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Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3

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Ponzio (Pietro), nato in Parma nel 1532, abbracciò lo stato ecclesiastico. Dotato delle più felici disposizioni per le scienze, e le arti, e con ispezialità per la musica, fu chiamato circa 1550 a Bergamo per maestro di cappella della cattedrale, donde passò in Milano, e quindi fè ritorno in Parma, ove morì nel 1596. Abbiamo di lui Ragionamento di musica, Parma 1588, dedicato al conte Bevilacqua di Milano, gran partigiano della musica. Dialogo, ove si tratta della teoria e pratica di musica, dedicato all'accad. filarmonica di Verona, Parma 1595. Egli è diviso in quattro libri, e sono gli interlocutori il conte Alessandro Bevilacqua, il conte Sarego, ed il conte Marco Verità: opera pregevolissima per la dottrina di quel tempo.

Pope (Alessandro), celebre poeta inglese del secolo 18, di cui vi ha un'Ode sulla musica, per la festa di S. Cecilia, che è un'imitazione di quella di Dryden sullo stesso soggetto: M. Hennet nella sua Poétique Anglaise (3 vol. in 8, Paris 1806), e M. de Valmalète nel 1808, ne hanno data la traduzione francese.

Porfirio, filosofo nato a Tiro l'anno di G. C. 223, dimorò per alcun tempo in Sicilia, donde passò in Roma, ove morì sul cominciare del 4.º secolo. Egli scrisse molto sulla musica, alla maniera de' nuovi platonici, ne' suoi Commentarj sugli Armonici di Tolomeo, che il Dott. Wallis pubblicò il primo, benchè imperfetti, a Oxford nel 1699.

Porpora (Niccolò), uno de' più celebri maestri di Napoli, dove stabilì una scuola di canto, che ha forgiati i più gran cantanti del 18º secolo, come Farinelli, Cafarelli, Salimbeni, Hubert detto il Porporino, la Gabrieli ec. che si sono fatti ammirare in Europa quai prodigi di melodia. Egli era inoltre profondo nella teoria, e nella pratica del contrappunto, ed ebbe la gloria, essendo in Vienna in casa dell'ambasciatore di Venezia, d'insegnare al grand'Haydn la buona ed italiana maniera di cantare, e quella pure di accompagnare al cembalo, mestiere molto più scabroso di quello che si crede, e che pochi fra i maestri medesimi possiedono perfettamente. Nell'articolo di Carlo VI, e in quello di Haydn (tom. 2, p. 22, 199), abbiamo riferiti alcuni aneddoti relativi al Porpora; egli fu inoltre maestro in Dresda della principessa elettrice di Sassonia M. Antonia Valburga, alla quale dedicò poi l'Eximeno l'opera sua sulla musica. In questa corte ebbe tale stima il Porpora, che ne divenne infin geloso lo stesso Sassone: in Londra fu il rivale di Hendel. La chiesa, la camera e 'l teatro sono stati arricchiti da' suoi capi d'opera, e spesso i Pontefici hanno creduto di fare un dono gradito ai principi regalandoli di un originale di Porpora. Il carattere generale della di lui musica è il grande ed il serio: ma si è di accordo nel dire che quanto è maraviglioso nel cantabile, altrettanto è egli stentato negli accompagnamenti delle sue arie. Ciò però gli è comune con tutti i buoni maestri del suo tempo, Vinci, Leo, Pergolesi ec., perchè la semplicità e l'economia delle note, che costituiscono la grazia, e l'espressione del canto, rendono la musica instrumentale arida e scipita; ma tutti i compositori lo riguardarono sempre come loro modello nel recitativo, Porpora può dirsene il padre, egli trovò la vera declamazione musicale. Morì tuttavia in Napoli nell'estrema indigenza nel 1767, di 82 anni.

