazza come te. Senza offesa per questo Joshua, sono sicuro che sia un bell’uomo, ma non sembra il mio tipo. Sai, per il fatto che è maschio e quella roba lì.”

Keira deglutì. Non si aspettava che gli uomini irlandesi fossero tanto audaci. Ma ricordò a se stessa di Zach e si ripeté mentalmente che stava solo guardando.

Quando Shane si sedette sullo sgabello accanto a lei, Orin mise una Guinness davanti a entrambi. Keira mugugnò dentro di sé. Come avrebbe fatto a sopportare tutto quell’alcol?

Shane prese una lunga sorsata della sua birra e poi aprì alcuni fogli sul bancone.

“Il Festival dell’Amore dura trenta giorni,” spiegò. “La maggior parte delle attività inizia solo la sera, quindi ho preparato un itinerario di posti che possiamo visitare mentre sei qui, così puoi farti un’idea di tutto il paese. Inizieremo con il Burren per gli scenari montuosi, le Scogliere di Moher per vedere l’oceano, poi andremo nella contea vicina, Kerry, per il palazzo monumentale a Killarney, e infine a Dingle.”

“Pensavo che mi avresti semplicemente fatto da guida nel festival,” disse Keira. “Non per tutto il paese!”

“Andrai fuori di testa se non esci un po’ da Lisdoonvarna durante il giorno,” spiegò Shane. “Tutte quelle comitive di persone che vanno e vengono, dopo un po’ diventano decisamente troppo.”

Keira rise silenziosamente tra sé e sé. Le era difficile credere che Lisdoonvarna fosse anche solo vagamente caotica durate il festival quanto New York durante una giornata qualsiasi.

“Si beve molto,” continuò Shane. “Certe feste durano fino alle prime ore del mattino del giorno seguente. Dico certe, ma praticamente quasi tutte.”

Keira ripensò allo scatenato addio al celibato con cui aveva condiviso il viaggio in aereo e si chiese se nel mese successivo sarebbe mai riuscita a dormire.

“Mi sembra perfetto,” commentò, lanciando uno sguardo all’itinerario. “Ma mi servirà un po’ di tempo ogni giorno per scrivere. Non posso solo divertirmi.”

Shane ghignò. “Sei appena arrivata e già pensi al lavoro?”

“Devo farlo,” spiegò lei. “Per me questo articolo è molto importante. Non voglio fare stupidaggini.”

“E rilassarti un po’ è una stupidaggine?”

Keira non aveva voglia di difendere le sue scelte di vita. Le bastava già doverlo fare con Zach e con sua madre.

“Significa solo che mi prenderò un po’ di tempo per scrivere tutti i giorni,” ribadì, con un’aria piuttosto seccata.

L’espressione di Shane rimase una specie di ghigno divertito. Prese una languida sorsata dalla sua pinta. “Sei una di quei tipi tutti seriosi, vero?” ribatté. “Tutta lavoro e niente divertimento.”

Keira gli scoccò un’occhiata fredda. “Non so come tu possa fare supposizioni su di me,” rispose. “Mi conosci da neanche cinque minuti.”

Shane continuò a ghignare. Non replicò, come se la discussione fosse stata già risolta.

Keira si irrigidì. Era attraente, certo, ma se avesse continuato in quella maniera avrebbe finito per infastidirla. Non sapeva se sarebbe riuscita a sopportare trenta giorni di provocazioni e bevute senza avere lo spazio per scrivere.

Forse l’incarico sarebbe stato più difficile del previsto.

*

Alla fine intorno a mezzanotte Keira riuscì a congedarsi. Aveva perso il conto del numero di Guinness che Orin e Shane avevano ingollato, ma per fortuna avevano smesso di cercare di convincerla a unirsi a loro. E ugualmente le girava la testa mentre saliva le scale fino alla sua camera.

Chiuse la porta, ma il rimbombo della musica e della festa al piano di sotto non si affievolì. Keira si sentiva fragile, come un elastico troppo teso. Controllò il telefono, ma non vi trovò nessun messaggio da parte di Zach. Ormai aveva avuto tutto il tempo di leggere i suoi. Che significava che le stava tenendo il muso. Molto maturo, pensò Keira.

