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Della scienza militare

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DISCORSO IX

Intorno ai rapporti della scienza bellica colle scienze, le lettere, le arti e lo stato sociale, considerati sotto un aspetto generale dall'antichitá fino ai dí nostri.

Nei precedenti discorsi abbiamo avuto per iscopo l'indicare moltiplici rapporti che si scovrono tra le scienze belliche, le scienze tutte e lo stato sociale. In quest'ultimo ci proponiamo di trattare le tre seguenti quistioni:

1. Se vi esistano rapporti, e quali sieno, tra la guerra considerata come fatto sociale e come scienza, e la letteratura e le belle arti.

2. In quale categoria di scienze possa andar compresa la guerra considerata come scienza, se in quella delle esatte o in quella delle approssimative. Quale sia il metodo piú adattato per l'insegnamento di essa, determinato il carattere che scientificamente considerata assume. In ultimo quanta sia l'importanza dello studio teorico in una scienza tutta di applicazione pratica.

3. Quali sieno le veritá che risultano dall'insieme del nostro lavoro sull'importanza della scienza, e quali perfezionamenti sia questa capace di ricevere dallo stato attuale dello scibile e della societá47.

Il metodo piú semplice per determinare l'esistenza de' rapporti enunciati nella prima quistione è a nostro credere quello d'indicare l'essenza della letteratura e delle belle arti generalmente e partitamente, mentre, una volta ciò fatto, è facile dedurre se esistano quei tali rapporti con una scienza di cui abbiamo fatto conoscere non solo la natura ma le proprietá tutte sotto gli aspetti piú vari.

La letteratura e le belle arti sono a parer nostro una manifestazione della nostra natura nelle facoltá dell'intelligenza e della sensibilitá. In effetto tutte le produzioni letterarie come le artistiche non sono che il risultamento dell'impiego piú o meno felice di tali due facoltá48. Questo principio può dedursi dall'esame della nostra natura, delle sue condizioni e del suo scopo; può essere ugualmente dedotto dallo sviluppo successivo che si opera in tutte le umane associazioni, dai primi passi nel viver civile fino ai piú avanzati nella carriera della civiltá dei quali si possa fornire esempio. Infatti qualunque sia lo stato di una societá, esistono negli esseri che la compongono le facoltá e i bisogni che corrispondono alla loro natura. Tutto il movimento progressivo dell'umanitá sta in ciò, che per soddisfare un nuovo bisogno è necessario dar maggior sviluppo alle nostre facoltá. Cosí la divina sapienza ha stabiliti legami indissolubili tra la nostra natura fisica, la intellettuale e la morale, e cosí i piú volgari bisogni dell'essere senziente hanno servito di stimolo all'azione dell'essere intelligente, ed allora il mezzo ha nobilitato lo scopo. Per conseguenza ciò che separa una societá barbara da una incivilita si deduce dalla somma dei bisogni di entrambe e dallo sviluppamento delle facoltá atte a soddisfarli. Or se le scienze belliche, ovvero, ove esse siano ancora ignote, l'azione della guerra, hanno la sorgente nella natura; se sono una particolare applicazione delle umane facoltá per soddisfare un ordine di bisogni; se gli eserciti o la parte della societá che combatte formano una societá distinta nella general societá, che assume proprietá e condizioni armonizzanti col suo fine; se tutto ciò è vero, siccome ci siamo sforzati di provare, ne risulta che coteste belliche scienze sono un riflesso della societá tutta intiera, ed in conseguenza debbono secondarne ed esprimerne il movimento progressivo, stazionario o retrogrado. Avendo quindi dimostrato che la letteratura e le belle arti essendo una manifestazione della nostra natura esprimono un bisogno e fanno sviluppare ed attivare delle facoltá per soddisfarlo, e che questa disposizione mostrasi per gradi e con caratteri diversi nei vari gradi d'incivilimento, possiamo cavarne di conseguenza che la parte di ogni associazione destinata a pugnare per essa non può essere estranea allo stato delle arti, della letteratura e delle scienze ed allo stato sociale, o che sia temporaneamente riunita o permanentemente organizzata.

Potremmo dire di aver risposto alla prima quistione; ma crediamo poter dimostrare dall'essenza particolare dei rami diversi della letteratura e delle belle arti quali sieno i rapporti che noi ricerchiamo e perché esistano.

