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Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1

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Bonneval (Mr. de), nel 1754, pubblicò la seguente opera: Apologie de la musique et des musiciens français, contre les assertions peu mélodieuses, peu mesurées et mal fondées de J. J. Rousseau. Titolo ed opera assai stravaganti.

Bonno (Giuseppe), maestro della cappella imperiale e compositor di camera, nato in Vienna nel 1710, vi morì nel 1788. Fu de' primi a mettere in musica i drammi dell'ab. Metastasio, come l'Ezio e gli oratorj Isacco e san Paolo in Atene dell'ab. Pasquini.

Bononcini (Giov.) di Modena, padre de' celebri Giov. ed Antonio, pubblicò nel 1694, un libro col titolo: Il musico pratico, Bologna in 4º, dedicato all'imperatore Leopoldo. Questa dedica è un capo d'opera del secentismo, ma eccettone i complimenti l'opera è buona: ve n'ha una traduzione tedesca impressa a Stuttgart, 1701, in 4º. Bononcini pretende in quest'opera di aver fatto un canone a due mila cinquecento novanta parti, ma che per la difficoltà dell'esecuzione lo ha egli ridotto a otto. Trovasi ancora in fronte del libro, un canone in suo onore, composto dal P. Agostino Bendinelli, canonico regolare; questo canone è celebre. Bononcini pubblicò in Bologna delle Cantate per camera a voce sola, nel 1677, e non de' Duetti da camera come pretende la Borde. V. Burney, t. III, p. 540.

Bononcini (Giov. ed Antonio) figliuoli del precedente, sono vissuti insieme nella più intima amicizia; trovavansi ambi insieme in Londra nel 1719, e secondo l'ab. Arteaga, sostennero con tanto decoro la gloria del nome italiano in Inghilterra in mezzo al grido, che avevano meritamente levato in quell'isola le composizioni dell'Hendel. Antonio fu il primo che fè sentire sul violoncello una bella qualità di suoni. Oltre molte cantate, i due fratelli composero diciannove opere dal 1698 sino al 1729, e sonosi pubblicate sotto il nome di ambidue a Berlino, a Vienna, a Venezia e a Londra.

Bontempi (Giov. Andrea Angelini) di Perugia, ha scritto dottamente della sua arte, e divenne maestro di cappella dell'Elettore di Sassonia. Nel 1660, pubblicò a Dresda: Nova quatuor vocibus componendi methodus, quâ artis plane nescius ad compositionem accedere potest, in 4º. Questo metodo è assai ingegnoso, e con ragione vien lodato dal Rousseau (artic. canon). Ma la sua opera principale è la Storia della musica, pubblicata a Perugia nel 1695, in fol., nella quale positivamente vi dichiara che la musica degli antichi non avendo considerati che i suoni contigui e successivi, non è mai appartenuta che ad una sola voce, e che perciò il contrappunto è una invenzione moderna. “Il Bontempi, dice l'ab. Requeno, pieno degli ordinarj pregiudizj si contenta di darci i progressi dell'arte: intorno però a' greci musici egli non ci dà lunghi e minuti ragguagli.” (Prefaz.)