Almeno aveva ricevuto le risposte di Nina e Bryn, che le facevano una miriade di domande. Scrisse a Nina, che si sarebbe occupata dell’editing dell’articolo, per dirle che aveva un itinerario molto impegnativo e di non aspettarsi niente da parte sua per un po’. A Bryn mandò una rapida descrizione delle caratteristiche fisiche di Shane e alcune emoji di fiamme.

Ma è un rompiscatole. Uno di quegli uomini arroganti che crede sia adorabile prenderti in giro.

La risposta di Bryn arrivò rapidamente. In effetti È adorabile.

Keira scoppiò a ridere e mise via il cellulare. La musica proveniente dal piano di sotto l’avrebbe tenuta sveglia per qualche ora ancora, quindi tanto valeva passare un po’ di tempo al computer. Lo prese dalla borsa e iniziò a scrivere una mail a Elliot con alcune delle sue idee iniziali per impostare l’articolo. Grazie a tutta quella Guinness, si ritrovò in grado di assumere un tono persino più sarcastico di quanto avesse anticipato.

 

Se vi siete mai chiesti che odore hanno decadi di birra stantia assorbita in un tappeto, allora il St. Paddy’s Inn a Lisdoonvarna, nel County Clare, è il posto che fa per voi. La mia esotica presenza americana ha già scatenato un torrente di soffocante ospitalità irlandese. Dico soffocante, perché rifiutare le offerte di copiosi quantitativi d’alcool semplicemente non è un’opzione accettabile, e da ciò deriva il summenzionato odore di Guinness stantia che permea ogni centimetro di questo buco buio e poco pulito. In effetti, il locale è tanto saturato dalla Guinness che i tappeti, le tende e la carta da parati sono appiccicosi sotto le dita. Diciamo solo che non sarò sorpresa se l’acqua della mia doccia mattutina (nel minuscolo e antiquato bagno privato) uscirà nera e spumosa…

Proseguì con lo stesso tono sarcastico. Sapeva che era meschino stroncare il Bed & Breakfast e la gente amichevole che aveva incontrato fino a quel momento, ma non riuscì a trattenersi.

Concluse e premette Invio. Elliot rispose quasi immediatamente con una email di elogi.

Continua così, Keira. È perfetto!

Proprio in quel momento le squillò il telefono. Era Bryn. Keira sospirò, capendo che quella notte non sarebbe riuscita più a lavorare. Richiuse il portatile e rispose alla chiamata, infilandosi a letto allo stesso tempo.

“Che succede?” chiese alla sorella.

“Ho appena avuto un appuntamento orribile,” comunicò Bryn. “Quindi ho pensato di chiamarti per farti il terzo grado su quel fusto della tua guida turistica.”

Keira rise. “Beh, ha troppi capelli. E il suo senso della moda fa schifo. Ma con una ripulita non sarebbe niente male.”

“Credo che dovresti provarci con lui,” disse Bryn.

Keira sussultò, sorpresa dall’audacia della sorella, esagerata persino per i suoi standard. “E Zach?” chiese con un risolino.

“E lui che c’entra?” rispose sprezzante Bryn.

Keira mugugnò. “È il mio fidanzato,” ricordò alla sorella. “E anche se Shane si tagliasse i capelli e comprasse un guardaroba tutto nuovo, non riuscirei a passare più di cinque minuti in sua compagnia senza strangolarlo.”

Bryn rise. “Questo renderà le prossime settimane un po’ complicate, no?”

“Già, e anche il fatto che la mia camera sia sopra un pub che non sembra avere un orario di chiusura e un gruppo folk che suona dal vivo ventiquattro su ventiquattro.”

“Sembra fantastico,” replicò Bryn. “Accidenti, Keira, sei così concentrata sul lavoro che non riesci nemmeno a vedere la situazione favolosa in cui ti trovi! Ti sei appena lamentata di una festa che non finisce mai.”

