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Della scienza militare

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La legislazione provvisoriamente data alla Francia nel periodo rivoluzionario ha il carattere assoluto di voler creare una novella societá, piuttosto che di conformarsi alla natura e ai bisogni della esistente. Nell'epoca che succedette a questa, in cui il potere si concentrò nel consolato, ebbero origine la centralizzazione amministrativa ed il codice civile, il quale mentre altro non era che l'opera di Giustiniano sceverata di quanto non era piú né utile né praticabile, riconosceva però le trasformazioni che i secoli avean prodotte nella societá moderna, distinguendo questa dall'antichitá e dal medio evo; per cui in una societá dove tutte le classificazioni eransi fuse, sottopose alla legge comune tutti indistintamente, vale a dire ristabilí il dritto romano meno la schiavitú, il dritto feudale e quella parte del dritto canonico che aveva retto la societá quando le leggi non erano create. Anche il codice criminale riprese nella procedura e nella pubblicitá le consuetudini romane ch'erano anche quelle de' barbari. Basta quindi osservare l'esposizione del nuovo dritto per vedervi, come il Portalis cerca di fare, riconosciuta in legislazione l'importanza della bontá relativa ch'era stata negletta per l'addietro; e questa coincidenza delle nuove leggi con lo stato sociale ha fatto sí ch'esse sieno rimaste in osservanza piú o meno compiutamente presso quegli Stati ove le vicende della guerra le avevan portate. Le istituzioni antiche conservaronsi nelle societá che non avevan subite delle scosse profonde, ma tutte le modificazioni successive e la giurisprudenza stessa furono lentamente adattate al movimento sociale di fusione che si operava insensibilmente. Uno sguardo gittato sulle varie disposizioni legislative delle potenze del nord basta per rinvenirvi il carattere ch'enunciammo, come per esempio l'emancipazione dei contadini in Prussia e l'abolizione della schiavitú in Livonia.

Le istituzioni letterarie, le quali sieguono la legislazione, trovano nella scuola normale stabilita in Francia la riunione di tutte le facoltá che han relazione colle scienze morali e con quelle che ne dipendono, e le lezioni di Garat, di Volney e di altri distinti professori offrono le dottrine del secolo decimottavo poste in lume ed in ordine e collegate fra loro. La classe delle scienze morali nell'Istituto vi corrispose pienamente, e la scuola normale era per le scienze morali ciò che la scuola politecnica era per le scienze fisico-matematiche. Corta vita ebbe la prima ma il suo metodo si è riprodotto in epoche posteriori, benché le dottrine ne fossero modificate. In effetto il Laromiguière nelle sue lezioni nel secondo periodo rimontò a Locke, come i pubblicisti erano rimontati a Montesquieu, avendo lo stesso fine, cioè di togliere alle dottrine politiche e filosofiche del decimottavo secolo ciò che avevano di assoluto e d'esclusivo. Condillac aveva tolto la «riflessione» dal sistema di Locke per la formazione delle idee, ed il Laromiguière la ristabilí sotto il nome di «attenzione». Il Royer Collard che succedette al Laromiguière nell'insegnamento del 1811, svolse la dottrina del Reid e degli scozzesi e si separò vie piú dalla dottrina del Condillac, da cui Maine de Biran si era separato e che conservava un chiaro rappresentante nel Tracy autore dell'Ideologia. La filosofia di Kant esposta dal Villers la dava a conoscere imperfettamente alla Francia, quando giá nel suo suolo la critica della ragion pura era stata seguita dal sistema dell'unitá assoluta di Fichte e da quello della natura di Schelling, ambedue aventi un marchio mistico che li caratterizzava, fatto conoscere da una donna celebre al mezzogiorno dell'Europa, ma il quale non modificava ancora la scienza sotto quell'aspetto. In Germania nelle universitá, costrette da tristi circostanze a limitarsi alle escogitazioni scientifiche, le scienze progredivano e si facevano giganteschi lavori sull'erudizione orientale e del medio evo. Sotto l'aspetto filosofico i nomi di Heeren, di Niebuhr, di Tenneman e di Schlegel si legano a questo vasto movimento intellettuale della Germania. Non cosí accadeva in Inghilterra, in Ispagna e in Italia, occupate piú attivamente dei movimenti del tempo; ma dapertutto lo spirito umano riceveva quella forte scossa che gli dovevano dare il bisogno e l'attitudine di porre a profitto e di coltivare tutto ciò che l'intelligenza umana aveva altrove prodotto, servendosi de' nuovi metodi d'insegnamento sparsi per ogni dove.

