Marchesa, voi state per commettere una cattiva azione.
Oh! oh!
Una cattiva azione. Pensateci. Ammetto che siate indispettita della poca galanteria degli uomini; ma quello di cui macchinate la rovina…
La rovina?
Certo; quello non appartiene al nostro mondo, non vi ha offeso in nulla. È un uomo utile, probabilmente ingenuo e quindi disarmato contro di voi. Vi conosco, ora siete in puntiglio, ma tornata in voi sareste la prima a giudicare severamente la vostra condotta. La parte di Dalila è ingenerosa.
Se è un Sansone non cadrà.
Sansone è caduto.
Io non lo disarmo nel sonno. Se è veramente forte non si lascierà smuovere, e lo smacco sarà mio. Sapete bene che non mi getterò fra le sue braccia. Se cede, vorrà dire che non era stoffa d'eroe, e mi vendicherà della prosopopea di tutti gli altri. E poi m'annoio, e questo mi diverte. – E poi è deciso.
Quanto più sarà forte, tanto più facilmente cadrà nella pania.
Come temete per il decoro del vostro sesso!
Oh! pigliatevela con me…
Che non ve ne importa.
Non conosco il signor Sarni, ma…
Minacciate di metterlo in avviso? La buona fede mascolina! Perchè vi ho invitato a casa mia!
Non lo metterò in avviso, non per timore di essere sleale, ma perchè sarebbe inutile. Solo se persistete nel proposito, avrò il dolore di non esser più de' vostri amici.
Capite bene che se cedessi ora, avrei l'aria di farvi la corte.
Buona sera, Marchesa.
Contessa! (salutando).
Vai via? Non assisti al Torneo?
No.
Per dar la palma al vincitore.
Saranno vinti tutti e due. (via).
Non potete credere che allegria mi mette indosso questa partita. (Silenzio. Elena passeggia la scena, va da un mobile all'altro, apre un libro e poi lo chiude; siede al pianoforte. Filippo sbadiglia coprendosi la bocca colla mano. Gemma lo guarda).
Scusate, è l'allegria della Marchesa che è comunicativa. Le dieci. (suono di campanello) Eccolo qui, è puntuale.
Elena, lasciamo correre?
Vedremo.
Il sig. Sarni.
Mio zio mi ha annunziato la sua visita e stavo aspettandola. Mio zio le avrà detto che le dava appuntamento in casa mia.
Sì, signora Marchesa.
La Contessa del Pallio si è trattenuta apposta per fare la sua conoscenza. (inchini). Il mio amico il Barone Landucci.
Ebbi già l'onore di conoscere il signor Sarni ieri sera…
Alla Direzione del Faro.
Appunto.
Inutile dirle che si parlava di lei.
Ammirando.
È un'ammirazione presto guadagnata, se basta partire per ottenerla.
Si ammira un volontario che parte per la guerra.
Ma non un botanico che parte per erborizzare, nè un artista per veder paesi. Al giorno d'oggi i piccoli fatti sono troppo facilmente divulgati, e finiscono per acquistare importanza dal numero delle persone che li conosce.
Quando tutti sono d'accordo in un sentimento…
È segno che c'è una specie di pigrizia universale, che fa senza esame accettare per buono il giudizio corrente.
Ammetterà che pochi tenterebbero l'impresa che lei sta per tentare.
Le assicuro che non faccio sfoggio di modestia, ma questa larva di celebrità improvvisata e ad ogni modo anticipata mi può dare delle gran noie. Ieri sera un amico mi portò all'ufficio di un giornale dove andai volentieri per vedere un po' di gente prima di lasciare il mio paese: ma invece di trovarmici spettatore, mi accorsi di esserci come una specie di bestia rara che molte persone convenute apposta volevano veder da vicino. Quei signori possono credere che io ci fossi andato per darmi in spettacolo, e se la spedizione fallirà o se non riescirò a trarne quel profitto che mi propongo, eccomi fatto ridicolo o almeno convinto di molta presunzione.
Il solo fatto di affrontare i rischi di un viaggio…
Non esageriamo. Ne sono già tornati dai mari polari.
Finirò per aver più merito io, che me ne sto qui a far la corte a queste signore.
Dicono infatti che sia una navigazione assai più difficile.
È pericolosa?
Sono tentato di crederlo, Marchesa.
Per esperienza?
Un'esperienza di cinque minuti.
Oh! Come farà a smaltire di simili galanterie laggiù nella solitudine?