“Mi sembra di parlare con Shane,” rispose Keira. “Se non voglio bere, ballare e divertirmi allora non sono costretta a farlo!”

Lei e Bryn conclusero la loro conversazione, e Keira scoprì che nonostante il rumore proveniente dal piano di sotto, faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Quindi si accomodò sotto le coperte sottili e appoggiò la testa sul cuscino bitorzoluto. Ancora non aveva ricevuto nessuna risposta da parte di Zach ai suoi messaggini divertenti. Provò a chiamarlo, ma il telefono squillò e squillò senza fine.

Andò su Instagram e vide le sue foto al matrimonio di Ruth. Era affascinante nel suo abito elegante, ma aveva un’espressione tanto sola. Sembrava a disagio senza nessuno al suo fianco, e lei si sentì in colpa di non essere lì con lui. Forse sua madre non aveva avuto tutti i torti. Andare ai matrimoni da soli era davvero imbarazzante.

Mentre scivolava nel sonno, Keira iniziò a sognare di essere al matrimonio insieme a Zach. Solo che non era Zach, era Shane, rasato e vestito elegante. Aveva un aspetto ancora più attraente di quanto non avesse creduto.

Keira si svegliò di scatto. La faccenda era già abbastanza complicata senza che lei si facesse venire una cotta per la sua guida!

Allontanò tutti quei pensieri dalla mente e alla fine cadde in un sonno profondo.

CAPITOLO QUATTRO

“Hai dormito bene?” chiese Orin non appena Keira scese dalle scale il mattino presto seguente, entrando nella parte adibita a pub del Bed & Breakfast.

La ragazza si strofinò gli occhi annebbiati. “Sì, grazie,” mentì con facilità. Era molto meglio fingere di adorare il suo letto sgangherato, la coperta lisa e i cuscini pieni di bitorzoli, piuttosto che lamentarsene e dover subire le premure di Orin. Avrebbe potuto scriverne in seguito, dopo tutto, e sfogarsi in maniera catartica.

“Accomodati e fai colazione,” disse Orin, conducendola a un tavolo e mettendole davanti un caffè. Dopodiché apparve una ciotola di porridge. L’uomo si sedette davanti a lei. “L’ho preparato all’irlandese, spero che ti piaccia.”

Aveva sul volto un sorriso molto ampio.

“Come è il modo irlandese?” mormorò sospettosa Keira.

Prese un sorso del caffè e rimase sorpresa da quanto fosse delizioso. Quale fosse il modo irlandese, era ottimo! Poi si mise in bocca una cucchiaiata di porridge e quasi pianse per la felicità. Non aveva mai assaggiato niente di tanto cremoso, di tanto incredibilmente buono.

“Wow, come fai a farlo tanto buono?” chiese Keira, mentre mandava giù un’altra cucchiaiata di porridge. “Date erba biologica alle mucche e delle vergini le mungono a mani nude?” scherzò.

Il sorriso di Orin divenne ancora più ampio. “Baileys nel caffè. E un po’ di whiskey nel latte.”

Keira rimase sconvolta. “Liquori alle otto del mattino?” sussultò. “È una buona idea?”

Orin le fece un occhiolino. “Il miglior modo per iniziare la giornata. Quello e una camminata veloce. Che farai non appena ti accompagnerò al tuo incontro con William Barry, il capo del festival.”

Keira si rese contro che Orin era già pronto a uscire dal Bed & Breakfast. Indossava stivali che gli arrivavano a metà polpaccio come in previsione di pozzanghere. O fango. In ogni caso, Keira non aveva voglia di camminare.

“Non è necessario,” disse. “Ho il navigatore satellitare nell’auto, quindi non mi perderò.”

Orin indicò il suo caffè. “Non è per quello che lo faccio.”

La parte cinica del cervello di Keira si chiese se Orin non le avesse fatto appositamente bere alcolici per accertarsi che non potesse rifiutare la sua offerta di una passeggiata. Ma sapeva che era un’idea folle. Orin era solo un signore anziano e gentile, orgoglioso della sua città. Voleva mostrarla alla cinica newyorkese che gli era stata affibbiata.