Gli autori ci serviranno di dimostrazione compiuta della veritá che ci siamo impegnati a provare. Sterile in autori fu l'epoca del periodo di azione in Francia. Alla pace poi comparvero in Inghilterra i trattati di legislazione del Bentham, il quale stabilendo l'utilitá come principio unico e generatore della bontá della legislazione, diede una forma scientifica alla dottrina dell'interesse preconizzata o richiamata a luce nel secolo decimottavo. Ma il sapiente autore era sotto una doppia azione, mentre col suo capitolo dell'influenza della legislazione sui luoghi ed i tempi e di questi sulla prima accettava e svolgeva con profonditá il principio della bontá relativa del Montesquieu, e lo faceva piú compiutamente nel suo trattato dei Sofismi politici ove combatteva la teoria della Costituente. Nei rapporti decennali dell'Istituto si scopre la stessa tendenza, particolarmente negli articoli «filosofia» e «legislazione» redatti dal Pastoret e dal Degerando. Era semplice e naturale che si volesse da alcuni rimontare alle dottrine anteriori a quelle che accusate erano di aver prodotto la rivoluzione: questa tendenza doveva avere gradazioni diverse che corrispondevano ai caratteri differenti dei loro organi piú elevati. In effetto l'autore del Genio del cristianesimo pubblicò quest'opera all'epoca in cui il primo console trattava e segnava il concordato col sommo pontefice; coincidenza significativa della sagacitá dell'uomo di lettere e dell'uomo di Stato sulle disposizioni della societá. Il Ferrand rimontava all'antica monarchia e l'aveva come prototipo, accettava in parte il Montesquieu come il pubblicista piú distinto ed esprimeva la dottrina della monarchia appoggiata sui parlamenti antichi. Il Montlosier dichiarava epoca di decadenza per la monarchia quella stessa che il Ferrand proclamava come la piú perfetta, mentre il pubblicista di cui parliamo non esitava a dichiarare l'èra feudale come la normale della Francia. Il Bonald rimontava piú alto e proscriveva tutte quelle dottrine che fino dal decimoquinto secolo avevano combattuto lo stato sociale e normale del medio evo, ch'egli raccomandava come il piú armonizzante con la vera teoria della legislazione primitiva. Il De Maistre entrava piú compiutamente in questa strada e intendeva con delle dissertazioni filosofiche piene d'ingegno ad offrire come rifugio della societá agitata il dominio assoluto della teocrazia. Da questa disposizione degli spiriti doveva piú tardi dell'epoca da noi trattata avere origine la divisione delle tre scuole: teologica, eclettica e sensualistica, nelle quali oggidí sono divise le scienze morali ed i cultori di esse. L'economia politica che fondavasi sui fatti doveva presentarsi per isvolgere la dottrina dello Smith, e doveva voler modificare la legislazione ove la societá lo era, questa per mezzo dei suoi bisogni pubblici e privati lá dove non lo era ancora. Le opere del Say e del Ganhil, come i lavori del Gioia e del Romagnosi, dovevano mostrare questa tendenza; ed il sistema continentale, lo stato delle colonie e i bisogni della guerra dovevano richiamare l'attenzione dei poteri e delle societá a quistioni pratiche sí feconde di risultamenti per la pubblica e privata prosperitá. Le ricchezze commerciali del Sismondi furono l'espressione di questo bisogno. L'unitá e il vigore amministrativo dovevano incoraggiare la statistica; e l'amministrazione, divisa dal potere giudiziario, avendo la sua gerarchia, le sue leggi e la sua giurisprudenza, faceva ben conoscere, ove erasi adottata, che il medio evo era distrutto e la fusione sociale operata, che la sovranitá non aveva piú ostacoli amministrativi nelle comuni, nelle classi privilegiate e nelle corporazioni di arti e mestieri, ma che trovava nei telegrafi e nelle nuove strade tanti mezzi di rapida azione che mancavano agli antichi poteri.

Nel principio di questo discorso abbiamo indicato brevemente lo stato sociale e partitamente quello delle nazioni diverse. Ora dobbiamo far conoscere nelle stesse proporzioni come la guerra aveva modificato lo stato sociale in generale e quello delle nazioni diverse.

