Tasuta

La famiglia Bonifazio; racconto

Tekst
iOSAndroidWindows Phone
Kuhu peaksime rakenduse lingi saatma?
Ärge sulgege akent, kuni olete sisestanud mobiilseadmesse saadetud koodi
Proovi uuestiLink saadetud

Autoriõiguse omaniku taotlusel ei saa seda raamatut failina alla laadida.

Sellegipoolest saate seda raamatut lugeda meie mobiilirakendusest (isegi ilma internetiühenduseta) ja LitResi veebielehel.

Märgi loetuks
Šrift:Väiksem АаSuurem Aa

XIII

Una volta si diceva che il ridicolo uccide, ma l'esperienza ci ha insegnato che in certi casi il ridicolo rende immortali. E infatti si conoscono dei ministri, che passeranno alla posterità piuttosto per le caricature del Pasquino che per le pagine della storia, la quale non ha nulla da registrare sui meriti e sui profitti della loro autorità.

Ma nell'amore se il ridicolo non uccide, certo ferisce crudelmente, e un uomo, che ha arrossito d'una donna amata, non vorrà più farla sua moglie. Così almeno pensava Silvio riguardo a Maria, bella e buona ragazza, ma tanto rozza da non poterla presentare nella buona società.

Il problema: Metilde o Maria? era dunque sciolto a tutto vantaggio della prima, e oramai non mancava altro che di cavarne le conseguenze, e di finire la commedia come quelle del Goldoni, con un bel matrimonio.

Il giovinotto vi si decise raddoppiando la sua assiduità nella famiglia Ruggeri, e cogliendo ogni occasione favorevole per dimostrare la sua crescente affezione verso Metilde. E queste occasioni non gli mancarono a Venezia, ove tutto è sempre predisposto per le scene d'amore. Questa città silenziosa presenta ad ogni passo degli spettacoli stupendi, che predispongono la mente ed il cuore ai più teneri affetti. Le rive solitarie sul mare infinito, un passeggio sotto gli alberi dei giardini col panorama incantevole che sta dinanzi, una gita in gondola sulla laguna in bonaccia, in un giorno sereno, quando il cielo azzurro si riflette nelle acque tranquille; una serenata notturna sul gran canale, quando l'eco lontano ripete mollemente le soavi melodie, e i fuochi di bengala trasformano quei palazzi in un mondo fantastico; un chiaro di luna sui marmi dei monumenti, una notte stellata davanti il molo quando gli astri si riflettono con tremula luce nella laguna, e si confondono colle strisce di luce oscillante riflessa dai fanali.

In quei momenti, in quei siti Silvio e Metilde s'intendevano con uno sguardo, col tocco della punta d'un piede, e si sentivano beati d'essere insieme, senza rompere un silenzio tanto eloquente alle loro sensazioni.

La signora Emilia vedeva con piacere i progressi di quella reciproca inclinazione, ne prevedeva il fortunato scioglimento, e cominciava a pensare al corredo. Per lei, a completare quella affezione, che verrà consacrata dalla religione e dalla legge, giudicava indispensabile… una mantiglia di velluto a pizzi di Brusselles per l'inverno, e un cappellino, modello di Parigi, e intanto studiava i figurini dei giornali di mode, e indicandone qualcuno a Metilde le diceva:

– Guarda questo come è grazioso e distinto. Se le cose si faranno presto, ti andrebbe a meraviglia.

– Abbiamo tempo da pensarci, mammina.

– Ma infine, bisogna pure che si decida… mi pare che ci abbia pensato abbastanza… non conviene prolungare troppo questo assiduo corteggio senza una domanda formale… per riguardi verso il mondo… e anche perchè è una vera schiavitù… e mi secca di starvi in guardia… tu devi fargli comprendere le convenienze, e che si spieghi.