“Andiamo,” continuò Orin. “Sei qui per goderti l’autentica Irlanda! Per vivere come una di noi! Non saprai mai come sono veramente le nostre vite se non fai un miglio nelle nostre scarpe!”

La tirò scherzosamente per un braccio, incoraggiandola a unirsi a lui. Il suo entusiasmo si stava trasformando in un’esortazione, e Keira si rese conto che non sarebbe riuscita a resistergli. Orin l’avrebbe fatta camminare fino all’incontro, qualunque cosa avesse detto! Non poteva rifiutarsi.

Arrendendosi, mandò giù il resto del suo caffè corretto, sentendone gli effetti non appena si alzò. Lei e Orin lasciarono il buio Bed & Breakfast ed emersero nella brillante luce del primo mattino. Anche se il cielo era di un tenue color grigio, Keira strizzò gli occhi per il riverbero.

“Fammi strada,” disse a Orin, lanciando uno sguardo all’unico percorso, una tortuosa stradina di campagna che scendeva lungo il lato della collina. Era punteggiata da edifici su entrambi i lati, ma per la maggior parte era circondata da campi verde acceso pieni di pecore.

“È una camminata di due miglia fino al municipio, se prendiamo la strada,” spiegò Orin. “Ma se tagliamo per i campi, sarà lunga la metà. Ovviamente, il contadino avrebbe ogni diritto di spararci dato che avremmo sconfinato, ma da queste parti tutti conoscono tutti, quindi non ci saranno problemi.”

Keira deglutì. “Perché non facciamo la strada panoramica?” propose.

“Se preferisci,” rispose noncurante Orin, senza cogliere le sue paure.

Iniziarono a camminare lungo la via. Nonostante fosse molto presto, tutte le persone che superavano sembravano allegre e amichevoli. Raggiunta la strada principale (se così poteva essere chiamata) trovarono persino una piccola troupe di musicisti che suonava violini e fisarmoniche, e intonava vecchie canzoni folk. La gente ballava e cantava insieme a loro. Keira non riusciva a credere ai suoi occhi. Come poteva quel posto essere così collettivamente felice? Forse aveva avuto torto a dare dei giudizi tanto severi e lapidari.

“Eccoci qui,” disse Orin, una volta che furono arrivati alla loro destinazione.

Come tutti gli edifici a Lisdoonvarna, anche quello era verniciato di un colore brillante, un arancio bruciato in quel caso, che aggiungeva una sfumatura in più alla strada arcobaleno. Un cartello sopra la parta proclamava: La Casa del Sensale di Matrimoni. La porta era ricoperta di immagini di Cupidi.

Keira alzò un sopracciglio davanti alle decorazioni volgari, e poi seguì Orin all’interno. Un anziano gentiluomo si alzò dalla scrivania e si fece avanti.

“William Barry,” si presentò, tendendole la mano. “Lei deve essere la giornalista americana.”

Keira gli strinse la mano. “Sono una scrittrice di viaggio, non una reporter.”

“Quindi questo articolo non è per il New York Times?” domandò accigliato William.

Keira lanciò uno sguardo sconvolto a Orin. William credeva che lei lavorasse per una grossa società? E se Heather avesse manipolato leggermente la verità organizzando quell’evento, sapendo che Josh sarebbe stato disposto a mentire e a adulare quegli sconosciuti per ottenere ciò che voleva?

All’improvviso, Orin scoppiò a ridere. Keira si voltò per guardare William. Anche lui era piegato dalle risate.

“Avresti dovuto vedere l’espressione sulla tua faccia!” esclamò, diventando tutto rossi in faccia.

Keira non riusciva a vedere il lato buffo della cosa. Per lei la posta in gioco era troppo alta, dato che era il suo primo incarico vero e proprio e le prese in giro non erano esattamente le benvenute.

“Accomodati, accomodati,” disse William smettendo poco alla volta di ridacchiare.

Keira obbedì, avvicinando una sedia di legno e sedendosi alla scrivania. Orin si sedette accanto a lei. William si accomodò e in quel momento una donna dai capelli rosso acceso entrò portando un vassoio con una teiera, alcune tazze e una lattiera.