Porpora, altro maestro italiano dello scorso secolo, di cui raccontava il Jommelli, che sebbene non fosse stato sprovveduto di merito in riguardo alla cognizione teorica e pratica della musica, si rese però ridicolo per non capire il senso delle parole che metteva in note. Obbligato una volta a mettere in musica il Credo, alle parole Genitum, non factum, credette a proposito l'introdurvi il coro, il quale, mentre un cantante diceva da una parte, genitum, non factum, rispondeva, factum non genitum. Il pezzo fu eseguito, ed applaudito: ma qualcuno dinunziò Porpora all'Inquisizione come empio. Egli si difese con dire che non sapeva il latino, e sembrò di tanta buona fede, che i giudici, meno severi allora, che non l'erano trent'anni avanti, rimandarono via l'accusato. Un'altra volta dovendo mettere in musica l'aria Superbo di me stesso, fece che l'attore dopo aver detto questo primo verso, gridasse poi con enfasi, Andrò portando in fronte: seguiva una gran pausa, e non si sapeva ancora cosa andasse costui portando in fronte, quando con una uscita di corno gliela fece annunziar chiaramente in mezzo alle risa di tutto il teatro.

Porta (Costanzo), francescano di Cremona, fu condiscepolo del Zarlino sotto Adriano Willaert, e uno de' primi compositori del suo secolo per la musica di chiesa: il P. Martini facevane gran conto, comechè fosse più adatta a soddisfar l'occhio anzichè l'orecchio. Egli fu maestro di cappella a Padova, a Ravenna, e finalmente a Loreto, dove morì nel 1601.

Porta (Berardo), nato in Roma circa 1760, fu allievo del Magrini che lo era stato del cel. Leo. Egli fu dapprima maestro di cappella a Tivoli e direttore d'orchestra: compose molte opere, oratorj, e musica strumentale. Tornò quindi in Roma al servigio del principe di Salm ch'era prelato in quella corte, ed ebbe la sopravvivenza di Anfossi sì per i teatri, che per le cappelle, ma la rivoluzione gli fè perder tutto, e nel 1798 venne in Parigi, dove ha scritto più opere per quel teatro: egli vi si è stabilito, e vien riputato colà come uno de' migliori maestri di composizione.

Portogallo, compositore portoghese per teatro stabilito da più anni in Italia: nel magazzino del Ricordi in Milano vi ha di lui impressa la musica de' seguenti drammi: Il ritorno di Serse; Idante, opere serie. Lo spazza camino; la Donna di genio volubile; Oro non compra amore; I due gobbi, burlesche. Il filosofo; la maschera fortunata; il Ciabattino, farse.

Poulleau (M.) è l'inventore di un nuovo stromento a tasti, detto l'orchestrino, che è brillante, espressivo e canta assai bene. A siffatte pregevoli qualità unisce inoltre il vantaggio di potere imitare il violoncello e la viola in maniera a produrre una compiuta illusione. Benchè l'imitazione del violino sia di minor effetto, tuttavia un suonator di forte-piano produce con questo strumento egli solo l'effetto di un quintetto composto di due violini, viola, violoncello e basso. Poichè l'orchestrino sostiene e fila i suoni per mezzo di un arco, e fa passar quelli gradatamente dal piano al forte, e dal forte al piano, egli ha perciò la varietà di esecuzione del pari che gli stromenti ad arco nei canti, che esiggono delle note legate, staccate, sostenute, o pizzicate. La di lui forma è di un piccolo clavicembalo; le sue corde sono di budelli, ed il suo arco riceve movimento per mezzo di una ruota che si fa girare col piede.

Prandi (Girolamo), pubblico professore di filosofia morale, e di dritto di natura nell'università di Bologna, nel 1805 all'occasione del solenne aprimento delle scuole comunali filarmoniche di quella città recitò una dotta Orazione sulla musica. Rintraccia in essa l'origine prima di quest'arte, ne segue i progressi da filosofo osservatore, e tutti i vantaggi descrive di questo mirabile ritrovato, ch'egli attribuisce al tedio ed alla noja: il tutto è descritto con istile purgato e sublime.

Prati (Alessio), nato a Ferrara circa 1736, fu un gran maestro, compositore di molto gusto e generalmente stimato. Nel 1767 venne a Parigi e scrisse per quel teatro con molto successo, si rese quindi a Pietroburgo, ove fu similmente applaudita la sua musica. Dopo un'assenza di 17 anni tornò in Italia, e scrisse in Firenze l'Ifigenia nel 1784, che ebbe uno straordinario incontro, nè meno prodigioso fu quello che riportò in Monaco di Baviera per la sua Armida abbandonata nel 1785, per cui divenne maestro di cappella dell'elettor palatino. Non godette molto però della sua fortuna, poichè finì di vivere in Ferrara sul principio del 1788. Vi ha di lui molta musica sì vocale, che strumentale impressa in Parigi, a Lione, in Berlino ed in Londra.