La letteratura secondo la nostra maniera di vedere ha per iscopo lo esprimere per mezzo di segni alcuni bisogni che sono nell'essenza della nostra natura, in modo che nella loro compiuta manifestazione si mettono a luce sotto certe forme convenute i nostri sentimenti e quelle idee che in noi sono in maggiore armonia coi primi. Questo modo di considerare le produzioni letterarie ci sembra anche applicabile alle belle arti, come piú innanzi faremo conoscere; e convenendo dell'imperfezione di questa definizione, la consideriamo non pertanto come sufficiente a facilitare l'intelligenza del nostro successivo ragionamento, nel quale non ci sará difficile dimostrare qualmente la guerra abbia spesso come fatto sociale fornito alla letteratura ed alle belle arti i materiali per esercitarsi e le occasioni per produrre i lavori piú atti ad affrontare l'azione dei secoli, ed abbia concorso ad essere uno de' mezzi dai quali uno stato sociale possa ricevere la sua piú compiuta espressione49.

Se si considerano nella piú generale classificazione, i nostri sentimenti morali possono ridursi all'amore ed all'odio: il primo tende a riavvicinarci a tutto ciò che inspira questo sentimento, a immedesimarci con esso; l'altro ad allontanarlo e a separarcene, fino al punto di tendere alla sua distruzione a fine di evitarlo per sempre. Il mondo moralmente considerato gira su queste due tendenze, come il mondo materiale sulle due forze di attrazione e di ripulsione. La poesia come prima forma dell'espressione de' nostri sentimenti canta l'odio o l'amore, e tutta la magia delle sue forme tende ad attivare al massimo grado i sentimenti che ha preso ad esprimere. Ora l'amore per la propria famiglia e la propria tribú, e l'odio per quelle che sono con esse in opposizione o in rivalitá, sono al tempo stesso le passioni delle prime riunioni sociali e tendono egualmente ad ispirare il coraggio di fare tutti i sacrifici, financo quello della vita, per amor de' propri ed in odio degli avversari. Per conseguenza subito che la poesia tratta le passioni dell'amore e dell'odio non nel senso puramente individuale ma nel collettivo, queste passioni si trovano trasformate in canti guerrieri, destinati ad eccitare il valore per mezzo dell'indignazione verso i nemici e dell'affezione pei propri e la rassegnazione a sopportare tutti i tormenti che la fortuna delle armi riserba ai vinti nelle barbare societá. È ben naturale che per ispirare una generosa emulazione le geste de' tempi andati, gli effetti della vittoria e quelli piú tristi della disfatta sieno mezzi tutti che la poesia adoperi per eccitare le passioni necessarie al buon successo della lotta. Cosí la poesia diviene storica ed epica al tempo stesso, e la parte che la divinitá prende all'impresa per appoggiarla come giusta o per condannarla come alla giustizia contraria, riveste di un carattere teologico e mistico le poesie dei popoli in questo stato di societá. I selvaggi dell'America e dell'Affrica, gli scaldi e i bardi presso gli scandinavi e le popolazioni celtiche ed orientali attestano la nostra asserzione, cioè che nelle prime societá la poesia era in rapporto diretto con la guerra. In quelle piú incivilite vediamo riprodursi questa connessione con quelle condizioni che il grado di civiltá determina. In effetto il popolo ebraico aveva i suoi poeti che cantavano la guerra. Lo stesso era presso gli arabi. Anche nelle contrade misteriose dell'India si vedono dei poemi destinati ad eccitare le passioni guerriere ed a conservare le tradizioni cosí delle geste de' grandi uomini che degli odii nazionali. Il poema conosciuto sotto il nome di Niebelugen per la Germania è tra questi. I greci nell'antichitá avevano i loro canti di guerra, e basta per farne prova il nominare Tirteo. Il Feuriel e il barone Eckstein hanno fatto conoscere quelli dei greci moderni e degli abitanti della Servia. Nei tempi nostri abbiamo anche veduto in Prussia ed in Francia ed in Russia delle composizioni ad uso degli eserciti. Considerando la poesia in uno de' suoi modi piú elevati qual è quello dell'epica composizione, non abbiamo che a richiamare l'attenzione dei nostri lettori su ciò che dicemmo nel nostro primo discorso, cioè dire che tutte le grandi epiche composizioni, come l'Iliade, l'Eneide, la Gerusalemme, la Henriade, sono tutte destinate a descrivere una guerra, come soggetto che presenta ad un tempo il maggior numero di grandi caratteri, di forti passioni e di situazioni difficili; elementi tutti che innalzano e facilitano il genio del poeta ed il merito della composizione.

