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Arrivata alla Villa delle Acacie Lady Randolph Grey entrò rapidamente nel vasto atrio adorno di grandi piante d'azalea e di palme. Sdraiato e sbadigliante, coi piedi issati sul bracciolo del divano, giaceva colui che per Wild-Forest era il «principe di Galles».

– Che fai, Totò, my darling? – chiese la bella signora. – Come mai sei qui?

– Gli altri idioti giocano al croquet, – disse Totò in uno sbadiglio.

– E t'hanno lasciato così solo? – Sdegnata Lady Randolph Grey si avvicinò alle vetrate aperte: – Carla!… Clorinda!… dove siete?

– Ti prego di non chiamare quelle giraffe, disse il «principe di Galles», – ne sono sazio e saturo, e mi escono da tutti i pori.

– Ma almeno Gerardo poteva restar qui a farti compagnia, – disse la signora, posandogli sui morbidi capelli biondi una mano guantata.

Egli ritrasse con impazienza il capo. – Non parlarmi di Gerardo. Se non sapessi ch'è un rimbambito direi che è un degenerato. Quelle donne gli piacciono! È incredibile!… – E Totò rabbrividì come a un pensiero immondo.

Lady Randolph sorrise e gli sedette accanto.

– Adorato Totò, sei di cattivo umore?

L'adorato Totò non rispose.

– E Moses? – chiese la signora, volgendosi a guardare un enorme gatto bianco, che gonfio e torpido sul tappeto, russava come un vecchio signore troppo pingue. – È contento?

– Sì, sì; è contento, – disse il giovane, imbronciato; – ma se non ero io, nessuno ci pensava.

E alzandosi e stirando le lunghe membra, traversò la chiara e vasta sala e si affacciò alla vetrata.

– Cos'è accaduto, Totò, per infastidirti così? – chiese Lady Randolph seguendolo alla finestra.

– J'ai le cafard, – rispose Totò.

– Ma perchè?

– Perchè sono stucco e stufo.

– Non di me, – fece Milady, appoggiandosi con tenerezza al suo braccio.

– Di te, sì, di te! E delle giraffe, e di Gerardo, e di Moses, e di quanti siete. Mi uscite da tutti i pori.

– Totò! Totò! non dir questo – ansò Lady Randolph e il suo ampio petto fluttuò come un mare in burrasca. – Sai che mi fai pena parlando così! Del resto, – soggiunse, – le giraffe, la settimana scorsa, ti erano pur piaciute.

– E perciò? Devono piacermi per tutta la vita? – sogghignò il giovane con amara ironia. – Bada che ti preavviso: uno di questi giorni.... «tatà, Totò!» – E fece cenno d'addio colla mano.

– Ma che cosa dici?

– Sì, sì. È finita. Vado al Giappone col mio amico Collins. Vado a Yokohama, dove le donne non si pettinano che una volta all'anno, non parlano mai, e dormono vestite.

Indi sciogliendosi impaziente da lei, uscì colle sue lunghe gambe snelle, nel giardino.

A colazione Totò non volle parlare che di Yokohama e Tokio e, al domestico che gli porgeva i piatti, diceva: – Sayonara! – con affabile dignità. A dir vero era incerto se quella parola significasse «grazie» o «buonanotte»; ma poichè nessuno degli altri lo sapeva....

– Mi sento male, – disse Lady Randolph Grey a metà colazione; e depose sulla tavola il tovagliolo.

Le giraffe e il «Duca di Norfolk» emisero qualche inarticolato suono di rammarico; il «Principe di Galles» arricciò il fine naso in una espressione d'incredula noncuranza.

La bionda signora uscì maestosamente dalla sala da pranzo, come una bella paranza a vele spiegate, e si ritirò nella sua camera. Chiamò Lucy a chiudere le imposte; si mise a letto e diede ordine che nessuno la disturbasse.

E sola, nel buio, Lady Randolph Grey pensò.