Borde (il padre de la) gesuita francese, inventore di un cembalo elettrico, di cui aveane primieramente data la descrizione in due lettere nel Giornale di Trevoux, e quindi ne diè fuori un opera col titolo: Le clavecin électrique, avec une nouvelle théorie du mécanisme et des phénomènes de l'électricité, ossia Il cembalo elettrico, con una nuova teoria del meccanismo e de' fenomeni dell'elettricità, a Parigi 1761 in 12º. L'idea del cembalo elettrico è senza dubbio una copia del cembalo oculare del P. Castel suo confratello; ma da una chimera prodotta osserviamo una realità. Una ragione tirata dalla più sana metafisica, e che non era stata ravvisata ancora da nessuno, rendeva impossibile l'esecuzione del cembalo oculare; cioè che il piacere, che l'anima può ricevere da una combinazione o simultanea o successiva di colori, in cui l'armonia o la melodia oculare consisterebbe, è sempre o accresciuto, o alterato da un altro piacere, o da un disgusto, che risultano dalla bellezza, o dall'imperfezione delle figure che ci vengono rappresentate da' colori. Questa bellezza e questa imperfezione dipendendo in generale, dalle idee d'ordine e di proporzione nate in noi, o che noi ci siamo formati, sono in gran parte intellettuali. Laddove tutto il contrario sperimentiamo nel piacere che cagiona in noi la sensazione della vera armonia, o della vera melodia, cioè d'una combinazione simultanea o successiva, ma sempre piacevole, delle modificazioni del suono, che all'anima seco non portano se non delle idee vaghe e confuse di figura. Il p. de la Borde volendo formare, per mezzo del principio dell'elettricità, un nuovo cembalo, ha dunque fatto benissimo nel destinarlo unicamente a piacere, e restrignendosi a questo solo effetto l'idea di lui non ha più ripugnanza veruna, poichè un abile meccanico viene a capo di ridurre, per così dire, ogni forza data, a produrre tutti gli effetti ch'ei desidera. Archimede non dimandava che un punto ove riporsi, per far saltare tutto il globo terrestre. L'invenzione ha cominciato da una macchina che mandava un suono elettrico; i tasti di questa macchina erano fatti in forma di leve, la cui estremità, opposta a quella toccata dalle dita, terminava sopra di una verga di ferro orizzontale, isolata, sostenuta da tubi di vetro, ed elettrizzata, nel comunicar che faceva con un conduttore elettrico. La medesima estremità essendo di poi isolata ed elettrizzata coll'azione delle dita, toccava ad un altra verga di ferro orizzontale, situata alquanto più alta della prima, ma non elettrizzata. Alla verga isolata, ed elettrizzata o inferiore, terminavano di distanze in distanze uguali, alcuni fili di ottone verticali, che venivano da altrettante campane, proprie ad esprimere i diversi tuoni della scala, allorchè venivano percosse. Queste medesime campane erano sospese in una stessa linea, ed a livello le une delle altre, con de' cordoni di seta, ad una terza verga di ferro orizzontale, isolata ancor essa ed elettrizzata, da cui pendevano altrettanti battenti, attaccati con de' fili di metallo, ciascuno de' quali veniva a cadere fra due campane vicine. Le dita toccando l'estremità della leva la sollevavano, questa corrispondeva alla verga di ferro non isolata, da cui il moto passava a' battenti che percuotevano le campane. Or da questa macchina poco vi voleva per passare al cembalo elettrico. In vece di mettere i battenti fra le campane di diversa spessezza, ed armate ciascuna de' loro fili d'ottone, che scendevano fino all'estremità della leva al di sotto, vi sono state poste a' due lati di ciascun battente, due campane unisone, una delle quali è stata armata d'un fil d'ottone. Questo filo cessando di essere elettrizzato ha cagionato nello stesso istante il moto di un battente, verso la campana al disotto, e la pronta rispinta dello stesso battente verso dell'altra campana producendo in tal guisa rapidamente due tuoni unisoni: effetti, la cui simultaneità e successione, variate a proposito ed in mille maniere, sono proprj ad eseguire ogni sorta di accordi, di melodie, ed a suonare qualunque aria. Ecco come del suo cembalo parla l'autore. “La materia elettrica, dice egli, n'è l'anima, come l'aria è quella dell'organo; il globo fa le veci del mantice, e 'l conduttore del porta-vento. Nell'organo il tasto è come un freno, con cui si modera l'azione dell'aria; ho posto lo stesso freno alla materia elettrica, malgrado la sensibilità sua, la sua agilità. L'aria rinchiusa nell'organo vi geme, fino a tanto che l'organista, come un altro Eolo, le apre le porte del suo carcere. Se egli togliesse nello stesso tempo tutte le barriere che l'arrestano, altro non produrrebbe che una confusione e un disordine grandissimo, egli però sa farla sortire con ordine e discernimento. La materia elettrica dimora ancor essa come rinchiusa, e si fa sentire inutilmente all'interno delle campane del nuovo cembalo, fino a tanto che le vien data la libertà, coll'abbassare i tasti: ne sorte allora con celerità grande, cessa però d'operare, subito che i tasti rimontano. Questa specie di cembalo ha eziandio un vantaggio, che gli altri non hanno; cioè che laddove ne' cembali ordinarj il suono non continua che indebolendosi, nell'organo e nel cembalo elettrico conserva tutta la forza fin che le dita rimangono su i tasti.” Osserva in oltre l'A., che quando si tocca il suo cembalo nell'oscurità, i suoni delle campane vengono accompagnati da scintille di fuoco, cosicchè lo stesso cembalo è nello stesso tempo acustico ed oculare. Tutto il resto che appartiene alla spiegazione de' fenomeni elettrici non ispetta punto al nostro argomento.

