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Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 2

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Corilla (la Signora Morelli), celebre improvisatrice e poetessa, morta in Firenze li 13 novembre 1799, in età di 72 anni, era allieva di Nardini pel violino. Ella improvvisava de' versi sopra ogni sorta di soggetti, suonava la sua parte di violino in un concerto, e cantava con moltissima grazia e talento. Come Petrarca, ha avuto l'onore sotto Pio VI, il protettore delle belle arti, di essere coronata in Campidoglio.

Corinna, celebre cantatrice e poetessa lirica era di Tanagra: ebbe per maestra in poesia e in musica Mirti, donna distinta pe' suoi talenti; più famosa ancora per avere annoverato fra' suoi discepoli Pindaro, e la bella Corinna. Questi due allievi furono insieme uniti almeno dell'amore delle arti. Pindaro più giovane di Corinna si faceva un dovere di consultarla, e di prendere da lei lezioni di poesia e di canto: ma il di lui fervido genio assoggettar non si poteva non che a comuni precetti, molto meno a quei d'una scrupolosa donna e più minutamente attaccata alle regole; per il che si slontanò da Corinna, e lasciò correre senza freno la naturale sua fecondità. Il credito anteriore di Corinna, l'esser ella stata maestra di Pindaro fece, che per sei diverse volte, se diam fede ad Eliano, ne' pubblici giuochi presentatosi a disputare a Corinna la preferenza nel canto e nella poesia, fu tutte le volte alla medesima posposto. Pausania crede che in tanto era preferita Corinna, in quanto preveniva essa, oltre al suo merito reale, con la sua bellezza (lib. 9, cap. 22.) Pindaro immaginossi in oltre, che ella si fosse co' giudici prevalsa delle femminili lusinghe per guadagnarsi il voto della superiorità; e quindi ei si scagliò con mille vituperi contro questa gaja donna. Corinna fiorì cinque secoli innanzi l'era cristiana.

Corsi (Giacopo), gentiluomo fiorentino fautore delle belle arti, nè meno intelligente della musica massimamente teorica, viveva sulla fine del sedicesimo secolo. Alla di lui casa si trasferì la letteraria adunanza che tener soleasi in quella di Giov. Bardi dei conti di Vernio, di cui si è ragionato al suo articolo, e ove intervenivano Caccini, Peri, Galilei, Rinuccini e altri grand'uomini, che unendo i loro lumi e i sforzi del loro ingegno giunsero a dare una regolar forma all'opera di musica tale quale si è conservata sino al presente. Il primo saggio che se ne fece fu la Dafne del Rinuccini, messa in note dal Caccini e rappresentata in casa del Corsi nel 1594 alla presenza del gran-duca. Allorchè questi valentuomini vollero inventare la vera musica drammatico-lirica, non trovarono a perfezionar la melodia mezzo più spedito di quello di sbandirne, e screditarne il contrappunto allora regnante. Il Corsi in un Discorso da lui indirizzato a Giulio Caccini sopra la musica antica e il parlar bene, che va inserito nelle opere di Giambattista Doni, (tom. II.) chiama quel contrappunto: quella spezie di musica tanto biasimata dai filosofi, e in particolare da Aristotile.

Cotumacci (Carlo), nato in Napoli nel 1698, studiò sotto il celebre Scarlatti nel 1719, e succedette al suo condiscepolo Durante nella carica di maestro di cappella nel conservatorio di sant'Onofrio. Egli era un buon organista dell'antica scuola e un abilissimo professore, che molto ha scritto per la chiesa: aveva oltracciò composte due opere, che destinava alle stampe, l'una delle quali conteneva le regole dell'accompagnamento, con de' partimenti disposti per gradi: l'altra era un trattato di contrappunto. Cotumacci finì di vivere verso il 1775.

Cramer (Carlo-Federico) nato a Quedlinbourg nel 1752, professore di filosofia a Kiel nel 1775, ha reso alcuni servigj all'arte musicale per la pubblicazione di più opere, e singolarmente per il suo Magazino Musicale, che comparve alla luce dal 1783 sino al 1789; ha pubblicato ancora più collezioni e più opere di maestri celebri, ed era egli stesso alcun poco poeta e musico; ha fatto delle canzonette che sono state poste in musica da diversi compositori. Verso il 1792 Cramer stabilì la sua dimora in Parigi come stampatore. Egli era un uomo originale, un pò matto, e d'una erudizione mal ordinata, e pieno d'ogni sorta di prevenzioni; morì quivi verso il 1800, pressochè pazzo come era vissuto.