«Una guerra non lascia mai alla fine di essa le nazioni nello stato in cui erano nell'epoca che la precedette». Tali sono le parole dell'illustre Burke; riflessione profonda che rivela l'importanza che quel grand'uomo accordava a queste lotte e la loro influenza sulle societá che ne venivano agitate, e questa opinione conferma il punto di veduta che ci siamo debolmente sforzati di mettere in luce nell'insieme di questo nostro lavoro. E pure il Burke parlava delle guerre parziali fatte per interessi secondari e menate a fine coi metodi ed i mezzi ordinari degli Stati. Ma che diremo di una guerra che ha durato un quarto di secolo, nella quale tutte le nazioni han preso parte, di cui tutte le contrade sono state il teatro ed alla quale tutti gl'individui sono intervenuti come attori o spettatori o vittime, mentre non era né per una frontiera né per un dritto commerciale che le masse si urtavano, ma per la propria esistenza e per tutti i grandi interessi che dominano l'umanitá? I caratteri generali che risultano da questa lunga fusione de' popoli con modificazioni locali e con tendenza comune possono ridursi ai seguenti:

1. Tendenza alla fusione delle diverse classi della societá.

2. Maggiore energia nel potere, disponendo di maggiori mezzi, ed accrescimento corrispondente dei bisogni del potere sotto l'aspetto amministrativo, militare ed in conseguenza finanziere.

 

3. Importanza acquistata dalle classi produttrici – conseguenza dei bisogni sopra enunciati dei governi, – tendenza alla pace per la stessa causa dell'influenza che i capitalisti hanno nelle transazioni politiche.

L'intelligenza doveva per queste ragioni acquistare maggiore importanza in uno stato sociale e politico ove esistevano tutte le condizioni qui enumerate. Lo stato de' costumi erasi raddolcito, la vita divenuta piú grave e piú solenne; e se le passioni e le umane imperfezioni dominavano come sempre nel mondo, la loro funesta azione era stata piuttosto indebolita che accresciuta dagli avvenimenti, quali avevano dato severa lezione e piú dure abitudini agl'individui tutti. Un maggiore bisogno di miglioramenti positivi e reali e lo spirito di nazionalitá sono il compimento della potente azione di sí lunga guerra sulla societá europea. Senza essere un molto acuto investigatore delle cose umane è facile il ritrovare che la tendenza alla fusione sociale, la forza acquistata dal potere, i nuovi bisogni che ne nascevano, l'importanza delle classi produttrici e quella acquistata dall'intelligenza, il raddolcimento dei costumi, la frivolitá tolta dall'alto posto che occupava, il desiderio del meglio positivo e della propria nazionalitá, moderando però le antipatie nazionali, tutto scaturiva dalla lunga guerra che ha aggiunto tanta esperienza negli uomini, ed ha reso necessarie la ricchezza e l'intelligenza e fatto comprendere la differenza che passa dal bello al possibile in fatto. La mente umana avvezzavasi a meditare su tante catastrofi e la umana volontá ad elevarsi ad immensi sacrifizi, e nasceva un fenomeno interessante quale fu quello della diminuzione delle antipatie nazionali; ché appunto sul campo di battaglia cominciò quella stima reciproca che i combattimenti ispirano pel valore e che in séguito le relazioni pacifiche dovevano vie piú confermare. E questa disposizione contribuir doveva a bandire la frivolitá e a dare una sembianza di maturitá anche alla gioventú, al contrario dell'epoca precedente in cui l'etá matura ed anche avanzata conservava la leggerezza, la noncuranza, le forme e il linguaggio stesso della gioventú. Da questo breve quadro noi vediamo operarsi con una prodigiosa attivitá quella separazione dall'insieme del medio evo, che indicammo essere la tendenza costante della societá moderna, specialmente dal decimo quarto secolo in poi; separazione resa piú compiuta nella sua fisonomia nell'epoca di Luigi decimoquarto e nelle sue condizioni tutte in quella di cui qui ragioniamo. Questo era ciò che volevamo provare; e non ci resta che a ritornare sul quadro degli Stati europei dopo il congresso di Vienna in considerazione de' suoi politici risultamenti, ed avremo risposto alle tre rimanenti quistioni che ci eravamo proposte.