Borde (Giov. Beniamino de la) nato a Parigi nel seno dell'opulenza l'anno 1734, vi contrasse il gusto de' piaceri e delle belle arti. La sua inclinazione lo portò alla corte, ove di primo cameriere di Luigi XV divenne in poco tempo il confidente e 'l favorito di questo principe, i di cui beneficj lo posero in istato di far delle prodigalità, alle quali lo trascinavano un genere di vita assai dissipata e la facilità del suo naturale. Aveva pur nondimeno in quel tempo coltivata la musica, ch'egli appreso avea sin dalla prima età sotto la direzione del cel. Rameau; nel 1657 pose in note un'opera comica Gilles garçon peintre, che fu assai bene accolta e che fu seguita da un gran numero di altre, alcune delle quali ebbero del successo. Alla morte del monarca nel 1774, lasciò la corte, prese moglie e cominciò a menar vita più tranquilla e più seria. Diessi a studj di più generi, e nel 1780 pubblicò la sua opera intitolata: Essai sur la musique ancienne et moderne, 4 vol. in 4º con figure. Quest'opera fu stampata con gran lusso, e ricca di rami e di vignette che rappresentano gl'instromenti di diverse nazioni antiche e moderne: ma vi vuol molto a far che il vero merito corrisponda alle spese, di cui è stato l'oggetto. L'autore non si è proposto scopo veruno, nè ha seguito alcun piano: spesso vi s'incontrano delle opinioni contraddittorie, marcate per la più parte al conio dello spirito di partito, difetto di sodezza nella dottrina, e spesso ancora poca accuratezza nello stile. In somma, le più indispensabili attenzioni sembrano esser mancate a quest'opera: la scorrezione vi è all'eccesso, principalmente nelle date, ne' nomi proprj e nelle citazioni, il che mostra la leggerezza con cui travagliava il suo autore. Benchè alcune parti vi siano trattate molto bene, il resto è inesatto, pieno di errori, e più atto a far traviare che ad istruire: nel totale non è che una cattiva compilazione, la quale esser non può di verun soccorso a colui che procacciar si vuole delle cognizioni ben certe su la storia della Musica. Nel dizionario bibliografico di Cailleau trovasi annunziata un'altra opera di La Borde con questo titolo: Mémoires historiques sur Raoul de Coucy, et le recueil de ses chansons en vieux langage, avec la traduction de l'ancienne musique, a Paris 1781, in 8º con fig. Quest'opera è utile per la storia de' trobadori e della loro rozza musica. La Borde ha fatto anche imprimere con grandi spese altre opere del pari difettose per il fondo come per la loro forma; e reca veramente maraviglia come con tanto zelo ed una fortuna cotanto considerevole egli non abbia avuto in generale maggiore discernimento e maggiore applicazione, forse per aver sempre scelto in suoi coadiutori delle persone molto più incapaci, e così disattente come egli lo era. La rivoluzione francese portò la rovina di La Borde: egli si era rifuggito a Rouen, dove lusingavasi di viver da incognito: ma i satelliti della tirannia ve lo scoprirono e lo condussero a Parigi: quivi in priggione ebbe l'imprudenza, non ostante le preghiere de' suoi amici, di affrettare il suo giudizio, ed ei perì a 20 di Luglio del 1794, cinque giorni prima della caduta de' tiranni. Sin quì si è giudicato La Borde come scrittore sulla musica: “egli era più stimabile come compositore, comecchè non avesse avuto delle cognizioni assai profonde nella composizione, e fosse appartenuto ad una cattiva scuola: oltracciò faticò egli nell'epoca in cui il gusto nella musica, e in tutte le arti in generale è stato detestabile in Francia. Egli aveva dell'immaginazione ed un gusto naturale, che trionfò spesso delle circostanze svantaggiose in cui si è trovato. In fronte del Viaggio in Africa di Sauguier pubblicato in Parigi nel 1799, trovasi una notizia di questo autore molto dettagliata, ma molto ridicolosamente scritta, cui potrà consultare il lettore.” (V. Choron et Fayolle.)