Predieri (Luca-Ant.) da Bologna, fu quasi per tutto il corso di sua vita al servigio della corte di Vienna. Tenuto in conto de' più valenti maestri del suo tempo, fu uno di quelli che più felicemente han saputo unire l'antico gusto al moderno. Fornito di bella immaginazione e di una gran verità di espressione, aveva moltissimo spirito, e la sua conversazione si rendeva molto piacevole: l'Imperatore Carlo VI, che aveva particolare stima di lui, si prendeva spesso piacere di contender seco lui. Egli fu il primo a mettere in musica gli Oratorj del Metastasio, il Sagrifizio di Abramo nel 1738, e l'Isacco nel 1740, come ancora più drammi dello Zeno e del Silvani. Morì egli in Bologna sua patria nel 1743.

Pretorio (Michele), il di cui vero nome di famiglia era Schulze, fu priore del monastero de' benedettini a Ringelheim, e maestro di cappella dell'elettore di Sassonia e del duca di Brunswick; celebre come compositore ed autore altresì di più opere sulla musica, morì a Wolfenbuttel nel 1621. La sua principale opera è il Syntagma Musicum, in 3 vol. in 4º ch'è divenuta rarissima.

Prinz (Wolfango), distinto contrappuntista ed autore di musica, morì nel 1717 di 76 anni. Scrisse egli stesso la sua vita, di cui ve ne ha un estratto presso Mattheson e Walther: ecco il catalogo delle sue opere, che sono in gran pregio presso i tedeschi. 1. Instruzione nell'arte del canto, 1686; 2. Compendium musicæ, etc. o Compendio di tutte le cose necessarie a quelli che vogliono imparare la musica vocale, Lipsia 1714; 3. Descrizione istorica dell'arte del canto, Dresda 1690; 4. Il compositore satirico, 3 vol. 1679; 5. Exercitationes musicæ theoretico-practicæ, Dresda in 4º, 1689, oltre più opere manoscritte teoriche e didattiche sulla musica.

 

Profilio (Giuseppe), nato in Palermo nel 1718, fu prete e dottore nell'uno e nell'altro dritto: studiò la musica sotto la direzione del maestro Pozzuolo profondo contrappuntista di que' tempi. All'età di 42 anni il suo amore per la solitudine abbracciar gli fece il posto di organista, e maestro di cappella offertogli dai PP. Benedettini dell'insigne monastero, di S. Martino, alcune miglia lontano da Palermo. Tra le altre rarità, di cui abbonda questo monastero vi ha un magnifico organo, opera in origine del cel. Lavalle, indi dal peritissimo costruttore di questi stromenti Baldassare di Paola palermitano, alcuni anni sono defunto, migliorata ed accresciuta sino al numero di 72 registri, fra' quali sonovi molti strumenti di orchestra bene imitati, l'intera banda militare, l'eco, un armoniosissimo e sonoro ripieno coi contrabbassi a tuono di quaranta, e quattro tastature per suonarsi in concerto da tre diverse persone. L'ab. Profilio mostrò una particolare abilità nella maniera di suonare questo grand'organo, l'armonia che sapeva trarne, e 'l possesso con cui lo maneggiava, dilettava e sorprendeva del pari. Persuaso della massima, che ripeteva sovente, cioè che allora suona bene l'organo quando canta, volle sempre suonando imitare la voce che canta: egli aveva la grand'arte di sapere adattare ad ogni registro, secondo lo strumento che egli rappresenta, quel genere di musica che più gli conveniva, non usando tuttavia altro stile se non il più analogo alla maestà del luogo, ed alla gravità delle auguste cerimonie della religione; pregio assai raro agli organisti de' nostri giorni, i quali o per non sapere produrre improvvisando, o per voler solo solleticare gli orecchi, ripetono sull'organo ariette di teatro, rondò, balletti: il che è a mio avviso una profanazione del luogo santo. Profilio aveva fatti, stando in città, molti allievi, il suo metodo particolare di solfeggio formò de' buoni artisti e non pochi dilettanti eziandio di ragguardevol nascita: proseguì a dar lezioni in quel monastero a' religiosi giovani di suono e di canto, e ad alcuni di composizione ancora, fra' quali merita il primo luogo il P. D. Bernardo Platamone, oggidì Priore degnissimo, che alle altre sue profonde cognizioni in più scienze unisce quella della musica sì teorica, che pratica. Abbiamo del Profilio delle Regole di accompagnamento ordinate con buon metodo, ed alcune composizioni per chiesa che dimostrano più scienza che gusto. Dopo una dimora di 23 anni in quel monastero, ove per la regolarità di sua condotta, e la dolcezza de' suoi costumi erasi conciliata la venerazione e la stima di tutta quella rispettabile comunità, finì quivi i suoi giorni in età di 65 anni nel 1783.