Quantunque ripugnasse a Metilde di uscire dall'ideale per entrare nei discorsi concreti, tuttavia dovette obbedire alla mamma, e fece comprendere all'innamorato la necessità di chiedere l'approvazione dei genitori, per avere la licenza di presentarsi in casa, con un titolo che giustificasse la sua assiduità, e rendesse legittima la loro affezione. Silvio decise di partire per la campagna, per comunicare al padre le sue intenzioni, e pregarlo di venire a Venezia a fare la domanda formale.

Partì, promettendo un pronto ritorno; e intanto le signore visitarono alcuni negozi di mode, per informarsi delle ultime novità, prendere dei campioni, vedere le stoffe, i cappellini da città e da viaggio, e tutto quello che sarebbe indispensabile per una sposa elegante.

Nello stesso tempo il giovinotto annunziava al padre la sua scelta, che veniva accolta con esitazioni e dubbiezze poco lusinghiere. Papà Gervasio, colla sua innata bonarietà, gli fece considerare tutti gli ostacoli che si frapponevano a quel matrimonio. Prima di tutto la ragazza non si sarebbe mai rassegnata a vivere in campagna; e questo era il sogno paterno, di raccogliere la famiglia d'intorno, di vivere e di morire fra una corona di nipoti.

– Per ora no, gli rispose il figliuolo, per ora mi sarebbe impossibile di obbligare Metilde a questa vita; ma io pure non intendo di rinunziare immediatamente alla città. Col tempo vedremo di combinare ogni cosa, intanto non voglio aver studiato per nulla, la professione e le corrispondenze ai giornali mi assicurano dei guadagni che sarebbero totalmente perduti, se io venissi ad oziare in campagna.

– Allora i tuoi proventi uniti alla dote ti basteranno per vivere?

– Questo non lo so, perchè ignoro l'importanza della dote. Se devo giudicare dai grossi guadagni dello studio, l'avvocato deve essere ricchissimo, ma non so come impieghi i suoi capitali, nè quanto profitto ne ricavi. Deve avere le cassette piene di rendita pubblica, ma non dice niente a nessuno, e forse nasconde i suoi tesori, per isfuggire all'avidità dell'agente delle tasse.

Papà Gervasio sospirava, e diceva:

– Io avevo la speranza che tu avresti sposato una donna semplice; le ricchezze non mi hanno mai fatto voglia, non le credo necessarie per vivere felici. Una modesta agiatezza è più opportuna alla pace della casa, e avrei voluto vederti qui, occupato dei tuoi affari, nel seno d'una famiglia tranquilla, onesta, contenta…

– Questo potrà venire col tempo, gli rispondeva Silvio, passati i primi anni in città, potrò in seguito persuadere la mia Metilde a ritirarci in campagna. È così buona, ama tanto la bella natura! Quel giorno dello scorso autunno, che siamo venuti in campagna, nella ferrovia da Mestre a Treviso, essa guardava sempre fuori del finestrino, mi fece osservare una misera capannetta affumicata fra i campi in un luogo deserto, e mi disse: – due amanti sarebbero felici in quel sito! – Verrà un giorno che sarà più contenta di questa casa.

– Intanto io divento vecchio, osservò Gervasio.

– Vecchio alla tua età! hai tempo da aspettare, e poi da vivere con noi lungamente…

– Sono sempre sofferente, i miei benedetti intestini mi danno tante molestie, guai al minimo disordine…

– Affari nervosi… affari nervosi… me lo ha detto il medico…

– Ah i medici!.. non mi parlare dei medici. Si servono sempre dei nervi… dei loro malati, per dissimulare le verità affliggenti, e consolare chi soffre col balsamo della speranza.

– Non occupiamoci di malinconie…

– In conclusione non posso negarti che questo matrimonio non è quello che avrei desiderato per te e per noi tutti, ce n'era un altro migliore… senza andarlo a cercare lontano…

– Caro papà, i matrimoni sono quasi sempre un avvenimento improvviso, trascinato da circostanze imprevedibili e imprevedute, come i numeri del lotto, e tanto pel matrimonio che per il lotto bisogna lasciare i sogni…

– Non posso darti torto intieramente, e non intendo contrariare le tue inclinazioni, nè importi una sposa. Dimmi dunque che cosa devo fare per contentarti?

