Persecuzione

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PERSECUZIONE

(GLI INIZI DI RILEY PAIGE—LIBRO 5)

B L A K E P I E R C E

TRADUZIONE ITALIANA

A CURA

DI

IMMACOLATA SCIPLINI

Blake Pierce

Blake Pierce è autore bestseller secondo USA Today della serie mistery RILEY PAIGE, che include sedici libri (e altri in arrivo). Blake Pierce è anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE, che comprende tredici libri (e altri in arrivo); della serie mistery AVERY BLACK, che comprende sei libri; della serie mistery KERI LOCKE, che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie mistery KATE WISE, che comprende sei libri (e altri in arrivo); del sorprendente mistery psicologico CHLOE FINE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); dell’emozionante serie thriller psicologica JESSIE HUNT, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie thriller psicologica che vi farà stare con il fiato sospeso, AU PAIR, che comprende due libri (e altri in arrivo); e della serie mistery ZOE PRIME, che comprende due libri (e altri in arrivo).

Avido lettore e fan da sempre dei generi mistery e thriller, Blake adora sentire le vostre opinioni, quindi non esitate a visitare il sito www.blakepierceauthor.com per scoprire di più su questo autore e mettervi in contatto con lui.

Copyright © 2019 di Blake Pierce. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto permesso dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né potrà essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook è concessa soltanto ad uso personale. Questa copia del libro non potrà essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non è stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani ed acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è frutto di una pura coincidenza. L’immagine di copertina è di proprietà di Runis, usata sotto licenza di Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Volume#1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Volume #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Volume #3)

LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)

I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)

I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)

I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)

GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

PERSECUZIONE (Libro #5)

I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)

UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE

UNA LEZIONE TORMENTATA

I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)

I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)

I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)

INDICE

PROLOGO

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTITRÉ

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO VENTOTTO

CAPITOLO VENTINOVE

CAPITOLO TRENTA

CAPITOLO TRENTUNO

PROLOGO

Kimberly Dent si alzò il colletto per proteggersi dal freddo. Era ancora in giro, ad un’ora più tarda del solito, ma si trattava solo di un breve e sicuro tragitto a piedi di ritorno da una visita a casa della sua amica Goldie Dowling. La notte non era fredda, e a Kimberly piaceva il modo in cui l’aria le colpiva le guance, facendole vedere il proprio fiato gelato. A dire il vero, era una passeggiata molto piacevole, con i lampioni che illuminavano ciò che restava dell’ultima nevicata della settimana precedente.

Kimberly era sicura che i genitori non fossero preoccupati del suo ritardo. I suoi voti al liceo erano buoni, e mamma e papà sapevano che sapeva stare lontana dai guai, non che vi fosse il rischio di finirci in una noiosa piccola cittadina come Dalhart. Inoltre, entrambi i genitori stavano senz’altro dormendo ormai. Come la maggioranza delle persone in quel quartiere, andavano sempre a letto presto.

 

Stava canticchiando una canzone pop, ma si rese conto di non sapere di quale si trattasse.

Un pezzo nuovo che ho sentito alla radio, direi.

Era strano che una canzone che non conosceva davvero le fosse rimasta impressa in quel modo, ma sembrava che questo capitasse spesso, nell’ultimo periodo. Naturalmente, prima o poi quella canzone le sarebbe stata familiare proprio come un vecchio paio di scarpe. Eppure, non riusciva a ricordare esattamente dove o quando l’avesse sentita per la prima volta.

Quel pensiero, in qualche modo, la rese triste.

In realtà, l’intera serata le era apparsa triste in un certo senso.

Lei e Goldie avevano fatto tutte le solite cose che avevano condiviso nel corso degli anni: si erano date lo smalto alle unghie, si erano acconciate i capelli, avevano ballato su alcune delle loro canzoni preferite, avevano giocato a carte, guardato la TV.

Poi, però avevano litigato, o, almeno, Goldie si era infuriata con lei.

E senza un vero motivo, Kimberly pensò.

Kimberly non aveva fatto altro che chiedere a Goldie se fosse sicura di voler restare lì a Dalhart dopo aver preso il diploma quella primavera. Goldie era scattata contro di lei a quelle parole.

