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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11

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A. D. 1096-1097

Ho letta in una novelletta orientale, la favola di un pastore, che per avere appunto veduto pago un suo voto, ogni cosa perdè. Questo meschino chiedeva acqua, e il Gange, innondandogli il podere, la mandria e la capanna del supplicante, seco si trascinò. Una sorte non molto diversa, sovrastò ad Alessio Comneno, che non per la prima volta in questa Storia è nominato, e la condotta del quale viene in così diverso modo dipinta da Anna Comnena, figlia del medesimo451, e dagli scrittori latini452. Gli Ambasciatori di questo Sovrano, nel Concilio di Piacenza, aveano pregato per ottenere un mediocre sussidio, forse non maggiore di diecimila uomini; ma all'arrivo di tanti poderosi Capi, e di tante nazioni fanatiche in armi, atterrito rimase. Fra la speranza e il timore, fra il coraggio e la pusillanimità, l'Imperatore ondeggiava; pure non giungerò mai a persuadermi, nè veggo alcuna ragione di credere, che nella sua tortuosa politica, da lui ravvisata siccome prudenza, egli abbia mai cospirato contro la vita, o l'onore de' Francesi. Le bande, condotte da Piero Eremita, un miscuglio di selvagge fiere, anzi che d'uomini ragionevoli, presentavano, onde Alessio non potè nè prevenirne, nè deplorarne la perdita. Le truppe comandate da Goffredo, e dai compagni di esso, meritevoli di maggior rispetto, non di maggior fiducia, sembrarongli. Comunque pietosi e puri riguardar si potessero i fini che li guidavano, l'Imperator greco paventava del pari l'ambizione conosciuta di Boemondo, e la mal cognita indole degli altri Capi. Cieco ed impetuoso era il coraggio de' Franchi; le ricchezze della Grecia potevan sedurli; fiancheggiati da eserciti numerosi, il convincimento delle lor forze, trarli in maggiore orgoglio, e incoraggiarne la cupidigia; in somma, non sarebbe stato strano che per Costantinopoli, Gerusalemme avessero dimenticata. Dopo un lungo cammino e una penosa astinenza, le soldatesche di Goffredo nelle pianure della Tracia accamparono, ove intesero la cattività del Conte di Vermandois, colla massima indignazione; indignazione cui lo stesso Generale non potè impedire qualche sfogo di rappresaglie e rapine. Ma gli ammansò la sommessione di Alessio, che promise vettovagliare il lor campo; e poichè i soldati negavano tragittare il Bosforo fra i rigori del verno, vennero assegnate stanze ai medesimi per mezzo ai giardini e ai palagi, che questo braccio di mare coprivano. Intanto durava sempre un germe inestinguibile di nimistà fra le due nazioni, che i predicati di schiavi e di barbari, mutuamente si compartivano. Della ignoranza è figlio il sospetto; dal sospetto alle provocazioni giornaliere, è breve il tragitto; le preoccupazioni dell'animo sono cieche; la fame non ascolta ragioni. Venne apposta ad Alessio l'accusa di aver divisato affamare i Latini, in un posto pericoloso, cinto per ogni lato dall'acque453. Goffredo ordinò si sonasse a raccolta, forzò una trincea, coperse col suo esercito la pianura, ai sobborghi di Costantinopoli fece oltraggio; ma sì agevole cosa non era il rompere le porte della città, o dar la scalata a baluardi, guerniti di soldatesche. Dopo una pugna d'esito incerto, le voci della pace e della ragione, entrambe le parti ascoltarono. I donativi e le promesse del Principe greco, a mano, a mano i violenti animi degli Occidentali ammollirono, e, guerriero cristiano egli pure, Alessio studiossi rianimare l'ardore per la santa impresa, promettendo le sue milizie e i suoi tesori per secondarla. Giunta la primavera, condiscese Goffredo ad occupare un adatto e ben provveduto campo nell'Asia, e varcato ch'egli ebbe il Bosforo, i legni greci alla riva opposta tornarono; greca politica che fu successivamente adoperata cogli altri Capi venuti da poi, i quali assicurati dall'esempio de' loro predecessori, e stremati dalle fatiche del viaggio, usarono egual compiacenza ad Alessio, che con accorgimento e solerzia, evitò sempre l'unione di due eserciti sotto le mura di Costantinopoli; onde dopo la festa della Pentecoste, un sol Crociato sulla riva d'Europa non rimaneva.

