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I divoratori

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XX

Non fu più concesso ad Aldo di suonare il pianoforte, perchè disturbava Nancy nel suo lavoro. Egli doveva anche stare in casa per ricevere chiunque venisse, perchè Nancy non fosse importunata.



Quando all'ora di pranzo ella non voleva interrompere il corso dei suoi pensieri venendo a tavola, era Aldo stesso che, in punta de' piedi, le portava i pasti; perchè la domestica dal passo pesante e dal viso stupefatto la irritava e la distraeva. Un silenzio riverente regnava sulla casa.



Baldelli, della casa editrice di Roma, ebbe sentore del Libro e venne a Milano per sapere se era possibile averlo. L'editore milanese del Ciclo di Liriche, che distrattamente aveva omesso di pagare le ultime due edizioni di quel libriccino fortunato, mandò, senza che glielo si domandasse, un « chèque » quasi inverosimile, e suggerì per la nuova opera una edizione di lusso rara e ricercata.



Nancy non rispose a nessuno, non badò a nessuno. Il Libro, come un falco, le teneva gli artigli conficcati nel cuore.



Era una sera d'inverno; sotto la lampada accesa Nancy scrisse al sommo di una pagina bianca: « Capitolo XVII ». Ella scrisse questa intestazione accuratamente, devotamente, disegnando i numeri romani con penna amorosa. Questo era il capitolo culminante del Libro. Per raggiungerlo, l'opera si era andata lentamente innalzando, in ripida e audace ascesa. Ma da quel punto il poema doveva fluire e precipitare, in largo, irrefrenabile torrente fino alla sua portentosa chiusa. Questo capitolo era il sommo, l'apogeo e la corona.



Nancy si passò rapidamente la mano sulla fronte, ricacciando all'indietro i morbidi capelli scompigliati. Poi guardò nervosamente Aldo. Egli sedeva all'altro lato del tavolo con dei fogli di carta da musica davanti a sè. Il cerchio di luce della lampada gli pioveva pacatamente sul lucido capo chino. A Nancy parve ch'egli avesse l'aria tediata e triste.



– Che c'è, Aldo? – gli chiese, stendendo verso di lui attraverso la tavola una mano affettuosa.



Nella esuberante gioia dell'ispirazione, essa si sentiva molto tenera e pietosa.



– Oh, niente, niente, – sospirò lui. – Avevo l'idea di scrivere un preludio. Ma non posso far nulla senza provarlo al pianoforte. E ciò ti disturberebbe. Non importa, non importa! Non curarti di me.



– Ma certo che mi curo di te, – disse Nancy; e alzatasi gli andò vicino e si chinò su di lui, posandogli con affetto una mano sulla spalla. E vedendo sul foglio davanti a lui una riga di minime e di semiminime, sorrise, ricordando che nella sua infanzia le parevano ometti che s'arrampicassero sopra uno steccato orizzontale.



– Sai bene, – disse Aldo passando e ripassando la penna sulla faccia di uno degli ometti e facendolo diventare più grande e più nero degli altri, – sai bene che Ricordi pubblicherà quelle mie romanze; ma credo che le abbia accettate solamente perchè le parole sono tue… Allora ho pensato di scrivere una cosa che fosse tutta mia… una specie di preludio, come l'« Après-midi d'un Faune ». Ma sarebbe proprio necessario che lo provassi al pianoforte…



– Lo so, povero caro, – disse Nancy, accarezzandogli i morbidi capelli. – Lo so, che sono una cattiva e perfida egoista che mette a soqquadro tutto, con questo mio Libro. Ma abbi pazienza, abbi pazienza! – E Nancy gettò uno sguardo di appassionato desiderio verso quel « Capitolo XVII » che, in grandi caratteri, le arrideva capovolto sul foglie bianco dall'altra parte della tavola. L'inchiostro ancora bagnato del « XVII » luccicava e le faceva cenno di affrettarsi. – Aspetta che abbia finito il mio Libro. Vedrai, vedrai allora! Farai tutto quello che vorrai. Ce ne andremo a passare dei giorni azzurri in campagna; e saremo felici, ultracelestialmente felici! – E poi soggiunse, per fargli piacere: – E saremo anche ultramericanamente ricchi!



