Eccomi. (S'inchina a Clelia.)
(un po' in disparte, a Maturi) Ohè, domani mattina, avverti Narducci che io gli mando l'usciere…
S'intende bene. (E raggiunge gli altri.)
(si avvicina affettuosamente) Se ne sono andati. Sei contenta?
(dolce) Sì.
E come ti senti?
Molto meglio. (Gli dà la mano con cordialità.)Buona notte, amico mio.
(meravigliato) Mandi via anche me!
(con cortesia fredda) No… Resta, se vuoi. Anzi, mi fai piacere. Credevo che tu volessi andartene. (Pausa.) Io me ne sto ancora un pochino qui, zitta zitta, rannicchiata sulla mia poltrona. Tu, parla. Raccontami qualche cosa.
(scoraggiato) Che vuoi che ti racconti? Niente che ti possa interessare! (Fa qualche passo su e giù per la stanza, indi siede lontano da Clelia. – Dopo una lunga pausa) Clelia…
Gerardo.
Sei tu soddisfatta di me?
Che domande!
Sei soddisfatta di me?
Ma più che soddisfatta…
Ti manca nulla?
Nulla.
Indovino ogni tuo desiderio?
È vero, è vero.
Lesino forse sulle spese?
O che! Sei così largo, così galante…
E… farò anche di più…
Ma io non permetterò mai che tu ecceda!
(va a sederle accanto) Compreremo, sai, la pariglia di sauri inglesi che vende Ebe Michel… Ebe è in liquidazione. (Pausa.) Voglio che tu sii la più elegante di tutte. – Sei già la più carina… (Le prende le mani.)
(sforzandosi di essere gentile, dice di no col capo.)
(con espansione timida) Sì, sì, la più carina… la sola che sappia ammaliare un uomo come me…
(si turba.)
(ne tiene sempre le mani e le serra fra le sue)… perchè, tu lo vedi, io vicino a te divento un collegiale… un collegiale innamorato sino alle midolla, che si tormenta, che spasima e che…
Ahi, non mi stringere così… Le tue mani sono di ferro…
(alzandosi e raffrenandosi) … e che resta come uno sciocco alla prima resistenza!
(Lunga pausa. – Si alza lentamente.) Amico mio, non vi dispiaccia… Me ne vado a letto: sono un poco stanca. Arrivederci, eh?
(sogghignando e concentrandosi in sè) Arrivederci…
(attraversa pian piano la stanza, andando verso destra. Quando sta per oltrepassare la soglia, Carsanti la chiama.)
(timidamente) Clelia…
(si volta.)
(supplichevole) Un bacio…
(con finta disinvoltura) Volentieri. (Come Carsanti le cinge la vita col braccio, ella si stecchisce, e sfiora appena con le labbra il volto di lui, con evidente sforzo.)
(la bacia con paurosa tenerezza, poi, carezzandole i capelli) Sei molto stanca?
Sì…
… Senti… Tutto, tutto potrai ottenere da me! Abbi pietà! (L'abbraccia avidamente.)
(come presa da una paura invincibile, si svincola.)No! no! questo no! (Le si legge sul viso la sincerità della repulsione.)
(cerca reprimersi, ma poi, pallido di collera, scoppia.)Ah!.. nessuna vergogna, nessun dolore può eguagliare il supplizio di vedersi respinto come questa femmina mi respinge!.. Da venti giorni, io combatto con tutti i mezzi per piegarla, per conquistarla; da venti giorni, io la circondo di cure, di cortesie, d'affetto, io la colmo di denaro, di abiti, di gioielli… e lei mi sfugge, lei mi disprezza, lei mi offende concedendomi appena l'elemosina d'un bacio sdegnoso e mostrandomi sfacciatamente il suo disgusto, come se avesse oramai il diritto di succhiarmi il sangue per poi buttarmi via come un limone spremuto.
Calmati, Gerardo, te ne prego… non giudicarmi così… Ricordati, ricordati bene a quale condizione io accondiscesi…
Condizione assurda!