 

Borde (Alessandro de la), nel 1807 pubblicò una Lettera a madama de Genlis su i suoni dell'arpa. L'autore pretende che Casimiro Beecker ha rinnovato i suoni armonici de' greci ch'egli fa sentire sull'arpa: il che è vittoriosamente confutato da' diversi scritti ne' quali gli antichi parlano della musica e degl'instromenti.

Bordenave (Giov. de), canonico di Lescar, pubblicò nel 1643, un libro che ha per titolo: Des Eglises cathédrales et collégiales, etc; vi si trova un curioso capitolo su gli organi, sulla musica dei ragazzi di coro, e sopra altre materie che han rapporto alla musica.

Bordet (Mr.) maestro di musica e di flauto traverso a Parigi, pubblicò nel 1755: Méthode raisonnée pour apprendre la musique d'une façon plus claire et plus précise, etc. in tre libri. Vi ha di costui eziandio due gran concerti di flauto.

Bordes (Carlo) poeta e filosofo, morto nel 1781. È autore della traduzione francese del Saggio sopra l'opera in musica del conte Algarotti, a cui vi aggiunse alcune buone osservazioni.

Bordier (Mr.) maestro di musica de' SS. Innocenti, morto nel 1764, pubblicò nel 1760: Nouvelle méthode de musique pratique à l'usage de ceux qui veulent lire et chanter la musique, comme elle est écrite. Dopo la sua morte si è pubblicata un'opera che forma il corpo intiero della sua dottrina e delle sue lezioni, sotto questo titolo: Traité de composition, 1770. Egli vi descrive in dettaglio, gl'intervalli, gli accordi e il cammino che tengono questi accordi per formare un'armonia.

Borghi (Giov. – Battista) di Orvieto nel patrimonio di san Pietro, nell'uno e nell'altro stile per chiesa e per teatro riuscì eccellentissimo. Nel 1771, diè al teatro di Venezia il dramma del Ciro riconosciuto, ma non ebbe buon successo. Fu più felice in Firenze, ove diede nel 1783 Piramo e Tisbe. Le altre sue composizioni molto pregiate dagl'intendenti sono: Alessandro in Armenia, 1768; Ricimero, 1773; Eumene 1778. Vi sono anche di lui Messe, e Litanie composte sopra temi di una tale chiarezza, e facilità, che se ne ritengono a mente infino i motivi, benchè lo stile ne sia grave e divoto, qual si conviene all'invocazione della santa Vergine. Egli divenne pel suo merito maestro di cappella di nostra Signora di Loreto, dove finì di vivere nel vigor degli anni, non avendone compito ancora cinquanta, nel 1790. L'ab. Arteaga lo ha confuso con Luigi Borghi allievo del Pugnani, compositore anch'egli e virtuoso in Londra, benchè italiano; e di lui può dirsi quel che dell'altro egli ha detto, che “con una certa dolcezza e soavità rammorbidì a maraviglia la robustezza dello stile propria di quella scuola.” Nel 1784 e nella gran musica funebre in onore di Hendel, che si diede in Londra, Luigi Borghi era il primo dei secondi violini. Vi sono di lui più sonate, concerti ed a solo di violino con accompagnamento stampate a Parigi, a Amsterdam, e a Berlino.

Bornet (Mr.) il maggiore, nel 1770, era primo violino nell'orchestra dell'opera, in Parigi. Alcuni anni dopo pubblicò: Nouvelle méthode de violon et de musique.