Certamente questi eserciti cotanto formidabili, avrebbero potuto liberar l'Asia, e rispingere i Turchi dalle vicinanze del Bosforo e dell'Ellesponto; recentissima viveva ancora la rimembranza delle fertili province che da Nicea ad Antiochia, erano state tolte al Principe greco, il quale in sè trasfusi sentiva gli antichi diritti, che il romano Impero sulla Siria e sull'Egitto avea conquistati. Compreso da questo entusiasmo Alessio si abbandonò, o finse abbandonarsi all'ambiziosa speranza di vedere rovesciati i troni dell'Asia, dai suoi novelli confederati; ma dopo alcune meditazioni, la ragione in parte, in parte la sua indole al sospettare propensa, il distolsero dal confidare la sicurezza della sua persona nelle mani di Barbari sconosciuti, o che freno di disciplina non rispettavano. Si limitò quindi ad esigere, fosse per prudenza o per orgoglio, dai pellegrini Franchi un vano omaggio, o giuramento di fedeltà, e la promessa di restituirgli quanto nell'Asia conquisterebbero, oppure di protestarsi, in ciò che a tali possedimenti spettavasi, umili e fedeli vassalli del greco Impero. L'alterezza de' Crociati si mostrò sulle prime irritata dalla proposta di una volontaria servitù; ma ai seducenti artifizj dell'adulazione e della liberalità a grado a grado cedettero, e quei primi che ad umiliazione soggiacquero ad insinuarla ai proprj compagni cooperarono. L'orgoglio di Ugo di Vermandois, fu men forte nell'animo suo degli onori che durante la cattività ricevette, e l'esempio d'un fratello del re di Francia, tutti gli altri a sommessione eccitò. Quanto a Goffredo, tutte le considerazioni semplicemente umane, a quella che ei credeva gloria divina, e al buon successo dell'armi sue posponeva, laonde costantemente respinse le sollecitazioni di Raimondo e di Boemondo, che con ardore gli consigliavano il tentare la conquista di Costantinopoli. Da siffatta virtù il greco Imperatore commosso, nominò, e giustamente, Goffredo il campion dell'Impero, e nobilitonne il titolo di vassallo coll'altro di figlio adottivo, che con tutte le solenni cerimonie gli conferì454. Boemondo contro cui da prima tutto l'odio di Alessio si rivolgea, venne accolto come un antico e fedele confederato da questo Principe, il quale, se gli ricordò le antiche ostilità, il fece soltanto per encomiare il valore e la gloria, che nelle pianure di Durazzo e di Larissa, questo figlio di Guiscardo si procacciò. Venne quindi Boemondo alloggiato, mantenuto e servito con reale magnificenza; ma un dì, mentre questi attraversava una loggia del palagio, una porta, come a caso rimastane aperta, gli lasciò vedere un cumulo d'oro e d'argento, di suppellettili e arredi preziosi, ammucchiati con apparente disordine e d'un'altezza, che tenea lo spazio frapposto tra il pavimento e la soffitta. «Quai conquiste, meditò fra sè stesso l'avaro ambizioso, potrebbero farsi col soccorso di questo tesoro! – È vostro, si affrettò a dire un Greco che gli leggea negli occhi, i sentimenti dell'animo:» Boemondo, dopo avere titubato un istante, si degnò accettare un così magnifico donativo; e gli si fece inoltre sperare un principato independente: ma Alessio senza profferire un assoluto rifiuto, evitò di rispondere all'inchiesta audace, fattasi dal Normanno per divenire Gran Domestico, ossia Generale dell'Oriente. Anche i due Roberti, uno figlio del re d'Inghilterra, l'altro parente di tre Regine, inchinarono a lor volta il trono d'Alessio455. Una lettera di Stefano di Chartres attesta i sentimenti d'ammirazione, che questo Principe studiavasi di manifestare all'Imperator greco, da lui chiamato il migliore e il più liberale degli uomini; e si persuadeva esserne il favorito, tanto più per la promessa ottenutane, di vedere innalzato, e presentato di possedimenti, il più giovine de' proprj figli. Il Conte di S. Gille e di Tolosa, che nella sua provincia meridionale, quasi straniero di lingua e nazione al re di Francia, di questo riconosceva appena la supremazia, annunziò superbamente alla presenza de' suoi centomila uomini, di non voler essere che servitore e soldato di Cristo, e che il Principe greco potea ben contentarsi d'un negoziato di amicizia e di lega, come fra Principi eguali si usa; colla quale ostinata resistenza rendè maggiore, agli occhi almeno de' Greci, il merito della sommessione, a cui in appresso si uniformò. «Ei splendea fra i Barbari, dice la principessa Comnena, come il Sole fra le stelle del Firmamento». L'Imperatore si disacerbò col suo fedele Raimondo, narrandogli l'avversione che nel suo animo aveano destata, la fama e l'audacia dei guerrieri francesi, e i sospetti che sui disegni di Boemondo avea concepiti. Istrutto per lunga esperienza ne' politici accorgimenti, il conte di Tolosa non durò fatica ad accorgersi, che menzognera esser potea l'amicizia di Alessio, ma che costui nell'odiare almeno era sincero456. Lo spirito di cavalleria nella persona di Tancredi, fu l'ultimo a cedere, nè eravi chi potesse arrossire nel seguir gli esempj d'un cavaliere sì valoroso. Sdegnati parimente l'oro e gli encomj del Principe greco, castigò alla presenza di lui la tracotanza di un patrizio; indi sotto le spoglie di semplice soldato fuggì nell'Asia, cedendo, comunque il sagrifizio fosse penoso al suo orgoglio, alla autorità di Boemondo e all'interesse della causa comune. La ragion migliore e più concludente di tanta sommessione de' Crociati, si era che non poteano attraversare lo stretto, nè compiere quindi il lor voto senza la permissione e le navi di Alessio. Ma in segreto speravano che giunti sul continente dell'Asia, i loro acciari cancellerebbero tanta vergogna, e romperebbero una obbligazione, della quale potea sperarsi che lo stesso Principe di Bisanzo, non avrebbe troppo religiosamente serbati i patti. Intanto la formalità del prestato omaggio fe' prestigio agli occhi di un popolo, presso il quale da lungo tempo tenea vece di possanza l'orgoglio. Sedutosi sull'alto suo trono l'Imperatore, rimase muto ed immobile intanto che i Principi latini lo adoravano, e si sottomettevano a baciargli i piedi o le ginocchia. Gli stessi storici de' Crociati, vergognando di confessare tanta viltà, non ardiscono però di negarla457.