Farò economia.
È già tanto ricco!
L'avevo detto? A sentir discorrere di un uomo che va ai mari polari, lo si immagina selvatico come un orso bianco.
Al contrario, adoro la società!
E perchè l'abbandona?
Oh, Gemma! Non indaghiamo i segreti d'un uomo di quell'età.
No, no, non ho segreti da nascondere e non sono più romantico che selvatico. Non ho nè dolori da vincere, nè disinganni da consolare. Faccio la mia strada e cerco che non sia la strada maestra dove passano tutti. Come vede, mi confesso ambizioso; ma per emergere dalla folla bisogna essere più alto degli altri, mentre anche un uomo di media statura, se cammina solo, lo si vede da lontano.
Filippo, passatemi quello sgabello.
Subito. (le porta lo sgabello e glielo mette sotto i piedi).
E abbassate un po' il paralume, la lampada mi fa male agli occhi.
Ecco. (eseguisce).
Grazie, mio buon amico.
Oh! (bacia la mano).
Voi, poveretto, solo non ci andreste, eh?
È così bene accompagnato!
Fa una grande ostentazione di semplicità.
Vi dispiace?
Siete meglio voi, cento mila volte.
Oh!
Quasi quasi gli do la sua lettera. Eccola.
Che viltà!
Mi è antipatico. Basta, vedremo. Andate di là.
Sissignora, ci sono andato un'altra volta; ma dopo di essere stati sei giorni bloccati dai ghiacci dovemmo riparare in Norvegia.
Chi sa quei sei giorni che apprensione!
Passarono in un attimo, nei preparativi dell'invernata e fummo liberi prima d'avvertire che… (a Filippo che fa cenni ad Elena) Dica.
Io?
Scusi un po', sig. Sarni, la colpa è mia. Interrogava a cenni il mio amico Filippo, per sapere se devo mandare al suo recapito una certa lettera ch'egli conosce. Giusto, lei farà l'oracolo.
Io?
Sì. Lei ignora di che si tratta, quindi il suo verdetto avrà tutta la cecità che si richiede ad un verdetto della sorte. Vuole rispondere?
Ma si può conoscere almeno a chi è diretta la lettera?
Ah no! (guarda Filippo ridendo) Il nome del destinatario le direbbe ogni cosa.
È lui! Che parte mi fa fare? (forte) È una lettera importante?
Se andasse al suo recapito, sarebbe tenuta per tale.
Ebbene. (fra sè) Vediamo. (forte) Io non la manderei.
Davvero?
L'oracolo ha parlato.
E sia. (mette la lettera nel cassetto del tavolino).
Però trovo strana questa irresolutezza in una Signora. Le donne pel solito deliberano prontamente.
Ha in così buon concetto le donne?
Buono, non saprei. Gli uomini sono più irresoluti prima di deliberare, ma più fermi e perseveranti dopo.
Sicchè lei quando ha deciso di fare una cosa…
La faccio.
Per esempio, il suo viaggio non c'è nulla che potrebbe smoverla dal farlo?
Oh… certo.
Proprio nulla?
Oh Dio, potrei ammalare…
No… No.
Ebbene, fuori di questo non vedo quale altro impedimento mi potrebbe trattenere…
Non vede? Mi rallegro con lei.
Che strana donna!
A proposito del suo viaggio, guardi che quasi me ne scordavo. Mio zio le doveva portare stassera una commendatizia.
Ecco, senza di quella, per esempio, temo che il mio viaggio sarebbe in grande pericolo.
Ah! ma quella c'è. Mio zio non venne stassera perchè è un poco indisposto. Mi manderà la lettera domattina. Se vuole passare a prenderla in casa mia, o se mi lascia detto dove gliela posso mandare.
Oh! verrò io.
Così avrò il piacere di rivederla.
A che ora?
Verso le undici, le va?
Benissimo. Anche più tardi, se crede.
No, io mi alzo per tempo. È inteso?
La ringrazio.
Non ho detto per congedarla. Non è tardi. – Siamo in pochi. – La Contessa è la mia migliore amica, Filippo è di casa; segga là, e si lasci andar a discorrere. Qui non si creano celebrità. Ci parli delle sue speranze, dei suoi propositi, ci descriva quegli spettacoli terribili ed immaginosi. Vuole?
Ma…
Sì, sì.
Filippo, diteglielo anche voi.
Che potrebbe mai la mia povera parola?