Borsa (dottor Matteo) nipote del Ch. ab. Bettinelli, dalla di cui elegantissima penna abbiamo il Saggio su la vita e le opere di lui (Bettinel opere tom. 22, Ven. 1811). Nacque egli in Mantova l'anno 1751, di comoda e civile famiglia; fece i suoi studj prima in Verona e poi in Reggio, d'onde compiuto avendo con successo il corso di filosofia, passò in Bologna a studiarvi la medicina. Ivi raffermossi nelle finezze della lingua latina e dello stile italiano, coltivò la musica in quella scuola eccellente, e gli giovò al tempo stesso la frequenza de' teatri. Nell'anno 1776 e all'età di 24 anni prese la laurea dottorale in medicina e divertivasi solo della lettura de' migliori libri, e colla conversazione d'uomini di lettere, e colla musica: quindi prese in moglie la sua cugina Giuseppa Bettinelli educata anch'essa nel canto, e col favor d'una voce attissima a quello. Nel 1781, recitò egli nell'accademia di Mantova un Saggio, in cui cercò: A quanto s'estenda la facoltà del canto ne' drammi serj; e pel credito fattosi nelle varie sue dissertazioni gli fu conferita nel ginnasio di sua patria la cattedra di logica e metafisica, per cui conciliossi una pubblica estimazione, e nel 1787 fu scelto dall'accademia per suo Secretario perpetuo, nè poteva farsi miglior elezione, unendosi appunto nel Borsa le parti principali di un segretario d'accademia di scienze insieme e di belle lettere ed arti. Il Borsa fornito era di più cognizioni ed aveva acquistato un finissimo gusto su la pittura, e le sue sorelle la poesia e la musica. Ma la morte venne pur troppo nel fior degli anni suoi, e de' suoi studj: egli finì di vivere nel 1798, all'età di 46 anni. Abbiamo di lui oltre a molte opere un Saggio sulla musica imitativa teatrale, che è fra gli opuscoli scelti di Milano, in cui osserva l'A. esser l'orecchio l'unico senso su cui può agire la musica, e ch'essendo esso capace soltanto d'impressioni sonore, queste sole son proprie alla musica, e quindi la voce umana è la sola che può imitare la musica. Or questa voce esprime gli affetti e le passioni dell'uomo con varie modulazioni, e con esse l'uomo agitato e commosso è quel solo, che dà moto all'espression musicale. Quindi viene a considerare l'espressioni vocali de' famigliari nostri discorsi secondo le varie condizioni, e le qualità degli affetti e onde possa la musica imitar la natura ed esprimerla, e sino a qual segno nell'arie, pe' recitativi mostrando ai cantanti e compositori qual leggi abbiano a tenere. Applica ciò pure all'orchestra, e come debba essa concorrere all'espressione e imitazion degli oggetti. Di ciò lodollo il cel. ab. Arteaga, dicendolo apritore di nuova via sulla musica imitativa dell'orchestra, profittandone molto egli stesso nell'opera sua sopra le rivoluzioni del teatro musicale italiano. Il dottor Borsa in un altro suo trattato de' Balli pantomimi esamina nell'intima natura loro il ballo e la musica, riconoscendo che il primo può stare da se, non così la seconda: propone i miglior mezzi per correggere i difetti, e a conformar quest'arte al buon senso e alla morale.

Bosch (Mr. de) nel 1783, egli diè al pubblico Versuch eines etc. cioè: “Saggio di un amatore di musica in melodie, per il canto e il clavicembalo” in due parti.

Bose (Giorgio Mattia), dottore in Lipsia, ove fece imprimere nel 1734, una prima dissertazione de sono in 4º, ed una seconda l'anno di appresso. Egli vi esamina le spiegazioni, che Perrault aveva date del suono.

Bossler (Arrigo-Fil. Carlo), dopo il 1788, ha pubblicato in Spira la gazzetta di Musica, di cui ogni settimana usciva una mezza foglia di testo ed un'altra di note. Non sappiamo se questa gazzetta si è proseguita.

Bossnis (Girolamo), professore di teologia in Milano e nato a Pavia nel 1608, aveva pubblicato, a 39 anni di sua età, più di ventiquattro opere, tra le quali vi ha: De sistro Isidis, e de sistris libellus, pubblicato nel 1632. V. Joecher. Mr. de Sallengre, ha inserito questo brieve trattato nel suo Thésaur antiquit. Roman. t. II num. 17.

