Tasuta

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4

Tekst
iOSAndroidWindows Phone
Kuhu peaksime rakenduse lingi saatma?
Ärge sulgege akent, kuni olete sisestanud mobiilseadmesse saadetud koodi
Proovi uuestiLink saadetud

Autoriõiguse omaniku taotlusel ei saa seda raamatut failina alla laadida.

Sellegipoolest saate seda raamatut lugeda meie mobiilirakendusest (isegi ilma internetiühenduseta) ja LitResi veebielehel.

Märgi loetuks
Šrift:Väiksem АаSuurem Aa

Salinas (Francesco), spagnuolo nativo di Burgos, professore di musica nell'università di Salamanca, divenne cieco sin dall'età di dieci anni, ma non fu perciò meno abile nelle scienze e nella musica. Egli è autore assai celebre di sette libri de Musica pubblicati nel 1577, che di tutti gli scritti armonici del secolo XVI, dice l'ab. Andres, ebbero una fama più universale, e hanno poi conservata più durevole riputazione. Questo illustre cieco, profondamente istruito nella musica pratica, e nella teorica, ed altresì erudito filologo, poeta filosofo e matematico, che a giusto titolo da molti vien detto il moderno Didimo, e potrebbe anche chiamarsi lo spagnuolo Sanderson, dopo lungo studio de' greci e de' latini, dopo lunghe meditazioni, e dopo continuo esercizio lasciò a' posteri in quella dotta opera quanto l'erudite ricerche, e l'attente speculazioni nel lungo corso di cinquanta e più anni avevano suggerito su la pratica, e su la teorica della musica (Dell'origine ec. t. 4). Assai ragionevole è l'encomio, e la critica che di questo suo illustre compatriota ha fatto il Requeno. “Un solo cinquecentista, egli dice, rispettabile pe' suoi lumi, per la sua latina favella, per la sua coltura, per la disinvoltura del suo spirito, per la sua erudizione, per la maestrevolezza dell'arte armonica sarebbe stato capace di ravvivare tutta la greca armonia, se la preoccupazione a favore della musica moderna da lui mirabilmente ben avviata e corretta non lo avesse impegnato in volerci far vedere, che le nostre corde armoniche, ed il nostro ritmo poco sono dissimili dall'antico. Cotesto cel. scrittore gli è lo spagnuolo Salinas. Nessuno creda, che io lodi per ispirito di patriottismo; e chi ne dubita, lo prenda in mano, e mi dica se fra tutti gli spositori della musica greca si ritrovi l'eguale fra moderni. Il trattato di Vossio sull'antico ritmo, ove mettasi al confronto del trattato di ritmo di Salinas, scomparisce affatto. Vossio niente insegna; Salinas tutto analizza. Vossio tesse il panegirico da colto grammatico; Salinas tesse l'arte dell'antico ritmo poetico da pratico, Vossio parla da oratore con lodi generalissime: Salinas da intelligente delle più picciole differenze mostra quanto è degno di lode nel greco ritmo. Egli è però da dolersi, che Salinas non osservasse, che oltre il ritmo poetico da esso così bene analizzato, esisteva il ritmo musicale, di cui non ci disse parola. Salinas nell'esame delle corde armoniche, diede troppo a' numeri, ed alle proporzioni, niente agli sperimenti, e poco all'autorità de' greci armonici; quando doveva dare anzi tutto ai testimonj di questi provati prima cogli sperimenti; ai numeri quant'essi richiedevano e nulla più; e niente poi affatto a quelle proporzioni, colle quali la scuola Alessandrina nella decadenza della greca armonia oscurò ed imbrogliò il semplicissimo musico sistema di Aristosseno, e del secolo d'oro de' Greci. La è cosa parimente da dolersene, che questo insigne scrittore non siasi tutto impiegato in analizzare i Greci, in costruire un monocordo per le prime pruove, in fare poi lo stromento chiamato Canone minutamente descritto da Tolomeo, e in avanzare altri passi richiesti per la genuina intelligenza de' greci scrittori. Ma forse pel vanto, che esso erasi procacciato nella pratica del moderno contrappunto, non volle esporre il suo sapere al pericolo di detestarlo; nè mai gli cadde forse anco in pensiero di fare uno stromento armonico con tutte le corde eguali sì in lunghezza, che in grossezza, come praticarono i Greci: forse non seppe concepir la maniera, con cui esso potesse suonarsi.” (Pref. ai Saggi ec. pag. XIV).