“Stai dicendo che non dovrei sposare Clint?” aveva chiesto, quasi urlando.

Kimberly era rimasta sconvolta. Sapeva che Goldie e Clint avevano una relazione seria. Stavano insieme dalle scuole medie. Ma Goldie non aveva mai fatto cenno al matrimonio prima di allora. E, se Clint le aveva fatto la proposta, di certo non lo aveva raccontato a Kimberly.

Naturalmente, sapeva che la sua amica avrebbe reso felici i genitori, scegliendo di sposare Clint e di stabilirsi a Dalhart, magari iniziando ad avere figli piuttosto in fretta. Ma non sembrava lo stile di Goldie …

Almeno non fino a quella sera.

Poi, Kimberly aveva commesso l’errore di rammentare a Goldie del sogno che aveva sempre avuto di andare a New York o Los Angeles, per diventare un’attrice.

“Oh, cresci” Goldie aveva detto.“Siamo troppo grandi per quei sogni infantili ormai.”

Quelle parole avevano colpito duramente Kimberly, ma non tanto quanto quello che poi Goldie aveva detto.

“O pensi ancora che diventerai una ginnasta olimpica?”

Kimberly ne era rimasta scioccata. No, aveva smesso di credere in quel sogno da quando aveva dodici o tredici anni. Ma era stato un gesto crudele da parte di Goldie riportarlo alla luce così all’improvviso.

Eppure, Kimberly desiderava molto di più di quanto Dalhart avesse da offrire. Era ansiosa di uscire da lì. Immaginava di trasferirsi a Memphis subito dopo il diploma, e iniziare a lavorare così da potersi godere la vita di città alla fine.

Non ne aveva ancora fatto parola con qualcuno, nemmeno con Goldie, e quella sera non le era sembrato il momento giusto per dirglielo. Kimberly era sicura che i genitori si sarebbero opposti. Sperava soltanto che sarebbe stata abbastanza forte da lottare per ciò che voleva, quando sarebbe giunto il momento di andarsene.

Era quasi a casa ormai, e stava ancora canticchiando la stessa melodia, chiedendosi che canzone fosse. Poi, sentì uno strano ed intenso suono. Nell’aria c’era appena una leggera brezza.

Si fermò così ad ascoltare.

Qualcuno sta fischiando! comprese.

Non solo, qualcuno stava fischiando la stessa melodia che lei stava canticchiando.

Improvvisamente, il fischiettare cessò.

La ragazza chiese, con voce non forte ma ferma: “Sei tu, Jay? Se è così, non è molto divertente.”

Il suo ragazzo Jay aveva rotto con lei circa una settimana prima, e da allora non faceva altro che spaventarla. Si era sparsa la voce che avesse parlato male di lei con gli amici maschi, lamentandosi del fatto che non gli “si fosse concessa”. Naturalmente, quello era stato il motivo per cui Jay aveva messo fine al loro rapporto, ma Kimberly di sicuro non pensava che fossero affari degli altri.

E ora, non poteva fare altro che chiedersi se Jay la stesse perseguitando.

Sospirò e pensò, Non mi stupirebbe affatto.

Scosse il capo e riprese di nuovo a camminare.

Poi, il fischiettare riprese.

Kimberly accelerò il passo, guardandosi attorno nel tentativo di comprendere da dove provenisse quel suono, senza riuscirci. Iniziò a sperare che, dopotutto, si trattasse di Jay. Non le piaceva l’idea che potesse essere qualcuno degli strani amici dell’ex. E non osava immaginare che fosse qualcuno che non conosceva nemmeno.

Mentre continuava a camminare, si guardò intorno, osservando le case dove vivevano tutte persone che conosceva praticamente da sempre. Doveva bussare ad una di quelle porte, così che qualcuno la lasciasse entrare?

No, è tardi, pensò.

Non vide alcuna luce accesa all’interno di quelle abitazioni. Probabilmente, quelle persone erano ormai tutte profondamente addormentate. Anche se non lo fossero state, non sarebbero state felici di essere disturbate a quell’ora. Ed i suoi genitori sarebbero usciti dai gangheri, se avessero saputo che lei aveva disturbato le persone a quell’ora di notte.

