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Il piccolo santo: Dramma in cinque atti

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ATTO SECONDO

La medesima camera

SCENA I

Sebastiano

(sta solo – vestito a lutto – a cavalcioni di una sedia. Lentamente, cerca e trova un sigaro in una saccoccia del panciotto. Lo accende. Fuma e muove le labbra agitando il sigaro messo nell'angolo della bocca. Rabbuiato, accigliato, parla e bestemmia fra sè e sè.)

Giulio

(di fuori, gaiamente) Ah, tu scappi ancora, piccolo Cagliostro?!.. Scappi ancora? Ti piglia la tremarella quando t'inseguo?

(Si ode ridere Barbarello di un riso nervoso, misto di ululati e di guaiti. Egli, non veduto da Sebastiano, entra velocemente carponi e si caccia sotto il sostegno tappezzato dello scarabattolo.)

Giulio

(arrivando di corsa) Ma se una di queste volte ti raggiungo, guai a te! (È vestito di bianco, con una eleganza il cui carattere cittadinesco è attenuato da un voluto disordine campagnuolo. Ha all'occhiello un bel garofano color di rosa screziato. La paglia all'indietro e il bastoncino portato a guisa di frusta gli dànno un'aria graziosamente smargiassa. Si ferma un istante nel centro della stanza.) Dov'è?.. (Si avvia vivacemente verso la porta a sinistra.) Ma io ti scovo, sai!

Sebastiano

No, no, signor Giulio. Non andate a disturbare Fiorenzo. Quando si mette a star solo in camera sua non vuole essere disturbato.

Giulio

Ma ci è già Barbarello a disturbarlo!

Sebastiano

Barbarello non c'è.

Giulio

Come non c'è? Qui si è infilato!

Sebastiano

(molto burbero) Bravo! Ora assoderemo che Barbarello può perfino diventare invisibile. Quest'altra fandonia ci vorrebbe per finirci di scombussolare la testa.

Giulio

A me è parso di vederlo entrare qui, carponi come una scimmia.

Sebastiano

Avrà fatto finta per burlarsi di voi, e se la sarà svignata correndo più su.

Giulio

Ed è uno scemo costui?

Sebastiano

Chi lo capisce quello che è? (Masticando il sigaro) Io lo manderei all'inferno spesso e volentieri. Me ne astengo soltanto per non dar dispiacere a Fiorenzo. E voi fate male a mostrare antipatia per quel giovanotto.

Giulio

È piuttosto lui che mostra antipatia per me.

Sebastiano

Lo inseguivate chiamandolo piccolo cagliostro!..

Giulio

Lui scappava come la volpe davanti al cane, ed io lo inseguivo per chiasso. È, su per giù, l'episodietto comico che si ripete, oramai, quasi quotidianamente. Io lo sorprendo spesso ad aggirarsi intorno a quella signorina misteriosa che voleva parlare a Fiorenzo lo stesso giorno del mio arrivo, e che, non si sa per qual ragione, si è affrettata… a non tornarci. Quando lo scorgo, mi nascondo e quindi gli càpito di botto alle spalle, facendogli: buuuh! Allora, lui piglia la rincorsa, io minaccio di acchiapparlo, e così ci esercitiamo lui a funzionare da volpe, io da cane. Correndo, egli non fa che ridere; sicchè non è già che abbia paura di me: ma, in fondo in fondo, si secca che io lo sorprenda. E il più curioso poi è questo: che la signorina subisce pazientemente la presenza dello scemo e non c'è caso che tolleri la mia. Ma una volta… una volta l'ho ben costretta a non evitarmi!.. Sapete in quale occasione? Ai funerali della vostra povera moglie.

Sebastiano

(con un moto comico di stupore rabbioso) Ah, sì?!

Giulio

La signorina misteriosa, più misteriosa del solito nel suo compunto raccoglimento, seguiva il feretro con le donne del paese, ed io lì, ostinato, a camminarle vicino, finchè non si giunse al cimitero. Capirete che non c'era scampo per lei. Visto che ribellandosi avrebbe attirato sul fatto l'attenzione della gente, fu obbligata a rassegnarsi, la scontrosetta! Che gusto mi cavai!

