e uscir non può.
L'ora propizia
attender vo'
ed in questi abiti
resto perciò.
Funger da femmina
non vorrei più,
ma… è triste l'epoca:
l'uomo… sta giù.
Si agita! Brontola!
Ci spera ancor?
(Indicando con un dito il proprio viso)
Han forse gli uomini
il mio color?..
Se dall'equivoco
non vengo fuor,
lei non rinunzia
al sogno d'or.
(accennando al frak e ai calzoni)
Queste visibili
maschie virtù,
per non più illuderla,
butterò giù.
(Corre in gran fretta dietro il paravento.)
E dite: m'è concesso
saper che fate, adesso?
Io voglio del mio sesso
riprendere possesso.
Sì, presto, presto, presto!
Mi svesto…
… e mi rivesto.
Se vengo, vi molesto?
Restate lì.
Ci resto.
(Lui, or drizzandosi sulla punta dei piedi, ora guardando tra le connessure del paravento, ora salendo sopra una seggiola, assiste alla toletta di Lei, e si frega le mani, ammira, si entusiasma, s'inebria. Intanto, Lei, svestendosi, getta di qua dal paravento il parrucchino, il frak, il panciotto, la camicia, i calzoni, che Lui raccoglie, osserva, esamina.)
Sono pronta, amica mia.
Santi numi, com'è bella!
E vi par che un uomo io sia?
Non è faccia d'uomo quella!
(pavoneggiandosi, con le mani nei fianchi)
Osservate il corpicino…
Oh! lo vedo ch'è un gioiello.
Osservatemi il piedino…
Oh! non è piè d'uomo, quello!
Perdonate, dunque, cara,
questo scherzo: è carnevale…
(dimenticando di dover sembrar donna)