(altera) Assurda o no, voi e la vostra mezzana, insidiandomi, me la faceste credere possibile, ed io l'accettai. (Cambiando subito tono – con accento umile e remissivo) Non dico che adesso voi abbiate torto; ma, via, non potrete negare d'avermi stranamente ingannata… Sulle prime, m'avevate fatto supporre in voi un misto di generosità e di vanità, e io avevo creduto di potere essere da voi soccorsa non diventando… che la vostra vetrina. Pur troppo, non sono nuova alla vita: so che spesso noialtre creature frivole ed inette non siamo che l'insegna della maschilità e della vanità di chi ci prende in fitto. E questa idea, da cui tante donne si sentono offese, a me, invece, aveva sorriso. Ero più o meno colpevole delle altre? Non so. Diversa certamente: e questa è la vera causa di tutto ciò che accade. Diversa, sì, diversa… E quando mi sono accorta di essermi lasciata ingannare, quando mi sono accorta dell'assurdità delle mie illusioni, ho tentato di abituarmi al pensiero d'essere veramente vostra; ho tentato di ridiventare come sono le altre, come sono stata anch'io; ma qualche cosa di misterioso e d'invincibile me lo ha impedito inesorabilmente! Ora comprendo d'essere stata un'egoista e peggio, comprendo che debbo chiedervi perdono; e ve lo chiedo umilmente, umilmente…
(commosso) No, non chiedermi perdono. Non voglio. Mi basta che tu sii pentita… La tua umiltà (quasi stizzoso) mi molesta… Non voglio che tu sii umile con me! (Diventando mellifluo) E poi… perchè chiedermi perdono? Tu non sai quello che fai… Tu sei Cosuccia, non è vero? (ricominciando a carezzarla) … la mia Cosuccia, e io desidero che tu non ti tormenti, che tu non sciupi con le sofferenze questo bel visino… Io dimenticherò il male che mi hai fatto… io non oserò mai più di alzare la voce… E tu, anche, sarai buona… sarai la mia amica… la mia compagna… la mia amante… Sì? La mia amante?
(glacialmente solenne, scostandosi da lui) Amante, mai!
(acceso d'ira) Ah! vivaddio, ma io ti costringerò! (Sta per avventarsi su lei, afferrando una sedia.)
Bada: chiamo gente!.. mi metto a gridare dalla finestra!
(trattenendosi) Non temete… Non userò la violenza. Vi costringerò… (sinistramente) con tutta la cortesia che merita una pari vostra. (Poi imperiosamente)Scegli: o mi dici di sì, o io ti scaccio stasera stessa da questa casa!
(con esultanza pazza e baldanzosa) Ah! se non sai costringermi che così, io… sono salva!
(trepidante) Come!?
(trionfalmente) Me ne vado!
(sbalordito) Te ne vai?!..
(sempre più eccitata da una gioia mista di rabbia, va a dirgli sul muso) Sì, sì, me ne vado! Me ne vado! (Scoppia in una risata convulsa; indi, minacciosamente)Aspetta. (Corre nella sua camera da letto, uscendo dalla porta a destra.)
(resta fremendo, e passeggia concitato. È inferocito; ma dal suo volto traspare il desiderio vivo che ella non parta.)
(comparisce, rispettosamente, sotto l'arco della porta, in fondo.) Signore, posso spegnere i lumi?
(non si accorge di lui, e, assorto nei suoi pensieri angosciosi, si ferma presso un tavolino.)
(dopo avere aspettato invano la risposta, comincia, nella sala contigua, a rassettare i mobili e a spegnere i lumi. I battenti della porta sono tuttora spalancati.)
(risoluto, si precipita nella camera di Clelia.)
(grida di dentro:) No! Lasciatemi! Lasciatemi! Lasciatemi! (Poi, correndo, guardandosi indietro, avvolta in uno scialle, attraversa la stanza, ed esce per la porta a sinistra.)
(resta a spiare presso la porta, mezzo nascosto, attonito.)
Camera raccolta, modesta e pulita, senza tappeti, senza tappezzerie. Qualche poltrona di tela-pelle, altre suppellettili vecchie ma decenti. Una porta in fondo, una laterale. In un cantuccio, un piccolo cavalletto coperto, qualche tela, molti brandelli di stoffa, in disordine. Questo cantuccio è come il frammento d'uno studio di pittura. È sera. Sul davanti, una tavola tonda con un sostegno a tre piedi, coperta da un panno scuro. La tavola è illuminata da un vecchio ed alto lume ad olio con un gran cupolino di tela verde. Il resto della camera, nella penombra.
Presso la tavola, giocano a dama la signoraRenzi e il signorBrambini. Dall'altra parte della tavola, donBartolomeo è intento a ricamare un paio di pantofole su un telaietto. Mario ha dinnanzi molti giornali spiegazzati. Ne ha uno in mano e lo legge.Beatrice, seduta presso di lui, ha dinnanzi un cestino da lavoro e nastri e pezzi di mussola, e, ascoltando, cuce.
Avete giocato?
Sissignora, ho mossa questa pedina.