“Questa è la mia segretaria, Maeve,” la presentò William mentre lei appoggiava il vassoio. “Grazie, cara.”

Lei svanì fuori dalla stanza, lasciando William a versare le tazze di tè. Non faceva differenza che Keira non fosse una gran bevitrice di tè, si sentiva impossibilitata a rifiutare, e quindi accettò senza protestare la tazza piena della bevanda fumante.

William giunse le mani sopra il tavolo. “Devo dire che siamo molto emozionati ad averti qui, Keira. Visto il modo in cui sta cambiando il mondo e tutti questi siti di appuntamenti su Internet, sta diventando sempre più difficile trovare dei clienti. Spero che il tuo articolo riaccenda l’interesse.”

Keira coprì la sua espressione colpevole con la tazza. Si sentì male sapendo che doveva scrivere un pezzo sprezzante. William e Orin sembravano persone gentili e genuine, e l’avevano trattata con molta ospitalità. Ma aveva il suo incarico, e le sue istruzioni. Si disse che stroncare uno sciocco festival dall’altra parte del mondo in una rivista che non era nemmeno importata in Irlanda non poteva creare danni al loro giro d’affari.

“Conosci la storia del festival?” continuò William.

“Ho fatto qualche ricerca prima di arrivare,” disse Keira, annuendo.

Ma quando il sensale si lanciò nel suo monologo sul festival, chiuse la bocca. Chiaramente si sarebbe dovuta sorbire la narrazione orale della sua storia, che lo volesse o meno.

“Era l’attività di mio padre e quella di suo padre prima di lui. In effetti, i Barry sono sensali da tempo immemorabile. Tanto tempo fa combinavano gli incontri tra i nobili che venivano a visitare per le acque e qualche bella ragazza locale. Le ragazze irlandesi erano considerate madri molto fertili, sai, che era il principale punto di forza dei sensali.”

 

Keira fece fatica a nascondere il disgusto che le affiorò sul volto. William comunque non lo notò, e continuò con la sua storia.

“Di solito succedeva dopo il raccolto, quando le ragazze erano più floride e i loro seni particolarmente pieni. Un buon sensale doveva accertarsi che fossero sposate e portate via prima dell’arrivo dell’inverno, dato che c’erano buone possibilità che prendessero la polmonite e morissero per il freddo.”

Keira premette insieme le labbra per contenere una risatina. Non sapeva per certo quanto William stesse ironizzando, anche se aveva la vaga sensazione che l’uomo fosse mortalmente serio. Nonostante avesse già studiato quell’argomento, il modo in cui William lo stava spiegando era davvero ridicolo.

“Poi ovviamente i tempi sono cambiati. In città sono arrivate persone di diverso tipo. La guerra aveva esaurito la popolazione maschile. Per via della minaccia della carestia tutti volevano sposarsi giovani, e si accontentavano di chiunque. Sono stati tempi duri per i sensali. Quando ho rilevato l’attività da mio babbo, ero pagato principalmente da giovani contadini per combinar loro incontri con le ragazze locali.” Diede una pacca su un libro. “Quindi ho fatto una lista con i loro nomi.”

“È legale?” chiese Keira, spezzando finalmente il suo silenzio sbalordito. “A me sembra un po’ da molestatori.”

“Fesserie!” rise William. “Le ragazze ne sono felicissime. Vogliono tutte sposarsi, e gli va bene anche un bracciante senza cervello e una terribile igiene personale.”

Keira scosse la testa. Era materiale eccellente per il suo articolo!

A quel punto la porta si aprì. Keira si aspettava di rivedere i capelli fiammanti di Maeve, ma quando si lanciò un’occhiata dietro la spalla, scoprì che si trattava di Shane. Improvvisamente si sentì pervadere ovunque da uno strano formicolio e si raddrizzò, con la schiena rigida, sulla sedia.

“‘Giorno,” disse Shane, accomodandosi a sedere in un angolo.