Pensò che Totò le sfuggiva: Totò, il divino Totò, fine e raffinato e depravato e complicato; Totò, che tutte le sue amiche le invidiavano e tutti i suoi amici detestavano; Totò, che le teneva luogo di tutte le perfide femmine e di tutti i brutali maschi che nel passato ella aveva conosciuto e amato e odiato.... Totò, il serafico e satanico Totò, le sfuggiva.

E se Totò le sfuggiva, la vita non valeva più la pena di essere vissuta. Bisognava ad ogni costo trattenere Totò! Bisognava con qualsiasi mezzo divertire e distrarre Totò.

Era difficile divertire Totò, che, per essersi già molto divertito non si divertiva più di niente. Tutto, secondo lui, gli «usciva dai pori». Le donne, gli uomini, i teatri, i cafè-chantants, l'arte, la musica, la danza, la cocaina, lo champagne, i vizi strani.... tutto gli «usciva dai pori». Ogni calice era già stato profferto alle sue labbra arcuate e sdegnose.

Mio Dio, mio Dio! Bisognava cercare qualche cosa di nuovo per Totò!

E che cosa c'era di nuovo al mondo? Nulla. Nulla, e nessuno. Assolutamente nessuno. Tutti e tutte avevano già detto tutto a Totò. E tutti e tutte non avevano che la stessa cosa da dire.

Ah, trovare per il tediato Totò qualche cosa d'inedito, qualche cosa ch'egli non conoscesse ancora!… Impedire che Totò pensasse ad andare a Yokohama!

Passò un'altra mezz'ora; indi Lady Randolph sporse dal letto il braccio morbido e un po' sudato, e suonò il campanello.

Lucy comparve subito.

– Milady ha suonato?

– Voglio il dottore, – disse Milady.

– Se Milady comanda, – disse Lucy, – manderò subito lo chauffeur a chiamare il dottor Methuen.

– Non voglio il dottor Methuen, – disse Milady. – Voglio quell'altro dottore. Come si chiama?… Harding.

Lucy si stupì. – Oh; ma è vecchio quello, Milady! Non ha più nessuna clientela. Pare che non sappia guarire che le morsicature dei serpenti a sonagli. E poichè, – soggiunse l'ancella con inesorabile logica, – dei serpenti a sonagli qui non ce n'è, così nessuno lo manda mai a chiamare.

– Lo mando a chiamar io, – rispose Lady Randolph Grey. – Dite a Peter che vada subito. E tu, vieni a farmi le treccie e a darmi l'accappatoio celeste.

XI

E colle treccie auree pendenti sull'accappatoio celeste, sdraiata su un divano presso la finestra, la trovò il dottor Harding un'ora più tardi quando Lucy, petulante e sarcastica, lo introdusse nella camera della sua padrona.

Il dottor Harding, ufficiale-medico delle colonie, professore di medicina tropicale e dermatologia, tremò al cospetto della sua paziente. Pareva che l'ammalato fosse lui. Il suo fine viso cereo era più cereo del solito, i mesti baffi bianchi più spioventi sopra la bocca sensitiva. Da vent'anni egli non aveva curato più nessuno, eccetto la vecchia Jessie quando aveva il reumatismo e, talvolta, la famiglia di qualche contadino troppo povero o troppo avaro per mandare a prendere il valente e moderno dottor Methuen.

Appena ebbe salutato e, obbedendo al languido gesto dell'ammalata, si fu seduto presso a lei, disse colla voce che tremava un poco per l'emozione:

– Certo vi è stato errore. Lei aspettava il dottor Methuen.

– No, – disse Milady, con un sorriso dolcissimo, – aspettavo lei, professore. Ho molto udito parlare della sua scienza profonda, dei suoi studi sulle malattie tropicali....

– Ma come.... – balbettò il dottore stupefatto, – ella avrebbe forse....

– No, no, – rise la bella dama, – io non ho nè il colera asiatico nè il piede di Madura. Ma trovo che anche nei piccoli malanni è da preferirsi un vero scienziato, un erudito, al medico modernista e ciarlatanesco che si serve dei suoi malati per fare degli esperimenti più o meno brillanti....

