Quasi morta

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CAPITOLO CINQUE

Cassie non riusciva a comprendere come mai il lavoro come ragazza alla pari non fosse più disponibile, dato che era stato appena pubblicizzato. Era un po’ dispiaciuta che quell’opportunità di lavoro fosse già sfumata prima di riuscire a fare un colloquio.

Ora non aveva idea di cosa fare. Era tentata di salire in macchina e guidare una o due ore in una direzione a caso, sperando in qualche modo di avvicinarsi a sua sorella o persino, miracolosamente,  di arrivare nella stessa città.

Cassie sapeva che in quel Paese così popolato, tempestato di paesi e villaggi di tutte le dimensioni, ciò non era solo improbabile, ma impossibile.

Aprì il baule, frugò nella propria valigia, ed estrasse le pillole che aveva saltato la notte precedente, più la sua dose mattutina.

Poi, seduta in auto, le assunse e telefonò alla sua amica Jess.

Cassie aveva trascorso una settimana di vacanza con Jess tra Natale e Capodanno. I datori di lavoro di Jess le avevano dato qualche giorno libero e dei soldi per viaggiare, e lei aveva invitato Cassie ad accompagnarla a Edimburgo.

Jess aveva pagato per l’alloggio, e Cassie aveva guidato. Avevano affittato un appartamento in periferia, trascorso le giornate a girare per la città, e le serate a far festa. In quel periodo, avevano avuto modo di chiacchierare, perciò Jess sapeva bene ciò che Cassie aveva passato, e la sconvolgente verità in merito ai suoi ultimi due lavori.

“Ehi, straniera!” Jess rispose quasi subito. “Hai trovato tua sorella?”

“Non ancora. Ho trovato qualcuno che le ha parlato di recente. Ha detto che stava in un paese ad un’ora o due da Milano, ma non riusciva a ricordarne il nome”.

“Oh, no”. Jess pareva inorridita. “È come – così vicino, ma così lontano. Ora che farai?”

“Voglio provare a restare qui per qualche settimana, perché il ragazzo mi ha detto che se dovesse ricordarsi, mi farà sapere. Ho chiamato per un lavoro come ragazza alla pari, ma è già stato assegnato. Conosci qualcuno a Milano o in Italia, che potrebbe aver bisogno di aiuto?”

Cassie rispettava molto la capacità che Jess aveva di crearsi degli agganci. Era stato grazie a lei che aveva ottenuto il suo ultimo lavoro, anche se poi non era andato a finire bene; ed era sempre grazie alle conoscenze di Jess che erano riuscite ad affittare il loro appartamento per le vacanze ad un prezzo modesto.

“A Milano?” Jess suonò pensosa.

“Oppure ovunque nei dintorni”, le ricordò Cassie, sperando di ampliare la rete.

Jess sospirò.

Non così su due piedi. Milano è nel nord dell’Italia, vero?”

“Sì”.

“Perciò anche qualcosa in Svizzera, o nel sud della Germania andrebbe bene, giusto? Non credo tu voglia tornare in Francia al momento”.

O mai più, pensò Cassie.

“Preferirei restare lontano dalla Francia”.

“Lasciami chiedere. Stanno andando tutti a sciare al momento e i miei datori di lavoro conoscono alcune persone che hanno un resort sciistico. Potresti lavorare come donna delle pulizie nello chalet. La paga non è eccellente, ma puoi sciare gratis”.

“Chiediglielo, per favore”, disse Cassie.

“Nel frattempo, assilla il ragazzo che ha parlato con tua sorella”, le consigliò Jess. “Non essere timida. Digli di sedersi con una mappa di fronte e guardare il nome di tutti i paesi finché non gli torna in mente quello giusto”.

Jess rise, e Cassie si ritrovò a ridere insieme a lei.

“Devo scappare”, disse Jess. “Appuntamento dal dentista. Per i bambini, non per me. Ci sentiamo, Cassie, in bocca al lupo!”

Non appena Cassie riagganciò, il suo telefono squillò di nuovo. Era Abigail, la donna che le aveva risposto quando aveva chiamato per il lavoro come ragazza alla pari.