Cramer (Guglielmo), nato a Manheim verso il 1730, era un eccellente violinista: riuniva egli, dicono i biografi tedeschi, il suono brioso di Lolli coll'espressione e l'energia di Fr. Benda; ed era riguardato come il primo violino del suo tempo in Germania. Fu impiegato alla cappella dell'elettor Palatino a Manheim dal 1750 sino al 1770, nel quale anno passò in Inghilterra, il solo paese ove gli artisti distinti trovano facilmente il mezzo di fare una fortuna degna de' loro talenti. Egli vi fu nominato musico di camera del re, suonatore a solo della cappella reale e direttore dell'orchestra dell'opera: veniva ricercato in tutti i concerti, ed egli fu che nel 1787, regolò un'orchestra di 800 musici che eseguirono il funerale di Hendel: finì di vivere in Londra verso il 1805. Cramer pubblicò un grandissimo numero di opere, di sonate, duetti, terzetti, e concerti per violino di un'ottima cantilena, d'un eccellente stile e di una agiatissima posizione per l'instromento. Il di lui figliuolo Giovambattista Cramer, nato a Manheim, aveva appena un anno, quando il suo padre passò in Inghilterra; egli ricevette da lui le prime lezioni di musica, e passò quindi sotto la disciplina del celebre Clementi, di cui dee riguardarsi l'allievo. Nato con felici disposizioni, e coltivato da un maestro così abile, è giunto a tenere un rango tra' primi suonatori di piano-forte, e i primi compositori pel medesimo instromento. Cramer ha pubblicato per il forte-piano, de' duetti, de' concerti e oltre a 37 opere che sonosi stampate in Inghilterra, in Germania, in Francia. I suoi due corsi di studj per il piano-forte sono riguardati come l'opera la più classica che esista in questo genere.

Creed, ecclesiastico di Londra, morto nel 1770, concepì il primo l'idea d'una macchina che, nel tempo dell'esecuzione di un pezzo di musica, segnasse sulla carta tutto ciò che si era sonato, e la propose alla società delle scienze di Londra nel 1747, in una Memoria intitolata: A demonstration of the possibility of making a machine that shall write ex tempore voluntaries, or other pieces of music, etc. cioè: Dimostrazione della possibilità di fare una macchina, che scriva i pezzi di musica o estemporanei, o già notati. Questa memoria si trova nelle transazioni filosofiche del 1747, num. 183, ed eziandio in Martin abridgement, vol. X, pag. 266. (Veggasi su tale macchina quì gli articoli di Hohlfeld, Sulzer, Nabot, Unger, ec.)

Creofilo, poeta musico, che fiorì presso a nove secoli innanzi l'era cristiana, sposò la figlia di Omero, del cui matrimonio parlò più di un antico scrittore all'occasione dell'eccellente poema da lui pubblicato. Dedicato egli allo studio della musica, fecevi tali progressi, che potè pubblicare con plauso universale una maestrevolissima composizione.

Crescentini (il cav. Girolamo), nato ad Urbania presso Urbino patria di Raffaello. Questo celebre soprano ha brillato su i principali teatri e nelle differenti corti di Europa. Nel 1804, era a Vienna; in una rappresentazione di Giulietta e Romeo, dopo la bell'aria Ombra adorata, che Romeo canta negli giardini, due colombe scesero dalle nuvole e recarongli una corona di alloro: gli si gettarono da ogni parte e fiori e corone. Nel 1809 rappresentò il medesimo personaggio di Romeo in quel dramma, eseguito nel teatro della corte di Francia, e ne riportò immensi applausi e magnifici doni. Una singolare e bellissima qualità di suono della sua voce, una maniera svelta, ed una inimitabile espressione, ecco i suoi titoli all'immortalità. Egli ha composto molti pezzi di musica vocale, che hanno avuto incredibil successo. Nel 1811 pubblicò egli presso M. Imbault: Recueil d'exercices pour la vocalisation musicale, in 4º. L'autore, in un discorso preliminare, assai ben fatto, sviluppa i principj di questa bell'arte, ch'egli applica ad alcuni scelti esempj.