Provedi (Francesco). Sanese, di cui nel tomo 50 degli opuscoli scientifici e filologici Ven. 1754, vi ha Paragone della musica antica e della moderna in quattro ragionamenti. Nel primo tesse brevemente la storia della musica, fa vedere l'uso e la stima che ne facevano i Greci, e 'l pensiero che si prendevano per conservarla nella sua purezza: ne' due seguenti ragionamenti passa egli a paragonare la musica greca colla moderna: nel quarto prova, che una delle prime cagioni che imperfetta rendono la musica moderna, è stata la poco propria maniera, colla quale trattata è da' suoi scrittori. Il Giornalista di Modena credette per isbaglio che Provedi fosse stato Coltellinajo di professione; questo era un secondo nome di famiglia (Stor. letterar. d'Ital. t. X, 1757). Nel 1743 nacque in Siena una questione fra Fausto Fritelli maestro di cappella della cattedrale, e Francesco Provedi circa il sistema di musica più perfetto, e se debba preferirsi quello di Guido Aretino, o quello di Anselmo Fiammingo. Il Coltellinajo ad istanza degli amici pubblicò il suo parere in una Lettera in favore di Guido, e da essi ne furono mandate copie in diverse parti; ma Provedi persuaso del profondo sapere del P. Martini, a lui rimise il giudizio della sua Lettera e della risposta del Fritelli suo avversario. Non sappiamo in favore di chi sia stata la decisione del Martini.

Psello (Michele), scrittore greco del secolo XI sotto l'Imperatore Costantino Ducas, del cui figlio Michele fu precettore, morì nel 1078. Nella sua opera De quatuor mathematicis scientiis, tratta egli della musica. “Gli scritti di Psello, dice l'ab. Requeno, per il titolo e per il contenuto mostrano la barbarie dell'età sua. Scrisse del quadrivio, sotto il cui nome allora s'intendevano l'aritmetica, la musica, la geometria e l'astronomia. Intorno alla musica, se ci deve servire di regola uno scrittore per giudicare dello stato, in cui essa allora trovavasi, si conchiuderà, o che all'età di Psello si erano cambiati non solo i nomi tecnici, ma la sostanza altresì degli armonici intervalli, o che era egli stesso sommamente ignorante dell'arte e de' differenti sistemi” (V. Saggi t. 1. c. 14).

Puccitta (Vincenzo), eccellente maestro italiano, e compositore del nostro tempo di molto buon gusto e di nuovo stile per teatro. Verso il 1807 egli fu in Londra; le sue opere, dice il Dottor Pananti, trenta volte e più ripetute in quel teatro hanno avuto i più meritati applausi, la sua bella musica è stata avidamente accolta dal pubblico (V. poeta di teatro, t. 2, Londra 1809, pag. 332 not. 5). Nel magazzino del Ricordi si trova di lui impressa la musica dei drammi Teresa e Wilck; Zelinda e Lindoro; i Due Prigionieri; il Puntiglio.

Puckeridge, irlandese, fu il primo inventore dell'armonica. Nel 1760 avendo osservato il suono prodotto dallo strofinamento della sommità di un bicchiere con un dito bagnato, provossi il primo a formare uno stromento armonioso col porre sopra una tavola un certo numero di bicchieri di varie grandezze e ripieni d'acqua a metà. Puckeridge morto giovane non ebbe l'agio di perfezionare la sua scoverta, il che fece di poi il Dottor Franklin.