Il dottor Harding tossì, modestamente, colla mano davanti alla bocca; indi avvicinò la sua seggiola al divano della paziente. Era riconfortato; a suo agio; sicuro di sè. Evidentemente si trovava di fronte a una donna veramente superiore.

– Vediamo, signora, – disse, prendendole delicatamente il polso su cui ciondolavano molti braccialetti.

Il polso era buono. Un pochino debole forse.... Si trattava unicamente di una leggera forma di anemia....

Mentre il dottore, cogli occhiali sul fine naso, scriveva la ricetta di liquore arsenicale del Fowler, ferro e ipofosfiti, Lady Randolph uscì a parlargli delle sue due figlie.

– Le ho scorte in chiesa l'altro giorno.... deliziose piccine!… Se osassi, le inviterei a farmi un po' di compagnia....

Il padre parve subito adombrarsi.

– Oh, Milady! non ci pensi. Sono timide e selvatiche, senza conoscenza di mondo. Non potrebbero che darle noia.

Milady ebbe il buon senso di non insistere.

Ma pochi giorni dopo, insieme allo chèque di una ghinea per la visita professionale, il dottor Harding ricevette da Lady Randolph Grey un invito ad assistere colle sue due figlie a un concerto che avrebbe luogo alle «Acacie» il sabato susseguente. Canterebbero Clara Butt, la Tetrazzini, Van Heuvel; e la celebre danzatrice, Vera Sheremetzkaja, eseguirebbe la «Danza primaverile» di Mendelssohn.

In un poscritto Lady Randolph Grey soggiungeva che il Reverendo Brownlie colla signora Brownlie, ed anche lo Squire, Sir Peter Russel, sarebbero intervenuti colle loro famiglie.

Clara Butt! La Tetrazzini! Il Van Heuvel!… I primi due erano nomi quasi di leggenda. E Myosotis e Leslie le avrebbero vedute, vive e vere? Le udrebbero cantare!… Pareva troppo inverosimile per non essere un sogno. Clara, dalla portentosa voce di contralto, che da un ventennio mandava in visibilio l'Inghilterra!… la Tetrazzini, che un giorno – un indimenticabile giorno, a Leeds – le fanciulle entrando in un negozio di musica avevano udito gorgheggiare in un grammofono!… E poi Van Heuvel, il tenore olandese che era una nuova celebrità.

Quanto alla Vera Sheremetzkaja non ne avevano mai udito parlare. Già; nessuno parlava di danzatrici a Wild-Forest e tanto meno nella casa del dottor Harding. Ma certo anche quella doveva essere un portento.

Il dottore, colla vecchia Jessie, dibattè a lungo l'arduo problema se era il caso o no di accettare l'invito; infine conclusero che se ci andava il reverendo Brownlie e Sir Peter Russel colla sua famiglia, vi potevano andare anche le bambine.

Indi si venne alla difficile questione delle vesti che indosserebbero per l'occasione. Dopo molte incertezze Jessie decretò che i loro vestitini bianchi della comunione, molto allungati, potevano andare.

 

– E tu, papà, cosa metterai per il concerto? – chiesero le fanciulle sfiorando cogli sguardi un poco inquieti il vecchio abito color tabacco del loro padre, che traverso molte stagioni aveva sfidato pioggie, nevi e bel tempo.

– Io? – fece il dottore, alzando i distratti occhi ceruli da un fascicolo di Annali di Parasitologia. – Io? Cosa mi metto per il concerto?… Un po' di cotone nelle orecchie; e basta.

XII

Vi andarono; le fanciulle, nei loro vestitini bianchi, le biondissime capigliature divise à la Vergine e fluenti dietro le spalle, parevano uscite da una vecchia tela di Romney; il papà aveva una lunga ed antichissima palandrana scovata da Jessie in una cassa nel solaio, e fortemente olezzante di naftalina.