William riprese. “Ora, ecco il mio libro delle coppie.” Le tese un grosso tomo rilegato in pelle. “Beh, uno dei libri. Lo faccio da talmente tanti anni che ormai ne ho una collezione.”

Keira iniziò a sfogliare il libro, leggendo tutti i nomi delle coppiette felici. Ad alcuni erano allegate delle foto, altri avevano la data delle nozze. C’erano biglietti spediti a William dalle coppie che aveva fatto incontrare. Sembrava tutto molto dolce. Keira, sempre fredda e calcolatrice, iniziò a formulare mentalmente un paragrafo per l’articolo.

“Sai,” disse William, tendendosi sulla scrivania verso di lei. “Potrei organizzarti un incontro. Magari un bel ragazzo irlandese è proprio quello che farebbe per te.”

Keira si sentì arrossire. “Ho un fidanzato,” chiarì. Forse lo immaginò, ma con la coda dell’occhio le sembrò di vedere Shane che sussultava. “Zach. Lavora con i computer.”

“Sei felice con quest’uomo?” chiese William.

“Sì, molto,” rispose Keira, snocciolando la solita versione ufficiale.

William non apparve convinto. Tamburellò le dita sul libro che Keira aveva riappoggiato sulla scrivania. “Faccio questo lavoro da molto tempo. Sono un esperto in amore e riesco a vederlo negli occhi delle persone. Non sono sicuro che quest’uomo sia giusto per te.”

Keira sapeva che non stava cercando di essere scortese, ma il suo scetticismo la punse sul vivo, specialmente dopo tutte le discussioni che lei e Zach avevano avuto di recente. Ma William era anche una miniera d’oro da un punto di vista giornalistico e lei voleva farlo parlare il più possibile.

“In che modo non sarebbe giusto per me?” insistette.

“Non ti sostiene come vorresti. Non state più crescendo insieme, non seguite più lo stesso percorso.”

Keira si sentì attraversare da un brivido. C’era fin troppa verità nelle sue parole.

“Sei anche un indovino, oltre che un sensale?” scherzò. “Nascondi un mazzo di tarocchi là sotto?”

William emise una grassa risata. “Oh, no, niente del genere. Ma nel corso degli anni ho sviluppato un certo intuito. Non ti hanno brillato gli occhi quando hai detto il suo nome. Non c’era gioia nella tua voce.”

“Credo che quella sia solo la mia cinica personalità da newyorkese,“ disse Keira.

“Forse. O forse è perché non lo ami davvero.”

Keira rifletté su quell’affermazione. Lei e Zach si erano detti raramente la parola con la A. In effetti, non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta che era successo.

“Non credo che in queste faccende debba necessariamente c’entrare l’amore,” spiegò.

“Ma perché sprecare il tuo tempo con qualcuno che non ami, quando potresti essere là fuori a cercare il Vero Amore?”

Keira incrociò le braccia. “Forse perché il Vero Amore non esiste?”

“Non credi nel Vero Amore?” volle sapere William.

Keira scosse la testa. “No.”

Quella ammissione sembrò eccitare William. “Abbiamo una bastian contrario,” esclamò con una risata. “Che significa che farle cambiare idea sarà la nostra sfida, eh Shane, ragazzo mio?” Fece cenno alla guida turistica di avvicinarsi, che obbedì. Quando gli fu accanto, William gli gettò un braccio sulle spalle. “Sei stato promosso,” scherzò. “Non devi più solo guidare questa giovane donna attraverso il festival, la devi accompagnare fino al Vero Amore. Temo che sarà un’ardua impresa!”

Keira si agitò a disagio sulla sedia. Ma nonostante il suo fastidio nel ritrovarsi al centro di quella strana discussione, sapeva di aver raccolto del materiale eccellente per il suo articolo grazie a quel vecchio scimunito e alle sue antiquate opinioni sulle relazioni. Elliot sarebbe stato al settimo cielo. E per lei scriverlo sarebbe stato quantomeno terapeutico.

Doveva solo arrivare alla fine della prima giornata insieme a Shane e poi avrebbe potuto purificarsi da quelle stupidaggini battendole al computer.