– Devi farmi il favore di venire a Venezia per domandare alla famiglia Ruggeri la mano di Metilde per tuo figlio, mostrandoti anche soddisfatto della mia scelta…

– Questo s'intende…

– Devi darmi una somma sufficiente al mio impianto, per comperare i mobili, ecc. ecc., e aggiungere qualche cosa alla mia mesata…

– Non hai fatto dunque nessuna economia, coi compensi dei giornali?

– Non ho il becco d'un quattrino!..

– Io pure ho le tasche vuote. Pare che la terra sia esaurita dopo tanti secoli di fecondità, e le meteore ci perseguitano con desolante persistenza. Brine, grandini, siccità, siamo ridotti agli sgoccioli; i coloni non sono più in caso di pagare il fitto, e mancano del necessario per vivere, le imposte sono esorbitanti, il possidente deve consegnare all'esattore tutte le sue rendite, e resta colle mani piene di mosche… non posso offrirti che queste pel tuo matrimonio.

– Dunque ti opponi alla mia domanda?..

– No, ma ti domando alla mia volta come si fa?

– Se non abbiamo denaro abbiamo dei campi. Non potresti contrarre un mutuo?

– Sarà il terzo in pochi anni. Ci costerà il sette per cento con ipoteca, e la terra ci dà appena il tre, siamo dunque sull'orlo del precipizio!

– Verranno giorni migliori, io saprò farmi una posizione, pagherò tutti i debiti, toglierò tutte le ipoteche…

– Che il cielo te la mandi buona, intanto camminiamo a gran passi verso la rovina!..

Anche la nonna trovava che la signorina Metilde era un poco pretenziosa, avrebbe forse una bella dote, ma con molte esigenze. Tuttavia la buona vecchia benediceva gli sposi, augurava ogni bene, e prometteva di pregare ogni giorno per loro, come faceva per tutti.

Maria, con fiero cipiglio, presentò al cugino le sue congratulazioni, perchè sposava una gran signora, degna di lui, si studiava di dissimulare la stizza che la mordeva, ma tradiva lo sforzo coll'ironia del linguaggio, e le troppo affettate dimostrazioni d'indifferenza.

Quando credeva di non essere veduta, accarezzando Argo con tenera sollecitudine, una lagrimetta le spuntava sul ciglio, e le scorreva sulle guancie; ma appena udiva rumore si ricomponeva, e continuava a mostrarsi tutta intenta alle solite occupazioni di casa.

Papà Gervasio andò a Venezia a fare la domanda formale e fu ricevuto dai Ruggeri con mille cortesie. Fecero un bel pranzo di famiglia, e alla sera ebbe luogo la presentazione dei fidanzati agli amici, con profusione di rinfreschi, dolci, sorbetti e vini squisiti.

Qualche giorno dopo papà Gervasio trovava anche il denaro e lo portava al figliuolo per le spese d'impianto, e venne fissata l'epoca precisa per la firma del contratto e le nozze.

 

La signora Emilia e la figlia si misero in traccia dell'appartamento girando tutto il giorno per Venezia, salendo tutte le scale delle case dove c'erano locali d'appigionarsi.

Silvio le pregava d'evitare le calli ristrette, e raccomandava un prospetto pittoresco ed aperto, che si vedesse la laguna ed il sole.

La signora Emilia fingeva di volerlo contentare, ma non dava retta alle sue ciarle. Essa voleva che l'appartamento della figlia fosse vicino alla sua casa, e poco lontano dalla piazza.

