Vi perdonerò se avara
non sarete voi con me…
Che volete? Non comprendo.
Un bacino… Non fa male!
Ve lo do.
Io ve lo rendo.
Non c'è sugo…
Sì che c'è!
Ma, signora! Che vi piglia?
(impappinandosi, cerca di giustificarsi)
Mi sembrate… una mia zia…
In che cosa mi somiglia?!
Una vera simmetria!
Basta!.. basta!.. Non stringete…
Non la vedo da tanti anni!..
Ma, in sostanza, voi… chi siete?
Io?.. Non sono… nei miei panni!..
(Corre, alla sua volta, dietro il paravento, portando seco gli abiti d'uomo che Lei indossava.)
E dite: m'è concesso
saper che fate, adesso?
Io voglio del mio sesso
riprendere possesso.
E che vuol dire questo?!
Mi svesto… e mi rivesto…
Se vengo, vi molesto?
Venite pur…
No!.. Resto.
(Ricomincia la mimica. Lei, come ha fatto Lui, punta dalla curiosità, cerca di vedere quel che avviene dietro il paravento; ed osserva, inquieta, la roba che Lui, svestendosi, le fa piovere addosso, cioè il domino, il mascherino, la parrucca, le imbottiture con cui aveva improvvisate le forme di donna.
Finalmente, vengono giù la gonna e la sottana. Lei, sempre più curiosa, sale sopra la seggiola, vede… e dà un grido quasi di spavento. Quindi scende precipitosamente, e, indignata, aspetta.)
(comparisce, pavoneggiandosi, vestito degli abiti maschili di Lei, che gli vanno male; e, poichè Lei ha un gesto d'ira e di sdegno, le si ginocchia ai piedi.)