Il fischiettare cessò di nuovo, ma Kimberly non ne fu affatto confortata. La notte ora sembrava più fredda e più cupa di quanto non fosse stata solo pochi minuti prima.

Quando svoltò ad un angolo, vide un furgone parcheggiato a breve distanza. Aveva fari e motore accesi.

Emise un sospiro di sollievo. Non riconosceva il veicolo, ma almeno si trattava di qualcuno. Chiunque fosse alla guida del furgone sicuramente le avrebbe dato un passaggio per la breve distanza che restava fino alla sua casa.

Raggiunse il veicolo e notò che lo sportello laterale era aperto. Guardando all’interno, vide che l’abitacolo era vuoto e aperto, con una una sorta di grata metallica dietro i sedili anteriori. Non c’era anima viva.

Kimberly si chiese se il guidatore potesse avere avuto dei problemi al motore e fosse andato a cercare aiuto. Se si trattava di un estraneo, non avrebbe saputo affatto a chi rivolgersi.

Forse posso aiutare, pensò.

Prese il cellulare dalla borsetta, immaginando di poter chiamare suo padre. Ma esitò per un istante, incerta se volesse davvero svegliare il genitore, anche se era per aiutare un estraneo.

Sentì dei passi avvicinarsi e si voltò per vedere un volto che riconosceva.

“Oh, sei tu …” disse, provando un momento di sollievo.

Ma l’espressione su quel volto congelò qualunque parola che sarebbe potuta seguire. Non aveva mai visto i suoi occhi così freddi e duri in quel modo.

Senza dire alcunché, lui allungò una mano e le tirò via borsetta e cellulare.

Ora la paura emerse dalla gola di Kimberly. Tutte le cose che pensava di fare le attraversarono la mente.

Grida aiuto, si disse. Sveglia qualcuno.

Ma improvvisamente, fu sollevata e scaraventata violentemente nel retro del furgone.

Lo sportello sbatté e le luci interne si spensero.

Affermò la maniglia dello sportello, ma si accorse che era bloccato

Finalmente, Kimberly ritrovò la sua voce.

“Fammi uscire di qui!” gridò, colpendo lo sportello.

Poi, lo sportello del guidatore si aprì, e l’uomo entrò.

Il furgone iniziò a muoversi.

Kimberly afferrò con tutte le sue forze la grata metallica che la separava dal guidatore e chiese: “Che cosa stai facendo? Fammi uscire di qui!”

Ma, ormai, il veicolo era in strada, e Kimberly sapeva che nessuno nel quartiere addormentato poteva sentirla.

CAPITOLO UNO

Quando il primo colpo esplose, Riley Sweeney reagì in fretta. Proprio com’era stata addestrata all’Accademia, si accovacciò dietro l’ostacolo più vicino, una Honda che era parcheggiata di fronte al motel dove due killer erano rifugiati. Ma era consapevole del fatto che il veicolo compatto non le offriva molta protezione.

In quel periodo dell’anno faceva freddo, nel nord dello stato di New York, e stava nevicando. La visibilità non era affatto buona. Questo era il primo appostamento armato, e non si sentiva sicura di sopravvivere.

Aguzzando lo sguardo, tra i fiocchi di neve che cadevano, Riley vide che l’Agente Speciale Jake Crivaro si era sistemato in modo più sicuro accanto ad un grosso SUV. Crivaro, suo partner e mentore, sembrava preoccupato, quando lui le rivolse uno sguardo. Riley avrebbe voluto poter silenziosamente digli che sarebbe andato tutto bene per lei. Come i sei poliziotti locali che erano arrivati con loro in quel momento, Riley e Crivaro indossavano il Kevlar. Ma Riley sapeva di non doversi aspettare troppo dal suo gilet protettivo. Un colpo ben mirato alla testa, o anche un colpo casuale, poteva essere fatale.

Crivaro portò il megafono alle labbra e gridò: “Sono l’Agente Speciale Jake Crivaro dell’FBI. Con me ci sono la mia partner e le forze dell’ordine locali. Siete circondati. Non c’è via di scampo. Uscite fuori con le mani in alto.”

Non giunse alcuna risposta dalla camera del motel in cui i due killer erano rifugiati. Invece, ci fu soltanto un inquietante fischio di vento.