 

La musica nei suoi metodi informi è contemporanea dei primi saggi della poesia e può considerarsi come una ausiliaria di lei. Osservata nella sua essenza e nel suo scopo è facile vedere che sorge dalle stesse disposizioni, tende a soddisfare gli stessi bisogni, ad eccitare ed a rinvigorire le stesse passioni o dolci o veementi, esprimendo l'amore o l'ira: per queste ragioni tutte è stata sempre la fedel compagna della poesia, molto avendo di comune con essa50. Perciò vediamo i guerrieri in tutti i tempi essere animati da istrumenti atti ad eccitarli nelle fazioni guerresche o a graduare i loro sforzi a seconda de' bisogni. Questo carattere e questo scopo della musica militare segna il passaggio dal periodo di assenza d'ordine tattico a quello che ne ha giá uno: nel primo caso la musica è un puro eccitamento, nel secondo acquista di giá un carattere moderatore. In effetto Omero distingue i greci dai barbari dalla loro marcia eguale al suono del flauto; e Paolo Giovio descrivendo l'esercito di Carlo ottavo nella sua entrata in Roma, nota come misura dell'imponenza di quell'esercito ordinato in modo nuovo, che i tedeschi e gli svizzeri marciavano in cadenza al suono de' militari istrumenti. La musica militare si è perfezionata e si è talmente livellata con lo stato della scienza militare e con quello della musica in generale, che ai nostri dí abbiamo veduto stabilirsi tale connessione intra esse che si è marciato all'oppugnazione di un ridotto vomitando la morte e il dolore con le arie di un dramma ove tutto respirava l'amore, e si è accompagnata nel teatro la musica vocale dagl'istrumenti militari piú sonori e piú esprimenti il fragore delle battaglie. Segno novello della fusione della societá, fusione che bisogna osservare in tutto ciò che ne offre indizio, dalle piú alte alle minime manifestazioni51. La piú piccola esperienza di guerra ed anche di semplice servizio militare fa conoscere quanta influenza abbiano anche i meno armonici istrumenti per ravvivare nelle marcie la spossatezza de' soldati, e come il cantare nella stessa occasione ne allevii la fatica; pruova significativa della natura morale dell'uomo, ch'è suscettiva di ricevere l'impulsione e di accrescere le sue forze con mezzi che operano sulla sua immaginazione e la sua sensibilitá. Le storiche tradizioni ci parlano dell'effetto straordinario della musica sui greci; cosí che si è creduto che questo genere d'armonia di cui non è restato vestigio alcuno, avesse nella sua natura e nel suo merito intrinseco la ragione degli straordinari suoi effetti, mentre è piú naturale credere che quel vivo entusiasmo risultasse dalla disposizione, dall'organizzazione e dall'insieme delle circostanze di quel popolo. Quando la societá attuale della Svizzera sará cambiata, quando i suoi abitanti avranno obbliata la cantilena che li rende ammalati sulla terra straniera, che cosa mai penserassi dell'armonia di quel canto da coloro che ne leggeranno gli effetti? Maraviglie! E pure niente è meno mirabile. Il suo incanto nasce dal rapporto delle persone con le idee e con le rimembranze che suscita.

Passando alla pittura e alla scoltura non può negarsi ch'esse sorgano dallo stesso principio che la poesia e la musica e tendano allo stesso scopo, ma con forme tutte proprie; tendono cioè ad eccitare le due principali passioni nelle quali crediamo che tutte le altre sieno contenute come diramazioni o graduazioni di esse. Infatti se si voglia analizzare filosoficamente e ricercare storicamente che cosa possono prefiggersi queste due arti ed in che senso sieno state adoperate, ne risulterá che tendono a perpetuare la memoria dei sentimenti esaltati di amore o di odio e di tutti gli avvenimenti piú celebri che ne sono derivati, per lasciare esempio ed impulso alle future generazioni, ispirando loro il rispetto per gli eroi individualmente o per le azioni eroiche collettivamente operate, ed a fermare con monumenti perenni le ère importanti nella storia delle nazioni. Non vi è bisogno di dire che i ritratti de' grandi uomini, le rappresentazioni degli avvenimenti importanti, le statue elevate ai primi, i monumenti commemorativi degli altri e le medaglie, che sono come l'ausilio delle due arti, hanno per lo piú per iscopo di lasciare ai posteri l'aspetto dei gran capitani o la loro intiera figura, e che tutti i quadri e i monumenti che tengono per loro fine particolare quello di rintracciare i primi passi e le successive vicende delle nazioni debbono naturalmente occuparsi dei gran guerrieri, delle guerre e dei fatti principali di esse. E cosí ci par chiaro che la scoltura del pari che la pittura, la musica egualmente che la poesia, abbiano moltiplici rapporti con la guerra. La storia delle arti ricavata dai monumenti pruova la nostra asserzione.

L'esame dei rapporti ch'esistono tra la guerra e la letteratura nelle produzioni dell'eloquenza, della storia e della parte dogmatica ci daranno maggior pruova delle idee che enunciammo.