Bottrigari (Ercole) cavalier bolognese, grand'amatore e buon intendente nel secolo 16º ha scritto sulle belle arti. Apostolo Zeno possedeva una medaglia coniata in suo onore, nel di cui rovescio eravi una sfera, o un melone, strumento musico di sua invenzione. Egli nato era in Bologna nel 1531, ed ivi finì di vivere nel 1606. Ha scritto molte opere sulla musica, e reso degli utili servigj colle sue fatiche a questa bell'arte. Eccone il catalogo: Iº Il desiderio, ovvero de' concerti di varj stromenti musicali, dialogo, Bologna 1590 in 4º; IIº Il patrizio, ovvero de' tetracordi armonici di Aristosseno, Bologna 1593; IIIº Il Melone, discorso armonico, ed il Melone secondo ec.; IVº Considerazioni musicali del cav. Bottrigari sopra un discorso di messer Gandolfo Sigonio intorno a' madrigali, e a' libri dell'antica musica ridotta alla moderna pratica di don Niccola Vicentino, e nel fine esso discorso del Sigonio, Ferrara 1602, in 4º; Vº Il Trimerone de' fondamenti armonici, manoscritto del 1599. Nella copiosa libreria dell'Istituto di Bologna conservansi in oltre più manoscritti del ill. cav. Bottrigari: Iº Traduzione in lingua italiana del libro di Aristotile, dell'oggetto dell'udito ossia dell'acustica; IIº Note su tutte le opere del Gogavino; IIIº La Musica mondana di Macrobio tradotta in italiano con alcune considerazioni; IV.º Annotazioni al Trattato di musica di Bartolomeo Ramos ec. “Questo dotto armonico, dice il Ch. ab. Requeno (nella prefaz.) aveva tutti letti e trasportati nell'italiana favella non pure i greci, che ha Meibomio nella sua raccolta degli armonici greci, ma più altri ancora. Nella libreria del p. Maestro Martini in Bologna si conserva una parte delle traduzioni del Bottrigari: l'altra parte di esse nella copiosissima e ben servita biblioteca dell'Istituto di Bologna, che fece vedere a me stesso il di lei gentile ed erudito bibliotecario.”

Bougeant (Guglielmo-Giacinto) gesuita Francese morto nel 1743. Egli volle entrare in lizza con l'accademico Burette nella quistione dell'antica musica con molto calore allora in Francia agitata, e nelle Memorie di Trevoux ottobre 1725 art. 91 pubblicò una sua ben scritta ed erudita Dissertazione sur la Musique des Anciens, che, come tutte le altre su questo argomento sono ora di pochissimo conto e più non si leggono dopo le dottissime fatiche dell'illustre Requeno.

Bourdelot (Pietro Michon) abbate di Massay, nacque in Ginevra da un cerusico di Sens nel 1610; applicossi alla medicina e fu medico del gran Condé. Cristina regina di Svezia lo volle presso di se nel 1651; e dipoi ottenne per lui l'abbadia di Massay. Il papa aveagli permesso di esercitare gratuitamente la medicina: ed egli morì finalmente in Parigi l'anno 1685. Oltre a molte opere sopra diverse materie, egli scrisse una Storia della musica in francese pubblicata all'Haye e ristampata a Francfort nel 1743, in 4 vol. in 8º, composta senza notizie, senza critica e senza filosofia, dice l'ab. Arteaga. Bourdelot trovandosi in Isvezia alla corte di Cristina insieme col Meibomio autore della traduzione latina de' sette greci Scrittori di musica, e col Naudé letterato anch'egli di prima sfera, persuase alla regina che comandasse a Meibomio di cantare in sua presenza un'aria dell'antica musica pubblicata da lui medesimo in quella sua collezione, ed a Naudé che eseguisse alcune greche danze colla voce e co' piedi, su di cui aveva egli scritto alcune erudite ricerche. I poveri letterati che avevano nella voce tutta la rozzezza d'un uomo a 50 anni non mai avvezzo a cantare, e nella persona tutta la goffaggine d'un erudito dabbene, adempirono così sgarbatamente la commissione, che non ostante il rispetto dovuto alla regina, i cortigiani non poterono far a meno di non abbandonarsi alle più sonore risate. Il Meibomio piccato al sommo di così mortificante avventura, e scontrandosi poi col Bourdelot in pubblico, gli pestò il viso a forza di pugni più che all'innocente sua curiosità, dovuti alla balordaggine con cui pensava potersi giudicare con siffatto metodo dell'indole ed energia dell'antica musica e del ballo. Questo curioso aneddoto dà a divedere quanto ridicolosamente si giudichi su questa materia da chi non vi porta altri lumi, che quelli d'una pesante ed inutile erudizione.