Le fanciulle entrarono dietro al padre nel salone affollato, si sentirono le mani prese e strette nelle mani morbide di Lady Randolph Grey e furono presentate a molte persone, tutte d'apparenza straordinariamente elegante e dai nomi altisonanti e sonori.

Fecero anche la conoscenza del «Duca di Norfolk», che veramente non era il duca di Norfolk bensì un altro nobile con un nome un po' meno conosciuto: Lord Gerard Neversol.

Fu grande lo sbigottimento di Myosotis quando egli, salutandola, alzò la sua rossa e fredda manina ai suoi baffi e fece l'atto di baciargliela.

Dopo un lungo mormorio di conversazione preliminare, tutti presero posto davanti a un piccolo palcoscenico adorno di palme. Myosotis e Leslie sedettero, in fila cogli altri invitati, aspettando trepide l'apparizione della sublime Clara Butt.

La pianista, una modesta persona, entrò e fece un piccolo inchino; subito il reverendo Brownlie e il dottor Harding, credendola la diva, iniziarono una entusiastica e calorosa ovazione, ma poi, accorgendosi che erano soli ad applaudire, smisero, assai mortificati.

Ma ecco alfine presentarsi Clara Butt, maestosa e magnifica, con un rotolo di musica tra le mani inguantate, e un pennacchio verde piantato sulla torreggiante capigliatura. Scoppiò unanime l'applauso, che essa accolse con benevolenza e ripetute flessioni del pennacchio.

Indi cantò. La portentosa voce di contralto, larga e calma, le sgorgò dall'ampio petto, in note profonde, vibranti e rimbombanti come quelle di un organo di cattedrale.... Alle due fanciulle, ascoltandola, parve di essere in chiesa.

Seguì la Tetrazzini. Tutte le allodole e tutti gli usignoli parevano essersi dati convegno, trillanti e gorgheggianti, nella sua bianca gola.... E ascoltandola, rapite, alle due fanciulle parve di essere in cielo.

Ed ora era il turno del giovane tenore olandese. Myosotis consultò il programma che teneva tra le mani e lesse i titoli delle romanze che egli avrebbe cantato. «Sehnsucht», s'intitolava la prima.

– Sehnsucht? Che cosa vuol dire?

Inutile domandarlo a Leslie; e Myosotis volse gli occhi per la prima volta al suo vicino di sinistra. Vide che era Lord Gerard Neversol; e a lui ripetè la domanda: – Sehnsucht, che cosa vuol dire?

– Sehnsucht? – rispose il giovine, fissandola negli occhi, – vuol dire struggimento. Vuol dire.... desiderio.

– Grazie, – disse Myosotis. E tacque.

– Perchè non prosegue nelle sue domande? – chiese Lord Neversol che non aveva distolto gli occhi da lei, lasciando errare lentamente i suoi sguardi dalla pura fronte sotto ai morbidi capelli, alla puerile bocca socchiusa e alle mani un po' rosse congiunte in grembo. – Perchè non mi chiede che cosa vuol dire desiderio?

– Ma, – fece Myosotis, sorridendo, – mi pare di saperlo.

– Ah! – ribattè Lord Neversol, guardandola profondamente negli occhi, – le pare di saperlo.

E continuò a guardarla fisso, senza sorridere.

Myosotis si sentì arrossire senza sapere perchè.

Leslie dal suo posto si sporse un poco avanti. – Che cosa c'è? – chiese alla sorella, sogguardando il personaggio patrizio.

Questi interpose: – Sa forse anche lei, signorinetta, il significato della parola «desiderio?».

Ma prima ch'ella potesse rispondere comparve sul palcoscenico il tenore, e subito le note gli squillarono dal petto, chiarosonanti come oro che batte sull'argento.

 
«Nur wer die Sehnsucht kennt
«Weiss was ich leide....»
 

intonò egli nel timbro d'una tromba chiarina.

E per le due più giovani tra le ascoltatrici non vi furono più desideri, non vi furono più pensieri. Quelle note colmavano ogni lacuna nella loro anima, cullandole in un vago, infinito incanto....