Salomo (Elia), prete francese del sec. XIII: nel 1274 dedicò a Gregorio IX un libro: De Scientiâ artis musicæ, che si era conservato manoscritto nella bibioteca Ambrosiana in Milano, donde lo ha tratto l'ab. Gerbert, inserito avendolo nel terzo tomo della sua collezione degli antichi autori di musica. L'Aut. vi tratta del numero delle chiavi, de' tuoni, delle figure, della dottrina del canto, e della maniera di cantare a quattro voci, ec.

Sammartini (Gio. Batt.), maestro di cappella assai celebre del suo tempo, e uomo singolare, nacque in Milano verso la fine del secolo XVII; fu prima suonatore d'oboe, e poi di violino. Devesi a lui l'uso del mordente, delle note sincopate, delle contro arcate, e delle punteggiature continuate, le quali grazie, se pure si conoscevano, non erano in grande uso: egli le introdusse nel violino, come è facile di rilevare dalle sue composizioni confrontate con quelle de' precedenti scrittori. Sammartini, dotato d'ingegno creatore, imparò il contrappunto da se, e si diede a scrivere musica instrumentale, singolarmente dei trio, e delle sinfonie. Il Generale Pallavicini, governatore di Milano, gli fece comporre le prime sinfonie a grande orchestra. Si sonavano esse in buona aria sulla mezzaluna della cittadella a divertimento dei cittadini che a diporto trovavansi nella sottoposta spianata le sere d'estate. Il Paladini, che morì troppo giovane, il Lampugnani, che il primo cominciò a lussureggiare negli accompagnamenti delle arie, ed altri gareggiavano su quel parapetto, divenuto sede e teatro di una guerra tutta piacevole col Sammartini, il quale tutti li vinse per la copia, il fuoco e la novità, sebbene rimanesse molto al di sotto del Paladini e degli altri per la scienza degli accordi. Fu in quelle sinfonie che si sentì per la prima volta il gioco separato dalle viole che da prima suonavano col basso, e che udironsi movimenti continuati di violini secondi, i quali si fecero con bella novità scorrere per un modo tutto diverso di quello dei violini primi. Anche il Sammartini aveva pratica cognizione di tutt'i strumenti, e fu da lui che la apprese, il Gluck, stato per più anni suo scolare. Se a questi pregi unito avesse il Sammartini una più fondata teoria, e una maggiore applicazione avrebbe avuto l'Italia il suo Haydn, prima che lo avesse l'Alemagna. Il Sammartini non fu sì felice nella musica vocale come lo era nella strumentale. Eccitato dai generali voti della sua patria, compose un'opera seria per quel teatro, e non piacque punto. Che anzi era egli il primo a burlarsi di se medesimo quando si rammentava quella sua produzione. Fu però essa la prima e l'ultima di tal genere, mentre non volle più comporre pel teatro, e fuori di qualche oratorio sacro, non abbiamo di lui altra cosa drammatica. Egli, come dissi, fu maestro del Gluck per dieci anni, e basta confrontare la musica instrumentale di Gluck con quella del maestro per capire quanto gli dovesse. L'Haydn stesso molto apprese per la parte ideale osservando le opere del Sammartini, benchè più volte detto avesse al suo amico Carpani non dover nulla a lui, aggiungendo di più ch'egli era un imbroglione. Ma confrontando le prime composizioni dell'Haydn con quelle del Sammartini si vedrà di quante idee, di quante bizzarríe e di quante invenzioni di questo rinomato scrittore si giovasse l'Haydn, non già da vile plagiario ma da maestro. Il Misliwechek trovandosi in Milano ad una accademia, e sentendovi alcune vecchie sinfonie del Sammartini, della di cui musica non aveva in prima contezza, proruppe in questa esclamazione: ho trovato il Padre dello stile d'Haydn! Il maestro Venceslao Pichl inclinava anch'egli alla opinione del suo patrioto; ma l'Haydn era troppo buon contrappuntista e troppo amico dell'ordine, e di quella regolata condotta che si trova in uno stile puro e ragionato, per imitare di proposito quel capricciosissimo milanese che nel creare non badava più che tanto alla tessitura, ma seguitava all'impazzata gli impeti della sua fervida fantasia, e quindi aveva quà e là dei lampi bellissimi, contigui a masse tenebrose di nubi. Il conte d'Harrach governatore della Lombardia Austriaca portò il primo a Vienna la musica del Sammartini, la quale subito ottenne applausi e voga in quella gran capitale. Il conte Palfi, il conte Schönborn, il conte di Mortzin, ed il principe Esterhazy facevano a gara in procurarsene della nuova, e quest'ultimo signore destinato aveva in Milano un banchiere per nome Castelli a pagargli otto zecchini d'oro per qualunque composizione gli desse per sua altezza. Il dottor Burney conobbe il Sammartini in Milano nel 1770, e scrive ne' suoi Viaggi pag. 95 di avere inteso una messa seguita sotto la sua direzione nella chiesa del Carmine. “Gli accompagnamenti, egli dice, erano ingegnosissimi, pieni di brio e di un fuoco tutto proprio di questo compositore. La parte instrumentale delle sue composizioni è fatta a maraviglia. Nessuno degli esecutori può restare lungamente in ozio. I violini soprattutto non hanno mai riposo; si potrebbe per altro desiderare ch'egli ponesse la briglia al suo pegaso, poichè sembra portarsi seco il cavaliere fuggendo di scappata. E per parlar fuori di metafora, la sua musica piacerebbe ancor più se fosse meno ricoperta di note e men ripiena di allegri; ma l'impetuosa foga del suo genio lo sforza a percorrere una successione di rapidi movimenti, la quale alla lunga, stanca l'esecutore e l'uditorio.” Alla pag. 103 parlando d'un'altra messa del medesimo dice, “Il Sammartini mi ricompensò de' movimenti posati de' quali mi aveva defraudato nella messa di giovedì, mediante un adagio che era veramente divino.” Rousseau nel suo dizionario parlando di composizioni eccellenti non ne nomina, in monte, che due, Un adagio, dic'egli, di Tartini, un andante di Sammartini, e di fatti questi suoi andanti eran degni di Anacreonte. Questa piccola biografia deesi all'erudito Carpani, giacchè la fama, egli dice, non ha parlato di lui quanto meritava (Lettera IV).