“Pronto, sto parlando per conto della Sig.ra Rossi. Prima ha chiamato per un lavoro, giusto?”

“Sì, esatto”.

“Per cortesia, può dirmi di che lavoro si trattava? Era quello da stilista junior, o era per il ruolo di ragazza alla pari?”

“Era per la ragazza alla pari”.

“Prego, resti un secondo in linea”.

La donna sembrava ansiosa, e Cassie potè udire una conversazione bisbigliata in sottofondo.

Pochi attimi dopo, parlò di nuovo.

“Mi perdoni. La prego di accettare le mie scure. Non sapevo del lavoro come ragazza alla pari. La Sig.ra Rossi mi ha confermato che questa posizione è ancora disponibile, e che è quella dello stilista che è stata chiusa. Mi ha detto di chiederle se è ancora interessata”.

“Sì. Sì, lo sono”.

“La Sig.ra Rossi sarà disponibile per dei colloqui oggi pomeriggio a casa sua, dalle 14.30 in poi. Il primo candidato che avrà successo verrà assunto, e dovrà iniziare immediatamente. Posso mandarle un messaggio con l’indirizzo?”

“Certo”, disse Cassie, sentendosi nuovamente preoccupata. Sembrava che avrebbe dovuto decidere su due piedi se il lavoro fosse giusto per lei o meno. Si chiese come fossero le bimbe, e il solo pensiero le fece venire la nausea per il nervosismo.

Decise che non avrebbe potuto accettare il lavoro senza conoscere le bambine. Erano loro le persone con cui avrebbe dovuto trascorrere le giornate. La madre sembrava una donna abbiente, e nonostante la sua poca esperienza, pensava che i bambini fossero viziati o trascurati.

Quando il telefono vibrò nuovamente, e Cassie ricevette le indicazioni, decise di recarsi immediatamente sul posto.

Dopo tutto, se non fosse stata la prima in fila, non ci sarebbe stata alcuna decisione da prendere.

*

Cassie raggiunse il quartiere prima di mezzogiorno. Le vie erano tranquille e tenute perfettamente, con grosse ville poste a distanza dalla strada, circondate da giardini alberati. Cassie pensò che in estate, quando gli alberi erano ricoperti di foglie, le case sarebbero state invisibili dalla strada.

Fu sorpresa nel notare la quantità di sicurezza che vide. Tutte le case avevano una staccionata o un muro, con alti cancelli automatici. Cassie non era certa se ciò fosse dovuto al fatto che i ricchi danno valore a privacy e sicurezza, o se quella zona benestante avesse un problema di criminalità. Ritenne che probabilmente era la prima delle due.

Guidando per le vie con la sua piccola vecchia utilitaria, Cassie notò che alcune persone del luogo la spiavano sospettosamente dalle loro colorate macchine sportive e dagli scuri SUV. Lei e la sua auto sembravano fuori luogo in quella zona, e gli abitanti stavano iniziando a notarla.

Pochi incroci più in là, Cassie trovò un bar. Era troppo nervosa per essere affamata, ma si obbligò a mangiare un cornetto e bere una bottiglietta d’acqua.

Ricordandosi che questa donna ovviamente lavorava nel mondo della moda, e che il quartiere era molto benestante, Cassie era desiderosa di dare una buona impressione. Andò in bagno, si lisciò i capelli e controllò di non avere briciole sulla maglia, dopo aver mangiato la pasta sfoglia ripiena di mascarpone.

Poi si diresse verso la casa e si fermò davanti al cancello in ferro battuto lavorato, esattamente due minuti prima delle due.

Stava tremando per la tensione, e sperava di poter essere più sicura delle sua capacità di decidere se il lavoro fosse giusto per lei. Avrebbe dovuto prendere una decisione su due piedi. Ci sarebbero state molte variabili da tenere in considerazione, e se lei si fosse lasciata sfuggire quelle importanti?

Le sembrava che anche il solo pensare di fare la ragazza alla pari fosse un gigantesco salto nel buio, dopo le esperienze che aveva avuto. Se non fosse stata tanto disperata di rimanere in zona e scoprire cosa fosse successo a Jacqui, non l’avrebbe neanche preso in considerazione.