Pensava che l'idea di voler vedere la laguna era una vera mania senza costrutto, di quelle ubbie ridicole di giovinotto egoista che non pensa alla moglie, la quale restando molto in casa, deve preferire un sito frequentato, per godere il passaggio della gente, che distrae dai pensieri tristi nelle ore d'ozio, e nei giorni piovosi quando non si può uscire per le visite o pel passeggio. In quanto al sole non bisognava pensarci nemmeno per due motivi, prima per non salire sotto ai tetti, e poi perchè all'estate sarebbe troppo caldo, e nelle camere oscure si sta più freschi, e le donne ci guadagnano un maggiore prestigio; l'ombra è favorevole alla tinta del volto, nasconde i piccoli disordini, come il velo, e rialza l'aspetto della persona nell'ambiente misterioso. Metilde tentava di secondare i desideri del fidanzato, si sarebbe sacrificata volentieri per soddisfarlo, ma la signora Emilia era irremovibile nelle sue opinioni, e le imponeva con fermezza.

L'appartamento venne appigionato senza consultare lo sposo, la signora Emilia si giustificò dicendogli che non c'era tempo di mezzo per avvertirlo; un'altra famiglia, innamorata del locale, attendeva alla porta impaziente per impadronirsene se non avessero subito chiuso il contratto. Non bisognava lasciarselo sfuggire, perchè non ce n'erano di migliori, e conveniva per varie ragioni.

Silvio corse a vedere il suo nido futuro, e ne uscì mortificato.

Era oscuro, con un prospetto di case opprimenti a breve distanza, era rumoroso e frequentatissimo, ed aveva dirimpetto le botteghe più antipatiche. Un salumiere, con una frangia di salsiccie sulla porta, che esponeva in vetrina una testa di maiale con un limone fra i denti, in mezzo a due colonne di formaggio; e un beccaio che metteva in mostra la sua merce sanguinolenta, dei pezzi di carne floscia, coi muscoli scorticati, delle testine pallide di vitello cogli occhi stravolti dalla morte, degli agnellini cogli occhi fuori dal cranio sanguinoso col ventre aperto, dei cuori, dei fegati, dei polmoni appesi ai ganci, come trofei d'un massacro.

Si lagnò alquanto con Metilde, che gli diede ragione, ma non aveva osato contrariare la mamma. Osservò sommessamente alla futura suocera che il salumiere e il beccaio gli facevano orrore; ma essa lo confutò trionfalmente, burlandosi di lui che mangiava con molto appetito ciò che gli faceva ribrezzo. Secondo lei erano idee strane, debolezze, e pregiudizii ridicoli.

Che cosa poteva fare? non c'era più rimedio, dovette rassegnarsi, riservandosi la scelta delle tendine destinate a nascondere quel nauseante spettacolo. Egli aveva paura che la signora Emilia gli mettesse davanti agli occhi qualche altra scena turpe o affliggente, come se ne vedono tante, dipinte sulle tendine, Otello che uccide Desdemona, Giuditta che taglia la testa ad Oloferne, o il sotterraneo delle tombe con la morte di Giulietta e Romeo.

Comperò due vedute della Svizzera: il castello di Chillon sul lago di Ginevra e un châlet sulle rive d'un torrente, fiancheggiato d'abeti, con un fondo di montagne nevose, e due bei parchi con fiori e fontane sul davanti, e dei viali tortuosi che si perdevano nei boschi. Ma la signora Emilia lo criticò acerbamente, canzonandolo per la sua ingenuità puerile, dicendogli che non poteva fare una scelta peggiore, e cercava di persuaderlo che nessuno voleva di quelle tende, pel motivo delle tinte verdi che smaccano il colore della pelle, e fanno gran torto al viso delle donne.

Era inutile lottare con quella signora, che sapeva difendersi meglio del marito avvocato; era più prudente capitolare alla prima, e lasciarla libera di fare alto e basso a suo piacimento. Così fu convenuto, ed essa si occupò dei mobili, delle tappezzerie, e di tutti gli arredi necessari, colla sola condizione di conservare le quattro tendine.