Oh, molto! La Marchesa mostra di fare un tale conto di lei!
Una serata passata in questo modo fa fare dei gran passi all'amicizia. Sarà un pegno che ci lascia di non scordarci al ritorno. E noi lo rammenteremo molte volte. Quando lei sarà laggiù, nella gran notte polare, potrà pensare: in questo momento nel mio paese in un salotto intimo dove il caso m'ha fatto entrare, c'è della gente che dice: Dov'è? Che fa? Quando tornerà? Che commenta i miei discorsi e fa voti perchè si avverino le mie speranze. Perchè parleremo spesso di lei. (a Filippo molto carezzevole) Non è vero, Filippo?
Come mi carezza!
La proposta è seducente ed il quadro bellissimo, ma il tempo stringe e ho molto da fare. Pregherò il sig. Barone di voler prendere le mie difese, nel caso che la fretta mi facesse passare per scortese. Sono sicuro di affidarmi ad un buon avvocato.
Ci morde.
Marchesa!
A domani alle undici.
Grazie. Contessa…
Buon viaggio.
Mi raccomando a lei. (via).
Filippo, andatemi a prendere il mantello.
Subito! (via).
Persisti nella scommessa?
Certo.
Uhm! Perderai.
Credi?
Se n'è andato.
Appunto. È quello che volevo.
Eccomi qua. (aiuta Gemma a vestire il mantello). Vi accompagno.
Miracolo!
La Marchesa è stata troppo buona con me in presenza dei terzi. Se rimango solo, se ne vendica, mi batte.
Buona fortuna.
Addio. Ah! Filippo, domattina vi aspetto alle undici e un quarto preciso.
Ci siamo. Orologio alla mano.
Venite?
Pranzerete poi con me.
Le briciole, cara Marchesa. (via con Gemma).
In casa della Marchesa. Salotto piccolo, elegantissimo. In fondo una specie di gabinetto colle pareti a cristalli interi che si capisce sporgere nel giardino. In quello nel mezzo una tavola rotonda coperta di tela cerata e sedie in bambou. Il gabinetto ha un ingresso a sè a sinistra, sull'imboccatura, cosicchè le persone di servizio vi accedono senza entrare nel salotto. Il salotto molto ingombro di mobili. La porta comune è a sinistra, a destra non c'è porta nè finestra, la luce viene dal gabinetto. Vicino al sofà un tavolino a due piani foderato in peluche con fiocchi e peneri. Nel piano disotto libri, sul piano superiore un atlante aperto. Dal lato opposto della scena, cioè a destra, uno scrittoio discosto dal camino. Sullo scrittoio un piccolo cavalletto regge una fotografia. Sul camino un'altra fotografia. Fiori dappertutto.
La signora Marchesa ha lasciato detto che se veniva il signore lo si pregasse di aspettare, che alle undici sarebbe tornata. Non può tardare più di due tre minuti.
Va benissimo. (Anselmo parte).
È mattiniera. La facevo appena levata. Questa è la sala dove eravamo ieri? No – Bello! com'è pieno di fiori! Che profumo! Per un anno, addio primavera. Quanto la pagherei fra tre mesi una fogliolina fresca di rosa! Sicuro che è facile la vita qui dentro (siede). Per stare in ozio. Che vita strana, artificiale. E che donna strana. Nemmeno il pudore di nascondere in faccia ad un estraneo la sua intimità col Barone; perchè è chiaro; quei due… fanno il paio. Ma se lo tenga il suo Barone. E io avrei dovuto dare accademia di quadri polari per fornire poi argomento ai loro discorsi quando sono a corto di galanterie. Fossi grullo! (s'alza). Questi seggioloni sono il vero emblema della società che li adopera. Hanno una mollezza che agguanta. Quando ci si è seduti bisogna fare uno sforzo per levarsene. Ah! le buone sedie dure che fanno lavorare. Non vedo l'ora di esser partito. Tutti questi giorni che mi vanno in visite e provviste mi stancano. È una settimana che non ho aperto un libro (prende la fotografia che è sullo scrittoio). Il ritratto del Barone. L'avrei giurato; e proprio lì sullo scrittoio per vederselo davanti ad ogni momento. Miracolo che non l'avesse di là nel salone. Là ci terrà gli Album con tutti gli altri: questo è il santuario degli eletti. Non è antipatico! Ha un'aria volgare, e mi fa maraviglia che lei così fina… Rimettiamolo bene a suo posto, che non se lo trovi mancare. Così – (vede l'altra fotografia sul camino). Un altro! Dello stesso alla stessa. È un'esposizione! Scommettere che ci trovo il terzo là su quel tavolino? (va al tavolino) No, un atlante. Il viaggio della Vega. Oh, oh! E i fogli sono tagliati, e il libro ha l'aria d'esser stato letto… Ci sono dei segni in margine e delle note… Vediamo; ah! dove descrive l'invernata nel paese dei Ciuschi… la nota dice: Ecco degli uomini! Lo credo bene, meglio che i suoi fantocci da cotillon! (sente la voce d'Elena nella sala vicina) Eccola!