Ah! va bene. (Giocando) Dama!
State a sentire, dunque: (continuando a leggere a voce alta:) «La polizia, sempre tardi come i carabinieri di Offenbach, accorreva, e i signori Negrotti andavano cercando le tracce del notturno visitatore e andavano constatando le conseguenze della visita. Ma tutto era a posto. Si entrò ansiosi nella camera della signorina Margherita, una fanciulla sui diciassette anni, e la si trovò convulsa e piangente.»
Dio mio, che era accaduto?
(a Brambini che ascolta il racconto invece di giocare) Tocca a voi, capitano.
Ma, quello lì mi stordisce con la sua lettura.
(continuando:) «La fanciulla, sulle prime disse di avere udito un rumore e d'aver sospettato che un ladro si fosse intromesso in casa. Ma la finestra della camera era aperta; e la poverina, piangendo dirottamente, confessò…» (Impappinandosi per l'imbarazzo, interrompe la lettura.)
«Piangendo dirottamente»?.. Che confessò?
Che confessò?
Avanti, avanti… Andiamo…
(mettendosi subito il giornale in tasca) Niente, niente, don Bartolomeo.
Uhm! Ci avete lasciati sul più bello.
Proprio!
Ma che! Non ne valeva la pena: scempiaggini!
(a Brambini) Benedetto Dio, ora spero che baderete ai casi vostri.
Aspettate… Adesso, vi faccio una mossa magistrale, da quel vecchio capitano che sono.
(dando a tenere un lembo di mussola a Mario)Volete?
Sì, volentieri.
(taglia la mussola accuratamente.)
(gettando uno sguardo alla scacchiera) Eh! eh! la vostra tattica, capitano, è quella di quarant'anni fa.
(a Mario, alzandogli la mano) Un po' più su… Bravo, così. (Poi gli dà a tenere un altro lembo di mussola, per tagliarla.)
(a Bartolomeo, in tono canzonatorio) Che cosa lavorate, don Bartolomeo?
Un paio di pantofole, a servirvi.
Ebbene, pensate alle vostre pantofole, voi!
Io soffio, mangio e faccio un'altra dama.
Da quel vecchio capitano che siete, vi fate battere, se non vado errato. Veramente, da buon capitano borbonico, dovreste piuttosto capitolare.
(un po' sul serio) Meglio capitolare che tradire, maestro mio… (Giocando) Faccio anch'io dama.
Troppo tardi!
(a Beatrice, gentilmente) Basta?
(togliendogli di mano la mussola) Sì, basta. Grazie.
Eh! sì, (riflettendo) troppo tardi…
Siete tardigrado, caro capitano… Io, già, trattenuto sempre dai miei… sacri doveri di maestro di ballo, non ho mai fatto il soldato e tanto meno il comandante… Ho comandato, al più al più, qualche quadriglia, quando le quadriglie si comandavano… Ora non usa più… e le quadriglie si ballano a memoria… Ma, lasciamo andare… Volevo dire, a proposito della vostra lentezza, che se fossi stato un comandante, un pezzo grosso, insomma, nell'esercito, avrei introdotto nella milizia la scuola di ballo… (Gli altri ridono.) E c'è poco da ridere. Essa rende svelti, leggeri e veloci.
(canzonando) Scommetto che avreste introdotto nella milizia anche una scuola di ricamo.
E perchè no?.. Con l'avvenire non si scherza… Io, per esempio, ora che non trovo più da lavorare coi piedi – perchè al giorno d'oggi tutti sanno ballare sin dalla nascita – lavoro con le mani.
(vantandosi e facendo l'ultima mossa) Mi dispiace, ma ho vinto io!
E si capisce!.. Mi fanno distrarre maledettamente: quello lì col giornale, quest'altro col ballo e col diavolo che se lo porti!.. Ma, adesso, la pace, veh! Una partita seria e mi ci metto di puntiglio.
Sì, sì, il signor don Bartolomeo è pregato di tacere…
(alzandosi) E io, intanto, vado a fare due passi e a fumare un sigaro. (Affettuoso) Voi, Beatrice, non avete più bisogno di me?
Bisogno, no…
(dandole la mano) Allora, permettete?
(graziosamente) Permettiamo.
(a lei) Se non vi ritrovo qui al mio ritorno, vi rivedrò certamente prima che andiate a letto: è vero?
Ah! la solita cantatina dell'ultim'ora?
Ma stasera la vogliamo allegra, la cantatina.
Vi obbedirò.