D

Dafni siciliano, a cui comunemente si attribuisce l'invenzione dell'egloga, benchè la sua storia sia un poco abbellita dalla favola, era un pastore di Siracusa; nè dee tal condizione farci maraviglia, poichè ne' tempi antichi, quando il lusso non aveva corrotto ancora i costumi, la vita pastorale era praticata sin da' figliuoli dei signori e dei re, come ne fan fede la Scrittura ed Omero. Diodoro Siculo (Lib. IV) scrive, che Dafni accompagnava i suoi versi al suono de' flauti, ch'egli introdusse que' conflitti, usati poi da' Greci, in cui due giovani rivali si disputavano il premio del canto e della musica. Eliano (Var. l. X, c. 18) ci racconta i suoi amori, dei quali divenne vittima, e morì sul fior degli anni. Ateneo (Dipnos. L. 14) chiama Dafni il Pastore siculo che inventò questo genere, ed afferma che di lui fè in due luoghi menzione Epicarmo. Nel 5º tomo dell'accad. delle Iscriz. trovasi l'esame di alcuni dubbj sul luogo della nascita di Dafni di Sicilia dell'ab. Goulley, e nel t. 6, Histoire du berger Daphnis le plus renommé des anciens poètes de la Sicile: Par M. Hardion.

Dalayrac (Niccola), di nobil famiglia, sortito aveva dalla natura un deciso pendio per la musica e l'arte drammatica: apprese il contrappunto sotto la direzione di Langlé, scolare di Caffaro; che l'era stato del cel. Leo. Nel 1782 Dalayrac cominciò a comporre per il teatro dell'opera buffa, e vi si riconobbe il germe di un talento variato ed amabile, che si è sviluppato con tanta sua gloria. Modellandosi su le opere buffe degl'Italiani, è sempre rimasto esattamente ne' confini del gusto. Così Dalayrac, dice Gretry (Essais sur la musique, tom. III) è uno de' musici che abbia meglio rispettato le convenienze. Quelle tra le sue opere, che hanno avuto maggior successo, sono Gulistan, 1805, Camille ou le Souterrain, 1791, e La Nina, 1786. Questi due ultimi pezzi sono stati anche posti in musica da Paer e Paesiello. Dalayrac è morto di un catarro che trascurò sul principio ai dì 27 novembre 1809. M. Marsollier profferì un discorso assai toccante su la tomba del suo amico.

 

Dalberg (Gio. Federico, barone di) è un abile sonator di forte-piano e un compositore di primo ordine: nel 1781, pubblicò un libro col titolo di Blicke eines etc., cioè Colpo d'occhio di un musico sulla musica degli spiriti. Tra le composizioni di lui distinguonsi nove opere di sonate per il piano, molte delle quali a quattro mani, ed i Pianti d'Eva (estratti dal Messia di Klopstok) impressi in partitura per il cembalo, a Spira nel 1785.

Damone (poeta musico, e secondo Porfirio, capo di una setta di musica detta dal suo nome Damonèa), nato ad Oa, villaggio dell'Attica, precettore di Pericle, fiorì cinque secoli innanzi G. C. Egli possedeva perfettamente la musica, principalmente aveva coltivata quella parte, che tratta dell'uso che dee farsi del ritmo o della cadenza; si sforzò di provare che i suoni in virtù d'un certo rapporto, o di una certa analogia che acquistavano con le qualità morali, potevano formare nella gioventù ed anche nelle persone provette, dei costumi che non esistevano per l'innanzi, o che non erano sviluppati. Platone nel lib. III della sua repubblica, Damone vi dirà, egli dice, quali sono i suoni capaci di far nascere la viltà dell'animo, l'insolenza, e le virtù a tai vizj opposte. “Non già, secondo la riflessione dell'illustre Montesquieu (De l'Esprit des loix, liv. IV, c. 8) che la musica inspirasse la virtù, lo che sarebbe incomprensibile, ma essa impediva l'effetto della fierezza dell'istituzione de' Greci, e faceva che l'anima avesse nell'educazione una parte, che non vi avrebbe avuta.” Damone in fatti, al riferir di Platone, sosteneva, che l'innovazioni ed i cambiamenti nella musica avevano la più grande influenza su i costumi pubblici, sulle leggi e la costituzione degl'imperj. Lo stesso Platone (in dial. Laches; vel de fortitud.) chiama Damone, un maestro di musica superiore agli altri, uomo civile, e perito non solo nella musica, ma anco nelle altre facoltà, per le quali si fa degno che alla di lui disciplina si commettano i figliuoli. Damone sotto le piacevoli apparenze della musica, voleva nascondere alla moltitudine la sua profonda capacità. Si unì con Pericle, e lo formò al governo: ma egli fu bandito per l'ostracismo, come avendo avuta parte a troppo d'intrighi, e favorevole alla tirannia, verso l'anno 430 prima di G. C. Segli attribuisce l'invenzione del modo hypolydio.