Sancho (Ignazio), negro della Guinea stabilito in Londra, ove fecesi cristiano, e coltivò con successo le scienze e la letteratura. Morì egli nel 1780. Fra le altre sue opere vi ha di lui Theory of music (Teoria della musica), London 1776, ch'egli dedicò alla principessa reale. Nelle belle arti possedeva un tatto, ed un gusto così delicato, che gli artisti medesimi si davan premura di consultarlo.

 

Santarelli, maestro della cappella del Papa a Roma e cappellano dell'ordine di Malta, ad una straordinaria abilità e consumata esperienza nella pratica della musica e del canto univa delle profonde cognizioni nella teoria e nell'istoria dell'arte. Nel 1764, pubblicò egli in Roma il suo trattato della musica di chiesa dalla sua prima origine sino a' nostri giorni, col titolo: Della musica del santuario, e della disciplina de' suoi cantori. Il secondo volume è del 1770. Egli comunicò anche al Dr. Burney in Roma un altro suo libro intitolato: Estratto di alcune notizie storiche appartenenti alla facoltà musicale, d'onde cavò l'inglese storico della musica l'origine de' primi eunuchi italiani. Ecco le proprie parole del Santarelli. “P. Girolamo da Perugia, prete della congregazione dell'oratorio fiorì nel sec. XVII. Fu eccellente cantore della parte di soprano, e fu il primo evirato che avesse luogo nella cappella pontificia, avendo fino allora servito la cappella in qualità di soprani i nazionali spagnuoli con voce di falsetto. Il prelodato padre fu ammesso tra' cantori pontificj nel 1601, e morì nel 1644.” Si vede da questa notizia, che non si esigevano allora da un prete tutte le qualità che gli sono necessarie oggigiorno, come l'erano nell'antica legge; e che non si era adottato ancora in Roma in tutto il suo rigore il divieto del Deuteronomio, cap. 33, v. 1. Santarelli è autore altresì di alcune Lettere su i compositori per chiesa, e sulla moderna musica sagra, che l'ab. Gerbert ha inserito nel 2º tomo della sua storia.