Riley sollevò cautamente la testa da dietro la piccola auto, provando a intravedere la camera del motel. Proprio in quell’istante, ci fu uno scoppio acuto seguito da un suono stridente e acuto, qualcosa tra un fischio e un ronzio.

Un proiettile le era passato accanto. Riley abbassò la testa, per togliersi dalla traiettoria. Ebbe un sussulto, quando comprese che cosa era successo: mi hanno appena sparato per la prima volta.

Si era sottoposta ad un intenso addestramento con vere munizioni, ma nessuno aveva mirato proprio a lei.

Come Crivaro e gli altri poliziotti, aveva già impugnato la sua pistola, una Glock semiautomatica calibro 40.

L’arma sembrava goffa nelle sue mani.

Si disse che avrebbe dovuto essere contenta che le fosse stata data un’arma più potente della pistola calibro 22, che le era stata consegnata quando aveva ricevuto il distintivo dell’FBI. Ma questa era meno familiare, e ancora non sapeva come avrebbe dovuto usarla.

Sapeva che avrebbe fatto meglio a non sparare ora, e apparentemente anche gli altri della squadra erano dello stesso parere. Dovevano provarle tutte, per porre fine a questa situazione senza sparare inutilmente.

Sospettava che alcuni dei poliziotti che erano radunati nelle vicinanze si trovassero nella sua stessa situazione. Forse alcuni erano nuovi nelle forze dell’ordine quanto lei. Da quando aveva completato l’addestramento nell’FBI l’anno precedente, Riley si era chiesta come si sarebbe sentita, quando si fosse ritrovata in una situazione simile per la prima volta.

E ora che ci si trovava dentro, ancora non aveva una risposta.

Ma era sicura di una cosa: non provava panico. In realtà, non aveva affatto paura. Le sembrava piuttosto di essere uscita dal proprio corpo e guardare quello che stava accadendo, come una sorta di fredda osservatrice. La situazione era irrealistica, quasi surreale. Ma lei sapeva che tutto il suo corpo era preda dell’adrenalina, e doveva restare lucida.

Si sentì un po’ incoraggiata dal fatto che almeno una persona in quella squadra aveva idea di cosa stesse facendo. Questa non era certo la prima esperienza del genere per l’Agente Crivaro. Quell’uomo, basso e dal largo torace, era una leggenda nell’Agenzia, per la lunga lista di casi difficili risolti.

Riley si appoggiò all’auto, in attesa di un ordine. In quei momenti di silenzio, ripensò all’incontro alla stazione della polizia locale con questa squadra. Era accaduto solo poco tempo prima, ma, in quegli istanti, sembrava che da allora fossero passati giorni o persino settimane. In quell’occasione erano state date loro le informazioni sui killer che avrebbero dovuto provare a catturare.

Quando aveva visto le foto della coppia, aveva pensato, Ragazzini. Solo una coppia di ragazzini.

Il diciassettenne Orin Rhodes e la sua ragazza quindicenne, Heidi Wright, avevano dato inizio alla loro bramosia di morte solo pochi giorni prima nella vicina cittadina di Hinton. Era cominciata con un semplice atto di pura disperazione.

Heidi aveva chiamato Orin al telefono, dicendogli di essere in pericolo in casa. Orin aveva preso la pistola del padre e si era recato a casa della ragazza, dove aveva trovato il padre e il fratello di lei che stavano stuprandola. Orin aveva ucciso entrambi gli aggressori.

 

Poi, Heidi aveva afferrato la pistola di suo padre e lei ed Orin erano fuggiti. Ritrovandosi a corto di contanti, avevano provato a rapinare un negozio di liquori. Ma la rapina era andata male, ed avevano finito con l’uccidere il direttore e un impiegato del negozio.

La polizia non era sicura esattamente di che cosa fosse accaduto in seguito. Sapeva che i ragazzi avevano raggiunto la cittadina di Jennings, dove avevano torturato e ucciso due persone perfettamente innocenti, un tuttofare di mezza età e una diciassettenne. Poi, la coppia omicida era sparita di nuovo.

Ed era stato allora che le autorità locali avevano chiesto l’assistenza dell’FBI. Avevano trovato il comportamento degli adolescenti così sconcertante, che avevano richiesto qualcuno dell’Unità di Analisi Comportamentale.