Egli levò su di lei i neri occhi profondi, ed ella pensò che somigliava al San Sebastiano del Murillo.



– Il tuo Libro ha inghiottito tutto il bene che mi volevi! – disse Aldo.



– Ma no, – disse Nancy, e gli accarezzò la bella fronte. – Ma se sei tu, se è la tua presenza, la tua arcangelica bellezza che mi ispira e mi aiuta a scrivere!



Aldo sospirò.



– Eh, lo so che sono una nullità!… E non mi resta che a rallegrarmi che, per il fatto che non sono un mostro, ti ho aiutata a scrivere il tuo Libro.



Nancy sentì una fitta di rimorso.



– Non dire delle cose amare, cuor mio, – pregò. – Devo, devo essere egoista per un po' di tempo ancora! Se non scrivo mi pare di avere nel cervello un demone pazzo che strepita e stride per venir fuori… Ed oh! Aldo! quando mi veggo davanti la carta lucida e bianca, piena di abbaglianti promesse, sento d'un tratto in me l'urto dell'ispirazione, e la chiamata! Allora dalla vecchia penna d'avorio balza e scaturisce la parola, facile, rapida, piana.. E mi pare di essere una fonte d'acqua montanina che lancia in fulgido zampillìo la sua vita al sole.



Aldo prese ed attirò a sè il dolce viso acceso.



– Lavora dunque, – disse, e la baciò. – Nulla deve interrompere la tua opera.



– No, no, nulla al mondo! – disse Nancy.



Nel dirlo uno strano brivido passò in lei, un rapido battito le scosse il cuore, e sentì la radice dei suoi capelli rizzarsi come tante piccole spine. Poi più nulla.



La strana sensazione svanì, ed essa si volse per tornare al suo posto; si fermò ritta accanto alla tavola, e chinò lo sguardo sul « Capitolo XVII ». L'inchiostro ancora umido brillava sulla cifra. Ma Nancy aspettava – aspettava di sentirsi ripetere sotto al cuore quel palpito strano, trillante, indescrivibile. Volse lo sguardo ad Aldo. Egli stava pingendo pensosamente la faccia di un'altra semiminima, facendola diventare grande e nera.



Allora Nancy sedette, e intinse la penna d'avorio nella bocca spalancata del calamaio. Ah! Ecco! ancora! Ecco, il battito! il battito! Come una piccola mano morbida che la colpisse nel cuore! Ed ora, un fremito lungo, un tremolìo, come d'uccelletto imprigionato!



– Aldo! Aldo! – gridò, e cadde avanti, col viso nascosto sulle braccia.



E i suoi capelli diffusi ondeggiarono sul « Capitolo XVII », e sfregiarono la bianca pagina aspettante.



XXI

******

Nancy si mosse, sospirò!… poi lenta aprì gli occhi. Era sveglia.



Nella camera attigua Valeria singhiozzava tra le braccia dello zio Giacomo, e la zia Carlotta baciava Adele, e baciava Aldo, che, pallido con gli occhi rossi, stringeva la mano a tutti.



Attraverso la porta socchiusa Nancy udiva le loro voci sommesse e bisbiglianti; e ne sentì un vago e languido piacere. Ma ecco che un altro suono le colpì l'orecchio: un suono dolce, staccato, regolare – che pareva il lento battito d'una pendola. Quel suono le dava un senso di calma profonda e soave. Volse il capo sui guanciali e guardò. Era la culla!



Accanto vi sedeva, sonnecchiando, la Suora, reggendosi la fronte con una mano, mentre coll'altra, posata sulla sponda della culla, faceva, anche nel dormiveglia, la dolce mossa automatica del ninnare.



Nancy sorrise e richiuse gli occhi. Quel battito regolare la sopiva, e la riconduceva verso il sonno. Ella si sentiva ineffabilmente tranquilla, illimitatamente felice.



Era finita l'attesa; erano passati i timori. Ora la vita si apriva più vasta sopra più vasti orizzonti. L'anima sua era placata, appagata e senza desiderio.



Ed ora, con un sommesso tremito di gioia, le tornò nella memoria il suo Libro; il suo Libro che la aspettava, fermo dove ella lo aveva lasciato quella sera in cui l'avvenire aveva pulsato entro il suo seno. L'opera che doveva vivere la chiamò con voce piana, e le ripiegate ali dell'aquila fremettero…



Nel crepuscolo oscillante della culla la creatura aprì gli occhi e pianse:



– Ho fame.