Perdoni, sig. Sarni. È un pezzo che aspetta? Ho l'abitudine di fare ogni mattina una passeggiata a piedi. Son venuta di corsa. Si vede, eh? (suona il campanello).
Quello che si vede le sta così bene…
Pensavo che il suo tempo è prezioso; chissà quante cose le restano a fare.
No… proprio nulla, non ho che da aspettare l'ora della partenza.
Che è domani?
Sì, domattina.
Scusi, guardi un po' lei.
Ecco fatto.
Era così fosca l'aria stamattina.
Dite a Giulia che venga a prendere il mio cappello e il mio mantello.
Sissignora.
Aspettate. Lo zio deve aver mandato una lettera.
Non credo.
Non è possibile! Siete certo che non è venuto nessuno da parte dello zio?
Almeno io non ho visto nessuno.
Informatevene, e fatemelo dire da Giulia. Se veramente non hanno portato nulla, avvertite Ambrogio che sia pronto a salir subito al Macao. (verso Andrea) Scrivo un biglietto allo zio per sollecitarlo.
Mi rincresce…
Che! Mi fa maraviglia, perchè lo zio è puntualissimo. La lettera non può tardare.
Vorrei che tardasse un'ora almeno.
Non mi piace sentirle dire delle frasi così compite. Mi ha già fatto senso ieri sera. La galanteria è la qualità degli uomini che non ne posseggono altre. Ora hanno perduto anche quella. Gli uomini come lei non hanno bisogno di esser galanti.
Vuol dire che non so pigliarmela con garbo.
No, ho anzi notato che gli uomini gravi, gli uomini di studio e di valore le poche volte che sono condannati a discorrere con una signora, usano i più torniti fioretti. Ebbene lo trovo umiliante. Mi pare di vederci trapelare la profonda convinzione della nostra frivolità.
No.
Altro. (Giulia entra e raccoglie il cappello ed il mantello poi s'avvicina ad Elena).
Ebbene?
Dice Anselmo che veramente non è venuto nessuno, nè hanno mandato nulla.
Anselmo avrà avvertito Ambrogio?
È già pronto.
Che aspetti. (via Giulia) Non so capire… scrivo subito allo zio. (allo scrittoio).
Senza che lei s'incomodi, posso passar io dal Marchese.
È così lontano!
Mi servirà di passeggio; dovrò stare tanto tempo fermo a bordo.
Padrone!
Dicevo per risparmiarle la seccatura di scrivere.
Ecco, se ci va subito subito lo trova in casa, altrimenti no. Buon viaggio.
È meglio che scriva lei il biglietto.
Meno male. (prendendo la scatola della carta da lettere, fa cadere in terra il piccolo cavalletto col ritratto di Filippo).
Oh! povero Barone.
Come ha fatto di laggiù a riconoscere quel ritratto?
L'avevo già visto prima che lei arrivasse.
Ah!
Se è un'indiscrezione, gliene chieggo scusa.
Perchè un'indiscrezione? Se lo lascio in quel posto… è perchè…
Tutti lo vedano.
Perchè non c'è male ch'altri lo veda. D'altronde questo salotto non è mai aperto alla folla. Qui non ci vengono che gli amici.
E ci stanno.
Non pare, dacchè lei parte.
Sa, non si regge più!
Chi?
Il Barone. Non posso farlo stare in piedi. Ha una gamba rotta…
Bene, lo metta dove vuole.
Là sul camino?.. daccanto all'altro?..
Dove vuole. E poichè è lì, mi faccia la grazia di suonare il campanello. (Andrea preme il bottone elettrico vicino al camino. – Elena chiude la lettera).
Così! Confessi la verità… lei mi trova molto… come devo dire?..
Gentile.