Dopo questo patto, Silvio dichiarato inabile a simili imprese, venne escluso da ogni ingerenza nelle faccende domestiche, ed egli si consolava col giornalismo dando dei consigli alle grandi potenze d'Europa, sulla politica del giorno, e sosteneva delle polemiche coi giornali avversi, intorno alle sorti del mondo.

Intanto alla villa Bonifazio si pensava al modo di riparare alla perdita delle speranze che si erano concepite sopra un matrimonio possibile fra i due cugini, che avrebbe tenuto unito il patrimonio domestico. Si chiamò anche il maestro Zecchini, per udire un suo parere, e fissare la condotta da tenersi per l'avvenire.

Era evidente per tutti che Andrea aspirava alla mano di Maria, e giacchè Silvio vi rinunziava, bisognava occuparsene.

– Che cosa ne pensava il maestro?

Egli rispondeva: Tocca a Maria la decisione, essa si è trovata fra due asini, e credo che preferisce quello che fugge a quest'altro che si lascerà mettere la cavezza, ma prima di tutto bisogna consultarla. Fino al giorno che ho conosciuto la veneziana ho creduto che Silvio amasse Maria, dopo quel giorno ho mutato parere. Forse nè l'una nè l'altra gli conveniva intieramente, ma piuttosto la prima che la seconda; ed è appunto per questo che la sposa, perchè l'uomo, o per meglio dire la bestia, si attiene sempre al peggiore partito. In quanto all'asino numero due, di merito assai inferiore al numero uno, è forse più conveniente alla ragazza, per la semplicità delle idee e dei costumi; entrambi sono privi d'istruzione, ma tutti due laboriosi; essa è più intelligente, egli è più ricco di lei, con minori apparenze. Ci sono dunque delle compensazioni delle quali si deve tener conto; e se Maria fosse contenta, l'asino scelto per marito andrebbe alle stelle, tanto è innamorato di lei, che mi pesa sullo stomaco da un pezzo, per le continue dichiarazioni d'amore colle quali mi perseguita, mancandogli il coraggio di farle direttamente, ed ostinandosi a voler prendermi per mezzano, malgrado le mie continue ripulse. Signor maestro, io non sono degno di quella ragazza, egli mi ripete con insistente cocciutaggine, ma se mi prendesse farei il possibile per contentarla in tutto e per tutto, e potrei dirmi l'uomo più felice del mondo.

La nonna fu incaricata di scandagliarla. Maria rispose subito colle lagrime, e con un sdegnoso rifiuto. Si vedeva chiaramente che era innamorata di Silvio, che non poteva consolarsi del suo abbandono, e che la stessa notizia del matrimonio non era bastante a farglielo dimenticare. L'amarezza del disinganno chiuso dentro di sè la soffocava; piangendo in seno della nonna trovò qualche sollievo. Essa non insistette, la accarezzò con vera affezione, l'aveva già abituata fino dalla prima infanzia alla rassegnazione ed al coraggio. La confortò con ogni maniera d'argomenti, e a poco a poco la persuase che il cugino era irremissibilmente perduto per lei; lo zio Gervasio doveva recarsi a Venezia fra qualche giorno per firmare il contratto di matrimonio di suo figlio colla signora Metilde Ruggeri. Non bisognava pensarci più, per dovere d'onestà, ed anche per dignità personale. «Chi non mi vuole non mi merita, è un detto volgare, ma tu puoi dirlo con ragione, perchè sei migliore di lui.»

Di tratto in tratto le diceva bene di Andrea, della sua semplicità, dei suoi gusti modesti, del suo amore per le faccende rurali, della sua vita onesta, perchè era un vero galantuomo. Eccitava il suo amor proprio offeso dalla condotta di Silvio, le mostrava l'umiliazione di restare donzella, condannata ad assistere alle feste che si sarebbero fatte agli sposi. Quest'ultimo argomento parve che la colpisse più di tutti.