LIBRO SECONDO

I

Quando delle quaranta mila lire ne furono dileguate diciotto mila, Aldo disse: « Qui bisogna fare qualche cosa ». E quando delle quaranta mila lire non ne restarono più che diciotto mila, egli disse: « Qui, qualche cosa va fatto ». Carlo non voleva saperne di lui nè dei suoi affari. L'unica cosa che avesse ricevuto da lady Sainsborough era una fotografia « presa in giardino col mio caro cane Fox », e un'altra di lady Sainsborough in amazzone « pronta per la cavalcata col barone Cuciniello ».



– Vecchia matta, – brontolò Aldo, gettando le fotografie nel fuoco e conficcandovele ferocemente colle molle.



Poi chiamò Nancy e le espose lo stato delle cose. Nancy non parve oltremodo impressionata.



– Ah, non c'erano più che diciotto mila lire? Ma guarda un po'! – Poi andò carponi sotto la tavola e nascose la faccia dietro il tappeto ricamato: – Bau-bau! Kukù!



La piccolina le ruzzolò dietro e le tirò i capelli con molti strilli di gioia.



– E così, che cosa dobbiamo fare? – disse Aldo.



– Appena béby saprà camminare, – rispose Nancy da sotto la tavola, – la sua mamma… sì, sì, sì, chi è la sua mamma adorata? eh, tesoro piccolo, agnello del buon Dio?…



– Cosa racconti? – chiese Aldo impaziente.



– Dico che appena béby saprà camminare, la sua mamma, che sono io… nèh, béby, che sono io la tua mamma?… Di' « mamma! » Mammam-mam…



– Ma va avanti, – gridò Aldo.



– La sua mamma, dicevo, si rimetterà al lavoro. Ma finchè questa creatura è un essere così piccolo – Nancy baciò la morbida testolina di sua figlia su cui i capelli spuntavano qua e là in ciuffi biondi – la sua mamma non sarà una crudele (bacio) brutta (bacio) feroce (bacio) tigre ircana (bacio, bacio) che abbandoni solo soletto al mondo un povero piccolo béby come questo (molti baci) per scrivere dei noiosi libri che nessuno ha voglia di leggere… bau-bau bau… Kukù!



Aldo seccato uscì dalla stanza, ma nessuno sotto la tavola si avvide della sua partenza.

 



Egli si recò dallo zio Giacomo, e gli parlò a lungo; e lo zio Giacomo, per amore di Nancy, lo prese nel suo studio e gli diede da fare dei disegni e dei piani d'architettura, con uno stipendio di duecento lire al mese.



Alla fine della terza settimana Aldo alzò gli occhi dal suo tavolo e, volgendo lo sguardo per la stanza dove altri quattro impiegati disegnavano dei piani, li osservò con aria meditabonda. Due di quei quattro erano giallicci e magri; uno era gialliccio e grasso; l'altro era grasso e rosso. I due giallicci e magri avevano pochi capelli; quello gialliccio e grasso non ne aveva affatto; quello grasso e rosso portava gli occhiali. Tutti quanti erano in quello studio da quattro, sei, e dodici anni a disegnare piani, con stipendi che variavano dalle duecento alle seicento cinquanta lire al mese.



Aldo fece un breve calcolo sulla sua carta asciugante. Ammettendo che egli stesse in quello studio cinque anni, e che per i primi due anni guadagnasse 200 lire al mese: fanno 4800 lire. Per i due anni seguenti gli darebbero probabilmente 300 lire al mese, diciamo, anzi, 350 – 8400 lire. L'anno dopo mettiamo che gliene dessero 400, o anche 450 al mese = 5400 lire. Totale in cinque anni: 18600 lire.



Diciotto mila seicento lire. Così che, dato che egli non spendesse nulla, assolutamente nulla, ma continuasse a vivere per cinque anni di ciò che rimaneva della dote di Nancy (il che era fuori di questione perchè non poteva bastare) egli si sarebbe trovato, in capo a cinque anni, esattamente al punto in cui si trovava oggi… con cinque anni di più sulle spalle. E probabilmente anche lui gialliccio e magro, o gialliccio e grasso, o rosso e grasso con gli occhiali. Era un programma assurdo, insensato. Era inconcepibile. Oggi, eccolo con le sue diciotto mila lire in tasca e i cinque anni ancora davanti a sè.