Pugnani (Gaetano), di Torino, fu scolare di Somis, suo compatriota ed uno de' migliori allievi di Corelli. Trovandosi già ben fermo sul violino, andò a visitar Tartini in Padova per consultarlo sulla sua maniera di suonare, pregandolo di dirgli francamente il suo parere. Egli ricominciò il suo studio sotto la direzione di questo gran maestro, e si fermò per alcuni mesi in Padova. Viaggiò quindi in molti paesi dell'Europa, e si fermò lungamente in Inghilterra, dove compose una gran parte della sua musica pel violino, e fece eseguire in Londra la sua opera Annetta e Lubino, e tornò in Italia verso il 1770. Fondò in Torino una scuola di violino, come il Corelli a Roma, e il Tartini a Padova; dalla quale sono sortiti i primi suonatori della fine dello scorso secolo, come Viotti, Bruni, Olivieri ec. È da rimarcarsi che i suoi allievi sono stati molto abili nel reggere l'orchestra: egli era questo il principale talento del maestro, ed egli aveva l'arte di trasmetterlo altrui. “Pugnani dominava nell'orchestra, dice Rangoni, come un generale in mezzo a' suoi soldati. Il suo arco era il bastone di comando, a cui ubbidiva ciascuno colla maggior esattezza, ed egli richiamava tutti a quella perfetta unione, ch'è l'anima del concerto. Penetrato dal principale oggetto, cui dee proporsi ogni valente accompagnatore, cioè di sostenere e far distinguere le parti essenziali, prendeva così prestamente e gagliardamente l'armonia, il carattere, il movimento e 'l gusto della composizione, che ne imprimeva al momento stesso il sentimento nello spirito dei cantanti e di cadaun membro dell'orchestra.” (Saggio sul gusto della musica, Livorno 1790). I dettagli della vita privata del Pugnani offrono dei curiosi aneddoti. Trovandosi un giorno aux délices in Parigi, Voltaire recitò alcuni suoi versi che Pugnani ascoltò colla più grande attenzione. Mad. Denis pregò in seguito Pugnani a suonare alcun pezzo di musica sul suo violino, ma inquietatosi che Voltaire proseguiva a parlar alto, e turbava la sua esecuzione, rimettè lo strumento in sacca, questo M. de Voltaire, egli esclamava, sa far de' bei versi; ma per la musica non se ne intende un diavolo. Suonando una volta un concerto in una gran compagnia, al far la cadenza, esce fuori di se, e credendosi solo si mette a girar per la camera senza avvedersene, finchè alla fine della sua cadenza sentì ripigliare tutta l'orchestra. La musica di Pugnani è pregevole per una eloquenza nerboruta e brillante; le idee vi si succedono con ordine senza allontanarsi dal soggetto: pochi artisti han saputo meritare, com'egli, l'ammirazione per il loro talento e la stima per la loro persona. La grandiosità della sua esecuzione rispondeva perfettamente alla dignità del suo contegno. Morì in Torino nel 1798 in età di 70 anni.

Puteano (Ericio), o Enrico Dupuy, governatore di Lovanio, e storiografo del re di Spagna; fece i suoi studj in Colonia, a Padova, e in Milano. Egli fu uno de' più dotti uomini del secolo 17. Delle molte sue opere non citeremo qui che quella da lui pubblicata in Milano nel 1599, col titolo: Pallas modulata sive septem discrimina vocum etc. in 8vo, di cui vi ha una seconda edizione in Lovanio del 1615, col titolo: Musathena. Egli vi propose un nuovo metodo di solfeggio, con aggiungervi una settima sillaba. Quest'innovazione recò scandalo ai pedanti del suo secolo, ma trovandosi più utile il suo metodo fu quindi generalmente abbracciato.