Sarro (Domenico), stimatissimo compositore in Napoli, e uno de' primi maestri a porre in musica i drammi di Metastasio: la sua Didone scritta pel teatro di Torino è del 1717. Quanz, che sentì una sua opera in Napoli nel 1725, afferma aver egli seguito la maniera di Vinci. In Alemagna levò gran grido la sua musica per chiesa. Sarro e Porpora furono i primi che si studiarono a semplificare l'armonia, e a ripulire la melodia.

Sarti (Giuseppe), nato a Faenza nel 1730, fu da prima maestro di cappella del conservatorio della Pietà a Venezia, che formò la sua gran riputazione nell'Italia. Alle sue composizioni davasi il nome di musica divina: tutti i teatri faceano a gara per avere sua musica, e a lui non bastava tempo per comporne. Nel 1782 fu scelto per esser maestro di cappella del Duomo di Milano, malgrado il concorso di molti altri gran maestri. Tra le sue opere quella che fece più strepito fu Giulio Sabino, ch'egli aveva composto nel 1781, pel teatro di Venezia; e che fu impressa a Vienna nel 1784. La sua celebrità giunse fino al nord. L'imperatrice delle Russie lo chiamò a Pietroburgo, dove egli pervenne nel marzo del 1785, e diè principio da un concerto spirituale composto di una musica di venerdì santo, e di alcuni salmi in lingua russa; fu essa eseguita da un'orchestra di 66 cantanti, e cento corni russi, oltre gli ordinarj strumenti da corda e da fiato. Tuttavia non essendosi creduto colà romoroso abbastanza quel concerto, aggiunse egli de' colpi di cannone a un Te Deum, che fece eseguire per la presa d'Okzakow. Questi cannoni di diverso calibro, situati nella piazza del castello, e servendo di basso a certi pezzi, formavano una musica assai bizzarra. Dopo la rappresentazione dell'Armida nel 1786, l'imperatrice gli diè in dono una superba scatola d'oro, e un anello di diamanti; il nominò direttore del conservatorio di musica, con l'onorario di 35mila rubbli, oltre l'alloggio, e altri 15mila rubbli d'indennità pei suoi viaggi, e lo innalzò al rango della prima nobiltà. Tra le sue numerose composizioni sono da rimarcarsi per chiesa un Confitebor a sei per soprani e contralti; un simile Dixit col Gloria a nove; un Miserere con viole violoncelli e contrabbassi. Pel teatro le Gelosie villane opera buffa su i teatri di Germania ebbe particolarmente gran successo: Giulio Sabino; Fra due litiganti il terzo gode, 1787 in Vienna; Armida e Rinaldo, 1786. Le seguenti opere si danno tuttora ne' teatri allemanni, l'Incognito, gli Accidenti non provisti, l'Ipocondrico. Deesi in oltre al Sarti il far rivivere lo stile e 'l gusto per le Cantate da camera (M. Ginguené Encycl. méthod). Egli ha posto in questo genere di musica le bellissime canzonette del Metastasio, e le ha espressamente composte per la voce de' Pacchiarotti, de' Marchesi, e de' Rubinelli. Si comprende facilmente qual esser dee la perfezione d'una musica da camera fatta da un simil maestro, ed eseguita da tai cantanti. Racconta il Carpani, che Sarti si vantava d'insegnare in poche lezioni a chiunque la maniera di comporre per basi numeriche; ma chi ne fece la prova non ne ottenne che la persuasione, che nel Sarti questo gioco altro non era che un facile mezzo per trarre di molto danaro dai grandi con poca fatica; ma che i suoi capi d'opera con tutt'altro venissero composti, che per via di fredde combinazioni aritmetiche (Lett. 3). Narra egli inoltre che nel comporre voleva una camera grande, vuota, ed oscura; funebremente rischiarata da una solitaria lampada appesa nel mezzo, e soltanto nella più alta notte, e nel più cupo silenzio trovava i pensieri musicali. Di questa fatta scrisse il Medonte, tessè il rondò mia speranza, e la più bella aria che si conosca, voglio dire, la dolce compagna (Lett. 13). Il tedesco Gerber mostra di non fare gran stima del genio di Sarti: si sa non per tanto che il cel. Haydn faceva il più gran caso di questo compositore, e sopra tutto del suo Giulio Sabino. In Italia godè Sarti della più alta celebrità, e le sue composizioni vengono ammirate per uno stile or energico, or tenero, e sempre ben adattato alle parole. Carpani lo chiama il Domenichino della musica, ed al pari del Paesiello, e dell'Haydn eccellentissimo nell'unire alla verità delle idee, all'unità del pensiero, alla convenienza dello sviluppo il pregio della naturalezza. Sarti morì a Pietroburgo nel 1802, in età di 74 anni.