 

L'interesse pubblico, o particolare, rattenea i Duchi e i Conti da clamorose querele; ma fuvvi un Barone francese, Roberto di Parigi, a quanto viene supposto458, il quale ardì salire sul trono, e mettersi a fianco di Alessio. Sul quale atto avendolo prudentemente rimproverato Baldovino, costui si fece con impeto a rispondere nel suo barbaro idioma: «chi è egli finalmente questo screanzato che si prende la libertà di star seduto sul proprio scanno, mentre tanti valorosi capitani rimangono in piedi dintorno a lui?» Tacque l'Imperatore, e dissimulò la sua indignazione, chiedendo soltanto all'interprete la spiegazione di que' detti di Roberto, benchè ai gesti e al contegno, onde furono pronunziati, avesse potuto indovinarli egli stesso. Prima che i Crociati partissero, Alessio mostrò curiosità di sapere chi fosse questo ardimentoso Barone. Egli medesimo gliel rispose: «Io sono Franco, e vanto nobiltà purissima, antichissima del mio paese. Posso dirvi che nelle mie vicinanze è posto un oratorio459, ove si trasferiscono quelli che bramano provare in particolar combattimento il proprio valore; colà volgono le lor preci a Dio e ai Santi suoi, sintanto che vedano comparire un nemico. Ci sono stato più d'una volta, e non ho per anche ritrovato un avversario che ardisca accettare una mia disfida». Alessio congedò questo prode, dandogli alcuni saggi consigli sulla condotta da tenersi nel far la guerra co' Turchi; e gli storici francesi narrarono con compiacenza un tal singolare esempio de' costumi del loro secolo e del lor paese.

A. D. 1097

Alessandro intraprese e ridusse a termine la conquista dell'Asia con trentacinquemila Greci o Macedoni460, fondando soprattutto la propria fiducia sul valore e sulla disciplina della sua falange d'infanteria. Il precipuo nerbo de' Crociati si stava nella loro cavalleria, onde allor quando negli spianati di Bitinia, vennero passati in rassegna, i cavalieri e i sergenti a cavallo di seguito, sommavano a centomila combattenti compiutamente armati d'elmo e di giaco. Una tal sorte di soldati ben meritava ne fosse fatta una enumerazione scrupolosa ed autentica; nè per vero è cosa da maravigliarne che in un primo sforzo il fiore della cavalleria di tutta l'Europa abbia potuto somministrare questa formidabile unione di armati a cavallo. Avvi luogo a credere che i fanti venissero serbati alle fazioni degli arcieri, de' guastatori, degli esploratori. Ma il disordinamento che fra coteste turbe regnava, non permise alcuna certa congettura sul numero di coloro che le formavano, nè a determinarlo abbiamo altra guida che l'opinione, o la fantasia di un cappellano del conte Baldovino461, la cui testimonianza nè sopra un esame oculare, nè sopra avverate nozioni si fonda: ei conta seicentomila pellegrini atti a portar l'armi, non comprendendo fra questi i preti, i frati, le donne, e i fanciulli che il campo de' Latini seguivano. Senza dubbio griderà all'esagerazione il lettore; ma prima che egli si riabbia dalla sua sorpresa, stimo opportuno l'aggiugnere, seguendo sempre la medesima autorità, che, se tutti coloro i quali ricevettero la divisa della Croce, il proprio voto avessero adempiuto, più di sei milioni d'Europei per la spedizione d'Asia sarebber partiti. Sopraffatto io medesimo da quanto il narratore dianzi citato mi vorrebbe far credere, trovo qualche conforto dal parere profferito a tale proposito da uno Storico più giudizioso e assennato462, il quale convenendo in quella parte di calcolo che si riferisce alla cavalleria, quanto al rimanente taccia di credula dabbenaggine il prete di Chartres, dubitando per fino se le contrade cisalpine (così dee chiamarle un Francese) possano somministrar uomini che a sì sterminate migrazioni col loro numero corrispondano. Lo storico scettico, più tranquillo ancora nelle sue meditazioni, rammenterà che molta mano di questi pietosi volontarj, nè anco videro Nicea, o Costantinopoli. Capriccioso e di breve durata è il predominio dell'entusiasmo: laonde una parte di que' pellegrini, la ponderazione, o la paura, la debolezza o la indigenza rattennero: altri tornarono addietro spaventati dagli ostacoli del cammino, tanto meno superabili, che que' fanatici ignoranti non gli aveano preveduti. Le ossa di una gran parte di costoro copersero i paesi inospiti dell'Ungheria e della Bulgaria. Il loro antiguardo dal Sultano de' Turchi fu fatto in pezzi; e già la perdita della prima spedizione è stata calcolata di trecentomila uomini uccisi, o morti di stento, e per l'influenza del clima. Ciò nullameno ne rimaneva ancora, e giugnevano di continuo truppe sì numerose, che lo stupor de' Greci parimente eccitarono. La faconda energia della greca lingua sembra non bastare allo studio postosi dalla principessa Comnena nell'amplificare il numero di queste genti463. «Tutti gli sciami delle locuste, tutte le foglie e tutti i fiori della terra, le arene del mare, e le stelle del cielo» non sono che imperfette immagini di quanto ella ha veduto o inteso dire. Talchè finalmente esclama che «l'Europa smossa dalle sue fondamenta è precipitata contro dell'Asia». Regna tuttavia la stessa incertezza sul numero a cui gli antichi eserciti di Dario e di Serse sommavano; nondimeno propendo a credere che fino allora, entro il recinto di un solo campo, non si fossero mai trovate raccolte tante soldatesche, quante se ne adunarono all'assedio di Nicea, prima azione campale de' Principi latini. Sono or noti i motivi che li spinsero, l'indole loro, il genere d'armi che da questi si adoperava. La più grossa parte di loro truppe andava composta di Franchi: poderosi rinforzi aveano ricevuti dalla Puglia e dalle rive del Reno: bande di venturieri dalla Spagna, dalla Lombardia e dall'Inghilterra464 erano accorse: oltre ad alcuni selvaggi fanatici, pressochè ignudi, feroci nelle case loro, nell'esterne guerre paurosi, che dalle montagne della Scozia e dalle paludi dell'Irlanda sbucarono465. Se la superstizione non avesse riguardata come sacrilega un'antiveggenza per cui sarebbero stati privi del merito del pellegrinaggio i deboli e gl'indigenti, la folla di coloro che consumavano le vettovaglie senza guadagnarsele col proprio valore, avrebbe potuto fermarsi negli Stati del greco Imperatore, sintantochè i lor compagni più atti a tale spedizione, le avessero aperto e assicurato il cammino del Santo Sepolcro. Ma venne permesso di affrettarsi a visitarlo, chè non era ancora liberato, a quante ciurme, o valorose, o non valorose passarono il Bosforo. Avvezze ai climi settentrionali, le esalazioni e i cocenti raggi del sole, ne' deserti della Sorìa non poterono sopportare. Con insensata prodigalità consumarono gli adunamenti d'acque e di viveri; per la copia loro le interne parti del paese estenuavano affatto; già lontano avevano il mare, e i Greci mal contenti de' Cristiani di tutte le Sette, dal ladroneccio e dalla voracità de' latini confratelli lungi fuggivano. Pervenuti a sì orribile necessità, la fame per fin li costrinse a cibarsi delle carni de' lor prigionieri, e adulti, e fanciulli; con che procacciatisi il nome e la riputazione di cannibali, si accrebbe ne' Saracini l'orrore che contra gli europei idolatri nudrivano466. A certi esploratori introdottisi nella cucina di Boemondo vennero mostrati alcuni corpi umani posti allo spiedo, e i Normanni credettero atto accorto l'accreditare una vociferazione che, se maggior terrore incutea negli Infedeli, il loro odio parimente contra i Cristiani aumentava467.