Danzi (Francesco), nacque a Manheim nel 1763, da Innocenzo Danzi italiano, pregiatissimo sonatore di violoncello al servizio dell'elettor Palatino: apprese di buon'ora la musica, ed all'età di nove anni compose alcuni pezzi istrumentali, senza saper le regole della composizione, ch'egli studiò sotto il cel. abate Vogler, allora maestro di cappella dell'Elettore. Il gusto, che aveva per la poesia e 'l teatro, l'obbligò ad applicarsi a queste due arti. Nel 1779, egli diè la sua prima opera, Azakia, al teatro di Monaco, e nel 1796 divenne maestro di cappella di questa città. Dopo quest'epoca, ha composto molta musica di chiesa, delle opere, e più concerti e sonate per il forte-piano, di cui la più parte è stata impressa a Lipsia o a Monaco. Danzi è al presente a Stuttgart, maestro del Duca di Vittemberga, e direttore de' concerti della corte e del teatro.

Daquin (Claudio), nato a Parigi. Alquante lezioni di contrappunto del famoso Bernier, allievo di Caldara, bastarono a Daquin per comporre, all'età di otto anni, un Beatus vir a gran coro ed orchestra. Nel 1727, venne a vacare l'organo di San Paolo, ed intimatosi il concorso vi si presentò egli e Rameau. Costui avendo sonato il primo una fuga, a cui si era preparato, Daquin se ne avvide, e non lasciò d'improvvisarne una che fe' restare in sospeso i voti. Egli salì nuovamente all'organo, ed alzando le cortine, che lo nascondevano ai spettatori: son io, disse ad alta voce, che vado a suonare. Fuori di se e pieno di estro sorpassò se stesso, ed ebbe la gloria di vincere il suo rivale. Allorchè Hendel venne a Parigi, portossi a sentire Daquin in S. Paolo, e restò così sorpreso della sua maniera di sonare, che malgrado le più premurose istanze, non volle mai sonare dinanzi a lui. Egli morì nel 1772, e lasciò più composizioni stampate per chiesa. Daquin suo figlio è autore del Secolo letterario di Luigi XV, nella cui prima parte vi sono otto capitoli sulla Musica, su i musici, e gl'istrumenti di quell'epoca: l'autore è prolisso e superficiale. Un bello spirito (M. Guichard) così ha detto de' due Daquin, uno organista, e letterato l'altro: On souffla pour le père, on siffle pour le fils.

Daube (Gio. Federico), consigliere e secretario dell'Accademia Imperiale delle Arti e Scienze in Vienna, e secretario della Società di musica di Firenze, era da prima musico di camera del duca di Wurtemberg a Stuttgart. Nel 1756 pubblicò in Lipsia un libro col titolo, di General Bass etc., cioè: Basso continuo a tre accordi, dietro le regole degli autori antichi e moderni, con una istruzione di qual maniera si può, per mezzo di due accordi intermedj, passare a ciascuna delle altre 23 specie di tuoni, in 4º. Può leggersi nel tom. II. di Marpurg (Beytr.) la severa critica che ha fatta di quest'opera il D.r Gemmel. Daube fece stampare in oltre a Vienna, nel 1773, Der musikalische etc. cioè: Il Dilettante di musica, o Dissertazione sulle fughe, in 4º. Nella Gazzetta di Francfort del 1774 si annunziò ch'egli aveva terminato un manoscritto pronto a darsi alle stampe, su la Maniera di dipingere le passioni per mezzo della musica; e di cui si fecero allora de' grandi elogj. I titoli di queste opere leggonsi nell'Almanacco musicale di Forkel del 1784. Vi sono ancora delle sonate di Daube stampate a Nuremberg.