Sarti, fratello del precedente, e per quanto ho inteso dire, fu dapprima gesuita. Venne quindi a stabilirsi in Pietroburgo, e divenne membro di quell'accademia delle scienze. Negli atti della medesima trovansi dei sperimenti, e delle osservazioni di Sarti sull'acustica, comunicate all'accademia li 19 ottobre 1796 (V. Nov. Act. Acad. Petropol., e Chladni Acoust. p. 7, 84, 253).

Saunders è autore di un'opera, che ha per titolo Treatise on theatres including some experiments on sound, London 1790 in 4º, cioè Trattato sui teatri contenente alcuni sperimenti intorno al suono. M. Chladni lo cita con elogio alla p. 302.

Sauveur (Joseph), professore di mattematiche a Parigi, e dell'Accademia delle scienze, gli si dee la gloria di aver fatto della teoria delle corde vibranti, e della sua applicazione alla musica, uno degl'importanti rami della fisica, e di averlo unito alla meccanica. Egli amava molto la musica, benchè non avesse avuta nè voce, nè orecchio, e cercò di trovar i mezzi di semplificarla mediante l'idea di uno stesso tuono generale e fisso per tutti i strumenti e tutte le orchestre del mondo. Il suo sistema generale de' suoni si trova nelle memorie della surriferita accademia. Aveva ancora proposto una maniera di scrivere la musica sopra una sola linea, ed inventato un cronometro. “Nuova lingua musicale più distesa, e più comoda; dice l' ab. Andres, nuovi caratteri, nuove regole, nuove divisioni de' suoni, nuovo sistema d'intervalli, ed in somma una nuova musica, o per dir meglio un'acustica, di cui la musica non è che una sola parte, sono i frutti delle sue speculazioni, e che voleva portare alla sua maturità e perfezione. Egli era in verità un fenomeno strano e maraviglioso, che il Sauveur, come dice il Fontenelle (dans l'eloge) non aveva voce, nè orecchio, e non ad altro pensava che alla musica, era ridotto a prendere in prestito la voce e l'orecchio altrui e ne rendeva in cambio dimostrazioni sconosciute a' musici, che gli prestavano quell'ajuto. Se il Sauveur avesse potuto condurre al bramato termine le divisate teorie, se la morte non l'avesse rapito nel corso delle sue meditazioni, sarebbe egli stato il Newton dell'acustica, e noi avremmo questa scienza ridotta alla perfezione dell'ottica. Or non di meno dobbiamo alla sua diligenza molte scoperte su varj accidenti della propagazione del suono, molte osservazioni su gli instromenti da corda e da fiato, e molte curiose ed utili cognizioni su varie parti della musica e dell'acustica.” (Dell'origine ec. t. 4). I trattati sulla musica di M. Sauveur sono tutti inseriti nella storia dell'Accademia, eccone i titoli: Principes d'acoustique et de musique, ou Système général des intervalles des sons et son application a tous les systèmes et instrumens de musique, 1701. Application des sons harmoniques à la composition des jeux d'orgues, 1702. Méthode général pour former les systèmes tempérés de musique et du choix de celui qu'on doit suivre, 1707. Table générale des systèmes tempérés de musique, 1711. Rapport des sons des cordes d'instrumens de musique aux flèches des cordes et nouvelle détermination des tons fixes, 1713. M. Sauveur morì nel 1716.