 

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Volentieri io mi son diffuso nel narrare i primi atti de' Crociati, che dipingono parimente i costumi e l'indole degli Europei di que' giorni. Ma restringerò il molesto e uniforme racconto di tante oscure imprese che la forza eseguì, e l'ignoranza descrisse. Dal loro primo campo situato ne' dintorni di Nicomedia, innoltratisi per più riprese, e uscendo fuori degli angusti limiti del greco Impero, si apersero per mezzo alle montagne una strada, e la pietosa lor guerra contra il Sultano de' Turchi incominciarono, assediandone la capitale. Dall'Ellesponto sino alle frontiere della Sorìa, gli Stati di Rum, reame del ridetto Principe, si estendevano, vietando così ai pellegrini la strada di Gerusalemme. Ivi regnava Kilidge-Arslan, o Solimano468, come dicemmo, uscito della schiatta di Selgiuk, e figlio del primo conquistatore. Nel difendere un paese, che i Turchi riguardavano come loro legittima proprietà, Solimano meritò gli encomj de' suoi nemici medesimi, che soli ai posteri lo hanno dato a conoscere. Cedendo al primo impeto di quel torrente, la sua famiglia, i tesori entro Nicea pose in salvo, ritirandosi nelle montagne, ove cinquantamila uomini a cavallo il seguirono; e due volte ne scese per affrontar gli assedianti, il campo de' quali offeriva un cerchio imperfetto di sei miglia all'incirca. Alte e saldissime mura, fiancheggiate da trecentosettanta torri, e da profonda fossa difese, la città di Nicea circondavano; e le facea presidio il fiore de' Musulmani che guardavano i confini, per cui gli Stati turchi dalla Cristianità eran disgiunti; gente valorosa, ben addestrata alla guerra, e del culto suo zelantissima. Innanzi alla indicata città i Principi Franchi accamparonsi; ma le loro fazioni, nè si comunicavano scambievolmente, nè ad una massima generale sottomettevano. L'emulazione animava il valor de' medesimi; poi questo valore contaminavano le crudeltà, e l'emulazione tralignava in invidia e in discordie. I Latini adoperarono, all'assedio di Nicea, tutte le macchine da guerra dall'Antichità conosciute. Mine, arieti, testuggini, torri sulle ruote, (belfredi), baliste, fuochi artifiziali, catapulte, fionde, e balestre che pietre e dardi lanciavano469. Durante cinque settimane di fatiche e di pugne, molto sangue fu sparso; e gli assedianti, sopra tutti il conte Raimondo, fecero alcuni progressi; ma i Turchi durar potevano nel resistere e assicurarsi la ritirata, fintantochè dominavano il lago Ascanio470, che al ponente di Nicea per parecchie miglia si estende. La prudenza e l'industria di Alessio, un tale ostacolo superarono; sua mercè, vennero trasportati dal mare in sul lago, molti battelli carichi di abili arcieri, che alla fuga della Sultana si opposero. Già Nicea era stretta da tutte le bande, quando un messo dell'Imperator greco, avvertì gli abitanti di sottrarsi, finchè ne erano in tempo, al furore de' Selvaggi d'Europa, accettando la protezione del suo Signore. Laonde nel momento della vittoria, o certamente allorchè vi era ogni ragion di sperarla, i Crociati, avidi di sangue e di strage, furono costretti fermarsi alla vista dello stendardo imperiale, che sventolava sulle mura della rocca; ed una sì importante conquista, Alessio con grande cura a sè medesimo riserbò. La voce dell'onore e dell'interesse, al bisbigliar dei Capi impose silenzio. Dopo un riposo di nove giorni, s'incamminarono verso la Frigia, condotti da un Generale greco, che inteso però sospettavano col Sultano. La Sultana e i primarj servi di Solimano, ottennero senza riscatto la loro libertà: e questa generosità dall'Imperatore usata ai miscredenti471, per una prova di perfidia ebbesi dai Latini.

