Loe raamatut: «Le disilluse»
Le disilluse
Fiaba per Marionette, in un atto
Questa «fiaba» fu improvvisata in pochi giorni, come si rileva dal prologhetto, per invito della Società Filarmonica di Napoli e rappresentata, con musica del maestro Mario Costa, nel salone di quella Società, intorno al 1888. Ai due autori fu assegnato il compito di offrire, soprattutto, «un grazioso spettacolo di atteggiamenti, di colori e di armonie». Il libretto non doveva essere che «un pretesto per far comparire sulla scena, in costumi fantastici, una schiera di eleganti giovanotti e fanciulle» appartenenti all'aristocrazia, con alla testa il tenore Marconi, il baritono Kaschman e la signora Kaschman, protagonisti della festa mondana.
PERSONAGGI DELLA FIABA:
Fleno, ex re di Zano.
Arunto, candidato al trono di Zano.
Clea, conduttrice delle Disilluse e Disillusa anch'ella.
Le Fanciulle disilluse.
I Giovanotti.
Cori di voci misteriose.
Epoca, a piacere. – L'azione non si svolge in nessuna parte del mondo, ma, viceversa, poi, si svolge un po' dovunque.
PROLOGHETTO DE «LE DISILLUSE»
(scritto dall'Autore stesso e detto dal Direttore di scena.)
Il Direttore di scena
(a sipario calato, esce dalle quinte e, con una certa emozione, si rivolge al pubblico.)
Per voi, piccol gran pubblico, per voi, «mondo dorato»,
Roberto Bracco e Mario Costa hanno improvvisato
una celia che abbonda di note e di parole,
uno spettacolino riboccante di fole.
Come il burattinaio, dinanzi ai bimbi attenti,
fa muovere i fantocci, prestando lor gli accenti
d'un estro infantilmente disinvolto, così
i nostri cari autori han fatto lì per lì,
accogliendo l'invito di questa Direzione
che non chiedeva fiabe, ma un gioco da salone,
con un profumo d'arte, per uso delle dame
e delle damigelle. Quasi foste uno sciame
di scolarette a spasso, sotto il pretesto della
estemporaneità, ecco la marachella
d'ammannirvi, in istrofe fanciullesche e neglette,
le vicende fantastiche di certe marionette.
E il peggio è che si allude a cose che sul serio
vi seccano, benchè… vecchie come il salterio:
l' amore delle donne, le donne nell'amore.
le signorine ansiose di diventar signore,
i falsi voti avversi alla maschilità,
sognata da ogni donna, qual meta e qual metà…
Insomma, io penso e dico che i due burattinai,
facendo questa burla, sono maligni assai,
e che il trattar da bimbi persone come voi,
per ingannarle prima, per punzecchiarle poi,
è… un atto che, anche in musica, non merita clemenza.
Ed io, che, in qualità di régisseur, ma senza
aver nessuna colpa, mi trovo qui, sul banco,
per dir così, dei rei, vo' almeno parlar franco
e protestare contro Roberto Bracco e Mario
Costa, pria che davanti a voi s'alzi il sipario.
Per quel poco che c'entro in queste «Disilluse»,
mie dame e damigelle, io v'offro le mie scuse.
Ed un consiglio v'offro per… gl'improvvisatori.
Applauditeli all'ultimo, ma, appena vengon fuori,
lasciando cader pigre le manine guantate,
aprite le boccucce gentili e… sbadigliate.
(via)
ATTO UNICO
Le mariage est de toutes les choses sérieuses
la chose la plus bouffonne.
Beaumarchais.
Una campagna incolta, ricca di fiori e di verzura. In fondo, si eleva una siepe di cespugli folti. A destra e a manca, sentieruoli erti e serpeggianti. – Tra l'edera, il muschio e le felci, la porticina d'un tugurio. Sopra la porticina, un largo buco a mo' di finestrella. Qua e là, rovi, ciuffi d'erbe selvatiche, tronchi d'alberi spezzati. Il cielo è azzurro. Nell'aria si diffonde una luce strana, lievissimamente rosea, con sfumature giallognole: è un'aria ingombra di vapori leggeri e leggermente colorati, la quale dà alla scena campestre un carattere fantastico. Si vede scintillare, lontano lontano, in alto, dove sono più densi i vapori, il dorato «Castello della fantasia».
(Alzatasi la tela, la scena è vuota. – Si sente il canto delle Disilluse portato dal vento. – Le parole, per fortuna dell'autore, quasi non si odono.)
Le Fanciulle, tra cui Clea
(di dentro)
È l'alma affranta,
è vuoto il core,
la vita è infranta,
il mondo muore.
Qui di luce mesti incanti
noi viviamo circonfuse…,
La natura par che canti:
«Disilluse! disilluse!..»
(Circondate d'una luminosa aureola, le Fanciulle, dagli abiti semplici, gentili, vaporosi e tinti di colori pallidi, dai capelli sciolti, ornati di fiori delicati, e dagli atteggiamenti di persone dolci, languide, annoiate e sospirose, si avanzano a poco a poco. – Clea è la loro conduttrice.)
Venticello innamorato,
che d'intorno a noi ti aggiri,
che ci avvolgi di sospiri
e ci assedi da ogni lato,
sappi ben che ci ami invano.
L'amor nostro è morto a Zano!
Venticello vagabondo,
tu che vedi, tu che senti
tutti i nostri patimenti,
va laggiù, va a dire al mondo
che noi… gli uomini aboliamo…
Non amiamo, non amiamo!
(Si ode un lungo e dolce sbadiglio.)
Siam fanciulle… sbadiglianti…
d'aria e luce circonfuse…
La natura par che canti:
«Disilluse, disilluse…»
(Continuano a cantare tutte, meno Clea, alla quale esse si rivolgono.)
Ma un ricordo di note soavi
d'altri tempi si va risvegliando.
Se tu, Clea, quelle note cantavi,
ogni illusa cantava, sperando.
Nel tuo core, bellissima Clea,
ravvivava quel canto la fè.
Ti chiamavan di Zano la dea:
la canzone era fatta per te.
Deh! ripeti la canzone
della spenta illusione.
Clea
Il passato evocherò!
Le Fanciulle
Canta, canta…
Clea
Canterò.
(ricordando e ripetendo l'antica canzone, con enfasi ridicola)
«Sei nata nel giardino d'una fata
«che fuga col suo fascino il dolore.
«Al sol de' suo' begli occhi tu sei nata,
«giglio gentile, giglio incantatore.
«Sarà fecondo di pace infinita
«il lieto tuo fatidico candore.
«Eternamente amata, la tua vita
«sarà un connubio di pace e d'amore.»
(interrompendosi.)
Canzone menzognera!
Chi m'ama?.. Chi mi amò?..
Dov'è la pace vera?
È pace questa?.. No.
E un'altra strofa, l'ultima,
io voglio ricordar.
Mentiva pure! Uditela,
uditela cantar:
«Sarai fanciulla bella innamorata
«d'un altro come te leggiadro fiore,
«sbocciato nel giardin della tua fata
«che fuga col suo fascino il dolore.»
(Si abbandona sopra un sasso, presso il tugurio del romito, e vinta dalla noia, si assopisce.)
Le Fanciulle
(dopo la breve estasi di sollievo, ricascano nel triste languore.)
È l'alma affranta,