Say (Samuele), ecclesiastico di Londra, ivi morto nel 1745, si distinse per le sue virtù, e per le vaste sue cognizioni: era molto perito delle mattematiche, e buon letterato aveva sommo gusto per la musica e la poesia. Egli avea scritto alle preghiere di Richardson due Saggi sull'armonia, sulla varietà e 'l potere de' numeri, che furono pubblicati dopo la di lui morte in un volume in 4º, Londra 1749.

Scarlatti (cavalier Alessandro), nato in Napoli, fu allievo in Roma del Carissimi, maestro della cappella pontificia. Egli si rese cel. come compositore in tutti i generi: fu il primo che più contribuì a fissare e perfezionare nel contrappunto la chiarezza, l'espressione e le grazie, conservandovi sempre la nobiltà e semplicità convenevoli, onde dagli italiani veniva chiamato l'onor dell'arte, e il capo de' compositori. Fu egli altresì il primo a tentar di ritorre all'infanzia de' secoli la musica instrumentale. Prima di lui non si sentivano sui teatri d'Italia altre ouverture o sinfonie che quelle di Lulli: Scarlatti scosse il giogo, uscì in campo con ouverture di suo conio, e rispondendo il successo all'impresa, fu riputato un genio. Fu alla corte di Baviera, e in quella di Vienna dove scrisse delle opere italiane per que' teatri con esito felicissimo: venne poi in Roma e dopo aver molto composto pel teatro e per la chiesa, divenne cavaliere, e maestro di cappella della corte di Napoli, ove passò tranquillamente il resto de' suoi giorni, ed impiegò i suoi talenti a formare degli allievi degni di lui. Tra questi distinguonsi il Sassone, il Durante, ed altri rinomati maestri. Scarlatti, fu singolarmente il compositore più fecondo, e più originale di cantate per camera. Il suo genio era effettivamente creatore; alcune collezioni manoscritte, notate di sua mano con la data di ciascun pezzo, provano ch'egli ne componeva assai volte una per giorno. Ad eccezione di alcuni periodi, che hanno di già invecchiato, la sua cantilena ha nondimeno la freschezza della novità; e vi si riconosce la più parte de' motivi e de' tratti di melodia, di cui si sono serviti dopo di lui i migliori compositori de' primi 40, o 50 anni dello scorso secolo. Durante ne ha formati de' duetti; Sacchini se ne serviva per dare scuola di canto nel conservatorio di Venezia, ed al fine di ogni lezione, baciava rispettosamente il libro che le conteneva. Tutti i gran maestri hanno avuta sempre somma stima per lo Scarlatti. Hasse parlando di lui diceva, che in riguardo ad armonia egli era il più gran maestro dell'Italia; Jommelli riguardava la sua musica di chiesa come la migliore in questo genere: le sue messe sorpassano il numero di 200. Nel 1725 Quanz trovò Scarlatti in Napoli, che scriveva ancora per chiesa all'età di 75 anni, e che sonava molto bene di arpa. A Roma se gli attribuisce il merito di aver molto perfezionata la scuola di canto. A lui si deve altresì l'invenzione de' recitativi obbligati. Alessandro aveva una figlia per nome Flaminia, che cantava egregiamente: il cel. pittore Franc Solimena la ritrasse per amicizia frequentando la sua casa, insieme con suo padre al cembalo, con tal grazia ed evidenza involta in una veste da camera, che si mostra il di lei ritratto per maraviglioso a' forestieri. (V. Signorelli Coltura delle due Sicilie, t. 6).