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Più irritato che avvilito si mostrò Solimano della perdita della sua capitale. Fatta nota con manifesti ai suoi sudditi e confederati, la straordinaria invasione de' Barbari di Occidente, gli Emiri turchi alla voce del Principe e della religione obbedirono. Molte bande di Turcomanni alle bandiere del Sultano si affrettarono; onde le forze congiunte del medesimo, con un calcolo vago, si fecero dai Cristiani ascendere a dugento ed anche trecento sessantamila uomini di cavalleria. Ciò nullameno Solimano aspettò con pazienza, che i Cristiani si fossero allontanati dal mare, e dalle frontiere della Grecia, e volteggiando ai lor fianchi, li seguitò. Pieni questi d'una imprudente fiducia, marciarono in due corpi separati, e posti fuor d'abilità di vedersi l'un l'altro; onde poche miglia di qua da Dorilea nella Frigia, il corpo di sinistra, il men numeroso, fu sorpreso da Solimano che lo assalì, e quasi sconfisse472. Il caldo della stagione, il nembo di frecce, le grida degli Ottomani avendo sparso per ogni dove il terrore e la confusione, i Crociati, perduta ogni speranza, si sbaragliarono, e se la inegual pugna si resse, fu dovuto anzi che all'abilità, al valor personale di Boemondo, di Tancredi e di Roberto di Normandia. La vista delle bandiere di Goffredo, che col Conte di Vermandois e con sessantamila uomini di cavalleria, in soccorso de' suoi accorreva, rianimò lo stremato coraggio delle soldatesche. Raimondo di Tolosa, e il Vescovo di Puy, ben tosto arrivarono col rimanente dell'esercito, e senza riposarsi un istante, si schierarono in ordine di battaglia, e la pugna rincominciò. Intrepidi la sostennero gli Ottomani, ed uno sprezzo eguale, con cui venivano riguardati i popoli della Grecia e dell'Asia, fece confessare ad entrambe le parti, che i soli Turchi ed i Franchi il nome di soldati si meritavano473. Variati furono gli assalti, e li contrabbilanciò la differenza delle armi e della disciplina; da una banda si faceva impeto immediato, rapidi moti dall'altra operavansi; con lancia inclinata i Cristiani affrontavano, opponeano i Turchi le lor chiaverine; oltre alle differenze della pesante e larga spada de' primi, della ricurva sciabola che gli altri portavano, delle vesti leggiere e ondeggianti e della greve armadura, dell'arco de' Tartari e della balestra; sino a quei giorni sconosciuta agli Orientali474. Sintanto che i cavalli mantennero il loro vigore, e ne' maomettani turcassi frecce rimasero, Solimano sempre superiore, a quattromila Cristiani fe' morder la polvere; ma sull'imbrunir della sera all'agilità prevalse la forza: d'ambo le parti eguale era il numero; o almeno trovavansi in ogni luogo tante aste, quante lo spazio ne potea contenere, e i Generali far movere; ma gli ultimi manipoli de' Provenzali di Raimondo, girando attorno alle colline, e senza forse averlo divisato, presero alle spalle il nemico già stanco, e così decisero d'un esito per sì lungo tempo sospeso: oltre alla moltitudine de' morti di minor conto che niuno si degnò numerare, tremila cavalieri pagani, quali nella battaglia, quali inseguiti perirono. Saccheggiato il campo di Solimano, oltre al prezioso bottino, offerse anche pascolo alla curiosità de' Latini, che contemplarono da presso tutte quell'armi e quegli attrezzi stranieri, e i cammelli e i dromedarj, affatto nuovi per essi. Quanto fosse importante quella vittoria, lo provò la precipitosa fuga del Sultano; il quale seguìto da diecimila guardie, avanzi del suo esercito, sgombrò il territorio di Rum, correndo ad implorare i soccorsi, e a riaccendere l'astio de' suoi compatriotti dell'Oriente. In un cammino di cinquecento miglia, i Crociati trascorsero le devastate campagne, e le deserte città dell'Asia Minore, senza scontrarsi nè in amici, nè in avversarj. Il Geografo475 può delineare i siti di Dorilea, di Antiochia, di Pisidia, di Iconium, di Archelaide, di Germanicia, confrontando queste antiche denominazioni, co' moderni nomi di Eskishehr (la Vecchia Città), Akshehr (la Città Bianca), Cogni, Erekli e Marash. I pellegrini attraversarono un deserto, ove un bicchier d'acqua a prezzo d'argento vendeasi; e al tormento d'una intollerabile sete, ne succedè un maggiore, allorchè il primo ruscello scopersero; tanto furono ad essi fatali e l'impazienza di estinguer la sete, e l'intemperanza nello sbramarla. Con paura, e a stento, superarono le discoscese e sdrucciolevoli pendici del monte Tauro; nel qual varco un grande numero di soldati, per minorare i pericoli della salita, si spacciò delle proprie armi, onde se il terrore non avesse preceduto il loro antiguardo, bastava una mano di nemici risoluti, a gettare nel profondo di orridi precipizj, quelle torme da spavento comprese. I due più rispettabili Capi de' Crociati, il Duca di Lorena e il Conte di Tolosa, venivano portati entro lettighe. Raimondo era salvo, diceasi, per miracolo, da una malattia pericolosa, che non lasciava luogo a speranza; Goffredo aveva sofferto grave strazio da un orso, che ci stava nelle montagne di Pisidia cacciando.