– Se acconsenti di sposare Andrea, conchiuse la nonna, il tuo matrimonio potrà farsi prima dell'altro, e quando gli sposi di Venezia verranno qui tu sarai già partita, e potrai restare assente per tutto il tempo che essi si fermeranno in campagna. Tu avrai anche il vantaggio di non lasciare il paese ove sei nata, di non abbandonare la tua povera nonna, perchè saremo vicine di casa.

Dopo lunghe esitazioni, e persistenti ripugnanze, finalmente si lasciò persuadere, e consentì di sposare Andrea, ma sempre piangendo, e ad una condizione soltanto, cioè che il suo matrimonio si farebbe prima dell'altro, e che per tutto quel tempo che Silvio e Metilde resterebbero alla villa, essa sarebbe assente dal paese.

La nonna fu contenta, lo zio Gervasio fu soddisfatto, e Andrea nell'entusiasmo; gli pareva proprio di toccare il cielo colle dita. Il solo maestro Zecchini tentennava la testa, con evidente malcontento.

Avvezzi alle sue continue obbiezioni non furono sorpresi dei dubbi, degli ostacoli, dei cavilli che avrebbe tirati fuori anche in questa circostanza, e lo pregarono di spiegarsi francamente.

– Ecco quello che penso, egli rispose, questo è un matrimonio per dispetto, è una vendetta di Maria, è una scappatoia che non potete approvare senza pericoli. Non mi aspettavo un matrimonio d'amore, ma di ragione; invece capisco che si apparecchia un precipizio. Chi può prevedere le funeste conseguenze d'un'imprudenza? chi può assumerne la responsabilità?..

Papà Gervasio che aveva approvato il piano di sua madre, diede ragione anche al maestro che diceva tutto il contrario. La nonna si mise in pensiero, e restò esitante. Si esaminò nuovamente la condizione delle cose, si discusse a lungo senza intendersi; poi si risolse di ritardare ogni decisione assoluta, per pensarci meglio, per osservare, vedere, considerare, riflettere, e apparecchiare uno scioglimento plausibile al caso delicato.

Intanto Andrea avvertito dal maestro degli ostacoli che si opponevano alla sua felicità, si raccomandava caldamente a tutti perchè non esitassero ad accettare l'assenso della ragazza, che avrebbe deciso della sua vita, che oramai gli pareva impossibile senza di lei, prometteva di fare dei miracoli per rendersi degno della sua fortuna, e gettava fiamme dagli occhi, manifestando sentimenti di assoluta sommissione e di devota riconoscenza.

– Ah! l'amore rende eloquenti anche gli asini, osservava il maestro Zecchini; l'amore sarebbe la più bella cosa del mondo… se non conducesse al matrimonio!..

– Sono discorsi da vecchio celibe, gli rispondeva la signora Maddalena, voi non avete diritto di parlare di matrimonio, perchè non lo avete provato…

– Ma ho provato l'amore!.. esclamava il maestro, guardando in modo singolare la vecchietta rubizza, mentre una scintilla fugace gli brillava negli occhi resi opachi e cisposi dagli anni; tutte le rughe del volto gli si animavano con contrazioni spasmodiche; alzava le braccia in atto di disperazione, e poi le lasciava cadere d'un tratto, come i pali del telegrafo rotti da un colpo di vento.

La nonna rideva con malizia, e gli diceva:

– Gli uomini sono matti, perfino nell'età del giudizio…

– No, sono asini fino all'estremo sospiro, gridava il maestro.

– E anche questo può darsi, essa conchiudeva… lo avete tanto ripetuto, che me ne sono quasi convinta.

Poi i tre vecchi si raccolsero intorno al tavolo rotondo del salotto, come i diplomatici a congresso, per discutere un arduo problema, assai più scabroso di molti affari di Stato, l'eterna questione dell'amore e del matrimonio.