L'eloquenza nella sua essenza e nel suo scopo ha le stesse proprietá che nella poesia abbiamo riconosciute; ma benché l'eloquenza possa ritrovarsi in ogni periodo dello stato sociale, quando vive passioni ed alti interessi ispirano i suoi organi, pur nondimeno solo in un'epoca di avanzata civiltá è sottomessa a metodi certi che ne fermano le regole e riveste un carattere piú positivo e piú compiuto. I rapporti di questo ramo della letteratura con le scienze belliche non han quasi bisogno di una dimostrazione razionale, mentre tutti gli storici avvenimenti sono ricchi di fatti che rendono incontestabile la loro esistenza. In effetto dalle istigazioni dei capi de' selvaggi alle loro tribú per eccitarle a combattere, dalle loro laconiche risposte per provare con quale stoicismo sapessero sopportare l'avversa fortuna, dalle concioni degli antichi capitani per animare il loro esercito infino agli ordini del giorno dei moderni – tra i quali son primi quelli di Bonaparte, considerati nel loro merito letterario e soprattutto nei loro effetti sulle truppe, – vediamo l'eloquenza, egualmente che la musica e la poesia, tendere ad uno stesso scopo, all'eccitamento cioè delle passioni della guerra, e vediamo l'azione de' mezzi da essa adoperati disegnarsi e graduarsi in ragione dell'esercito al quale s'indirizza, riguardandolo come simbolo del secolo e del popolo da cui sorge52. Le orazioni funebri per celebrare le geste de' guerrieri e render loro gli ultimi offici sono anche un uso dell'eloquenza, che tende a risvegliare vieppiú ne' vivi il desiderio di emulare i sacrifizi utili alla patria che operarono i trapassati, e ad inspirar loro la riconoscenza ed il rispetto per quei che il gran sacrificio di giá consumarono a pro del comune. Quella pronunziata da Pericle e riportata da Tucidide nella Guerra del Peloponneso, le parole eloquenti di Demostene che giustificava la guerra benché infelice contro Filippo e giurava per le ceneri degli estinti in quella lotta, rivestono tutte l'istesso carattere e si prefiggono lo stesso scopo.

Quando portiamo il nostro sguardo sulle storiche composizioni non ci è difficile di scorgere che i loro autori mirano ad attingere lo stesso scopo dai poeti raggiunto nelle prime epoche della vita de' popoli, cioè a delineare il quadro delle azioni e degli uomini illustri che avevano contribuito allo stabilimento, alla conservazione o all'ingrandimento dello Stato. La sola differenza è nel metodo, mentre i racconti in prosa, rivestiti di tutti i caratteri dell'istoria, dimostrano popoli di giá inoltrati nella civiltá, la lingua dei quali è fermata. Infatti Erodoto, padre dell'istoria, compose il suo immortale racconto che lesse in una solennitá nazionale per descrivere la lotta sproporzionata in cui i greci trionfarono dei persiani, l'Europa dell'Asia e la civiltá che progredisce di quella che sta ferma. Tucidide, Senofonte, Livio, Sallustio e Tacito raccontano nelle loro storie le guerre che hanno contraddistinto i periodi da essi descritti, e da queste narrazioni si deduce l'avanzamento o la decadenza delle nazioni. Polibio e Plutarco altro scopo non presero di mira nelle loro opere, benché il facessero sotto forma diversa, ma pure riflettendo pienamente lo stato della civiltá. Sarebbe lungo e fastidioso il richiamare alla memoria de' nostri colti lettori tutti gli storici moderni. Faremo solamente osservare che nei primi periodi del medio evo anche per mezzo della poesia si trasmisero alla posteritá le gesta di quell'epoca di barbarie, conseguitarono a queste composizioni le cronache, e quindi nel primo apparire della civiltá sursero gli storici: le guerre sacre o le crociate diedero occasione a Guglielmo di Tiro, a Joinville ed agli storici italiani di far rinascere quel genere di eloquenza esprimente i passi fatti nella civiltá. In effetto le gran composizioni di questo genere, ch'ebbe nel Machiavelli, nel Guicciardini, nel Davila, nel Bentivoglio e nel Paruta i suoi piú distinti organi in Italia, furon dirette a descrivere alcune di quelle grandi crisi sociali in cui i popoli si urtano, si confondono e si modificano.