La penisola iberica avea richiamata l'attenzione e l'ammirazione dell'Europa per la sua lunga resistenza alla dominazione francese. Ma la sua posizione topografica, la perdita delle colonie, le interne dissensioni e le perdite sofferte le avevan tolta ogn'importanza positiva nelle transazioni politiche dell'Europa dopo la caduta dell'impero francese.

La Francia ristretta ne' suoi antichi limiti, dominata ed occupata, pareva aver molto perduto d'importanza politica; ma la sua gloria militare non mai smentita neppure nell'avversa sorte, la sua avanzata civiltá e le istituzioni che ne risultarono, conservavanle una potenza morale che non cessò di esercitare sull'Europa tutta.

L'Olanda cessò di esser repubblica, ma riunita ai Paesi bassi divenne una monarchia di secondo ordine.

L'impero germanico vide la confermazione dei re creati durante l'impero, la distruzione de' principati ecclesiastici, la riduzione di tutti i piccioli principi, lo scioglimento del legame feudale rimpiazzato da una federazione. Gli eserciti delle potenze secondarie erano comparsi con gloria sul campo di battaglia, le masse nazionali si erano mostrate perseveranti per la difesa della propria patria e l'intelligenza era in un movimento ascendente in tutti i rami dello scibile. La sua missione nell'equilibrio europeo pareva esser quella di un gran corpo destinato a impedire che il settentrione e il mezzogiorno si urtassero in modo da dare l'universale dominio al vincitore.

La Prussia si era ingrandita e soprattutto erasi rilevata con energia e con gloria dai suoi disastri: ella stava tra le grandi potenze non per estensione, non per configurazione, non per l'unitá de' suoi popoli, ma per la sua forza morale, per l'intelligenza del suo governo, per la bontá delle sue istituzioni militari e pel vigore della sua nazionalitá. Ciò che un grand'uomo aveva fatto nella guerra de' sette anni la nazione intera l'aveva operato nel 1813, 1814 e 1815; la qual cosa, unita all'intelligenza sparsa e progrediente nella societá, davale un valore politico e militare di molto superiore alle sue forze reali.

L'impero austriaco aveva còlto il frutto della sua perseveranza, della soliditá del suo esercito e del patriottismo de' suoi popoli, riprendendo tutto il perduto per la guerra e conservando i compensi di Campoformio e la Galizia.

La Russia che aveva avuto il raro vantaggio di combattere tutta l'Europa nel terreno che meglio le conveniva, nel 1812, ricevette una forte impulsione da questa campagna, e nella sua reazione dominò nel mezzogiorno, nel settentrione e nell'oriente, ricca di nuovi acquisti sul Baltico, sulla Vistola, sul Fasi e sul Pruth; crebbe di forza materiale e morale e di ricchezza con lo sbocco ch'ebbero i suoi prodotti nell'Europa; eserciti numerosi, agguerriti e pazienti assicuravano la sua potenza; e diede una nuova pruova che gli uomini come le nazioni ignorano le loro forze se queste non sono eccitate, mentre Carlo decimosecondo e Napoleone hanno fatto conoscere alla Russia le risorse che aveva per difendersi dalle loro aggressioni.

La Scandinavia prese, benché tardi, parte alla guerra europea, ma in senso opposto. La Danimarca perdé la sua marina e perdette ancor la Norvegia che passò sotto il dominio del sovrano della Svezia. Quest'ultima con cedere le sue possessioni di Germania restò isolata per cosí dire dal continente europeo.

La Porta ottomana avea respirato durante la lunga guerra europea che avea distratto i suoi nemici naturali: la pace di Bukarest nel 1812 e lo spirito pacifico dell'Europa la garantivano contro attacchi esterni, ma l'invasione francese aveva rotto i suoi deboli legami con l'Egitto, e i suoi sudditi greci arricchiti dal commercio sentivano quanto vi era di doloroso e di umiliante nella loro posizione e minacciavano una insurrezione.

L'orgoglio e l'ambizione dell'Inghilterra erano stati compiutamente soddisfatti, mentre avea le sue truppe accampate nel bosco di Boulogne, tutte le flotte degli altri Stati o erano state distrutte o ridotte a tale da non poterle resistere, ed aveva occupato Corfú ed il capo di Buona speranza non solo, ma tutto ciò che le era convenuto. La riputazione de' suoi eserciti aveva ecclissato quasi quella delle sue flotte, perché queste non avevano piú nemici da combattere. Ma il debito che restava, turbava l'economia interna del paese e reagiva sulle sue istituzioni. Il sistema di Pitt era esaurito in tutte le sue conseguenze e si prevedeva che nelle sue istituzioni interne come nella sua esterna politica una potente modificazione lentamente si avvicinava.