– Dobbiamo permettere il matrimonio di Maria con Andrea, o sarà meglio mandarlo a monte?.. Essa non ama il futuro marito, eppure acconsente a prenderlo; esso è cieco d'amore e accetta il sacrifizio, ad ogni costo! Quali saranno le conseguenze d'una tale combinazione?

– Maria è semplice ed onesta, rispondeva la nonna, il dovere sarà la sua guida, l'amore verrà col tempo.

– E se non venisse mai? domandava il maestro, che cosa succederà?

– Ma!.. che cosa succederà? ripeteva Gervasio.

– Se andassero a vivere in città, osservava la nonna, in mezzo a tutte le seduzioni e ai pericoli del mondo, bisognerebbe pensarci seriamente, ma nella semplicità della vita campagnuola, colle abitudini massaie di Maria, non c'è pericolo che succedano di quelle tragedie che fanno rabbrividire gli spettatori in teatro!..

– Possono succedere delle commedie, disse il maestro, che facciano ridere il pubblico a spese degli attori.

– Nelle mie lunghe notti insonni, continuò la nonna, ho pensato lungamente a tutte queste difficoltà, che ci amareggiano la vita, e non ho trovato altro termine possibile, che un matrimonio di ragione, che metta Maria in uno stato conveniente alla sua condizione, ed alle sue qualità; che le assicuri un'esistenza tranquilla ed agiata, e che ce la conservi vicina. Se voi avete trovato un migliore espediente, tanto meglio; mettetelo fuori, e vedremo.

 

Gervasio dichiarò che non trovava nulla meglio del matrimonio progettato, e fissando gli occhi sul maestro, aspettava il responso dell'oracolo.

Il maestro, dopo le opposizioni, le difficoltà, i cavilli messi in campo, non seppe formulare una proposta lodevole, nè trovare uno scioglimento che fosse più plausibile del matrimonio, e confessando la sua impotenza, conchiuse: che a questo mondo si fanno quasi sempre delle cose mediocri, perchè non se ne trovano di migliori, e che talvolta i risultati riescono contrari alle previsioni, che vi sono dei matrimoni bene assortiti che finiscono male, e dei connubi improvvisati, senza probabilità di buona riuscita, che diventano… non dirò buoni, ma tollerabili.

E in tal maniera finiscono sovente molte ciarle delle pubbliche assemblee, e dei congressi diplomatici, cioè l'impotenza di ottenere la perfezione costringe per necessità ad accettare un partito qualunque, messo in campo dalle circostanze imprescrittibili della vita.

Così venne risolto anche in quel consiglio di famiglia.

Il consenso dei parenti fu annunziato agli sposi; Andrea lo accolse con un delirio d'amore, Maria con modesta bontà, che poteva sembrare anche rassegnazione, se coloro che avevano combinato quel matrimonio non avessero veduto più facilmente ciò che speravano di quello che era in realtà.

In casa Pigna diedero subito mano agli apparecchi delle prossime nozze, i quali furono assai più semplici di quelli di Venezia. Due mani d'acqua di calce tanto alla stanza nuziale che alla cucina, si fecero scardassare i materassi dell'immenso letto di matrimonio della famiglia, riempiere di cartocci nuovi il saccone, rinnovare le penne della coltrice, mettere due cortine bianche di cambrich ai balconi della camera degli sposi, lustrare a nuovo i mobili, lavare i pavimenti e le scale, ordinare la batteria di cucina, stagnare i rami e fregarli a fondo, strofinare gli alari, la catena, la paletta, le molle; infatti un bucato universale, un ripulimento memorabile, da poterlo citare all'occasione, dicendo per esempio: quel mobile è stato ripulito all'epoca del matrimonio di Andrea.

La polvere e le macchie dimenticate da una intiera generazione sparivano davanti il rinnovamento della famiglia che doveva inaugurarsi colla più scrupolosa nettezza.