 

Siccome poi esercitandosi le facoltá intellettuali e progredendo perciò l'intelligenza, vengonsi suddividendo le branche dello scibile, cosí sorse la letteratura didascalica, cioè quella che prescrive le regole per dare alle letterarie produzioni tutte le condizioni necessarie a renderle finite nel loro genere, sottomettendole ai metodi corrispondenti al fine che si prefiggono. Allora la scienza militare ebbe un genere a questo corrispondente e divenne ricca di opere in ragione dello stato dello scibile e della civiltá della nazione intiera, ed allora si videro trattati di tattica, di strategia, di fortificazione, d'amministrazione militare, come nell'ordine civile quelli di giurisprudenza, di medicina, di economia politica. Questo andamento costante dev'essere sicuramente il risultamento d'una legge della natura e non di un caso fortuito, il quale non potrebbe riprodursi con tanta costanza da per ogni dove. Infatti nei primi periodi di coltura intellettuale, se la divisione del lavoro letterariamente e scientificamente considerato non ha ricevuto un vasto sviluppamento, ne risulterá che l'istoria narri tutti i fatti qualunque sia la loro natura. In epoca piú avanzata in civiltá le storiche produzioni si dividono in civili, intellettuali e militari; distinzione che corrisponde a quella della societá considerata nel suo stato regolare, nel suo sviluppamento intellettuale e nelle sue crisi, ossia nel suo stato d'azione e di reazione. I primi storici puramente militari sono stati gli attori delle guerre celebri o i gran capitani di tutti i secoli, che furono gelosi di trasmettere alla piú lontana posteritá le loro azioni e i loro esempi. I commentari di Cesare, le opere di Senofonte e di Ammiano Marcellino pel basso impero, di Villardoyn e di Joinville per le crociate, di Montecuccoli, Rohan, Turenna, Catinat, Villars, Federico, Napoleone e di tutti gl'illustri capitani de' nostri tempi che hanno scritte memorie delle proprie azioni, quali Jourdan, l'arciduca Carlo, Suchet, Saint-Cyr, sono di questo genere. Vengono indi le opere istorico-critiche, che non posson essere prodotte ove la scienza non è fermata, altrimenti mancherebbe il principale carattere di queste produzioni, ch'è quello di misurare il merito de' fatti sulla scala de' princípi: per cui tali opere non cominciano che nel secolo di Luigi decimoquarto con il Quinci storico militare di quell'epoca; abbondarono molto piú nel decimottavo secolo, ove il Lloyd, il Temphelof, il Rettzov e tanti altri si sono distinti in questa carriera che ha prodotto ai dí nostri il Dumas, il Jomini, il Pelet, il Vagner, il Muffling, il Napier, il Vaccani ed altri meno distinti ma utili egualmente nella loro sfera. Questa abbondanza di scrittori dimostra che la scienza è fermata in corpo di dottrine, e che in una associazione qualunque è impossibile che una scienza tutta dalle altre derivante sia giunta a questo stato di avanzamento senza che tutto lo scibile umano abbia fatto corrispondenti progressi; e il veder trattata la filosofia della guerra da distinti autori, come il Lloyd, il Jomini, il Chambry, il Critis professore a Torino, è una pruova luminosa dell'essersi considerati tutti i rapporti che le scienze fisiche e morali hanno con la guerra dalla quale sono riassunte.

Per restringere quanto abbiamo detto come soluzione della prima quistione che ci siam fatta, possiamo dire:

1. Che la letteratura e le belle arti essendo una manifestazione dei nostri sentimenti hanno origine e scopo comune.

2. Che si prefiggono in generale di dirigere l'umanitá nelle due passioni predominanti, l'amore e l'odio, e d'indicare ciò che dee ispirarci il primo sentimento o ciò che il secondo.

3. Che o le nazioni facciano la guerra con tutti gli uomini validi o con parte eletta, la letteratura e le belle arti avranno sulla parte combattente una influenza proporzionata a quella che esercitano sulla societá intiera.

4. Che i canti guerrieri, la musica che vi corrisponde, i quadri che conservano le sembianze dei grandi uomini o delle grandi azioni, i monumenti eretti in ogni forma per eternare la gloria e per richiamare la riconoscenza delle future generazioni altro non sono che delle forme varie per eccitare le stesse passioni. E questa è la parte invariabile di questi rapporti, perché la variabile sta nel grado di perfezione di queste produzioni che simboleggiano e rivelano lo stato sociale e le sue condizioni; per cui gl'informi disegni dei messicani o un quadro di Apelle o di Raffaele esprimono la stessa idea malgrado di tanta differenza nell'esecuzione, ed un masso di pietra o una figura abbozzata – monumento di cui i compatrioti di Vercingetorige e di Arminio si servivano per eternare i fatti e per ricordare gli uomini illustri – ispirano lo stesso sentimento che i monumenti eretti dal genio di Fidia, di Michelangelo e di Canova, come la colonna traiana e quella della piazza Vandôme.

Ci pare aver assai chiaramente indicato l'esistenza dei rapporti della guerra con la letteratura e le arti: da dove traggano origine, ove tendano, i suoi caratteri e le sue condizioni e la loro parte variabile come espressione dello stato sociale; e cosí abbiam risposto alla prima quistione.