Prese il cappello e lasciò lo studio. Scrisse spiegando le cose allo zio Giacomo il quale gli rispose dandogli del cretino, dell'ingrato, del napoletano, dell'asino, del pover'uomo, del triplice estratto di egoista imbecillità. Aldo non discusse queste opinioni.



A casa spiegò matematicamente la situazione a Nancy e a Valeria, dilungandosi in ragionamenti e cifre che esse ascoltarono con occhi vaghi e aria imbambolata, pensando ad altro. Per farlo smettere gli diedero ragione.



– Diciotto mila lire – disse Aldo – impiegate con senno e intelligenza potrebbero essere la base di una vasta fortuna.



Valeria approvò con mite capo, e Nancy disse:



– Kukù!



Allora il béby, a richiesta di Aldo, fu mandato a passeggio con la donna rettilineare e arcigna, scelta con speciale cura per questo ufficio dalla zia Carlotta.



– Potresti metterti in società con qualcuno, – disse Nancy, dolcemente, con la testa un po' inclinata per mostrare che prendeva interesse alla cosa.



Valeria assentì, e soggiunse:



– Ho sentito dire che le miniere sono sempre un buon affare.



Aldo non rispose.



– Diciotto mila lire! – disse, meditabondo. – Non è molto! – Poi azzardò: – Si potrebbe naturalmente aprire un negozio.



Nelle profondità crepuscolari dei suoi splendidi occhi passò la visione del nitido e ben fornito negozietto di suo nonno in via Chiaia a Napoli, coll'insegna: « Esposito Della Rocca, corals and mosaics; English spoken », con le sue file di coralli appesi, coi pettini di tartaruga e gli ornamenti di filigrana; con le spille di lava e di mosaico che si vendevano a una lira l'una; e le conchiglie di lucida madreperla, e le vedute del Vesuvio notturno su cristallo convesso; e poi quei piccoli album di vedute di Napoli ripiegate entro una copertina rossa, che gli inglesi compravano così volentieri. Gli pareva di vedere il nonno uscir fuori dal banco con uno di questi libriccini rossi in mano, e brrrr… scioglierli a volo davanti agli ingenui verde-velati forestieri. Il nonno! lo vedeva, come fosse oggi, consegnando con gesto di languida grazia i pacchettini avvolti in carta rosa ai clienti, poi, salutando con largo gesto della mano, e accompagnandoli fin sulla porta con blanda e dignitosa benevolenza. Anche ad Aldo sarebbe piaciuto avere un bel negozio a Napoli, con dei fidenti e ingenui avventori inglesi; e degli americani, insolenti, ma ricchi; e dei tedeschi, economici, ma sentimentali – che tutti pagherebbero i loro bravi denari… Ah! quei buoni piccoli denari che entrano lungo il giorno e che la sera si contano, si guardano, si ricontano e si mettono via, invece di quel vago e remoto « stipendio » così insoddisfacente, non visibile, non tangibile, e privo di sorprese e di possibilità.



Ma Valeria, parlava:



– Un negozio! ma caro Aldo! che terribile idea! Come puoi pensare a una cosa simile?



E Nancy, che credeva ch'egli avesse detto per celia, rise con tutte le fossette in gioco.



– Ma sì, Aldo, ma sì! metteremo su una bottega di balocchi… avremo tutti i giocattoli del mondo per divertire béby! Cinquecento bambole per béby! Mille pecore di gomma per béby; dieci mila orsacchiotti di pelo, e mucche che a schiacciarle fanno mu-u! Sì, sì, Aldo! prendiamo subito un negozio di balocchi! – e saltò su a baciargli la dritta e sottile scriminatura che gli spartiva in due onde nere i lucidi capelli. – E se poi, – soggiunse, appoggiando la guancia ridente al capo di suo marito, – se poi béby avrà rotto tutte le teste, e leccato via tutti i colori, e strappato tutti i peli alle povere bestie, vuol dire che, per compenso, regalerò un poema autografo ai compratori di ogni animale danneggiato. E allora tu esigerai che te lo paghino due lire di più!