Buona sera, capitano. Buona sera, don Bartolomeo. Vi raccomando: zitto, lasciateli giocare. (Alla signora Renzi) Mamma, vuoi che comperi le pasticche per questa notte?
Ma se non ho più tosse.
Sarà sempre meglio averne in casa. Arrivederci, mamma. (Via dal fondo.)
(dopo aver aggiustato le pedine) Ci siamo.
Ci siamo. (Sta per giocare.)
Oh! scusate, la prima mossa spetta a me.
Non gli date quartiere, signora Maria.
(con uno sguardo di rimprovero, a Bartolomeo)Be'?..
(chiudendosi le labbra con le dita, borbotta.) Vado a sedermi lontano. (Si alza.) Se resto qua, tanto, io mi conosco, alla tentazione di parlare, non ci resisto. (Va a posare il telaietto sopra un piccolo tavolino molto distante dalla tavola. Canticchiando la mazurca del Ballo in maschera, cava di tasca un mozzicone di stearica e lo accende.) Taran, taran, taran, taran, tarèra… (Fa colare un po' di cera sul tavolino, e, sulla cera colata, mette il mozzicone acceso. Indi, ricomincia a lavorare.) Oh! benissimo! Ciascuno per sè e Dio per tutti… Taran, taran, taran, taran, tarèra… (Pausa) Silenzio generale. (Brontolando:) Il momento è solenne: le sorti della patria sono in pericolo.
(assorto nel gioco) A vele gonfie!
(che, cucendo, si è interessata alla partita e ha guardato la scacchiera dietro le spalle della signora Renzi, avverte a un tratto:) Attenta, attenta, signora Renzi!.. Dovete soffiare.
Bella prodezza! Due contro uno!.. E tu, birichina, (celiando) ti metti a combattere tuo nonno? Vattene di lì!
Venitevene qua anche voi, signorina Beatrice. Lasciate che il nonno perda tranquillamente quest'altra partita.
E voi possiate perdere la lingua!
Sì, maestro, ora me ne vengo da voi per non cadere in contravvenzione. (Si alza e, portando seco il lavoro, va a sedere accanto a don Bartolomeo.)Santa pazienza!
Oh! si respira!..
(a Beatrice) Vicino a me, vicino a me. Parliamo un po' di cose gravi.
Cose gravi non ce n'è.
Uhm! (Abbassando la voce) Come va la faccenda?
Quale?
(furbescamente) Quella del cuore… Il frutto mi sembra maturo: coglietelo a tempo.
(compiaciuta) Non vi comprendo.
Eh! non tante storie! Che gli volete bene, se ne accorgono anche i muri.
(sospirando) E se pure ciò fosse vero, a che basterebbe?
Andate là. Anche lui c'è entrato, oramai. Vi dico che il frutto è maturo. Io me ne intendo. Bisogna fare in modo che egli si decida, ecco. Volete che, con garbo, glie ne parli io?
Per amor di Dio, non fate questo!
(che, più del capitano, è vicina a Beatrice e a don Bartolomeo, ode qualche parola, e vorrebbe udir meglio.)
Che male ci sarebbe? Anzi! Un amico comune è la persona più adatta a stringere, come suol dirsi, i sacchi.
No, don Bartolomeo, no! no! Io tremo al solo pensarci.
(alla signora che si distrae per udire) Ma ora siete voi che vi distraete.
(a Beatrice) Tremare! Nientemeno che tremare?
(accalorandosi) Sicuro! Si trema quando si sta per sentire la parola che deve dare tutto o togliere tutto!
(ha udito, ed esclama senza volerlo:) Cara!
Avete detto?
Niente! Giocate.
Io ho giocato e ho fatto dama; ma voi… dove avete la testa?
Via, non vi arrabbiate. (Giocando e parlando piano) Vi dirò poi un'altra volta dove ho la testa, e sono certa che mi assolverete.
Provvisoriamente, vi mangio due pedine e vado avanti.
(a Bartolomeo) Vi siete ammutolito?
Mi sono ammutolito perchè con voi non c'è mezzo di spiegarsi… Dovreste intendere che se don Bartolomeo parla, ne ha le sue buone ragioni. (Quasi all'orecchio di lei) Insomma… insomma, stamane, il signor Mario è venuto su, da me, a farsi prestare, com'egli ha detto, un po' di sole per mettere non so che tinte a un suo bozzetto. Quaggiù, poveraccio, al primo piano, egli non ha altro sole che quello che gli mandate voi dalla finestrella dirimpetto…
(abbassa gli occhi e il capo, arrossendo.)