La seconda quistione che ci accingiamo a risolvere presenta come prima parte alla soluzione di essa il determinare in quale classificazione scientifica debba situarsi la guerra cosí considerata e dimostrata. Per dar forma piú propria a questa parte della quistione intiera, cercheremo di rispondere a questa interrogazione: – Se la guerra come scienza debba essere annoverata tra le scienze esatte o tra le approssimative e a quali di queste piú si avvicini.

La guerra può considerarsi come un metodo da imprimere una direzione determinata ad un numero di uomini organizzati in una particolar societá, destinata per suo fine a far tacere la natura nei suoi forti impulsi del pari che nelle sue prime leggi, e ad agire a seconda delle circostanze e di tutti gli accessori che vi hanno relazione. Da questa definizione si può dedurre che la scienza bellica per la sua organizzazione si lega alle politiche istituzioni; pei gradi di volontá che dee mettere in movimento, alla piú alta filosofia; e per le sue pratiche, alle scienze esatte e naturali; e che ha bisogno d'ingegno per trar partito da tutte le varie combinazioni che lo spazio, il tempo e gli accidenti presentano. Da ciò risulta che non può essere classificata tra le scienze esatte nel senso piú esteso del termine, mentre dee far entrare nelle sue previsioni e nei suoi calcoli l'azione della volontá individuale e tutte le circostanze imprevedute ed improvvise. La guerra senza dubbio come scienza poggia sulle scienze esatte, poiché nel complesso delle sue operazioni si riduce ad un calcolo di spazio e di tempo. La tattica, che piú si rapporta all'arte nelle sue applicazioni, ha le stesse basi fondamentali, giacché risolve in ispazi piú circoscritti gli stessi problemi che la scienza risolve in ispazi piú vasti. Ma sí l'una che l'altra debbono modificare nelle loro applicazioni la severitá de' principi scientifici a secondo delle circostanze locali. Se è vero che tutte le arti elevate a princípi generali si trasformino in scienze, cosí come tutte le scienze discendendo alla pratica applicazione assumono il carattere di arti, la guerra ancora dee seguire questa legge comune; ma a differenza delle altre scienze in cui i sapienti restano nella sfera della speculazione e non discendono a farne l'applicazione, in questa uno stesso individuo dee disimpegnare questa doppia funzione, mentre un puro sapiente nelle belliche scienze incorre nella taccia data al retore di Efeso: e ciò è ben naturale in una scienza che trae tutta la sua importanza dai risultamenti materiali. Queste considerazioni sono tali da far credere che siccome la guerra non può esser compresa tra le scienze esatte, per la moltiplicitá degli incidenti cui va sottoposta e per la varietá degli elementi ch'entrano nei calcoli che le son propri, cosí possa emettersi per soluzione del quesito la proposizione seguente: – Malgrado di che le scienze esatte sieno il fondamento della guerra, nondimeno questa considerata nel suo tutto non può essere classificata tra quelle, ma lo può essere con piú ragione tra le scienze approssimative, avendo in considerazione e condizioni e il marchio da cui queste sono contraddistinte.

Determinato ove possa classificarsi la scienza bellica, ne risulta che il metodo migliore pel suo insegnamento debba esser quello che sia il piú atto a ciò conseguire nelle scienze che rivestono lo stesso carattere ed alle quali trovasi assimigliata. Risulta da quanto dicemmo che il metodo analitico è quello che debbe preferirsi pel suo insegnamento. Ed invero le sue regole sono state formate sulle ripetute osservazioni di tanti casi particolari, dai quali si è dedotto che bisognava cosí agire in casi simili53. Difatti fra i popoli che hanno percorso un lungo periodo di guerra combinato con un grado di civiltá corrispondente, si vedono sorgere gli autori militari, mentre è ben naturale che la scienza si applichi nello stesso modo che si è formata per istruire quelli che vogliono possederla; ed in effetto il metodo analitico è quello piú comunemente seguito dai professori egualmente che dagli scrittori della scienza guerresca. Ma è pur anche vero che una volta che l'analisi procedendo dal noto all'ignoto ha ritrovato i principi di una scienza, sia un bisogno della nostra intellettuale natura che vengano esposti in corpo di dottrina coll'ordine sintetico, il quale compie cosí il metodo d'insegnamento. Nessun dubbio cade che gli uomini superiori cui la natura ha riccamente dotati di tutte le facoltá necessarie pei gran comandi, trovino un utile ausilio nell'analisi per dar maggior sviluppamento alle loro idee; ma è ugualmente vero che per gli esseri privilegiati le regole di una scienza considerate in un modo stretto sieno piú atte a comprimere che a dirigere il loro genio nella sua rapida intuizione. Uomini di questa tempra leggono nel libro della natura e vi trovano rapporti che al talento stesso sfuggono o solo gli scovre dopo molto tempo e lavoro, mentre destinati questi sono a formarsi successivamente a forza di esperienza e di studio tra essi comparati. È cosí che possono rendere importanti ed utili servizi ed ottenere un grado d'illustrazione corrispondente; è per essi che il metodo sintetico preceduto dall'analitico e combinato con esso può favorire lo sviluppamento delle loro facoltá e farne degli uomini di guerra, i quali hanno bisogno di restar Circoscritti nelle regole che la scienza e l'arte prescrivono; mentre dal volersene affrancare quando non si è dotato di genio, ne risulta che la mediocritá abbandonata a se stessa produce mali maggiori e non punto capaci di compararsi ai felici effetti di qualche rara e fortuita ispirazione, mali che le regole esattamente seguite avrebbero impedito.