 

Bouteiller (Mr.) nato in Parigi nel 1788, allievo di Mr. Tarchi, riportò nel Conservatorio il gran premio di composizione musicale nel 1806, proposto per la fuga, il contrappunto e la cantata di Ero e Leandro. Egli doveva rendersi alla scuola di Roma, ma ha preferito di rimanere a Parigi, dove non fa delle composizioni che per sollevarsi da altre fatiche. Egli prometteva un artista capace di riparare la perdita del giovine Androt.

Boutmy, nato a Brusselles nel 1725 era, secondo Forkel, organista della corte del re di Portogallo, in Lisbona. Si ha di costui: Traité abrégé sur la basse continue, a la Haye nel 1760. Egli ha in oltre pubblicati più concerti e sonate per il cembalo, impressi a la Haye e ad Amsterdam: ha composto eziandio molte messe e mottetti per la chiesa.

Boyce (William) dottore in musica, organista e compositore della cappella reale di Londra, faticò molto sì per teatro che per camera. Nacque egli in Londra nel 1710; compì perfettamente il corso di studio della musica sotto il dottor Green, organista della cattedrale, che alla sua morte lasciogli tutti i suoi manoscritti, e gli raccomandò di pubblicare i suoi mottetti: Boyce nella giovinezza fu sorpreso da un'incurabile sordità, che sembrava così incompatibile con la musica come la cecità con la pittura, ma egli non continuò meno l'esercizio della sua professione con una costanza incredibile. Nel 1736 pose egli in note l'Oratorio: Pianto di Davide su la morte di Saulle e di Gionata, che fu eseguito ed impresso nel medesimo anno (V. Lockman, Reflex. on lyric poetry and music). Nel 1739 un'Ode per la festa di S. Cecilia. Nel 1749, l'università di Cambridge lo ricevette dottore in musica, e nel 1751, egli compose un'eccellente Musica funebre. Pubblicò quindici Fughe per l'organo. Oltra ciò egli è autore d'una collezione delle migliori composizioni inglesi per la chiesa, di cui ne pubblicò una superba edizione nel 1768, col titolo: Cathedral music ec. cioè Musica per la cattedrale, o collezione di molte eccellenti e rinomate composizioni di alcuni bravi maestri inglesi per la liturgia, Londra in fol. Boyce morì nel 1799, e fu onorevolmente sepolto nella cattedrale di san Paolo.

Boyé (Mr.) autore di un libro intitolato: L'Expression musicale mise au rang des chimeres; a Paris 1779. Può vedersene una buona confutazione presso Arteaga (tom. 3, in not.): quest'opinione, egli dice, non potè nascere in lui se non di poca filosofia, o dal desiderio di distinguersi con qualche novità stravagante. Boyé è stato ancora confutato da Mr. le Febvre nel suo libro che ha per titolo: Bévues, erreurs et méprises de différens auteurs en matière musicale.

Boyeldieu (Adriano) attualmente maestro di cappella dell'imperador delle Russie, nato a Rouen verso il 1770, allievo di Mr. Broche, venne in Parigi circa al 1795 e fecesi da prima conoscere pe' suoi talenti come suonator di piano-forte e compositor di canzoncine o romanzi, de' quali ne scrisse moltissimi, ed ebbero un prodigioso successo. Fu quindi nominato professor di forte-piano nel Conservatorio, ove formò egli degli eccellenti allievi e in grandissimo numero. Sino al 1800 egli diede più drammi in musica al teatro comico in Parigi e ne fu sempre applaudito. Egli è tra' compositori francesi quel ch'è Moncrif tra' poeti. “Questo compositore ancor giovane, dice il nostro siciliano Scoppa, ha tutte le disposizioni per occupare il luogo del famoso Gretry.” (Les vrais principes etc. Tom. 3, p. 342.)