Inutile arrossire, adesso: rossore sprecato! Egli, dunque, è venuto da me, e mentre imbrattava una tela, io ho cominciato a stuzzicarlo: – «Signor Mario, se allo stesso piano vostro non abitassero quei due occhi che sapete, io vi proporrei uno scambio di case. Tanto, io, del sole non so che farmene, e, quanto a ballare e a ricamar pantofole, so farlo anche all'oscuro.»
(ascoltando acutamente) E lui?
Lui: – «Non vi preoccupate, don Bartolomeo: quelli lì, vicini o lontani, nessuno me li porta via.»
Ah?
«E se io, signor Mario, volessi farvi la concorrenza?» – scherzavo, capite?
Capisco!
Per tutta risposta mi ha azzeccata una pennellata di biacca sul naso. (Si tocca il naso come per constatare il fatto.)
(giocando) Povera Signora Maria, è bell'e spacciata!
Ma io gli ho detto: – «Ohè, badate, giovinotto, di non far troppo il gradasso. Io ho un vantaggio su voi.» «Quale?» – m'ha domandato. Ed io, subito: «Le ragazze cercano il marito! il marito!, e appunto io, (eccitandosi) mi voglio ammogliare.»
Bravo! E lui? lui?
Lui mi si è accostato affettuosamente e mi ha fatto: «Vecchio volpone, so che mi siete affezionato e m'accorgo che volete scandagliarmi a fin di bene.» E, con la voce un po' commossa, m'ha soggiunto: «Don Bartolomeo, gli uomini non sentono veramente il bisogno di prender moglie che quando hanno trovata la donna che amano forse non piùdelle altre, ma… meglio delle altre.»
(ansiosissima) E allora?
(emozionato) Allora, s'intende, io ho arrischiata la domanda decisiva: «E voi – gli ho detto – l'avete trovata, questa donna?»
(inebriandosi del gioco) Caricat'arm!
(perplessa) Che ha risposto?
(mal riuscendo a frenare la voce vibrante di tenerezza)Perbacco, signorina Beatrice, la sua bocca ha taciuto, ma i suoi occhi, per quanto è vero Dio, m'hanno detto di sì!
(levando un po' la voce nello slancio della gioia)Ah, don Bartolomeo, vi abbraccerei!
(ha udito le ultime parole di don Bartolomeo, e, presa da una gioconda commozione, prorompendo simultaneamente allo slancio di Beatrice, esclama:)Ma sì, ho perduto, capitano, ho perduto… Mangiatevi quest'altre pedine, e non se ne parli più! (Alzandosi e ridendo) Ah! ah! ah! Che battaglia! Che battaglia!
Che trionfo!
Sì, che trionfo! (Cambiando tono, a Don Bartolomeo)E voi, maestro, che avete borbottato sinora? Che avete fatto da meritare – almeno, così m'è parso d'udire – il desiderio d'un abbraccio?
Che ho fatto? Un bel mestiere, signora Maria, un bel mestiere!
Beatrice, che ora è?
(guarda il suo orologetto.)
(piano alla signora Renzi) Le ho parlato d'amore…
(avvicinandosi a Brambini) Nonno, sono le nove e mezzo. (Resta presso di lui, aggiustandogli il soprabito.)
(in disparte, a don Bartolomeo, celiando) Le avete parlato d'amore! Con quel viso e con quegli anni?
(tristemente) Eppure, il cuore non domanda permesso al viso nè agli anni quando vuole voler bene… Ah, signora Maria, quante cose ridicole sono molto serie!..
(stringendogli la mano) Siete un brav'uomo!
Sicchè, io vi lascio.
Per me è ora canonica, e vi lascio anch'io. (Prende con una mano il telaietto e con l'altra la candela accesa.)
Di già?
Eh! stasera si lavora perchè siamo alla fine del mese… Da trent'anni che sono amministratore del marchese Bonaldi, non ho mai cominciato un mese senza chiudere i conti di quello precedente.
(in un tono di declamazione umoristica) E, riconoscendo i vostri meriti, il marchese Bonaldi, un giorno o l'altro, vi otterrà dal vostro ex re la promozione a… generale borbonico… al riposo!1.
Mi meraviglio che, come maestro di ballo, non siate ancora neppure commendatore!
Nonno, vorrei restare un pochino a far compagnia alla signora Renzi.
Resta, se vuoi.
(alla signora Renzi, salutando) Signora mia, buona notte! (A Beatrice) Signorina Beatrice… cantatina allegrissima, stasera! Io, lassù, non la sento; ma, tanto, (mostrando la candela) mi rassegno anche a questo.