Stabilito il posto che occupa la scienza della guerra tra le scienze e determinato il metodo che meglio si confá al suo insegnamento, non solo abbiam risposto alla prima e alla seconda parte della nostra quistione, ma anche di molto avanzata la risoluzione della terza che ne deriva, cioè l'importanza dello studio teorico in una scienza tutta d'azione, sulla quale ora esporremo la nostra opinione.

Nella maniera di vedere in questa quistione non tutti convengono, e a nostro credere tale divergenza ha origine o da un significato diverso dato alla stessa parola o da qualche falsa associazione d'idee: quindi ci crediamo obbligati a sviluppare le nostre idee sull'assunto. L'esperienza ha mostrato che degli uomini privi d'ogni istruzione teorica han fatto buona riuscita nella guerra, ed ha mostrato egualmente che degli uomini aventi fondata opinione d'istruiti a fondo nella teoria dell'arte hanno avuto poco felice esito alla pruova. Si è detto allora che lo studio danneggiasse anziché favorisse l'applicazione ai fatti nei quali si riassume la guerra. Ci sembra esservi un doppio errore, primieramente nel senso dato alla parola «studio», in secondo luogo nell'associazione dello studio con la poco buona riuscita in pratica. Per quanto si abbia poca abitudine nel calcolare le operazioni intellettuali che conducono alla formazione delle nostre idee, ognun sa che le sensazioni non fecondate da nessuna riflessione, non ruminate, per servirci di una espressione materiale, si rimangono mere impressioni, lasciano il vago di un sogno e quanto piú sieno moltiplicate tanto piú è difficile classificarle e renderne conto con qualche precisione. Tutti quelli che hanno avuto occasione di conversare con uomini che abbian fatto lunghi viaggi o sieno stati attori in lunghe guerre su teatri diversi, sono restati sorpresi di non trovare nessuno interesse nella loro conversazione con essi, mentre tanto se ne promettevano; perché non essendo questi tali dotati della facoltá di meditare e di classificare, ignoravano compiutamente dove fosse accaduto il tal fatto, quando, come, perché, e simili altre circostanze: imperocché è una legge della nostra natura che il lavoro crei i valori materiali e intellettuali; per lo che un uomo ricco di dovizie egualmente che un uomo ricco di sensazioni si troveranno poveri laddove non sappiano la loro ricchezza col lavoro fecondare. Uomini che hanno divorato delle biblioteche, ma che non hanno mai riflettuto, mai discusso con l'autore, mai letto con la penna in mano, si trovano riguardo alle impressioni che han ricevuto nei libri nello stesso caso del viaggiatore e del militare che non han potuto né riassumere né determinare il valore delle moltiplici sensazioni che gli hanno colpiti. Per conseguenza né il vedere né il leggere insegna niente, perché le sensazioni isolate del pari che le letture non sono né esperienza né studio, e perché non si ha esperienza vera senza studio, come piú innanzi vedremo. – «Che vale il vivere se non si fa che vegetare? che vale il vedere se non si fa che ammassare de' fatti nella memoria? che vale in una parola l'esperienza se non è diretta dalla riflessione? – La guerra – dice Vegezio – dev'essere uno studio, e la pace un esercizio. – Il solo pensiero, o per meglio dire, la facoltá di combinare le idee, distingue l'uomo dalle bestie da soma. Un mulo che avesse fatto dieci campagne sotto il principe Eugenio non sarebbe per ciò divenuto miglior tattico, e fa d'uopo confessare in onta all'umanitá che per cotesta pigra stupiditá molti vecchi uffiziali non sono da piú di tali muli. Seguir la pratica usuale, occuparsi del proprio alimento e del proprio alloggio, mangiar quando si mangia, battersi quando tutti si battono, ecco in che la piú parte fa consistere l'aver fatto campagne e l'essersi incanutito sotto l'arnese». – Cosí scriveva il gran Federico al generale Fouquet; e questo passo nel mentre che appoggia la nostra opinione, servirá a meglio far comprendere il séguito del nostro ragionamento.