Sebastiano

(masticando il sigaro) Vi divertiste ai funerali di mia moglie!..

Giulio

(sconcertato) Mi divertii?!.. Voi fraintendete. La vicinanza del visino malinconico d'una gentile prefica volontaria aumentava la commozione, che…

Sebastiano

Non state a distillare parole difficili per giustificarvi. Se vi divertiste, prosit! (Alzandosi con falsa pacatezza) Volete darvi pensiero di questo vedovo imbecille che è rimasto a vivere per rompersi le scatole lui e per romperle agli altri?..

Giulio

Che dite mai, signor Sebastiano! Voi siete una così cara persona…

Sebastiano

Io sono semplicemente un seccatore incommensurabile. E se vi sto sullo stomaco come un quintale, dovete chiederne conto al vostro reverendissimo signor fratello. Imbecille anche lui con la sua prosopopea di rigeneratore delle anime! Volevo andarmene alla malora una volta per sempre… Nossignore! Me l'ha proibito e si è impegnato di fabbricarmi un cervello nuovo. Sicuro! Si è impegnato di farmi credere in tutte le bellissime fanfaluche in omaggio alle quali è assolutamente vietato di crepare quando se ne ha voglia e si deve portare la soma della vita senza tirar calci. Io ci scommetterei che mentre noi cianciamo qui, egli, chiuso in quella camera, ginocchioni, provvede già a fabbricarmelo il cervello nuovo. Dice che per servirmi a puntino gli basta di pregare per me. Preghi! Preghi! Io ho promesso di aspettare… finchè potrò. Ma, nel frattempo, caro signor Giulio, aspettando d'imparare a essere il ciuco che non tira calci, ne tirerò a chiunque ci capita. E, a tirarne a voi, – sono franco – ci proverò un diletto particolare!

Giulio

I miei anticipati ringraziamenti!

Sebastiano

Eh!.. C'entra un po' l'invidia. Voi vi cucinavate la «signorina misteriosa» facendo la stessa strada che facevo io per andare a seppellire mia moglie: è naturale che un tantino d'invidia m'inasprisca il sangue. – E poi, non vedete? Io, tutto vestito nero, sembro un mostruoso bacherozzolo: voi, tutto vestito bianco, preannunziando i prossimi calori estivi, sembrate… il battistrada del sole! Per voi ci sono i bei visini malinconici che aspettano d'essere avvivati dai raggi cocenti che promettete; per me… un freddo cadavere di donna che gli acidi della mia ipocondria non riescono nemmeno a imbalsamare! Posso volervi bene, io? Posso fare a meno d'invidiarvi? E no! E no! Sarebbe un'anomalia. Non pare anche a voi che sarebbe un'anomalia?

Giulio

(senza rispondere, siede con paziente noncuranza, cavando di tasca un elegante portasigarette e cominciando a zufolare un motivetto della Geisha.)

Sebastiano

Al più al più, io posso farvi la concessione di non desiderare il vostro male. (Ha in mano un cerino perchè il sigaro gli si è spento.) Per un invidioso, è già una bella generosità.

Giulio

(togliendo da una sigaretta un po' di tabacco per afflosciarla, continua a zufolare.)

Sebastiano

(offrendo) Volete un cerino?

Giulio

(con durezza) No. (Tira fuori la sua scatola di cerini.)

(Contemporaneamente, tutti e due accendono i cerini e dan fuoco l'uno al sigaro, l'altro alla sigaretta, riempendo l'aria di fumo.)

Sebastiano

Siete in collera con me?

Giulio

(seccamente) Sì.

Sebastiano

Per la qual cosa, io vi saluto. (Andando via lemme lemme, col sigaro in bocca.) Ma avete torto, perdiancine! L'invidia porta fortuna!.. Voi siete nato vestito, caro signor Giulio!

Giulio

(una gamba sull'altra, la sigaretta fra le labbra, modula ora con la voce il suo motivetto favorito, dondolando un piede su quel ritmo.)

Barbarello

(non visto nemmeno ora da Sebastiano che sta per uscire, sporge la testa di sotto la tappezzeria che covre il sostegno dello scarabattolo, e guarda alle spalle Giulio con ostilità timorosa. – I denti stretti e la bocca aperta dànno alla fisonomia di lui un carattere beffardo.)