A. D. 1097-1151

Perchè nulla mancasse alla generale costernazione, il cugino di Boemondo e il fratello di Goffredo, disuniti eransi dall'esercito, ciascuno co' suoi squadroni, composti di sei o settecento uomini a cavallo. Dopo avere attraversate rapidamente le montagne e le coste marittime della Cilicia, da Cogni sino alle frontiere della Sorìa, il Normanno piantò per il primo i suoi stendardi sopra le mura di Tarso e di Malmistra; ma l'orgoglio ingiusto di Baldovino stancata avendo la pazienza del generoso Italiano, in singolare certame la lor disputa definirono. Solo motivo delle azioni di Tancredi era l'onore, nè ad altra ricompensa fuorchè alla gloria aspirava; ma le imprese men generose del suo rivale la fortuna favoreggiò. Un tiranno greco od armeno, al quale i Turchi permetteano dominare sopra i Cristiani di Edessa476, chiamò Baldovino in soccorso, dandogli il titolo di suo figlio e campione, che l'altro non ricusò: ma appena introdotto nella città, eccitò il popolo a trucidar questo padre, s'impadronì dei tesori e del trono, ed estendendo le sue conquiste nelle montagne dell'Armenia, e nelle pianure della Mesopotamia, fondò al di là dell'Eufrate la prima sovranità de' Franchi, o Latini, sovranità che cinquantaquattro anni durò477.