No. Quantunque la parola esprima forse in modo cortese la stessa censura che intendo io. (entra Anselmo) Questo biglietto allo zio, subito.
Sissignora. (via).
Voglio dire che famigliarizzo troppo presto. Non trova? L'ho veduto ieri sera per la prima volta, e l'ho già chiamato amico, e scherzo con lei e lo incoraggio a scherzare meco in tono di molta dimestichezza. Che vuole? Sono per indole piuttosto gaia, e lei malgrado il suo sapere e la sua fermezza mi pare non sdegni un po' di buon umore giovanile; desidero lasciarle di me un'impressione non del tutto sgradevole; chissà che al suo ritorno non si finisca per diventar amici davvero.
Adesso non siamo?..
Adesso non siamo nemmeno conoscenti. Che so io di lei? Che è un uomo di merito che va al Polo. Non basta. Che sa lei di me? Che sono nipote di mio zio.
So di più…
S'intende, che non faccio paura, che ho una buona sarta e che ricevo molta gente.
Di più. Che quelli che hanno la fortuna di esser suoi amici… davvero, lei li tratta molto bene.
Chi glie lo dice?
Almeno in effigie.
Ah! perchè tenevo il ritratto di Filippo sul mio tavolino – se sapesse!..
Che?
No. No, non ho tempo. E non c'è ragione di fare questi discorsi ora. (passa dall'altra parte della scena e va a sedere sul canapè vicino al tavolino di peluche. Vede i libri e l'atlante aperti, li chiude come per nasconderli e li mette sul piano inferiore).
Perchè chiude e nasconde quei libri?
Oh! libri indifferenti.
Per me, no. Il viaggio della Vega.
Ha veduto anche questo?
Le rincresce?
Sì.
Perchè?
Perchè mi spiace passare per una donna sapiente.
Non le fa torto.
E perchè mi spiace che lei possa credere che li avevo messi in vista apposta per lei.
Non mi sono lusingato di tanto.
D'altronde non l'ho letto.
Le note non sono sue?
L'ha anche sfogliato? Sissignore, l'ho letto, mi è piaciuto; l'ho annotato, ed alla prima occasione partirò anch'io per un viaggio d'esplorazione. È contento?
Perchè mi parla così? Sono indiscreto. Ma se si propone di scandagliare il fondo delle mie abitudini mondane, non ci vorrà uno scandaglio lungo, sa. Non ne ho che una vernice, e dacchè sono entrato in casa sua ho esaurito la mia provvista di galanterie. Sono stanco di sorvegliarmi. Non so durare alla giostra delle piccole frasi, e dei continui sottintesi. Mi lasci essere quello che sono veramente, un uomo molto semplice e molto curioso. Ieri suo zio mi aveva avvertito che mi dava appuntamento in casa della Marchesa di Roveglia, lasciandomi capire che ci avrei trovato lui solo; non mi aspettavo di vederla. Quando mi fecero passare nel suo salone, lo devo dire? ne fui contrariato. La sua riputazione di suprema eleganza mi dava soggezione, mi studiai subito di mostrarmi disinvolto, e un tale studio cresce imbarazzo. Mi aspettavo del sussiego, e trovai invece una giovialità amichevole, che contribuì a sconcertarmi. Rincresce passar per novizio. La sua sicurezza trionfante mi conturba, la sua semplicità così elegante mi umilia. Ho paura di apparire impacciato contenendomi, e arrogante lasciandomi andare. Il meglio è confessare la mia pochezza. Un uomo che sta a suo posto, non è mai ridicolo.
Pensare che ho provato anch'io gl'identici sentimenti!
Quando?
In sua presenza. Mi pare che gli uomini forti ed utili come lei devono averci in così misero concetto. Ieri sera già prima che lei giungesse mi preoccupavo del giudizio che avrebbe fatto di me. Ho molto orgoglio; mi rincresce essere messa a fascio colle altre. Non le avrei detto queste cose, se lei non me ne avesse dato l'esempio. Ora siamo sulla buona strada tutti e due. Ebbene è vero. Quel libro era lì aperto, perchè ne rilessi dei brani ieri sera quando fui sola.
Ah!
L'avevo già letto. Non c'è romanzo che m'interessi quanto il racconto di queste superbe battaglie dell'uomo contro gli elementi. Quei lottatori sono così semplici e grandi! Gli eroi belligeri hanno tutti del rodomonte. Quanto l'invidio. Com'è bello avere una ragione così alta di vivere e di agire.