Sebastiano

(sulla soglia) E… se la ragazza vi piace… in un modo o nell'altro, vi vedremo felici… Augurii!.. Augurii!.. (Esce.)

Giulio

(getta un sospiro di sollievo. Si alza, va fino alla porta in fondo con un comico slancio d'ira e ha un gesto che sembra un ceffone assestato all'aria.) Per quanto è vero che esisto, questo vedovo addolorato è peggio di un gufo!

Barbarello

(ha ritratta in tempo la testa.)

Giulio

Voglio fare uno scongiuro contro il malocchio!

SCENA II

Don Fiorenzo

(entra dall'uscio di destra affrettatamente, ma con passo malfermo, guardando dietro di sè quasi fosse incalzato da un'ombra.)

Giulio

(voltandosi di botto) Fiorenzo!?..

Don Fiorenzo

(fermandosi) … Che c'è?..

Giulio

Lo domando io a te. Mi sembri uno spiritato!

Don Fiorenzo

(confusamente) Uno spiritato?.. Che esagerazione!.. Avrò forse un po' l'aria stranita…

Giulio

Altro che stranita!.. Hai avuta qualche brutta notizia?.. Hai avuta qualche cattiva sorpresa?..

Don Fiorenzo

Ma no… Gli è soltanto che mi sono or ora liberato da una specie d'incubo, da una specie di sogno…

 
Giulio

T'eri addormentato?!

Don Fiorenzo

(con simulazione) Appunto… Credo di essermi assopito… Il raccoglimento… la stanchezza… Mi levo troppo per tempo la mattina, e poi… nelle ore calde…

Giulio

(ridendo) Il bello è che quell'ottimo Sebastiano era sicuro che tu stessi a pregare per lui.

Don Fiorenzo

È stato qui Sebastiano?

Giulio

Sì, è stato qui.

Don Fiorenzo

E se n'è andato?

Giulio

Per fortuna!

Don Fiorenzo

Era di umor nero?

Giulio

D'umore nerissimo, con sintomi allarmanti di alienazione mentale!

Don Fiorenzo

È degno di tanta compassione, poveraccio!.. Bisogna proprio ch'io vada a fargli un po' di compagnia. Dammi licenza. (Sta per andare.)

Giulio

Ma bada che ce l'ha anche con te.

Don Fiorenzo

(sostando) Con me?!

Giulio

Sì, perchè non gli hai voluto dare il permesso di suicidarsi. Abbi pazienza: com'è che ti è saltato in mente di non darglielo?

Don Fiorenzo

(stringendosi nelle spalle con malinconica mitezza) Non sono permessi che posso dare io.

Giulio

Del resto, quello è un ometto da fartela in barba! Una delle sue fissazioni è di sbarazzarsi di sè stesso, e, giacchè si vanta, più che mai, di essere ateo, quando meno te lo aspetti egli si accopperà come se niente fosse.

Don Fiorenzo

No, Giulio! Non dirlo nemmeno per celia!

Giulio

(con severità buffonesca) E tu, intanto, invece di pregare per la sua conversione, ti metti a fare dei sogni… che chi sa poi quali sogni sono!

Don Fiorenzo

Eh, mio caro, il tuo ammonimento mi tocca assai più che non possa parere. Da un certo tempo in qua, sono distratto… sono distolto dalle mie cure…

Giulio

Vade retro, Satana!

Don Fiorenzo

Lascia stare Satana. Lui non mi dà nessun fastidio.

Giulio

Fiorenzaccio, io pretendo di sapere i particolari del tuo così detto incubo!

Don Fiorenzo

Ricominci con gl'interrogatorii?!

Giulio

T'impongo di rivelarmi quello che sognavi!