Questa allusione al poema autografo fece chiaramente comprendere ad Aldo che era impossibile che sua moglie, la celebre poetessa, potesse tenere un negozio.



Sospirò, e disse:



– Ho quasi idea di tentare Montecarlo. Non ci sono mai stato, ma De Cesari, quel mio amico genovese, mi ha detto di un magnifico sistema.



– Perchè non se ne serve lui allora? – disse Nancy. – A vederlo, si direbbe che ne ha bisogno.



– Ha provato, – assicurò Aldo, – ma lui non è l'uomo da giocare un sistema. Gli manca la forza di carattere. Un sistema è una di quelle cose che guai a non seguirlo, e continuarlo, e giocar sempre quello, per quanto si possa essere tentati di far diversamente. Eh no! De Cesari non è l'uomo.... Ma il suo sistema è veramente straordinario.



E Aldo prese di tasca uh taccuino, ne strappò un foglio, e con una matita fece vedere il sistema a Nancy e a Valeria.



– Vedete? « N » vuole dir nero e « R » rosso. – Poi fece tanti piccoli punti irregolarmente sotto ogni iniziale. – Vedete? su tutti questi punti io vinco.



– Davvero? – dissero Nancy e Valeria chinandosi sul foglietto con le teste vicine.



– Sì, sì; vinco su tutte le intermittenze.



– Cosa sono le intermittenze? – chiese Nancy.



– Oh! Poco importa cosa sono, – disse Aldo facendo degli altri puntini. – E vinco su tutti i colpi di due, di tre, di cinque....



– Di quattro, – corresse Nancy, che non capiva niente, ma voleva dimostrare il suo interessamento.



– No.... non vinco sui colpi di quattro, – disse Aldo. – Sui quattro, perdo. Ma guadagno poi sui cinque, e i sei, e su tutto il resto. E naturalmente i colpi di quattro vengono di rado.



– Naturalmente, – disse Nancy.



– Già, – disse Valeria.



Ed entrambe contemplarono con occhi vacui la duplice fila di puntini sotto l'N e l'R.



– Potrei rendere il gioco meno costoso, – disse Aldo meditabondo, – se aspettassi, e lasciassi passare le intermittenze, per non puntare che sui colpi di due.



– Già, sarebbe bene, – disse Nancy, che comprendeva di meno in meno.



– Ma – fece Valeria – se hai detto che vincevi sulle intermittenze?



– Eh! cara mia! se sono intermittenze! – disse Aldo con aria di profonda saggezza. – Ma se fossero dei quattro?



Questa frase per Nancy chiuse la porta definitivamente a ogni più lontano bagliore di comprensione. Ma Valeria, che durante il suo viaggio di nozze era stata a Montecarlo quattro giorni, disse con tono reciso:



– Io, se fossi in te, starei a vedere. Se fossero dei quattro, allora non punterei che sui cinque e i sei.



Aldo riflettè, stropicciandosi il mento.



– Questa non è forse una cattiva idea, – disse, – ma bisogna che provi. Adesso voialtre dite « rosso » o « nero », così, a caso, come vi salta in testa.



Nancy e Valeria dissero « rosso » e « nero », a caso, come saltava loro in testa; e Aldo giocò il sistema, puntando degli scudi immaginari, e raddoppiandoli secondo le regole del De Cesari. In meno d'un quarto d'ora, dimostrò che aveva guadagnato quasi duemila lire.



Allora fu deciso ch'egli sarebbe andato a Montecarlo e avrebbe giocato il sistema e niente altro che il sistema. E sarebbe partito il più presto possibile.



– Non ditene una sillaba a nessuno, – disse. – De Cesari raccomandava sopra tutto che non se ne parlasse. Capirete. Se tanta gente lo sapesse, Montecarlo non esisterebbe più. E allora tutto sarebbe guastato.



Non dissero una sillaba a nessuno; ma cominciarono subito i preparativi per la partenza di Aldo.



– Non mi fermerò più di un mese per volta, – disse lui. – Bisogna stare attenti che il Casino non sospetti che si ha un gioco sicuro.



– Si capisce, – disse Valeria.