A. D. 1097-1098

Trascorsero affatto la state e l'autunno, prima che i Franchi penetrassero nella Sorìa. Se dovesse imprendersi tosto l'assedio di Antiochia, o ripartire qua e là l'esercito per lasciarlo in riposo, durante il verno fu argomento di forti discussioni ne' lor consigli. L'ardor di combattere e la brama di liberare il Santo Sepolcro, vinsero il partito, risoluzione forse anche consentanea alla prudenza, essendo cosa certissima che ogni istante d'indugio scema il vigore di un'invasione, e il terrore che ne deriva; migliora la condizione di chi si difende. La capitale della Sorìa difendevano l'Oronte e il ponte di Ferro, ponte di nove archi che questo nome traea dalle sue porte massicce, e da due torri costrutte a ciascuna delle estremità del medesimo. Ma queste al valore del Duca di Normandia non avendo potuto resistere, la vittoria di lui aperse a trecentomila Crociati il cammino; il qual calcolo, ammettendo anche molte perdite e diserzioni, dimostra evidentemente esagerato l'altro della rassegna di Nicea. Per chi si accigne a descrivere la città di Antiochia478, non è sì agevole cosa il trovare un termine medio, fra l'antica magnificenza per cui sotto i successori di Alessandro e di Augusto splendea, e l'aspetto sotto il quale mostrasi oggidì nello stato d'invilimento, cui l'hanno ridotta i Turchi. La Tetrapoli o le quattro città, se pure il loro nome e sito serbavano, doveano lasciare grandi vuoti in un circuito di dodici miglia, la quale estensione, guernita di quattrocento torri, non collima gran che colle cinque porte che si vedono citate sì di frequente nella storia di quell'assedio. Ciò nullameno, ogni apparenza dimostra, che Antiochia fosse tuttavia e vasta, e popolosa, e fiorente. Baghisiano, vecchio generale, difendeva a capo degli Emiri la piazza, comandando un presidio d'uomini a cavallo, fra i sei e i settemila, e di fanti fra i quindici e i ventimila. Si pretende che vi perirono sotto i colpi delle spade centomila Musulmani, e giusta i verisimili calcoli, il numero di questi era inferiore a quel de' Greci, degli Armeni, di que' di Sorìa, soggiogati, non erano più di quattordici anni, dai Selgiucidi. Ricigneano questa città alte e salde mura che, giudicandone dai loro avanzi, s'innalzavano sessanta piedi sopra le valli. E le parti di questo ricinto, ove era stato adoperato men d'arte e fatica a munirle, venian supposte difese a bastanza dalle montagne, dalla palude e dal fiume. A malgrado però delle sue fortificazioni, la città è stata presa successivamente dai Persiani, dagli Arabi, da' Greci e dai Turchi; perchè era difficile che una sì vasta circonferenza, qualche punto debole non offerisse. Nell'assedio che, a mezzo ottobre, i Cristiani ne impresero, il solo vigore posto nell'eseguirlo, potea scusar l'ardimento di averlo tentato. Quanti prodigi possono aspettarsi dalla forza e dal valore, per parte dei campioni della Croce si videro. Costretti sì di frequente a battersi, or dalle sortite degli assediati, or dalla necessità di foraggiare, or da quella di difendere le proprie vettovaglie, e di assalire quelle dell'inimico, ottennero spesse vittorie, e sol dobbiamo lamentarci dall'esagerazione di chi, raccontando le prodezze de' Franchi, ogni probabilità oltrepassò. Col fendente della sua spada479, Goffredo spaccò in due parti dalla spalla all'anca un Turco, del cui cadavere cadde una metà, l'altra il corridore del Franco fino alle porte di Antiochia si trasportò. Roberto di Normandia, galoppando allo scontro dell'avversario, pietosamente esclamò: «consacro la tua testa ai demonj dell'inferno», e col primo colpo di sciabola gli fendè il capo insino al petto: ma la realtà o la fama di tali gigantesche avventure480, avrà certamente persuasi i Musulmani, a trincerarsi entro le loro mura, e contro mura di mattoni e di terra, sono armi impossenti la lancia e la spada. L'ignoranza e la negligenza de' Crociati, li rendea mal atti a regolare le lunghe e successive fazioni di un assedio; oltrechè, mancavano e d'intelligenza per inventare le macchine che le possono agevolare, e di danaro per provvederle, e d'industria per prevalersene. Nella conquista di Nicea, eransi maravigliosamente giovati dell'erario e del sapere dell'Imperatore Alessio, e di questo possente soccorso mal teneano luogo nel secondo assedio, alcuni legni pisani e genovesi, che il commercio, o la religione traevano sulle coste della Sorìa. Penuriavasi di vettovaglie, incerti i modi di provvederle, difficili e pericolose le comunicazioni. Fosse trascuratezza, o impotenza, i Cristiani non aveano stretta per ogni lato la città, e due porte di essa, rimaste libere, assicuravano continuamente nuovi rinforzi e viveri alla guernigione. In sette mesi d'assedio, i Crociati videro pressochè distrutta la loro cavalleria, oltre ad uno sterminato numero di soldati, che le fatiche, la fame e le diffalte lor tolsero; nè intanto alcun considerabile progresso avevano fatto. E forse più lungo tempo incerto sarebbe stato l'esito di loro impresa, se lo scaltrito e ambizioso Boemondo, l'Ulisse de' Latini, le armi dell'inganno e del tradimento non avesse operate. Antiochia racchiudeva molta mano di malcontenti Cristiani: fra quali Firuz, rinnegato della Sorìa, godendo il favor dell'Emiro aveva il comando di tre torri. Costui col farsi merito di un nuovo pentimento, nascose forse ai Latini, e a sè medesimo, l'obbrobrio della propria perfidia. Ragione di mutuo interesse avendo pertanto posti in segreta corrispondenza Firuz e il Principe di Taranto, Boemondo manifestò ai Duci assembrati in consiglio, come dipendesse da lui il farli entrare nella città, ma per prezzo del servigio, richiese la sovranità di Antiochia. Erano quelli a sì dure estremità che dovettero accettare un partito, da cui sulle prime per gelosia rifuggirono. I Principi francesi e normanni mandarono ad effetto questa sorpresa, salendo eglino stessi le scale di corda che venivano lor gettate fuor delle mura. Il contrito proselito de' Cristiani, colle mani ancora grondanti del sangue d'un suo fratello, che avea, agli occhi di lui, troppi scrupoli, abbracciò i servi di Dio e nella città gl'introdusse. Apertesi all'esercito le porte, i Musulmani sperimentarono che, se era inutile il sottomettersi, il resistere diveniva impossibile; ma le Fortezze avendo ricusato di arrendersi, i vincitori si trovarono ben tosto circondati e assediati dall'esercito innumerevole di Kerboga, Principe di Mosul, che, accompagnato da vent'otto Emiri, in soccorso d'Antiochia accorreva. Per venticinque giorni, i Cristiani rimasero in tale stato che speranza di salvamento non offeriva, e già l'orgoglioso luogotenente del Califfo, sola alternativa per la morte o la schiavitù, ad essi lasciava481.