47La natura delle relazioni di cui parliamo in questa quistione non è ai nostri sguardi la stessa di quella che abbiam dimostrato esistere tra l'arte della guerra e le scienze tutte e della quale ci siamo occupati negli anteriori discorsi. Non pretendiamo punto dimostrare che i progressi delle arti della pace sieno stati per cosí dire paralleli e coordinati a quelli delle arti della guerra. Non è sotto l'aspetto puramente intellettuale che noi consideriamo questi rapporti, ma sotto quello piú particolare de' sentimenti eccitati dalle une ed espressi ed esternati dalle altre. Ben vediamo che un metodo di esprimere de' sentimenti eccitati da un avvenimento qualunque, una volta che sia trovato, può servire ad esprimerne degli altri totalmente diversi. Allora pare che il metodo non abbia alcun rapporto col primo sentimento espresso, e chi volesse parlare di quel primo rapporto caderebbe in una apparente contraddizione. A noi basta ricordare a questo proposito per giustificare il nostro assunto in questa quistione la sentenza di Dante, che credette la poesia non poter toccare il suo apice se non che quando avrebbe parlato di armi, materia di altissimo canto.
48Alcuni filosofi tra i quali il Bonstetten hanno separata l'intelligenza dall'immaginazione, considerando questa in generale come la facoltá che crea nella letteratura e nelle belle arti piú particolarmente. Or come pel nostro assunto ci serviamo delle filosofiche dottrine, ma non abbiamo la pretensione di discuterle, ne risulta che ci serviamo dei termini piú generali, tanto piú che crediamo che ogni creazione si operi coll'intelligenza e che nulla si possa fare col mettere in azione una sola facoltá. La classificazione delle facoltá è arbitraria, perché in natura esse sono unite; per lo che quando si dice l'immaginazione sia la facoltá che crea la poesia, ciò vuol dire che preponderi in quella creazione e non giá che operi da per sé sola, mentre è assurdo il supporre un prodotto qualunque dello spirito umano al quale la ragione e la memoria non abbiano parte alcuna.
49Il Bonald che ha detto essere la letteratura l'espressione della societá, ha fatto talmente approvare la sua definizione ch'è divenuta di un uso comune e di una non contestata esattezza. Soscrivendo a questa opinione generale crediamo esser verissimo che la letteratura, come quella che riassume tutto lo stato sociale considerato nei suoi sentimenti e nelle idee che producono l'azione, ne sia la piú compiuta espressione; ma crediamo ciò non ostante che lo stato delle scienze belliche ne sia anche un compiuto riflesso, e crediamo non essere esclusivi quando conveniamo che ogni lato dello scibile e dello stato sociale produce lo stesso risultamento a secondo della sua importanza e delle sue relazioni cogli altri.
50L'opera del Bealtie sulle simiglianze della poesia e della musica e le loro differenze svolge con maestria l'idea che qui indichiamo.
51Nelle societá quali erano le antiche non vi era unitá né di tattica né di lingua né di letteratura né di musica, come non ve n'era né legislativa né religiosa. Tra i moderni avviene il contrario, e la lingua piú universale è la musica. Al Cairo, a Filadelfia, a Lisbona, a Pietroburgo, a Londra, a Napoli, a Costantinopoli, un reggimento che marcia lo fa al suono di una musica di Rossini o di altro distinto compositore. Questa uniformitá di gusto esprime chiaramente che le simiglianze tra i moderni superano le differenze.
52In appoggio del nostro assunto ricordiamo ai nostri lettori che negli ordini del giorno che precedettero le battaglie di Austerlitz e di Jena il supremo conduttore non si limitò ad eccitare i sentimenti del suo esercito, ma discese a provare che strategicamente e tatticamente il nemico era in una falsa posizione, per cui se si combatteva con energia, la vittoria era sicura e vasta nei suoi risultamenti. Questo esempio di un generale che confida i gran segreti della guerra ai propri soldati, mentre che prima o altrove si tenevan celati anche agli uffiziali generali di secondo ordine, è una luminosa dimostrazione dell'intelligenza sparsa in un popolo simboleggiato dal suo esercito ed è una pruova novella delle modificazioni che l'eloquenza subisce secondo che vuol muovere o persuadere.
53Tutta la distanza che separa la conoscenza della scienza dall'applicazione come arte sta nella difficoltá di saper determinare con esattezza ove cessino le simiglianze e dove comincino le differenze; ecco perché in certi periodi si vedono molti uffiziali istruiti e pochi capitani.