E ancora non s'erano riavute da quell'estasi, che già appariva, correndo – lieve come un petalo di fiore portato dai venti – la danzatrice Vera Sheremetzkaja.

Era scalza e avvolta in diafani veli. E danzò. Danzò, aerea e scintillante, come danza un raggio di luna sull'acque....

I primi maestosi accordi di «God save The King» terminarono il trattenimento, e le fanciulle, mute e trasognate, seguirono gli altri invitati nella grande sala attigua; quivi mangiarono dei rosei gelati, delle fragole giganti annidate in nubilose colline di crema Chantilly, dei fondants del Fuller iridescenti tra le violette candite; e per la prima volta intinsero le loro labbra rosee nello scintillìo dorato dello champagne.

Tutt'a un tratto Leslie si turbò. Strinse il braccio di Myosotis:

– Viene il principe di Galles! – sussurrò.

E difatti Totò, lento e noncurante, veniva verso di loro. Lord Neversol lo presentò:

– Il barone Ottavio Tottenham, – disse. Indi si soffermò a udire come progrediva la conoscenza.

Myosotis lo salutò, chinando la vezzosa testa; ma Leslie stette come trasognata a guardarlo.

– Oh Dio! – esclamò, con accento di stupore e delusione, – ma allora non siete il Principe di Galles?

Totò, rimasto per un attimo sorpreso, diede in un'allegra risata.

– Che strana idea! Vi avevano forse detto....

– Ma tutti, tutti lo dicono, – esclamò Leslie, fissandolo quasi con rimprovero. – E Miss Jones, la maestra, è venuta apposta a insegnarci il saluto che dovevamo farvi!

Totò fu galante. – Oggi per la prima volta rimpiango di non essere Sua Altezza Reale, – disse. – Avrei voluto ricevere quel saluto. – E avvicinandosi un po' più e affondando in quegli occhi infantili lo sguardo, quello sguardo profondo e languido col quale soleva turbare fino al deliquio le «giraffe»: – Si può sapere com'era? – domandò.

– Ecco, – spiegò Leslie gravemente, – Miss Jones diceva che voi ci avreste steso «con lenta regalità» la mano; allora noi dovevamo prenderla e, con profondissimo inchino, far l'atto di baciarla.... badando però di non baciarla davvero!

– Oh, guarda! – rise Totò. – Che crudele restrizione!

– Non era facile, – disse con un sorriso Leslie, – ma a furia di provarlo con papà....

Myosotis la interruppe: – Sir Ottavio Tottenham ci crederà molto sciocchine....

– Ma no, ma tutt'altro, – fece Totò, assai divertito.

– Oh Dio! – esclamò Leslie, mortificata. – E dire che Miss Jones ci ha tanto raccomandato di non fare le zucche campestri!…

In quel frattempo Lady Randolph Grey, radiosa e regale, cercava per le sale il dottor Harding; lo trovò rifugiato in un angolo, solitario e pensoso. Vedendola, egli si alzò e le stette dinanzi, alta figura distinta e dignitosa nonostante la sua vecchia palandrana.

Alle effusioni di Lady Randolph Grey egli rispose col suo consueto sorriso calmo e melanconico.

Al primo momento la esuberante espansività di lei gli parve alquanto esagerata, e ne provò un certo senso di diffidenza. Ma la bella donna – biondo, aperto fiore di femminilità – lo disarmò col sorriso smagliante.

– Lei forse, illustre Professore – (ah! chi d'altro al mondo lo chiamava «illustre Professore»?), – non ama troppo la società? La musica forse non le piace?

– Ma anzi, ma tutt'altro! – protestò il dottor Harding, conscio dei suoi batuffoli di cotone, e turbato al pensiero che forse si vedevano.