 

Scarlatti (Domenico), figlio del precedente, nato in Italia nel 1683, fu mandato da suo padre a studiar musica in Roma sotto Francesco Gasparini compositore e cembalista assai celebre, di cui aveva alta opinione il vecchio Scarlatti. Domenico trovandosi in Venezia nel 1709, mentre eravi il cel. Hendel, restò così preso de' suoi talenti, che venne seco in Roma per godere più lungamente del piacere di sentirlo. Venne egli di poi chiamato alla corte di Madrid per dar lezioni di musica alla principessa dell'Asturie, che continuò ancora divenuta essa regina di Spagna. Compose e dedicò alla medesima le sue opere di sonate per cembalo che furono impresse a Venezia, e divenne cavalier di S. Giacomo. Egli viveva sino nel 1757, e brillava in quella corte come gran sonatore di cembalo e compositore insieme. Il Sassone, che lo aveva conosciuto in Napoli, ne parlava ancora cinquant'anni dopo con molto entusiasmo, ed ammirava sopra tutto la sua grande attitudine e l'abbondanza della sua immaginazione. Giuseppe Scarlatti suo figlio, nato in Napoli verso il 1718, passò la più gran parte di sua vita a Vienna, ove fu stimatissimo, sì come compositore, che pel suo talento straordinario nell'insegnare il cembalo. Differente dagli altri Scarlatti, il di lui stile si distingue per la sua facilità e grazia. Egli ha scritto la musica di più drammi italiani, e serj e burleschi, pel teatro di Vienna, ove morì nel 1776.

Scarmiglioni (Guido Ant.), di Foligno, professore di filosofia e medicina in Vienna, morì nella sua patria nel 1620. La sua dissertazione De sonis gli dà il dritto di essere compreso nel numero degli autori di musica.

Scheibe (Giov. Adolfo), figlio di un cel. costruttore di organi a Lipsia, sino dall'età di 9 anni si diè allo studio della musica, senza tralasciare in seguito di coltivare le altre scienze. Ad una grande abilità sul cembalo e l'organo unì egli lo studio degli autori di teoria musicale, e delle antiche partizioni, aspirando ad un posto di organista o di compositore; ma non avendo potuto nè l'un, nè l'altro ottenere, cercò di far fortuna almeno come autore. Cominciò a pubblicar dunque il suo Musico-critico, opera periodica, di cui dava un foglio per settimana. Mitzler e Schroeter gli suscitarono delle dispute per aver sostenuto, che le matematiche erano assolutamente inutili nell'arte della composizione. Alcun tempo dopo ottenne egli il posto di maestro di cappella del re di Danimarca, e nel 1745, pubblicò a Lipsia la seconda edizione in 4 vol. accresciuta di tutte le quistioni, che gli era stato d'uopo discutere. Vi si trovano in essa alcune nuove dissertazioni, del Recitativo; dell'Origine progresso e natura del moderno gusto in musica; la Critica di Mitzler con la sua risposta e note; Progetto d'una divisione della musica, ec. L'arrivo di Sarti a Coppenague fe' perdere a Scheibe in gran parte la sua riputazione come compositore. La musica leggiera e brillante di Sarti dovea necessariamente far cadere il genere grave, e pesante di Scheibe, e finì con perdere il suo posto, conservando nondimeno sino alla morte una pensione di 400 scudi. Poco prima di morire intraprese egli ancora un'opera sulla composizione musicale, che doveva contenere quattro volumi in 4º, ma egli morì immediatamente dopo la pubblicazione del primo, a Coppenague nel 1776, di 68 anni. Le altre opere di costui sono: Degli intervalli e generi in musica, Amburgo 1729, Sull'antichità e l'origine della musica, principalmente della vocale, Lipsia 1754, Sulla Composizione in musica, 1 vol. contenente la teoria della melodia e dell'armonia, Lipsia 1773, in 8º. La chiarezza e la profondità sono gli ordinarj pregi delle opere di Scheibe.

Schlick (Rodolfo) è autore di un'opera latina impressa a Spira nel 1588 col titolo: Dell'origine, cultura ed importanza della musica, di cui fa menzione Christ. Aug. Heumann alla p. 270 del suo Prospetto di storia letteraria (Hannover 1746).