E Nancy disse:



– Non è un po' disonesto d'andar lì, sapendo di dover vincere?



Aldo spiegò che l'Amministrazione del Casino non era una persona, soggiungendo che, ad una società così ricca, quelle poche migliaia di lire che a lui occorrevano ogni anno non farebbero nè caldo nè freddo.



Nancy allora soggiunse:



– So che Montecarlo è un luogo terribile… pieno di cattive donne, strane e pericolose. Spero… oh Dio!…



Aldo le baciò la fronte rannuvolata.



– Mia cara, se vado a Montecarlo è per i denari. All'infuori di ciò, niente m'interessa.



Nancy sorrise e sospirò.



– Lo so! lo credo! – disse. – Ma certo quelle odiose creature ti guarderanno.



– Ah! a questo non c'è rimedio, – disse Aldo, blando e rassegnato.



Nancy rise e lo abbracciò.



– Che strano ragazzo sei tu! – disse. – Io credo che il tuo Giardino Chiuso, il tuo « hortus conclusus », non sia che un campicello di patate.... E ciò nonostante quante ore felici vi ho passato!



II

Maggio portò alla bambina un dente. Giugno gliene portò un altro, e le gettò uno sprazzo di luce dorata sui capelli. Agosto le mise sulle labbra una parola o due. Settembre la mise ritta e titubante sui piedini. E Ottobre la spinse a correre con passi vacillanti, attonita ed estasiata, nelle braccia della mamma.



I suoi nomi erano Liliana, Astrid, Rosalynda, Anne-Marie.



– Ora che béby sa camminare, – disse Valeria a sua figlia, – tu dovresti riprendere il tuo lavoro.



– Sicuro che devo, – disse Nancy, sollevando tra le braccia la sua bambina e ponendosela in grembo. – Hai visto, mamma, i braccialetti che ha? – E tese verso Valeria le due brevi braccia paffutelle della bambina, a mostrare intorno al minuscolo polso una triplice lineetta rosea, che solcava deliziosamente le tenere carni. – Vedi? tre piccoli braccialettini « porte-bonheur »!



E Nancy baciò il polso grassetto, mordendolo un poco.



– Dove è stato messo il tuo manoscritto? – chiese Valeria.



– Oh! non so! disopra, forse… o altrove, – disse Nancy, fingendo di mangiare il piccolo braccio nudo della bambina. – Oh! che bontà! che bontà! Proprio stuisito!… Mamma, questa creatura sa di erbetta e di vaniglia e di viole mammole. Assaggia un po', che buon sapore! Assaggia!



E porse il piccolo braccio da mordere anche a Valeria.



– Saggia, – disse la piccina.



La nonna assaggiò e trovò eccellente e squisito. Allora dovette assaggiare anche l'altro braccio; e lo trovò squisito. E poi un pezzetto di guancia; e poi l'altra guancia… e tutto era squisito. Poi la bambina alzò il piedino nella sua scarpetta di cuoio bianco, e lo tese alla nonna:



– Saggia!



Ma la nonna non volle assaggiarlo e disse:



– Beh! beh! cattivo! – E anche all'altro piedino teso perchè lo assaggiasse, la nonna disse – beh! beh! – e aggiunse anche un'altra parola, indicante grande schifo.



Ma la piccola disse: – Saggia! – e gli angoli della sua bocca cominciarono a curvarsi ominosamente in giù.



Allora la nonna assaggiò la scarpetta e la trovò molto gustosa; eppoi l'altra scarpetta e la trovò eccellentissima anche lei. Eppoi Nancy dovette cominciar da capo ad assaggiare tutto: le braccia, e le guancie, e le scarpette…



Così i giorni passavano affaccendati, pieni di importanti occupazioni.



Aldo, da Montecarlo, scriveva che il « sistema » era impareggiabile. L'unica sua paura era che l'amministrazione se ne accorgesse. Ora giocava con puntate doppie.

 



… Pochi giorni dopo scrisse che nel sistema c'era un difetto. Ma poco importava. Aveva scoperto un sistema nuovo, molto migliore dell'altro. L'aveva comperato per cento franchi da un individuo che era stato espulso dal Casino, perchè l'amministrazione aveva paura di lui e del suo sistema. Naturalmente Aldo s'era impegnato a fargli un regalo adeguato, a vincita fatta. La sera precedente aveva guadagnato ottocento lire in dieci minuti con questo nuovo sistema. Doveva però andar molto cauto, perchè il difetto di quell'altro sistema era stato disastroso.