Davaux (Mr): nel Giornale Enciclopedico di Parigi nel 1784, vi ha nel mese di giugno alla pag. 534, una lettera sotto questo nome intorno ad un istrumento o pendolo di nuova invenzione che ha per iscopo di determinare con la più grande esattezza i diversi gradi di celerità o di lentezza dei tempi in un pezzo di musica, dal prestissimo sino al largo, con le gradazioni impercettibili di uno all'altro.

Davella (Giovanni) pubblicò in Roma nel 1657, Regole di musica, in sei trattati ne' quali egli promette le vere e facili istruzioni sul canto fermo, sul figurato, sul contrappunto, il canto ec. Queste magnifiche promesse sono assai lontane però dall'esser poste in effetto. (Ved. Burney, Hist. tom. 3, p. 539)

David, celebre tenore nato in Bergamo verso il 1748, ebbe delle lezioni di contrappunto da Sala in Napoli, e formossi da se solo per il canto. Egli non ha cantato che nelle sole opere serie. Nel teatro di Milano cantò de' duetti insieme con Marchesi, ed a questo proposito egli disse: Noi siamo due lioni. Si è fatto anche più ammirare nella musica di chiesa. Nel 1785, nel Concerto Spirituale in Parigi tirò a se l'ammirazione e i suffragj di tutti gli spettatori nell'esecuzione dello Stabat di Pergolese. Ecco quel che ne dice uno de' giornali di quel tempo: “Qual metodo eccellente! quale giustezza! qual sicurezza d'organo! qual meravigliosa precisione! con quale a piombo non ricade egli nelle più lente misure sopra ciascuno de' tempi che vuol marcare! Egli ha eseguito con semplicità e con la più profonda espressione il primo duetto dello Stabat; ed il Vidit suum, la di cui lugubre tinta non sembrava ammettere degli ornamenti. Egli non ha abbellito, ma creato sì bene il versetto, Quæ mœrebat, ec.” Il Sig. Nozari da Bergamo, eccellente tenore, è l'allievo di David.

Davies (Miss), parente dell'Illustre Franklin, si è resa celebre nella sua patria per il suo canto piacevole, per la sua abilità sul forte-piano, e soprattutto pel vantaggio che essa ebbe di far la prima conoscere al pubblico, nel 1765, i suoni dell'Armonica, che Franklin aveva inventata l'anno innanzi, e di cui le ne aveva fatto un dono. Essa fece ammirare tutti questi suoi talenti a Parigi, in Vienna e nella più parte delle gran città dell'Alemagna, e anche d'Italia. Di ritorno in Londra, dopo più anni, le convenne dare un addio alla sua armonica, a cagione del nocivo effetto che le produceva su i nervi. Miss Cecile Davies, a cui si diè in Italia il nome dell'Inglesina, era la di lei più giovane sorella, e una delle prime cantatrici su la fine del passato secolo. Essa apprese da principio la musica sotto il celebre Sacchini, ma non cominciò a sviluppare i suoi gran talenti se non allorquando accompagnò sua sorella nel suo andar a Vienna. Dimorando nella stessa casa ove abitava il rinomato Hasse, detto il Sassone, ella insegnò la lingua inglese alla costui figliuola, e ricevette da lui in contraccambio delle lezioni nell'arte del canto. L'Inglesina cantò di poi da prima donna sul teatro di Napoli nel 1771, in quello di Londra nel 1774, e in Firenze dal 1780 sino al 1784.

Delaire (Mr.) pubblicò per la prima volta, nel 1700 secondo Rousseau, la Formula Armonica detta Regola dell'ottava, la quale determina sul cammino diatonico del basso l'accordo convenevole a ciascun grado del tuono, sì nel salire che nel discendere. (Diction. de mus. p. 405)