Sforzandosi di respirare profondamente e rimanere calma, Cassie si sporse dal finestrino e premette il citofono.

Dopo una breve pausa, il cancello si aprì e lei si diresse lungo il vialetto che attraversava il giardino.

Parcheggiò sotto un ulivo accanto a un garage triplo, incoraggiata nel notare che non vi fossero altre auto parcheggiate. Sperava che ciò volesse dire che era la prima candidata ad essere arrivata.

Cassie camminò lungo il sentiero verso l’enorme porta di legno. Suonò il campanello e lo sentì in lontananza nella casa.

Si aspettava che alla porta avrebbe risposto la governante, o un’assistente, ma pochi momenti dopo Cassie udì il ticchettio di tacchi alti sul pavimento, e la porta fu aperta da una donna sulla quarantina, con un’inequivocabile aria di autorevolezza.

Era alta almeno mezza testa più di Cassie, ma gran parte dell’altezza era donata da un favoloso paio di stivali di pelle blu con alti tacchi ricurvi. I capelli scuri erano acconciati ad arte e le cadevano ondulati sulle spalle. Quando spalancò la porta, una pesante collana d’oro le brillava al collo, e braccialetti d’oro le tintinnavano sulle braccia.

“Buongiorno”, disse. Anche la sua voce, aveva un suono autoritario. “Devi essere qui per il colloquio come ragazza alla pari?”

“Buon pomeriggio. Sì, esatto. Mi chiamo Cassie Vale. Sono in anticipo, lo so. La signora con cui ho parlato ha detto alle due e mezza, ma ero preoccupata di arrivare tardi”.

Cosciente del fatto di star blaterando nervosamente, Cassie chiuse la bocca di fretta.

Ma la donna parve apprezzare la sua gestione del tempo. La bocca dal rossetto perfetto si curvò in un sorriso.

“Puntualità è cortesia. Io insisto su di essa, per me stessa e chiunque lavori con me. Perciò ti ringrazio per la gentilezza. Sono Ottavia Rossi. Prego, entra”.

Sopraffatta all’idea di aver già fatto una buona impressione, soprattutto dato che trovava la donna intimidente, Cassie la seguì.

Camminando nello spazioso ingresso, Cassie notò un certo numero di colorati pezzi d’arte in esposizione. I dipinti luminosi, i vasi e i tappeti colorati spiccavano e facevano sembrare la casa  una moderna ma accogliente galleria d’arte.

 

Di fronte a lei, vi era un’alta scalinata in marmo bianco, che portava ai piani superiori.

L’attenzione di Cassie fu attirata da un modello ad altezza bacino di un paio di décolleté rosse poste su un piedistallo a destra della scalinata. Il modello era arditamente delizioso.

La Sig.ra Rossi sorrise quando vide la direzione dello sguardo di Cassie.

“Quello è il nostro modello ‘Nina’, che ha portato Rossi Shoes al successo internazionale negli anni Settanta. Il modello era decenni avanti e per quanto riguarda il colore, la gente ne fu scioccata – ma non troppo scandalizzata per comprarlo”.

“È bellissimo”, disse Cassie.

Intuì che Ottavia Rossi doveva essere la proprietaria di questa azienda internazionale che, se era già operativa negli anni Settanta, era probabilmente un’attività familiare consolidata.

La Sig.ra Rossi la condusse attorno alla scalinata e lungo un corridoio. Allungando il collo, Cassie notò degli archi che portavano in un moderno salotto, e una cucina luccicante in cui c’era un cuoco al lavoro.

Più giù lungo il corridoio vi era una porta chiusa. La signora la aprì e fece entrare Cassie di corsa.

Quello spazio elegante era lo studio della Sig.ra Rossi. Si sedette al curvo tavolo bianco, e indicò a Cassie di sedersi dal lato opposto.

Cassie improvvisamente si rese conto di essersi presentata a mani vuote. Non aveva preparato un curriculum, e nemmeno stampato i dettagli delle sue informazioni personali, né fatto una copia del passaporto o della patente. Questa era una donna d’affari e sicuramente si aspettava qualcosa del genere. Cassie si sentì inorridita per il fatto di essersene dimenticata.