– Oso sperare che le sue due adorabili figliuole si siano divertite, – disse Milady, volgendo il capo lucente verso il centro della sala, dove le due fanciulle, strette l'una all'altra e tenendosi per mano – come, un po' per timidezza e un po' per affetto, ne avevano il vezzo – ridevano, alzando a tutti il viso di fiore e l'ingenua azzurrità dei loro occhi felici.

Gli occhi del padre rispecchiarono quel riso; indi subitamente si velarono. Il suo pensiero corse ad una silenziosa tomba ricoperta d'edera nel piccolo camposanto deserto....

Disse cortesemente a Lady Randolph:

– Le sono assai grato, Milady, per la gioia che ha dato loro. – Ma poi, irresistibilmente, dalle sue labbra sfuggì il singhiozzo del cuore: – Ah! se oggi la loro madre potesse vederle!

Lady Randolph Grey ebbe un sussulto. Per un istante anche il suo pensiero volò alla tomba nel piccolo cimitero ombroso, e a quel ritrattino sbiadito appeso alla croce.... «Mary Evangeline Harding, morta a 24 anni»....

Per un istante le parve che da quella tomba si ergesse l'esile ombra di Mary Evangeline, che colle braccia spettrali circondasse le due figurette, dai visi di fiore.... Le balenò l'idea di dire a quel vecchio gentiluomo che le stava dinanzi pallido e commosso:

– Addio! Ritornate a casa vostra. E quelle vostre dilette, portatele via!… portatele via da me!

Ma i suoi occhi tornarono a quel gruppo nel centro della sala, a quelle due teste biondissime sotto il raggiare del lustro. C'era anche Totò; e Totò rideva. Rideva d'un riso giovane e giocondo che ella non ricordava d'avergli udito mai.

Totò si divertiva. Le due bambine di questo vecchio dottore non ancora gli uscivano da tutti i pori....

Milady fu così commossa da quel riso – e fors'anche da parecchie coppe di «gin-fizz» e di «mint-julep» – che le facili lagrime le fluirono agli occhi. Ne approffittò subito per alzarli, così traboccanti, al grave viso del dottore.

– Quando sarò a Londra permetterà che mi vengano a trovare? Conosco tanta gente.... eppure mi sento talvolta così sola.

Il dottor Harding trasalì e il cuore gli si strinse. Un rifiuto gli salì subito alle labbra, e cercò per pronunciarlo la forma che potesse recare meno offesa a quell'anima gentile. Ma alzando gli occhi, vide, fisso in lui, quello sguardo tremulo nuotante nel pianto.

– Grazie, – diss'egli colla voce dolce e profonda; – sarò felice di confidarle a lei.

Partiti tutti, artisti ed invitati. Lady Miranda Randolph Grey si stese sull'ottomana, con un lungo sospiro.

– Quelle corvèe! – esclamò, alzando sopra al capo le belle braccia seminude. – Totò!… una sigaretta!

Il barone Ottavio Tottenham le buttò in grembo un astuccio dorato.

Gerardo Neversol le sedette accanto e affondò nei cuscini la testa bruna e ben spazzolata.

– Buona Gaby, vi applaudo. Siete stata «gran dama» fino alla punta delle vostre rosee unghie verniciate. Ma si può sapere perchè fate di queste cose? È dunque una mania inveterata che avete voialtre di volere a tutta forza entrare nella rispettabilità?

Milady accendeva la sua sigaretta e non rispose.

– Questo ricevimento a cui invitate le famiglie di dottori e di Pastori.... mi sembra una imprudenza.... dirò meglio, una impudenza, perfettamente inutile.

La signora soffiò verso il soffitto una lunga boccata di fumo.

– Poichè il Pastore è già stato qui – sorrise ironica – voi potete astenervi dalle prediche, caro Gerardo. E a proposito di Pastori.... che cosa ne dite di quelle due candide agnellette bionde?

– Poh! – fece Neversol in uno sbadiglio. – Quelle lì.... lasciatele vivere!

Totò si volse stupito e fissò in volto a Neversol i suoi lunghi occhi insolenti.

– Che idea! – esclamò. – Lasciarle vivere?.... Perchè?