Delille (Giacomo), il celebre traduttore di Virgilio e 'l più insigne de' moderni poeti della Francia nacque a Aigue-perse, e venne assai giovane a Parigi ove fece i suoi studj nel collegio di Lisieux, ne' quali tali progressi vi fece che presagivano i successi che ottener doveva nella carriera della letteratura. Nel suo viaggio di Costantinopoli con l'Ambasciadore M. de Choiseuil, suo amico, la loro barca fu inseguita da' pirati, ch'erano sul punto di assalirla. In mezzo della costernazione e del silenzio che regnavano in quel legno, Delille diè de' contrassegni di sangue freddo e di giovialità. “Ces coquins-là, egli disse, ne s'attendent pas à l'epigramme, que je ferai contr'eux.” Il nostro poeta terminò il suo viaggio, giunse a Costantinopoli dove passò gran tempo in una deliziosa casa dirimpetto l'imboccatura del mar Nero, ove aveva sotto gli occhi il grandioso spettacolo d'innumerabili vascelli, e sull'altra riva i ridenti prati dell'Asia ombrati da grand'alberi, e traversati da amene riviere. In questi dilettevoli prati passava egli tutte le mattine, faticando al suo celebre Poema dell'immaginazione, in mezzo alle scene le più adatte a muoverne l'estro. Il quinto canto di questo Poema è consecrato a dipingere gli effetti dell'Armonia (2. vol. in 12º, a Paris 1806). Allorchè Parigi fu sì violentemente diviso tra Gluck e Piccini, non fu possibile di fare prender parte a M. Delille in questa guerra civile, sebben fosse nata nel seno dell'Accademia. Marmontel nel suo poema inedito de l'Harmonie disse di lui a questo proposito: L'abbé Delille, avec son air enfant, Sera toujours du parti triomphant, etc. Egli era di un commercio facile ed amabile; lepido, ma non satirico, e portava spesso nella compagnia quella franchezza e sincerità che i belli spiriti chiamarono un abandon d'enfant. La sua memoria era un vasto repertorio di aneddoti e raccontavali con un'arte inesplicabile. Egli era ricco delle beneficenze della corte, di cui nè meno una sola erane stata da lui sollecitata: la sua fortuna svanì nella rivoluzione. Si cercò di trascinarlo nelle fazioni che dividevano la Francia; ma lo spirito che animava i partiti dominanti, era troppo opposto al suo carattere: egli non volle associarsi a quelli, che non avevano altro mezzo di regnare in un paese se non quello di assassinarlo. Poco ambizioso, restò fedele alla sua povertà, e coltivò le muse in mezzo alle fiamme che divoravano le biblioteche e i monumenti delle arti. Quando la falce rivoluzionaria mieteva la più parte degli uomini dotti, e de' letterati, eravi senza dubbio a temer tutto per Mr. Delille, egli ne fu salvato come per un prodigio: allontanossi da Parigi nel 1794, ritirossi a Sant-Diez nella Lorena, ove compì in una profonda solitudine la sua traduzione dell'Eneide, uno de' più bei monumenti della sua gloria, per l'eleganza e l'esattezza pressochè religiosa con la quale egli ha reso il suo originale. Nel 1795, trovandosi in Londra alcuni Membri dell'Instituto che ammesso avevano nel lor seno il Virgilio francese, furono piccati di non vederlo ritornare a prender il suo posto tra loro, e fecero delle intimazioni al Poeta. M. Delille rispose al ministro che gli annunziò quest'invito: “Io mi sono trovato così bene della mia oscurità, e della mia povertà, durante il regno del terrore, che vi sono attaccato, anche per riconoscenza. Mi si fa sentire che questo rifiuto potrà trarre su di me delle persecuzioni. Se ciò avviene io dirò come Rousseau: Vous persecutez mon ombre.” Egli morì finalmente nello scorso anno 1814. (V. Notic. hist. de Delille, a Paris in 8vo, 1807)

 

Dellamaria (Domenico), nato a Marsiglia d'una famiglia italiana, si diè sin dalla sua giovinezza allo studio della musica. Di anni diciotto aveva già composto una grand'opera, che fu colà rappresentata: gonfio di questo primo successo, partì per l'Italia, non per studiare, ma come diceva egli stesso, per perfezionarsi nella sua arte. Per il corso però di dieci anni che dimorò in Italia, egli fece i suoi studj sotto molti maestri, Paesiello fu l'ultimo. Imbevuto delle lezioni di questo gran maestro, compose sei opere buffe, tre delle quali ebbero molto incontro, e specialmente quella del Maestro di cappella. Tornò in Francia verso il 1796, e diè principio al teatro dell'opera comica, dal Prigioniero, che accrebbe la sua riputazione. Ecco il giudizio di un compositore molto capace di apprezzarne il merito (M. Dalayrac). “I suoi primi passi nella carriera drammatica sono stati marcati da' più brillanti successi. Le Prisonnier, l'Oncle valet, le Vieux Chateau, ed alcune altre opere, date da lui successivamente ed in meno di due anni, mostrano il talento dell'autore e la sua fecondità. Io non intraprenderò di farne l'analisi; basterà il dire, che vi si trova da per tutto un canto amabile e facile, uno stile puro, elegante, degli accompagnamenti leggieri e briosi, uniti alla vera espressione delle parole, ec.” Questo giovane compositore in età di appena 36 anni, morì quasi repentinamente nel 1800, egli era ancora abilissimo sul piano-forte.