“Mi spiace”, iniziò. “Sono appena arrivata in Italia e non ho ancora aggiornato il mio curriculum. Questa offerta di lavoro è stata così inaspettata che sono venuta qui di corsa per vedere di cosa si tratta”.

Con suo enorme sollievo, la Sig.ra Rossi annuì.

“Capisco. Io stessa ho viaggiato molto, poco dopo i vent’anni – sembra che tu abbia quell’età ora, se non mi sbaglio?”

Cassie annuì. “Sì. Ho il mio passaporto con me, se vuole dare un’occhiata”.

“Grazie”.

La Sig.ra Rossi prese il documento e ne sfogliò le pagine brevemente prima di restituirlo a Cassie.

“Ora, potresti farmi un breve riassunto delle tue esperienze lavorative”, disse.

Sentendo queste parola, Cassie si sentì male, perché si rese conto di non poter dare alcuna referenza per i lavori che dichiarava di aver svolto da quando era arrivata in Europa. Il suo primo datore di lavoro era coinvolto in un processo per omicidio e non avrebbe avuto nulla di buono da dire nei suoi riguardi – a dire il vero, Cassie era certa che avrebbe immediatamente cercato di darle la colpa, e insistere di essere stato accusato ingiustamente.

Il suo secondo datore di lavoro era morto, ucciso mentre Cassie era una sua dipendente. Nessuno in quella famiglia poteva farle da referente. Non era solo un disastro, era una catastrofe.

CAPITOLO SEI

Cassie rimase seduta in silenzio, con la mente che correva a mille all’ora. Sapeva che la Sig.ra Rossi stava attendendo che parlasse, e che la sua esitazione avrebbe fatto sorgere delle domande, ma non aveva idea di cosa dire.

La parola “omicidio” sarebbe stata sufficiente per scoraggiare qualunque datore di lavoro. Indipendentemente dalle circostanze, avrebbero deciso che non ne valeva la pena.

Cassie non poteva biasimarli. Stava cominciando a chiedersi se non fosse lei stessa ad attirare la cattiva sorte – o se le sue decisioni avessero causato quegli incidenti.

La sua unica possibilità era quella di sorvolare sulle sue recenti esperienze, e concentrarsi sul lavoro che aveva svolto negli Stati Uniti.

Si schiarì la voce e iniziò a parlare.

“Ho lasciato casa quando avevo sedici anni, e ho frequentato il college, lavorando perlopiù come cameriera”, disse.

Non spiegò le ragioni per cui se ne era andata, ma sperò che l’essere indipendente e autosufficiente funzionasse a suo favore agli occhi della Sig.ra Rossi. Con suo sollievo, l’imprenditrice annuì in approvazione.

“Durante quel periodo ho dato lezioni, aiutato ragazzini coi compiti, e per un breve periodo ho lavorato in un asilo nido, come sostituzione maternità. Sono stata autorizzata e ho tutti permessi per lavorare, che le posso mostrare sul mio telefono. Ho anche delle referenze dal ristorante dove ho lavorato per due anni, in cui dicono che sono una persona affidabile e una gran lavoratrice, che fa di tutto per rendere i clienti felici”.

Fortunatamente, quei documenti avevano fatto parte della sua prima candidatura come ragazza alla pari, e aveva delle copie salvate in rete. Anche se il lavoro al ristorante non era rilevante, era la sua unica vera referenza.

“Eccellente”, disse la Sig.ra Rossi.

“Da quando sono in Europa ho viaggiato un po’. Ho cominciato come ragazza alla pari per una famiglia a Parigi. I bambini si sono trasferiti nel sud della Francia, perciò io ho trascorso del tempo nel Regno Unito a dicembre”.

Cassie si sentì il volto in fiamme. La sua storia era piena di buchi. Se la Sig.ra Rossi le avesse fatto delle domande, avrebbe scoperto velocemente che Cassie non aveva detto tutta la verità. Ma, con sua sorpresa, l’imprenditrice parve soddisfatta, e fu il suo turno di parlare.