Riley e l’Agente Crivaro avevano preso un volo da Quantico per fare il possibile per aiutare. A loro era chiaro che Orin ed Heidi avevano scoperto di amare l’omicidio. Era probabile che ce ne sarebbero stati degli altri. Non avevano più ragioni per uccidere, e la loro scia di morte non sarebbe finita presto.

Mentre Riley e Crivaro si erano dedicati ad analizzare la situazione, la polizia locale aveva scoperto che la coppia si stava nascondendo in quel motel. I due agenti si erano uniti alla squadra locale che era andata a catturarli… o ad ucciderli, se necessario.

Ora qui erano tutti in quel parcheggio, mentre la neve cadeva intorno a loro. Uno degli adolescenti li aveva accolti al loro arrivo con uno sparo dalla finestra della loro camera di motel, ed ora un secondo colpo era stato esploso, mancando per un pelo la stessa Riley.

E adesso? Riley si chiese.

L’Agente Crivaro parlò attraverso il megafono di nuovo in quello che sembrava quasi un tono comprensivo, gentile.

“Orin, Heidi, non peggiorate le cose. Non vogliamo guai. Non vogliamo altro che parlare. Possiamo risolverla. Uscite entrambi fuori con le mani dove possiamo vederle.”

Ci fu di nuovo silenzio, prima che la voce di un ragazzo gridasse dalla finestra.

“Abbiamo un ostaggio.”

Riley provò un brivido di allarme. L’espressione dell’Agente Crivaro lasciava intuire lo stesso.

Orin continuò: “È una cameriera del motel. Dice di chiamarsi Anita. Non provate a fare qualcosa altrimenti la uccidiamo.”

L’Agente Crivaro scrutò cautamente dietro il SUV e gridò: “Fatecela vedere.”

Non ci fu alcuna risposta. Riley immaginò che cosa stesse pensando Crivaro.

Orin sta bluffando?

Forse non avevano affatto un ostaggio. Forse stavano solo prendendo tempo, provando a posticipare la loro inevitabile cattura. Certamente non stavano agendo come se avessero davvero un ostaggio. Riley aveva studiato ed aveva fatto un addestramento specifico per situazioni di ostaggi all’Accademia, perciò sapeva bene che cosa aspettarsi.

I ragazzi avrebbero dovuto già negoziare, a quel punto, chiedendo una sorta di passaggio sicuro lontano da quel posto. Ma non era ciò che stava accadendo. L’intera situazione sembrava giunto ad un punto di stallo.

Poi, Riley sentì delle voci provenire dall’interno della stanza del motel. Era impossibile cogliere le parole esatte, ma sembrava che il ragazzo e la ragazza stessero litigando. Infine, Heidi gridò da dietro la finestra.

“Okay, ve la faremo vedere. Ma non provate a fare qualcosa.”

Riley guardò da dietro l’auto, di nuovo. Vide la porta della camera del motel aprirsi. Poi, una figura uscì. Sembrava una donna che indossava una giacca invernale con il cappuccio. Il suo volto era impossibile da vedere nella neve vorticosa. Lei se ne stava ferma sull’uscio, tenendo le mani tremanti sopra la testa.

Orin Rhodes gridò dall’interno della camera: “Benissimo, eccola qui, l’avete vista.”

Crivaro gli rispose al megafono: “Sì, ma non vorrete davvero fare le cose in questo modo. Credetemi, so di che cosa parlo. L’ho visto accadere tante volte. Tenere un ostaggio peggiora soltanto le cose per voi. Lasciatela andare. Lasciatela venire qui da noi. Poi, potremo negoziare una soluzione ragionevole.”

Riley dubitava che il piano di Crivaro avrebbe funzionato, e sospettava che anche lui lo pensasse. Perché la coppia avrebbe dovuto rinunciare all’unico mezzo che aveva in un momento del genere?

Poi, con sorpresa di Riley, la donna fece un paio di passi verso di loro. Il suo cuore le batteva forte in petto, quando sentì Orin ringhiare una sorta di inaudibile protesta. Riley non poteva vederlo, ma chiaramente non gli piaceva quello che stava accadendo.

Le sparerà? si chiese.