Delpiano (Donato), di Nivano diocesi di Aversa, ma stabilito in Catania, prete di una singolare probità e molto abile nel costruire organi e clavicembali, di cui può dirsi che se non il primo fu certo tra' primi ad introdurre in Sicilia e in Napoli il piano-forte, e molti ne costrusse che furono allora in sommo pregio ed estimazione. Ma deve egli la sua maggiore celebrità al grande organo da lui costruito in s. Niccolò l'Arena di Catania, monastero di Cassinesi ragguardevole per la magnificenza delle fabbriche, pel suo grandiosissimo tempio, e per la condizione dei soggetti che lo compongono. Quest'organo, opera di più anni e d'ingenti spese, tira a se l'ammirazione anche degli esteri per il gran numero dei registri, per la dolcezza del suono, e per l'ordine con cui è disposto: spiccano sopra ogn'altro i fagotti, i bassetti, i traversieri ed un registro, il quale sebbene non imiti verun istrumento d'orchestra, pure riesce assai grato all'orecchio. Ferve ancora la rivalità e si rimane indeciso, a chi debbasi, de' due organi di s. Martino di Palermo, e di s. Niccolò di Catania, dar la preferenza. Non si può mettere in dubbio, che sono due capi d'opera dell'arte, e che ha ciascuno di essi delle cose singolari e pregevolissime, onde i veri ed imparziali intendenti sostengono che sia fuor di proposito una tale rivalità, e che se di ambidue potesse formarsene un solo, ne risulterebbe un terzo veramente insuperabile. Questo santo prete, che in Palermo mi onorò della sua amicizia, dopo avere per più anni soggiornato in quel monastero di Catania, vi finì i suoi giorni in età di 80 anni nel 1785, lasciato avendo degli allievi non men di lui virtuosi, ed una memoria immortale di sue virtù. I Catanesi, che sanno apprezzare il vero merito, han fatto incidere in rame la di lui immagine nel 1810.

Demar (Sebastiano), nato a Wurtzbourg nella Franconia nel 1763, ebbe per primo maestro di composizione Richter maestro della cattedrale di Strasburgo. Dopo di essere stato institutore e primo organista della scuola normale di Weissenbourg, prese a Vienna lezioni dal celebre Haydn, ed in Italia da Pfeiffer suo zio, compositore assai distinto: da più di 18 anni egli è maestro della musica militare della città di Orléans, ed ha fatti de' buoni allievi nella composizione ed eziandio nel piano-forte, e nel corno. Egli ha composto molte messe e un Te Deum a grande orchestra, e molta musica strumentale assai pregevole.

Democrito nacque nell'opulenza in Abdera città della Tracia, ma non ritenne che una porzione de' suoi beni, e dopo d'aver viaggiato sull'esempio di Pitagora presso le nazioni dai Greci chiamate barbare, e che erano le depositarie delle scienze, passò il restante dei suoi giorni nello studio e nel ritiro: non avendo altra passione che d'istruirsi colle sue meditazioni, e d'illuminare gli altri coi proprj scritti. Egli era stato scolare di Anassagora e di Leucippo, e pubblicò la prima opera di musica, di cui non mai si era scritto fra Greci: vi trattava, secondo Laerzio, dei Ritmi, dell'Armonia, del Canto, e delle Lettere consonanti e dissonanti: il che ci dimostra, che esisteva nell'antica musica il canto stromentale significativo, e che dalle corde degli stromenti certune servissero per le vocali, certe altre per le lettere consonanti: giacchè non si può capire, come delle sole lettere dovessero essere alcune consonanti, ed altre dissonanti nel canto, se le corde non servivano per le lettere dell'alfabeto. (V. Requen. tom. 1, p. 149, e tom. 2, p. 375) Democrito fiorì cinque secoli innanzi G. C. e sorpassò l'età di cento anni. Democrito di Chio, altro musico, fu di costui contemporaneo (Laert. L. 9. § 48).