Giunse una terza lettera. Aldo, dopo aver vinto costantemente per quattro giorni di seguito, era vittima della più incredibile disdetta; la vera « guigne »! Una serie di ventiquattro neri, mentre lui raddoppiava sul rosso. Comunque, intendeva di attenersi rigidamente al nuovo sistema. Era l'unico modo di salvarsi. La gente che esita, che cambia, che salta da un sistema all'altro, deve perdere per forza. Baci a tutti.



Due giorni dopo venne una cartolina. « Ho scoperto che tutti i precedenti S erano sbagliati. Ho fatto conoscenza di un Cr. che rimetterà le cose a posto. »



Valeria e Nancy restarono perplesse davanti al « Cr. ». Naturalmente l'« S » significava sistema. Ma « Cr. »? che cosa poteva significare « Cr. »?



Valeria, inquieta, mandò un biglietto a Nino. Nino lasciò subito lo studio di Carlo e si affrettò a correre in via Senato dove, dalla partenza di Aldo in poi, Valeria abitava con Nancy e la piccina. Tutte e tre erano sul balcone ad aspettarlo, e gli fecero dei cenni di saluto non appena lo videro spuntare sul ponte di Sant'Andrea; Nino si affrettò traverso i Boschetti e salì a corsa le scale del numero 12.



– Come va, Valeria? – e la baciò in fronte. – Come va, Nancy? – e le baciò la mano. – Come va, Anne-Marie? – e la baciò sul capo biondo. – Cos'è successo? Che cosa ha fatto Aldo?



– Oh! – esclamò Nancy, – come hai fatto a indovinare che si tratta di Aldo?



Nino sorrise.



Valeria gli porse la cartolina, e coprendola tutta eccetto l'ultima riga, disse:



– Che cosa significa « Cr. »?



Nino guardò; poi domandò:



– Da dove scrive?



Nancy e Valeria scambiarono uno sguardo incerto. Poi risolvettero di affidarsi a Nino. Tanto, Nino non si sarebbe servito del sistema, nè lo avrebbe rivelato ad altri. Inoltre il sistema aveva un difetto…



– Da dove scrive? – ripetè Nino.



– Da Montecarlo, – dissero all'unisono Valeria e Nancy.

4

4


  dissero all'unisono





Nino strinse le labbra come se stesse per zufolare. E poi non zufolò.



La piccola, seduta sul tappeto, lo osservava, e quella smorfia le piacque. Sperò che la rifarebbe.



– Allora suppongo che « Cr. » significhi « croupier », – disse Nino.



Vi fu una pausa. Indi Nino disse:



– Quanti denari ha preso con sè?



– Tutto, – disse Valeria.



Allora Nino rifece la bocca di prima; e la piccola se ne rallegrò.



– Non c'è che andare a prenderlo! – disse Nino, guardando Nancy. – E subito.



– Oh Dio! – fece lei, trasalendo. – Ma ti pare che ci sia qualche cosa di grave?



– Di gravissimo, – disse Nino. – Probabilmente a quest'ora metà delle tue quarantamila lire sono sfumate.



– Non ne aveva che diciotto, – disse Nancy, con un lampo di malizia negli occhi chiari.



– Meglio così, – disse Nino. – Ma ad ogni modo farai bene di andarlo a prendere.



Nancy si sentì molto agitata e anche lieta. La piccola vedrebbe il Mediterraneo! Valeria… la nonna! sarebbe venuta anche lei, ben inteso…



– No, cara; impossibile, – disse questa. – Ho promesso alla zia Carlotta di aiutarla nel suo ricevimento domani sera. Ma ti accompagnerò per un tratto di strada. Fino ad Alessandria o a Genova.



– Ma tu, Nino, – disse Nancy, volgendosi a lui, – tu potresti pur accompagnarmi, non è vero?



– Oh sì! – esclamò Nino. Poi disse subito di no; gliene spiaceva tanto, ma non poteva abbandonare lo studio di Carlo