“Ti darò alcune informazioni sulla mia situazione. Ho divorziato qualche mese fa, e sebbene io sia stata in grado di lavorare da casa per un po’, il lavoro è diventato molto più impegnativo ora. Ci stiamo espandendo in nuovi mercati, e stiamo acquisendo nuovi marchi. Era una crescita già in programma, ovviamente, ma sta succedendo più velocemente del previsto. Mia madre si trasferirà qui per occuparsi dei bambini, ma le serve tempo per prepararsi e fare le valigie. Perciò avrò bisogno di te per tre mesi. Vivrai qui, ovviamente. Le bambine sono molto educate, e abbiamo un cuoco e un autista, quindi non dovrebbe essere una responsabilità troppo gravosa”.

Cassie deglutì.

“Come sono le bambine? Può dirmi qualcosa in più di loro, per favore?”

“Due bambine, di otto e nove anni. Nina è la più grande, e Venetia la piccola. Sono molto educate”.

Dato che la Sig.ra Rossi non sembrava avere molto da dire sulle figlie, Cassie raccolse il coraggio per chiedere.

“Potrei conoscerle, magari? Vedere se andiamo d’accordo, prima di decidere?”

Non aveva idea se la Sig.ra Rossi potesse trovare questa richiesta scortese, visto che aveva garantito per il loro comportamento.

La donna annuì.

“Certamente. Saranno tornate da scuola ormai. Seguimi”.

Si alzò ed uscì dalla stanza, con Cassie che la seguiva di corsa.

Cassie fu colpita dall’aria autorevole di questa donna. Se ciò era quel che serviva per dirigere una multinazionale di successo, non riusciva neanche a immaginare se stessa fare lo stesso. Neanche in un milione di anni. Non era una persona di quel calibro e non aveva la stessa presenza autoritaria.

Per fortuna sentì di piacere alla Sig.ra Rossi. In ogni caso, la donna non sembrava provare un implicito disprezzo nei suoi confronti, cosa che invece Cassie aveva provato con i suoi datori di lavoro francesi.

Si diressero verso le scale di marmo e al piano di sopra. La casa era costruita a forma di ferro di cavallo, con due ali principali. Le camere dei bambini erano al piano di sopra, sul lato destro.

Il ticchettio dei tacchi di Ottavia Rossi sul pavimento piastrellato era talmente alto da informare le bambine del suo arrivo, e Cassie fu impressionata nel vedere le due bimbe dai capelli scuri uscire dalle loro stanze e posizionarsi fianco a fianco, in attesa, mentre loro si avvicinavano.

Indossavano due abiti eleganti a maniche lunghe, che parevano essere identici, ad eccezione del colore – uno era giallo, l’altro blu. I loro mocassini dai colori accesi portarono Cassie a domandarsi se Rossi Shoes avesse anche una linea per bambini, e in caso, se questi ne facessero parte.

“Bambine, vorrei presentarvi Cassie”, disse la Sig.ra Rossi. “È qui per un colloquio, e potrebbe prendersi cura di voi nelle prossime settimane. Vi va di salutarla e rispondere a qualche domanda?”

“Buon pomeriggio, piacere di conoscerti”, dissero le bimbe in coro, e Cassie fu sorpresa nel sentire che il loro accento inglese era perfetto.

La ragazzina più alta fece un passo in avanti.

“Sono Nina”.

Tese una mano e Cassie la strinse, sorpresa dalla formalità del saluto.

“Io sono Venetia”, disse la più piccola.

Cassie strinse la sua piccola mano calda. Anche se la situazione pareva abbastanza imbarazzante, e stare in piedi in modo formale in corridoio non era il modo ideale per chiacchierare e rilassarsi, Cassie sapeva di dover dimostrare di essere una persona amichevole e piacevole.

Sorrise alle bambine.

“Avete dei bellissimi nomi”.

“Grazie”, disse Nina.

“Siete andate a scuola oggi?”

Venetia sembrava voler rispondere.

“Sì. Di pomeriggio facciamo i compiti. È quello che stiamo facendo ora”.

“Wow, siete davvero delle brave bimbe. Qual è la vostra materia preferita a scuola?”