Don Fiorenzo

(diventando di scatto quasi tragico) Ma che sognare! Ma che sognare! Non sognavo, no! Vedevo! E non era la prima volta che vedevo!.. Dal giorno in cui tu m'inducesti ad accennarti la mia follia di studente romantico, la stessa immagine che quel giorno rievocai mi riappare dinanzi sempre che cerco di concentrarmi nella preghiera. E mi riappare così evidente, così vera, così viva, così vitale che io mi sento ricacciare, anima e corpo, nel passato di venti anni fa. L'illusione che i miei occhi compongono ha la consistenza precisa di un fatto reale. In quei momenti, io ho la certezza profonda che quella donna sia lì, lì, dinanzi a me, come per invocare soccorso contro l'infamia dell'uomo nefasto a cui la conobbi doverosamente fedele. Ed io ritorno, in quei momenti, alla mia giovinezza, io ritorno alla mia libertà, io ritorno alla mia follia primaverile, e per di più, nella singolare illusione, concepisco speranze che venti anni addietro non osavo concepire!.. Ma ecco che, all'improvviso, una chiaroveggenza nascosta dà a tutto ciò la fisonomia della tentazione e dell'insidia. Io mi spavento. Chiudo gli occhi. Continuo a vedere. Mi agito, mi dibatto, m'insulto, mi percuoto, e continuo a vedere, continuo a vedere, continuo a vedere… finchè non riesco a fuggire distaccandomi da lei con uno sforzo disperato, e allora, finalmente, rientro in me stesso e mi metto in salvo! (Breve pausa) Ora, per esempio, sono al sicuro. Dov'è la mia giovinezza?.. Dov'è la mia libertà?.. Dov'è la follia primaverile?.. Più nulla!.. Un piccolo sfogo col fratello compiacente, un po' di pazienza in saccoccia per gli eventi della giornata… e una visitina al vedovo infelice per ottenere che egli perdoni al prete inetto di non averlo ancora saputo conquistare a Dio.

Giulio

(togliendosi la paglia e sedendo serio, quasi pensoso) Sì, mio buon Fiorenzo, vai, vai a fare la tua pietosa visitina. Ma non trattenerti a lungo, ti raccomando. Io t'aspetto qui.

Don Fiorenzo

Perchè?

Giulio

Per niente. Ho piacere di stare con te. Ogni volta che mi parli, mi fai del bene. Quando non ti vedo, quando non ti ascolto, io ricasco nella mia frivolezza, e poi me ne dolgo, me ne irrito!

Don Fiorenzo

Ma tu, al contrario, mi farai il favore di ricascarci, perbacco! O che? Per causa mia ti vuoi mummificare?! Non ci mancherebbe altro!.. Lascia che dentro l'anima ti frulli! Ridi, salta, canta, fatti sempre bello come oggi, porta in giro, nella luce meridiana, i tuoi trent'anni… e, se fioriranno gl'idillii villerecci sul tuo cammino, non prendere troppo sul serio… la buona condotta che mi feci promettere. Tanto, anche senza il permesso di Don Fiorenzo, il mondo seguiterà ad andare com'è andato sempre. (Animandosi) Stavi per uscire. Non esci più?

Giulio

No, non stavo per uscire. Ho già passeggiato lungamente stamane.

Don Fiorenzo

E passeggia ancora! Passeggia! (Gli rimette la paglia in testa e lo costringe ad alzarsi) Su! Su!.. È cominciato un giugno che serba tutti i dolci profumi del mese di maggio. Vatteli a godere! E ti voglio dare un garofano più sfacciato, più audace. (Corre svelto al balcone e ne coglie uno rosso fiammante.) Audace come il fuoco!.. Audace come la fiamma! (Indi, sostituendolo a quello che Giulio porta all'occhiello) Guarda che bellezza!.. Rosso su bianco!.. La fiamma fra le nevi!.. Ti va a meraviglia!.. Sei magnifico!

Giulio

(con un compiacimento un po' malinconico) Ma sta' zitto!

Don Fiorenzo

(arricciandogli un po' i baffi e calcandogli la paglia da un lato) E poi… baffetti rubacuori… cappello a sghimbescio… e passo di bersagliere! Avanti!.. March!… Alla conquista dell'universo! (Ride forte per mostrare un'allegria che cerca invano di sentire.)

Giulio

(ridendo anche lui con poca voglia di ridere) E sentirai che squilli di vittoria!