L'America del nord avea guadagnato col sistema continentale, avea resistito con buon successo agl'inglesi, e questa doppia circostanza aumentava la sua prosperitá e la sua considerazione. Il sud dell'America era nell'anarchia, ma pareva difficile che potesse rientrare nella dominazione delle metropoli ch'erano ad essa inferiori non solo in estensione ma anche in popolazione.

La Polonia restò divisa tal quale lo fu nel 1794 meno una parte della Prussia, che fu prima ducato di Varsavia e che indi riprese sotto la dominazione russa il titolo e lo stemma del regno di Polonia.

L'Italia passiva, nelle prime campagne e poscia infelice nelle sue guerre, passata con vari nomi sotto la dominazione francese, non ebbe al certo, peso come potenza, ma circa dugentomila italiani sotto nomi diversi e combattendo anche per cause opposte comparvero con onore sul campo di battaglia. La carriera civile come la militare mostrarono che nella lunga pace nulla si era perduto d'intelligenza e di energia in quest'antica ed illustre famiglia d'Europa. I suoi antichi sovrani rientrarono in possessione dei loro Stati, le repubbliche e tutte le istituzioni del medio evo scomparvero, ed in molti Stati furono sanzionate in parte le istituzioni che la conquista avea seco recate, ma che essendo in armonia con la civiltá dell'Italia erano state reclamate da' suoi sapienti e cominciate a introdurre dai suoi antichi sovrani.

I risultamenti del congresso di Vienna come massime generali, che come fece il trattato di Westfalia ne formano un'epoca nel dritto pubblico, possono ridursi a' seguenti:

1. Distruzione del dritto feudale come dritto pubblico europeo, per il che i sovrani di Germania ed i cantoni svizzeri divennero eguali fra loro.

2. Abolizione della tratta de' neri.

3. Riconoscenza de' fatti compiti cosí nelle istituzioni come nella posizione degl'individui e nelle transazioni territoriali. Garantia de' dritti acquistati nella rivoluzione e nelle sue fasi. Garantia quanto ai debiti.

4. La lingua francese dichiarata lingua legale in diplomazia in luogo della latina.

5. Distruzione delle repubbliche del medio evo e modificazione delle poche che restarono.

6. Lega fra le grandi potenze per conservare la pace, e per conseguenza abbandono di tutti gli antichi risentimenti delle potenze fra loro.

7. Superioritá acquistata dal settentrione sul mezzogiorno per l'importanza della Russia e della Prussia, per l'abbassamento della Francia, per la poca importanza delle due penisole e per l'isolamento dell'Inghilterra che non trovava alleati né nell'oriente né nel settentrione.

8. I nuovi rapporti del sommo pontefice coi governi che erano fuori del grembo della Chiesa e che avevano acquistati sudditi cattolici favorivano la tolleranza religiosa.

Si può riassumere da quanto dicemmo che nel trattato di Munster le alleanze furon fatte fra i lontani contro i contigui, e in quella di Vienna facevansi fra i contigui contro i lontani, se il caso si presentasse.

Benché non fosse ammessa l'emancipazione delle colonie, pure dall'insieme degli atti poteva scorgersi che la tendenza era di non riconoscere la feudalitá di uno Stato verso un altro Stato, e le colonie erano per la loro essenza comprese in questa categoria, e perciò la loro emancipazione esisteva in germe. Tutto tendea a separare la societá moderna dal medio evo e completare tutto quello che da piú secoli si operava a questo fine.

Qui terminiamo questo nostro discorso troppo lungo ed insieme incompiuto, richiamando alla memoria de' nostri lettori le parole del sapiente Cuvier riportate nella fine del nostro terzo discorso intorno all'influenza della polvere da sparo sullo stato sociale e politico dell'Europa, le quali potranno convincere piú che mai che la guerra coi suoi metodi e colla sua azione è stato uno de' grandi istrumenti della trasformazione che ha subito la societá moderna; trasformazione che noi possiam solo descrivere, lasciando alla provvidenza il segreto de' suoi impenetrabili disegni sull'avvenire dell'umanitá.