In quanto alla partenza degli sposi nel giorno delle nozze era disapprovata da tutti i parenti Pigna e del vicinato. Una cosa simile non si era mai vista. Da padre in figlio tutti avevano celebrato il giorno delle nozze con un banchetto ed un ballo, restando al proprio villaggio, dove il corteggio accompagna la sposa alla casa nuziale. E questa volta criticavano Andrea di cambiare le vecchie abitudini rurali, perchè sposava una signora. Ma Maria aveva delle amiche che prendevano la sua difesa, e facevano osservare alle pettegole malcontente e ai ciarloni invidiosi, che se il viaggio di nozze non era un uso in casa Pigna, era una vecchia abitudine in casa Bonifazio, e che una sposa come Maria aveva diritto a dei riguardi.

Più tardi si venne a sapere che gli sposi non sarebbero andati girovagando per gli alberghi, come si usa adesso con poca poesia, ma che si recavano direttamente in Brianza dal cugino Alessandro, nella famiglia della nonna, ove erano stati invitati; e tale determinazione fu generalmente applaudita. E infatti era vero; quando ricevettero in Brianza l'annunzio del prossimo matrimonio di Maria, i gentili cugini offersero subito la loro casa agli sposi, domandando come un favore che volessero passarvi i primi giorni delle nozze.

Questa cortese esibizione parve alla nonna un benefizio della provvidenza, comunicò subito l'invito agli sposi, che venne accolto con piacere, e così veniva a togliersi ogni attrito disgustoso fra i due matrimoni che dovevano succedersi a pochi giorni di distanza.

La povera nonna aveva le lagrime agli occhi quando pensava che la sua diletta Maria sarebbe andata ad abitare per qualche giorno in quella casa così piena di memorie per lei, ove era nata, e aveva passata l'infanzia e la prima gioventù, e narrava alla nipote la bellezza di quei siti, il pittoresco delle colline e dei laghi, le delizie delle prospettive e dei giardini, la pace e la solitudine di quella casetta romita, quasi nascosta sotto gli alberi. Le raccomandava di visitare le posizioni più ridenti, e di renderle conto delle sue impressioni. Ed era felice che Maria passasse quei giorni di vita nuova dove essa aveva conosciuto ed amato il capitano, e le raccontava la modestia di quel soldato, la timidezza di colui che non aveva paura dei nemici armati, dei Tedeschi e dei Cosacchi, e che non osava parlare ad una ragazza. E le descriveva i due nonni come se fossero ancora vivi, e anche giovani, perchè Maria ne aveva conosciuto uno solo, ed anche vecchio, quando essa era bambina.

Ma quelli erano tempi terribili e pericolosi, le congiure dei Carbonari avevano ritardato il loro matrimonio; tanto suo padre che il fidanzato dovevano tenersi pronti a fuggire in caso di pericolo, per salvarsi dalla prigione e dalla forca.

Andrea si andava civilizzando, si faceva vestire a Treviso da un sarto migliore di quello del villaggio, aveva imparato a pettinarsi, si metteva la cravatta con qualche attenzione, e pareva quasi un giovinotto della città.

Il maestro gli dava qualche buon libro, e gli diceva:

– Per non parere un asino non basta cambiar la pelle, bisogna anche camminare con due gambe. L'uomo sta ritto perchè alza la testa; impara da Argo a stare in piedi e a farti amare da Maria; Argo è pieno di cortesie per la sua amica, e sa meritarsi la sua affezione. Cerca d'istruirti se non vuoi far ridere la gente quando apri la bocca. Se non impari qualche cosa farai una pessima figura nella famiglia di Brianza. Tuo nonno era un ubbriacone, ma pieno di buon senso; tuo padre sa fare il suo interesse, ma è un galantuomo; tu sei un bestione, ed hai bisogno di nascondere quella ruvida scorza che ti rende scabroso.

Andrea non se ne aveva a male; conosceva le maniere del maestro, rispettava la sua vecchiaia, e non avrebbe mai osato di contraddire colui che aveva mostrato di proteggerlo, e gli dava dei buoni consigli.