Schmidt (Tobia), di Nassau, è l'inventore del piano-harmonica. Quest'instromento è composto d'un piano-forte, che occupa un'estremità, e dall'altra di un'harmonica ad arco doppio e continuo, i di cui tasti sono i medesimi, che quei del cembalo: esso fila tutti i suoni a piacere, secondo la maggiore o minor pressione che riceve la tastiera. Mediante la continuità del movimento dell'arco, imita perfettamente il violino, la viola, il contrabbasso e l'organo. Il suo meccanismo è semplicissimo; gli effetti vengono espressi senza confondersi, e permettono ad un abile suonatore di disporne a suo arbitrio. La tastiera ha tutta l'arrendevolezza, che esige una mano avvezza a' più leggieri piano-forti (V. Annuaire de l'industrie française, 1811, et Archive des découvert. t. 2, 1810).

Schott (Gaspare), gesuita alemanno, fu per più anni professore di mattematica nel collegio di Palermo, e quindi a Wirzburgo, ove morì nel 1666. Il nono libro del suo Organum mathematicum pubblicato dai gesuiti dopo la di lui morte nel 1668, tratta della composizione musicale ne' due primi capitoli: nel terzo della definizione e divisione della musica, de' suoni, degli intervalli, e de' sistemi e generi musicali; nel 4º Della musica de' latini, e la moderna; nel 5º Di quel che si richiede per l'una e l'altra; ne' cap. 6 e 7 Della melopea, e sue regole; ne' cap. 8 e 9 Della composizione pratica del contrappunto. Si trova altresì la maniera di costruire molti stromenti automati di musica nella sua Mechanica hydraulico-Pneumatica par. 3.

Schroeter (Cristoforo) fu allievo a Dresda del maestro di cappella Schmidt, e dell'italiano Lotti, che quivi era venuto a scrivere per teatro. Schroeter veniva da costui impiegato a mattere in bello le sue partizioni, e a supplirvi le voci intermedie che aveva omesse. Dopo aver viaggiato per la Germania, l'Olanda e l'Inghilterra, si rese a Jena per istudiarvi più a fondo le belle-lettere. Ben presto essendosi fatto conoscere assai profondo nella musica, gli studenti di quell'università lo impegnarono a dar corso pubblico della teoria e pratica di quest'arte. Egli aderì al loro invito facendo uso della Teoria matematica della musica e della composizione di Mattheson. Dopo alcun tempo egli ottenne il posto di maestro di musica della chiesa principale di Nordhausen, dove terminò i suol giorni assai vecchio nel 1782. Le sue profonde ed estese cognizioni, e 'l zelo con cui si applicò alla sua arte, avrebbero meritato una miglior fortuna. Un monocordo, ch'eragli stato dato da Beguisch in Dresda diegli occasione di far delle dotte ricerche su questo strumento, e i suoi calcoli di musica, di cui fè uso allorchè divenne membro della Società musicale di Mitzler. L'accordo de' clavicembali, e le riparazioni ch'era uso a fare sui medesimi, gli diedero l'agio d'inventare il forte-piano, benchè non avesse avuto nemmeno l'onore di esserne riconosciuto come il primo inventore. Egli si è reso più celebre come autore di opere teoriche: eccone i titoli: Esame del Musico critico di Scheibe, t. 2, 1746, 1754. Il numero e i rapporti degli intervalli in musica, 1752. Esame del sistema degli intervalli di Telemann, 1753. Riflessioni sulla disputa cominciata da Sorge contro le idee di Marpurg, sulla derivazione de' temi armonici, 1763. Descrizione esatta d'un cembalo nuovamente inventato, e sul quale può suonarsi a piacere il forte ed il piano, con rami 1763. Istruzione sul basso continuo, Halbesstadt 1772. Hiller riguarda quest'opera come la più importante tra quelle di Schroeter. Le mie ultime occupazioni in musica con sei piani di temperamento ec. 1783. Egli ha scritto altresì la sua Biografia, e la Storia dell'armonia, nella quale fa molte ricerche sull'epoca, il luogo, da che, e in quale occasione l'armonia è stata arricchita di un nuovo intervallo o di un accordo sino allora incognito. Nulla diremo delle sue composizioni, perchè non sono conosciute in Italia.