Demoz, prete della diocesi di Ginevra, diè al pubblico nel 1782 un'opera col titolo di Méthode de musique selon un nouveau système, in 8º. Questo sistema non fece maggior fortuna di quello del P. Souhaitty, e Rousseau si è sforzato in vano di rinnovarlo nel 1743.

Denina (l'ab. Carlo), dotto italiano nato in Torino, e celebre per più opere date alla luce, morì in Parigi, dove aveva dimorato più anni in grande stima presso i letterati di quella nazione, nel 1813. Nel quarto libro della sua Storia Politica e Letteraria della Grecia, Torino 1781, vol. 6, in 8º, egli impiega tutto il capit. XIII, nel descrivere il carattere dell'antica musica. (Gior. letter. d'Ital. 1782)

Denis (Pietro), musico attualmente in Parigi, ove fece stampare o per dir meglio, dove trovò degli editori assai sciocchi per far imprimere alcune cattive opere didattiche da lui composte, cioè: 1º. Une Méthode de musique et de chant; 2º. Un'esecrabile traduzione in francese del Gradus ad parnassum di Fux, ec. pubblicate da Boyer. L'esecuzione tipografica è degna di cotale produzione e del suo stile.

Dentice (Luigi), gentiluomo napolitano, nel 1533 pubblicò in Roma due Dialoghi su la musica, che sono citati dal P. Martini. Un'altra edizione ven'ha di Napoli del 1552, in 4º.

Derham, dotto matematico Inglese dell'accad. reale delle scienze di Londra, secondo Rousseau fece diversi sperimenti sul suono, che trovansi negli atti di quell'Accademia, co' quali vengono corretti alcuni errori del Mersenne e di Gassendi.

Desaugiers (Marcantonio), nato in Provenza nel 1742, venne a Parigi nel 1774, ove fece gran fortuna per più opere buffe poste da lui in Musica, ed eseguite con applauso nel teatro italiano. Il suo più grand'elogio è stata l'intima sua unione coi celebri Gluck e Sacchini, e la messa che egli compose alla memoria di quest'ultimo, fu riconosciuta degna da tutti gli artisti del talento dell'uomo immortale, che gliel'aveva inspirata. Nel 1776 egli pubblicò una traduzione francese dell'arte del canto figurato di G. B. Mancini.

Desbout (Luigi), chirurgo e maestro de' studenti dell'ospedale militare in Livorno, ove diè al pubblico nel 1780, Ragionamento fisico-chirurgico sopra l'effetto della musica nelle malattie nervose, in 8º. A questa dotta opera diede occasione una felice cura per mezzo dell'Armonia nella persona della Sig. Settimia Tedeschi di Livorno, fanciulla Ebrea. Questa cura viene ivi esattamente descritta, e serve poi di introduzione il racconto succinto che fa l' A. dei più portentosi effetti della musica su' corpi animali, e sull'animo degli uomini, secondo che gli scrittori hanno trasmesso alla nostra memoria. Di più ci dimostra com'ella possa applicarsi con esito felice in alcune morbose affezioni, e come sia stata di fatto applicata in moltissimi casi, che gli antichi e i moderni raccontano, e che egli con particolare erudizione raccoglie: la parte ultima, cioè quella dove l' A. dà un saggio generale del modo, con cui la Musica può risolvere la causa promovente le malattie nervose, e specialmente le convulsioni, è la più ingegnosa e la più dotta, e mostra com'egli sia corredato di buoni principj fisici. Egli così conchiude: “Da questa nostra asserzione non si creda però, che con il per altro dotto e stimabilissimo Giov. Porta, vogliamo fare della musica un rimedio universale, il quale al parer nostro non esiste, se non se nell'imperio delle chimere, ma bensì vorremmo insinuare di fare uno studio serio per conoscere i casi, ove può giovare, e quali generi di musica sono i più confacenti alle varie specie di malattie, per le quali è applicabile, per indi farne un uso saggio e più comune di quello che si fa, nei mali isterici, convulsivi e ipocondriaci, posciachè quando non se ne traesse altro vantaggio, almeno si otterrebbe quello di suggerire un rimedio piacevole a tutti, agente non meno sopra la spirito, che sopra il corpo.” L'autore passò quindi al servigio dell'Imperatore delle Russie col titolo di primo Luogotenente e Chirurgo (V. Lichtenthal, p. 82). Questo libro di M. Desbout è stato da lui stesso tradotto in francese, e stampato a Pietroburgo nel 1784.