Ma la donna fece altri passi più esitanti, allontanandosi dal motel. Forse, Riley pensò, Orin ed Heidi avevano finalmente perso il loro gusto di uccidere. Ma Riley era ancora più incerta su ciò che stava accadendo. La coppia avrebbe davvero liberato l’ostaggio? E che cosa avrebbe fatto dopo? Che cosa poteva fare?

Potrebbero arrendersi, Riley pensò.

O potrebbero lottare.

Naturalmente, sarebbe stato un suicidio se lo avessero fatto. Riley aveva idea di cosa aspettarsi se avessero iniziato a sparare. La coppia non avrebbe avuto possibilità in una vera sparatoria, non contro una squadra del genere. Era improbabile che avesse una considerevole quantità di proiettili, e sicuramente sarebbero stati a corto di munizioni molto prima della squadra. La scelta estrema era arrendersi o morire.

La donna camminò silenziosamente lungo il marciapiede, poi superò il margine della strada, entrando nel parcheggio. Riley osservò Crivaro, interrogandosi su quali fossero le intenzioni del suo mentore. Sarebbe andato ad accogliere la donna, poi si sarebbe assicurato che si riparasse in un luogo sicuro? Al momento, non mostrava alcun segno di volersi spostare dalla propria posizione accovacciata dietro il SUV.

Improvvisamente, la donna accelerò in modo allarmante, avvicinandosi a Riley, apparentemente senza vederla.

In quel momento Riley riuscì a vedere il volto della donna. Non era affatto un ostaggio. Era Heidi Wright in persona e stava estraendo qualcosa dalla sua giacca.

Ha una pistola, Riley capì; sapeva che cosa doveva fare, ma, nonostante tutto, esitò.

La pistola della ragazza brillò, esplodendo colpi mal mirati contro le barriere che nascondevano poliziotti ed agenti. Poi, scorse Riley. Sorrise, con un sorriso stranamente innocente, mentre puntava l’arma contro la giovane agente.

Per quella che sembrò un’interminabile frazione di secondo, Riley fissò la canna della pistola. Poi, si accorse di aver già sollevato la propria e mirato perfettamente al centro del petto di Heidi.

Riley esplose un singolo colpo.

Heidi barcollò all’indietro, e la pistola le cadde dalle mani. Il suo sorriso sparì, sostituito da quella che apparve un’espressione di shock e sgomento. Infine, si accasciò al suolo.

Riley udì Orin gridare: “Heidi!”

Lei si voltò e vide diversi poliziotti precipitarsi verso la porta del motel. Con uno sguardo di stupito orrore, Orin emerse dalla stanza. Sollevò le mani in alto, mentre guardava verso il parcheggio, osservando la sua ragazza colpita. Restò immobile, completamente docile, mentre uno dei poliziotti lo ammanettava e gli leggeva i suoi diritti.

Avvolta in un profondo orrore, Riley si diresse verso il corpo della ragazza. Il sangue fuoriusciva dalla ferita al petto, macchiando lo strato di neve al suolo. Gli occhi di Heidi erano spalancati e la sua bocca si muoveva silenziosamente, mentre esalava gli ultimi respiri. Poi, restò completamente immobile. Lo sguardo, sul suo volto privo di vita, appariva indicibilmente triste.

Riley iniziò a tremare terribilmente, e la pistola quasi le cadde di mano. Improvvisamente, l’Agente Crivaro fu al suo fianco, e le sottrasse gentilmente l’arma.

In quel momento Riley si sentiva completamente insensibile.

Sentì se stessa dire: “Che cosa ho fatto?”

Crivaro le mise le braccia intorno alle spalle e disse: “Sei stata brava, Riley. Hai fatto quello che dovevi.”

Ma Riley riuscì solo a ripetere: “Che cosa ho fatto?”

“Coraggio, ti porto dove puoi sederti” Crivaro ribatté.

Riley riusciva a malapena a stare in piedi, mentre Crivaro la conduceva gentilmente verso un furgone della polizia. Poteva ancora sentire gli occhi della ragazza morta che la fissavano.

Ho ucciso qualcuno, pensò.

Non aveva mai ucciso qualcuno prima d’allora in vita sua.

E ora non aveva idea di come avrebbe fatto a conviverci.