Q

Quadrio (abbate Francesco) è autore di un'opera pubblicata in Bologna 1739 ed a Milano 1746 col titolo: Della storia e della ragione d'ogni poesia, 4 vol. in 4.º, nella quale trovansi molti articoli concernenti la letteratura della musica, tali sono quelli sul merito di Guido d'Arezzo sulla musica nel tom. 2, quello della Cantata dell'Opera in musica degli Oratorj nel tom. 3 ec. Ecco il giudizio che ne ha dato l'Arteaga. “Il Quadrio, egli dice, uomo di lettura immensa, ma d'erudizione poco sicura, di gusto mediocre e di critica infelice impiegò un mezzo tomo della sua voluminosa opera nel trattare dell'Opera in musica, ove il lettore altro non sa rinvenire che titoli, che date e nomi di autori ammucchiati senz'ordine a spavento della memoria, e a strazio della pazienza.” (Disc. prelim.).

Quanz (Gioacchino), celebre compositore, e scrittore di musica, fu il maestro del gran Federico re di Prussia, con cui suonava insieme di flauto, essendo stato eziandio virtuoso in quasi tutti gli instromenti. Nel 1724 venne in Roma in compagnia dell'ambasciadore di Polonia, e 'l suo primo pensiero fu di prendere quivi lezioni di contrappunto dal cel. Gasparini: ebbe ancora occasione di sentire il gran Tartini. Nel 1727, si rese a Napoli, ove trovò il Sassone che studiava allora sotto Scarlatti: fece colà conoscenza co' più gran musici, come Leo, Mancini e Feo. Quanz abitava insieme col Sassone, e lo pregò di presentarlo a Scarlatti, ma questi, tu sai, gli disse, che gli suonatori di strumenti da fiato mi sono insoffribili, perchè sono stonatori. Ma Hasse fece tanto che lo persuase a riceverlo. Dopo avere inteso Quanz sul flauto lo prese egli in tale affezione, che compose per lui molti a solo e lo introdusse nelle primarie case di Napoli. Quanz tornò in Roma per sentire nella settimana santa il cel. Miserere di Allegri: proseguì quindi il suo viaggio per Firenze, Livorno, Bologna, Ferrara, Padova sino a Venezia, dove trovò Vinci, Porpora e Vivaldi. Da lì passò per Modena, Reggio, Parma, Milano e Torino, e si rese quindi a Parigi, dove fece il suo primo Saggio di perfezionamento del flauto, aggiungendovi una seconda chiave. Nel 1727 passò in Londra, e dopo avere scorso l'Olanda, tornò in Dresda. La sua prima attenzione fu di porre in ordine le nuove idee, che aveva acquistate ne' diversi paesi che aveva percorsi: compose alcuni pezzi di musica sul gusto regnante; si diè a comparare insieme tutti i suoi saggi, e ne separò quel che vi era di buono, per formarne un tutto di un nuovo genere. Nel 1741 egli si stabilì a Berlino, ove Federico II gli assegnò per suo onorario due mila talleri, con pagargli a parte ciascuna delle sue composizioni, e cento altri talleri per ogni flauto, che farebbe. Egli aveva cominciato a costruirne in Dresda, e questo negozio valevagli molto. Morì egli assai ricco a Potsdam nel 1773. Il re fece inalzare un monumento su la tomba di questo celebre virtuoso. Sono le sue opere teoriche 1. Essai d'une méthode pour apprendre à jouer de la flûte traversière, con 24 rami, Berlino 1752, e Breslau 1781 tradotta in francese: ella vien citata dal Sacchi nel suo libro delle Quinte successive p. 19. Quanz vi parla della sua invenzione di quel pezzo o giunta, che serve ad alzare o abbassar l'instromento senza cambiare il corpo del mezzo, e senza far torto alla purezza del suono. M. Moldenit attaccò nel 1758 questo metodo, il che diè occasione alla Risposta di Quanz alle di lui oggezioni, inserita nelle notizie di Marpurg. 2. Application pour la flûte avec deux clefs, in fol. 1760. Quest'opera è molto interessante: la sua utilità non si limita solamente al suono del flauto, ogni musico ed il maestro di cappella ancora vi troverà dei dettagli assai buoni a sapersi. 3. L'Histoire de sa Vie. Questa memoria è compiuta, potrebbe chiamarsi la Storia del virtuoso in generale. 4. Diverse Lettere sulla musica: ambedue queste opere trovansi nel sullodato libro di Marpurg. Le composizioni di Quanz portano seco l'impronta di una gran cognizione delle leggi dell'armonia.