Boyer (Pasquale) nato nel 1743, a Tarascon in Provenza fece i suoi studj nella scuola d'onde sortirono Mouret, Tardieu, Gauzargue, ec. Nel 1759, l'abbate Gauzargue essendo stato nominato maestro della cappella del re, Boyer che non aveva più di 17 anni, gli succedette per maestro della chiesa cattedrale di Nimes, posto ch'egli occupò per sei anni con molta distinzione, dopo i quali determinossi di venire alla capitale, ove diè principio dalla Lettera a M. Diderot, sul progetto dell'unità di chiave nella musica e sulla riforma delle misure, proposte dall'ab. de la Cassagne, ne' suoi elementi del canto, Parigi 1767. Questa lettera di Boyer è piena di eccellenti riflessioni. “I nostri antichi, dice l'autore sulla fine, non eran già de' gran musici come noi; ma la musica che essi coltivavano, non andava presso loro senza lo studio de' principj. Eglino si davan la pena di ritenerli, e se li rendevano molto familiari per farne poi al bisogno una giusta applicazione.”

Brack (Carlo de), membro della reale società di Gottinga, nel 1810, pubblicò in Genova una traduzione francese dei viaggi musicali del dottor Burney, 3 vol. in 12º. Mr. Roquefort ha reso conto del primo volume nel suo Magazin Encyclopedique del mese di settembre 1810.

Breitkopf (Giov. Emmanuele) fonditore di lettere, stampatore e librajo a Lipsia, coltivò le scienze, e nel 1755, egli fu l'inventore di una nuova maniera di stampare la musica, con caratteri separabili e mutabili. L'importanza di tale invenzione è a sufficienza provata dalla calca d'imitatori, non che in Berlino, Vienna, Stuttgart e Francfort, ma anche in Francia, in Italia e in Olanda, ma son tutti rimasti molto lungi dalla perfezione delle opere di Breitkopf, perchè non hanno essi potuto imitare se non sopra copie già tirate, e senza conoscerne l'occulto meccanismo. Ciascuno essendo stato obbligato a crear da se stesso i mezzi d'esecuzione la più parte degl'imitatori si sono arrogati il titolo d'inventori. Il fondo geometrico dell'invenzione di Breitkopf la rende adatta a tutti i cambiamenti, ed egli ha dato di poi delle opere in tutte le maniere, sì per rapporto alla grandezza delle note, come in riguardo alla specie di musica e d'instrumenti: in guisa che nulla più resta a desiderare in quanto alla perfezione di questa scoverta. Le due stamperie che ne ha stabilite, sono continuamente in attività, ed hanno arricchito la letteratura della musica di più centinaja di opere, di cui un gran numero sono state pubblicate a spese di Breitkopf. Al catalogo, che giunge sino al 1780, vi ha egli fatto successivamente quindici supplementi.

Bremner musico inglese autore di un piccolo libro intitolato: Rudiments of music, cioè I primi insegnamenti della musica, in 12º a Londra 1791. (V. the London cat. of books for W. Bent).

Brendel (Adamo) medico sassone e professore nell'università di Wittemberga sul principio dello scorso secolo, è autore di una curiosa opera che ha per titolo: Disputatio de curatione morborum per carmina et cantus musicos; ossia “Dissertazione sulla maniera di guarir le malattie per mezzo della poesia e della musica, a Wittemb. 1606, in 8º.” (V. Heumann, e Lichtenthal, Influenza della musica, Milano 1811.) L'autore fa molto uso della storia greca per provare l'impiego della musica e degl'incantamenti poetici in medicina presso gli antichi, ma dichiara quest'ultimi un' impostura dei sacerdoti del paganesimo, ascrivendo soltanto alla musica la virtù di guarire alcuni morbi.