Le due bambine si scambiarono uno sguardo.

“Inglese”, si offrì volontaria Nina.

Venetia fece una pausa.

“A me piace la matematica”.

Cassie fu meravigliata. Certamente, questi erano gli ingredienti per il successo – disciplina e amore per lo studio, sin dalla tenera età. Poteva già vedere che queste ragazze stavano seguendo i passi materni e riusciva già ad immaginarsi il sentiero dorato che costituiva il loro futuro.

Intuì che queste ragazze avrebbero avuto opportunità che lei non era neanche mai stata in grado di immaginare. Per un momento, Cassie si chiese come potesse essere nascere con un amore innato per lo studio, ed essere l’erede di un impero della moda.

“E per quanto riguarda le vostre attività? Cosa vi piace fare fuori da scuola?”

Le ragazze si scambiarono di nuovo un’occhiata.

“A me piacciono le lezioni di canto”, disse Nina.

“A me piace andare a cavallo. Abbiamo lezione la domenica”, aggiunse Venetia.

“Sembra meraviglioso”, disse Cassie, ed ebbe una più ampia impressione delle loro vite. Non solo queste ragazzine erano determinate, motivate, e portate per gli studi, ma avevano la possibilità di fare attività che Cassie aveva sempre solo sognato di potersi permettere.

Si rese conto che questa famiglia, nella casa moderna ma graziosa, era simile a quelle di cui lei aveva letto nelle riviste patinate dal parrucchiere. Erano l’elite della società, e l’idea di essere associata a loro era eccitante e intenso.

L’unica pecca nella loro vita perfetta doveva essere stato il divorzio, e Cassie si chiese come fosse il marito della Sig.ra Rossi. Presumibilmente, dato che l’impero Rossi era proprietà del suo lato della famiglia, o lei aveva ripreso il nome da nubile dopo il divorzio, o non aveva mai usato il nome del marito. Cassie si chiese se le bambine fossero rimaste traumatizzate dal divorzio, e se passavano del tempo col padre. Queste erano tutte domande che doveva porre alla sig.ra Rossi, o anche direttamente alle bimbe, ma non in quel momento.

Con sorpresa, Cassie si rese conto di star guardando avanti, come se nella sua mente avesse già deciso di accettare il lavoro.

Le bambine la stavano osservando con ansia. Non si erano mosse dalla loro posizione. Era come se stessero aspettando il suo permesso per andarsene, e Cassie fu nuovamente impressionata dal loro autocontrollo.

“Grazie mille per aver parlato con me”, disse. “È stato un piacere conoscervi. Dovete continuare a fare i compiti ora?”

“Andate, bambine”, disse la sig.ra Rossi, e le due sparirono nelle loro stanze.

Mentre tornava indietro lungo il corridoio, Cassie non potè fare a meno di lodarle.

“Sono fantastiche. Non ho mai conosciuto bambini piccoli così obbedienti e disciplinati. E con un tale amore per lo studio, anche, deve essere molto fiera di loro”.

La sig.ra Rossi parve compiaciuta mentre rispose.

“Sono dei lavori in corso, come credo ogni bambino”, rispose. “Dovranno ereditare l'azienda un giorno, perciò sto cercando di inculcare in loro i giusti valori”.

Scesero l’alta scalinata e tornarono nello studio.

“Perciò, ora che hai conosciuto la famiglia, ti parlerò della posizione”, disse. “Sei la prima ad arrivare – dopo la confusione che ha fatto Abigail col lavoro, non siamo riusciti a contattare molti altri candidati. Sembri in gamba, e le bambine sembrano interagire bene con te. Se vuoi il lavoro, sono disposta ad offrirtelo. Ti verrà richiesto di trascorrere tempo con loro dopo scuola e alla domenica. La scuola va dalle otto all’una e mezza, a meno che non abbiano attività pomeridiane”.

 

Cassie fece un respiro profondo. Si sentì orgogliosa per il fatto che la sig.ra Rossi la ritenesse una persona di un calibro abbastanza elevato per potersi prendere cura delle sue figlie eccezionali. Non le aveva neanche chiesto un numero di telefono per controllare le sue referenze.