Don Fiorenzo

(sospingendolo fino alla porta) Ohè!.. Fate largo! Fate largo!.. Fate largo!.. Passa l'Amore!

Giulio

Sì, fate largo, perchè l'amore è una bestia pericolosa!..

(Ridono, ancora, tutt'e due separandosi sul pianerottolo.)

Don Fiorenzo

(entra nella casa di Sebastiano.)

Giulio

(discende le scale.)

Barbarello

(sbucando dal suo nascondiglio, contento di essersi saputo nascondere, ride alla sua volta. – La sua risata debole e lenta sembra un'eco in ritardo del riso dei due fratelli. – Indi, tace a un tratto, tendendo l'orecchio verso la porta. E aspetta.)

SCENA III

Annita

(comparisce, titubante, sul pianerottolo.)

Barbarello

(nel vederla, retrocede, curvandosi un poco in atto di rispetto e cercando di articolare qualche parola, che resta indistinguibile nelle modulazioni stentate della sua voce.)

Annita

(come incoraggiata dalla presenza di Barbarello) È permesso?

La voce di Giulio

(dal cortile) Sì, signorina, è permesso.

Barbarello

(ha in tutto il corpo una contrazione rabbiosa, e, in silenzio, con una velocità e una leggerezza di gatto, fugge nella stanza attigua.)

Annita

(si è voltata verso le scale con un lieve sussulto.) Ma io non so, signore, se Don Fiorenzo sia in casa.

Giulio

Favorisca, la prego. (La raggiunge, le passa davanti ed entra togliendosi il cappello.) Favorisca… Io l'ho raggiunta apposta per non farla andar via. È vero che lei, viceversa, si è decisa a venir su precisamente perchè ha visto uscire me…; ma spero che non mi vorrà mortificare evitandomi anche nel domicilio di mio fratello. Non merito tanta diffidenza.

Annita

(si avanza cauta ed impassibile sotto quel suo velo di mestizia, cercando vagamente con lo sguardo Barbarello.) Non ho nessuna ragione per evitarla. Ma… se suo fratello non c'è…

Giulio

Fiorenzo è qui accanto, dal suo amico Sebastiano. Non potrà tardare molto.

Annita

Allora, mi farebbe il favore di avvertirlo?

Giulio

Avvertirlo immediatamente sarebbe inutile. So che si tratterrebbe lo stesso. Lo avvertirò fra qualche minuto. Si accomodi, intanto. Se me lo ha detto con sincerità di non avere nessuna ragione per evitarmi, cominceremo, finalmente… a conoscerci, o, meglio, a rendere più socievole una conoscenza che finora è stata troppo simile alle ombre di questi piccoli boschi e alle asprezze di queste rocce. (Offrendole una sedia) Non vuole accomodarsi?

Annita

Ma sì… Grazie. (Siede.)

Giulio

(sedendo, dopo di lei, a rispettosa distanza) Veda, è da stamane che io ho pensato: «oggi parlerò con la signorina misteriosa»… L'ho chiamata sempre così… Non se ne dispiace?

Annita

Non me ne dispiaccio.

Giulio

(celiando) C'era forse la voce del destino nel mio pensiero? Chi sa! Un mese di soggiorno in questi luoghi, dove tutto è piuttosto fantastico e suggestivo, mi fa già credere alla probabilità che ci sia un destino… con la relativa voce. Il certo è che, tornando dalla mia passeggiata mattinale, ho incontrata lei qui presso in uno scorcio angusto che non le consentiva la necessaria disinvoltura per mettersi in fuga come di solito. Non le nascondo che avrei avuta l'impertinenza di rivolgerle la parola se non avessi veduto accoccolato, poco lontano, quel ragazzaccio mezzo ebete e mezzo furbo, che, non saprei dirle perchè, mi paralizza, mi dà soggezione. Ma, anche dopo, «la voce del destino» ha insistito. E, in realtà, ecco che io le parlo e, quel che più importa, lei mi ascolta. (Poi, quasi con umorismo) Cioè… Mi ascolta o non mi ascolta?

Annita

Sì, l'ascolto.

Giulio

Come può ascoltare la «signorina misteriosa»!

Annita

(sorride appena.)

Giulio

(vivamente) Ha sorriso?!