 

Quatremere de Quinci, ha fatto inserire nel Mercurio del 1789, un articolo molto importante sotto il titolo de la Nature des Opéras bouffons, et de l'union de la comédie et de la musique dans ces poèmes. Questa dissertazione si trova eziandio nel tom. XVI, des Archives Littéraires.

Quintiliano (Aristide), uno de' sette scrittori greci di musica della collezione di Meibomio, che egli crede aver fiorito sotto l'imperatore Adriano; ma il dotto critico l'abb. Requeno, “benchè non si sappia, egli dice, dagli antichi storici nè la di lui patria, nè la nascita, nè l'età con tutto ciò si può da' suoi libri conchiudere, ch'egli vivesse poco dopo Cicerone, Virgilio ed Orazio. Atteso lo stile, attesa la sua singolare perizia nell'antico sistema de' Greci, attesa la sua divozione verso le false divinità, atteso il fine, per cui egli dice, che scrive; io resto persuaso, esser egli vissuto o sul fine del secolo di Augusto, o sul principio del seguente. Aristide è puro, eloquente, fluido, naturale e grazioso nello scrivere; nè si trova così aureo scrittore nell'età di Plutarco, nè molto prima. Nessuno de' posteriori autori ha mostrata la metà di scienza musicale, di Aristide.” (Saggi, t. 1, p. 267). Il suo Trattato della Musica è diviso in tre libri: egli dichiara il fine per cui gli ha composti sul principio del terzo libro. Mi ha incitato a scrivere, dice egli, prima di tutto la disapplicazione universale all'arte armonica; a questi infingardi insegnerò io quale sia cotest'arte da essi disprezzata: giacchè fra gli antichi non era dozzinale questo studio, com'essi pensano a dì nostri; per non intenderlo, che anzi era tenuto per principale ed utile alle altre scienze ed arti.. Per ben intendere il fine, a cui sono indrizzate queste espressioni, leggasi al libro 2, p. 70 l'obbjezione, che Aristide si fa dell'autorità di Cicerone ne' dialoghi della Repubblica; e si vedrà che tutti e tre i libri sono diretti a dileguare i pregiudizj sulla musica de' Greci sparsi da' Romani. M. Tullio introduce in que' dialoghi uno degli interlocutori a provare, che l'arte musica era non che inutile, ma eziandio pregiudizievole. Aristide nel primo libro s'impiega in dimostrare, che la musica non è arte delle persone dozzinali; nel secondo ch'essa serve per l'educazione della gioventù; nel terzo che la medesima ha una particolare relazione con tutte le scienze più sublimi e con le arti liberali. “Quest'opera, dice M. du Bos, è la più istruttiva che si trovi nell'antichità intorno a questa scienza: ella è a mio avviso la più metodica.” (Reflex. crit. t. 3. p. 7). Nessuno de' greci, o de' latini armonici ha trattato di tutta la greca musica, fuori di lui, nè con tanta chiarezza ha esposto nessuno il sistema armonico con tutte le sue variazioni, quanto Quintiliano. “Egli comprende l'antico sistema, lo sminuzza, lo spiega, applicandolo alla fisica, alla morale, all'astronomia, ed in questo si mostra filosofo pittagorico: nel musicale sistema però seguace de' greci anteriori a Pittagora. Io consiglierei chiunque, che tentasse d'istruirsi a fondo ne' greci sistemi, a leggere prima questo autore per poi passare a scorrere gli altri scrittori armonici, i quali senza la scorta di Quintiliano compariranno imbrogliati ed oscuri.” (Requeno loc. cit.).

Quintiliano (M. Fabio), celebre oratore romano, cui Plinio il giovane vantavasi di avere avuto per maestro (lib. II, et VI epistol.) fiorì nel secondo secolo dell'era cristiana. Nella sua eccellente Istituzione oratoria impiega egli un lungo capitolo sulla musica, nel quale intraprende a provare, essere ella stata in ogni tempo un'arte necessaria alle persone di educazione e di nascita (V. lib. 1, cap. X). L'Ab. du Bos nelle sue Riflessioni critiche sulla poesia, la pittura e la musica rapporta molti estratti di Quintiliano intorno alla musica tradotti nel francese.