“Credo che ogni opportunità apra delle porte”, continuò la sig.ra Rossi. “Se ti dimostrerai capace in questa posizione, potrebbero esserci altre possibilità nel tuo futuro. Abbiamo posizioni di tirocinio che si aprono regolarmente, perciò se dopo il termine di questo incarico vorrai rimanere in Italia per altro tempo, e lavorare nel campo della moda, probabilmente si potrà fare”.

Cassie sentì un tuffo al cuore. Si trattava di più di un lavoro temporaneo. Poteva persino diventare una futura carriera, e un modo per migliorare le sue possibilità di trovare e ricongiungersi con Jacqui.

Immaginò se stessa e la sorella, entrambe con lavori di successo nell’industria della moda, affittare un fantastico appartamento in un quartiere suggestivo e lussuoso. Alla sera, avrebbero potuto chiacchierare delle loro giornate lavorative e fare a turno per cucinare, prima di andare in centro a ballare e divertirsi.

Più Cassie ci pensava, e più era contenta che le si fosse presentato questo incarico. Dato che si trattava molto più di un semplice lavoro come ragazza alla pari, non poteva certo rifiutare. Doveva metterci anima e cuore, e assicurarsi di svolgere il lavoro al meglio, perché rappresentava un’opportunità che avrebbe potuto cambiarle la vita.

“Un tirocinio sembra stupendo ed è qualcosa che mi piacerebbe fare in futuro. Sarei felice di accettare la posizione come ragazza alla pari per ora. Grazie per avermela offerta”, disse.

La sig.ra Rossi le fece un piccolo sorriso.

“In questo caso, sei assunta. Hai con te le tue cose?”

“Sono nella mia macchina”,

“Una delle domestiche ti aiuterà a portare tutto nella tua stanza. Stasera, io e le bambine andiamo a far visita a mia madre, perciò mangeremo da lei. È la serata libera della cuoca, ma abbiamo a disposizione un servizio di consegna a domicilio. Ci sono i menù nel cassetto della cucina. Ordina ciò che preferisci e chiama dalla linea fissa. Consegnano in mezz’ora, e lo aggiungeranno al nostro conto”.

“Grazie”, disse Cassie.

La donna si sporse in avanti, e Cassie si ritrovò a fare lo stesso.

“Ti prego di non lasciar entrare nessuno in casa a meno che tu non abbia avuto conferma della loro identità. Viviamo in un quartiere ricco, ma sfortunatamente la criminalità è ovunque. Siamo stati obiettivo di ladri e scassinatori in passato. Con due bambine piccole, rapimento e traffico di minori sono sempre una minaccia, perciò devo stare all’erta. A meno che tu non stia aspettando una consegna, non lasciare entrare sconosciuti. Capito?”

Cassie annuì, sentendosi nervosa al pensiero che i bambini potessero essere l’obiettivo di qualcuno. Grazie alla sua recente esperienza in centro a Milano, sapeva che questo genere di crimini sono un rischio reale.

“Capisco. Starò molto attenta”, disse.

“Bene. Ci vediamo domani”, confermò la sig.ra Rossi.

Sollevò il ricevitore di un interfono, premette un pulsante, e parlò brevemente e rapidamente in italiano prima di posarlo nuovamente.

“La domestica sta arrivando”, disse a Cassie.

In quel momento, il telefono della sig.ra Rossi squillò.

“Ciao”, rispose, sembrando impaziente.

Rendendosi conto che sarebbe stato scortese ascoltare la conversazione, Cassie si alzò di fretta e si diresse verso la porta, per attendere la domestica all’esterno.

Uscendo dalla stanza, sentì la sig.ra Rossi dire duramente, “Abigail?”

Cassie ricordò che quello era il nome della donna che per errore le aveva detto che il lavoro come ragazza alla pari non era più disponibile.

Ci fu una pausa e poi Cassie la udì parlare di nuovo, con voce alta ed arrabbiata.

“Hai fatto un casino, Abigail. Non è accettabile, e neanche lo sono le tue scuse. Non venire a lavorare domani. Sei licenziata!”