Annita

No.

Giulio

Io le assicuro che lei ha sorriso. Ha sorriso poco poco poco, ma ha sorriso. Ho visto, in un attimo, come passare un lumicino dietro i vetri chiusi di una piccola finestra oscura. Un lumicino che passa! Le pare nulla? Deve pur esserci la mano che lo ha acceso. E dunque non è addirittura insperabile che la stessa mano conceda d'illuminare la finestretta di una luce meno scarsa e meno fugace. Che non sia facile ottenere questa concessione, è perfettamente giusto; ma sono qua io per fare del mio meglio. «L'importuno vince l'avaro». Lei non lo immagina nemmeno come io sappia essere importuno!.. E forse io non immagino… come lei sappia essere avara. (Mutando) Avara, del resto, di che?.. Rifiuterebbe, per esempio, di dirmi, intanto… il suo nome?.. Non altro che il suo nome… di battesimo?

Annita

Sì.

Giulio

E perchè?

Annita

(severa, ma involontariamente graziosa) Perchè, certo, lei lo sa già.

Giulio

(con affettata energia) Nego assolutamente! E poi… in che modo avrei potuto saperlo? Chiedendolo – mettiamo – al postino che le reca la non abbondante corrispondenza?

Annita

Forse.

Giulio

Il postino mi ha calunniato! E, difatti, se lei mi dicesse un nome falso, ci crederei e mi lascerei ingannare.

Annita

(con semplicità, come per troncare cortesemente) Io mi chiamo… Annita.

 
Giulio

(di scatto) Ma questo è il nome vero! (Tappandosi immediatamente la bocca con le dita) Uh!.. che bestia!

Annita

(sorride di nuovo.)

Giulio

Ha sorriso un'altra volta?!.. Ha sorriso un'altra volta?!.. Dio, che contentezza!.. (Alzandosi) Mi affretto a chiudere il mio primo conticino di importuno perchè non voglio rischiare di guastarmi il successo. In meno di cinque minuti, due sorrisi e il nome: è un successo inaspettato, è un successo enorme! Sì, il nome lo avevo già carpito al postino: questo è naturale; ma non so che cosa avrei dato per udirlo pronunziare da lei. Non ho dato che una minuscola bugia, e l'ho udito. Ora sì che posso dire di conoscerlo! Il nome di una donna non è veramente il suo nome che come essa medesima lo pronunzia. E lei, signorina, lo ha pronunziato deliziosamente. «Annita»!.. Ha prolungato un po' quell'i, lasciando poi cadere l'ultima sillaba. A me è parso… l'espressione melodica di una lontana stella cadente. (Con genuina delicatezza – impacciandosi alquanto – muta ancora.) E adesso lei potrebbe sorridere per la terza volta, ma io… a dirgliela schietta… no, non ne sarei troppo sodisfatto. Anzi… veda… ne avrei un senso di sconforto. Non sorride?.. Glie ne sono molto grato… Vado ad avvertire mio fratello… A rivederla, signorina.

Annita

(celando un moto intimo di sollievo, contraccambia freddamente il saluto:) A rivederla.

Giulio

(oltrepassa la soglia in fondo, e, sogguardando Annita, si avvicina all'uscio accanto. Sta per entrare nella casa di Sebastiano, ma si ferma. Preferisce di non entrarci. E resta sul pianerottolo, chiamando:) Fiorenzo!.. Fiorenzo!.. (Pausa) C'è qui… la signorina che voleva parlarti quel giorno… L'ho vista entrare e sono tornato indietro per riceverla. Ti attende. (Poi, per avere il pretesto di soffermarsi ancora, sempre sogguardando Annita, che non lo vede, si dispone ad accendere una sigaretta.)

Annita

(al lieve stridore del fiammifero stropicciato sulla scatola, ha come un leggero urto e, senza volere, si volta – per un istante solo.)

Giulio

Mio fratello viene sùbito, signorina.

Annita

(non ha nemmeno un gesto di ringraziamento.)

Giulio

(dopo avere accesa la sigaretta, accoratamente rassegnato, discende le scale.)

(Qualche nota del suo consueto motivetto zufolato si allontana con lui.)