451Anna Comnena, nata nel dì 1 dicembre, A. D. 1083, ind. VIII (Alexiad., l. VI, p. 166. 167) avea tredici anni all'epoca della prima Crociata. Già atta alle nozze, o forse sposatasi al giovine Niceforo, ella lo chiama con tenerezza τον εμαν Καισαρα, il mio Cesare (l. X, pag. 295, 296). Alcuni moderni hanno attribuita a dispetto amoroso l'avversione in cui ebbe Boemondo. Quanto alle cose accadute a Costantinopoli e a Nicza (Alex., l. X, XI, p. 283-517) la parzialità de' suoi racconti può contrabbilanciare quella degli storici latini; ma si ferma poco sugli avvenimenti che dalle stesse cose seguirono, ed è inoltre a tal proposito male istrutta.
452Nel modo di dipingere il carattere e la politica di Alessio, il Maimbourg ha favoriti i Franchi cattolici, il Voltaire si è mostrato di soverchio parziale ai Greci scismatici. I pregiudizj di un filosofo sono meno scusabili che quelli di un Gesuita.
453Fra il mar Nero ed il Bosforo sta il fiume Barbyses, profondissimo nella state, e che scorre per uno spazio di quindici miglia in mezzo ad una prateria uniforme e scoperta. La sua comunicazione con Costantinopoli e coll'Europa, è assicurata dal ponte di pietra di Blachernae che fu rifabbricato da Giustiniano e da Basilio (Gillio De Bosphoro Thracio, lib. II, c. 3, Ducange C. P. Christiana, lib. IV, cap. 2, pag. 179).
454Due sorta v'erano di adozioni; quella dell'armi, e l'altra, la cerimonia della quale si stava nel far passare il figlio adottivo tra la pelle e la camicia del padre. Il Ducange, Dissert. XXII p. 270, suppone che Goffredo sia stato adottato nel secondo di tali modi.
455Dopo il suo ritorno dalle Crociate, Roberto si fece affatto ligio al re d'Inghilterra. V. il primo atto dei Foedera del Rymer.
456Sensit vetus regnandi, falsos in amore, odia non fingere; Tacito VI, 44.
457La vanità degli storici delle Crociate accenna leggiermente e con imbarazzo questa circostanza umiliante; nondimeno è cosa molto naturale, che se questi eroi s'inginocchiarono per salutar l'Imperatore, che rimaneva immobile sul proprio trono, gli baciarono i piedi o le ginocchia. Solamente fa maraviglia che Anna non abbia ampiamente supplito al silenzio e all'oscurità dei Latini; l'umiliazione dei loro principi avrebbe aggiunto un capitolo, rilevante per questa donna, al Coeremoniale aulae Byzantinae.
458Questo Crociato si diede il nome di φραγγος καθαρος ευγενων, Franco puro fra i Nobili (Alexiad., l. X, p. 301). Bel titolo di nobiltà, ascendente all'undicesimo secolo per chi potesse ai dì nostri provarsi derivato da questo Roberto! Anna racconta, con segnalata compiacenza, che questo arrogante Barbaro Λακινος τετυφωμενος, Latino pien di fumo, fu in appresso ucciso e sconfitto, combattendo alla prima linea dell'esercito nella battaglia di Dorilea, l. XI, p. 317; circostanza che può giustificare quanto il Ducange ha supposto intorno all'audace Barone; cioè essere questi Roberto di Parigi, del distretto chiamato il ducato o l'Isola di Francia.
459Con eguale accorgimento il Ducange scopre che la chiesa di cui favellava il Barone, è S. Drauso o Drosino di Soissons. Quem duello dimicaturi solent invocare: pugiles qui ad memoriam ejus (alla tomba), pernoctant invictos reddit, ut de Italia et Burgundia tali necessitate confugiatur ad eum. Joan. Sariberiensis epist. 139.
460Varie sono le opinioni sul numero d'uomini che questo esercito componeano; ma non avvi autorità paragonabile a quella di Tolomeo che lo determina di cinquemila uomini a cavallo, e trentamila fanti (V. gli Annales di Usher, p. 152).
461V. Foulcher di Chartres p. 587. Egli annovera diciannove nazioni di nome e lingue diverse (p. 389). Io però non comprendo con molta chiarezza qual differenza ei ponga tra Franci e Galli, fra Itali e Apuli. Altrove (p. 385) parla col massimo disprezzo dei disertori.
462V. Giberto, pag. 556. Però la modesta opposizione di questo istorico lascia tuttavia luogo ad ammettere un numero d'uomini considerabilissimo. Urbano II, nel fervor del suo zelo, conta sino a trecentomila i pellegrini (Epist. 16, Concil. t. XII, p. 731).
463V. Alexias, l. X, p. 283-505. La ridicola schifiltà di questa principessa, la trae a lamentarsi della bizzarria di certi nomi alla pronunzia difficilissimi; e di fatto son pochi i nomi latini che ella non siasi studiata di sformare con quella orgogliosa ignoranza sì comune e tanto prediletta ai popoli ingentiliti. Ne citerò un solo esempio; ella trasforma il nome di S. Gille in Sangeles.
464Guglielmo di Malmsbury che scrisse verso l'anno 1130, ha inserito nella sua Storia (l. IV, p. 130-154) il racconto della prima Crociata; ma avrei bramato che invece di prestare orecchio a voci di lieve conto, raccolte attraversando l'Oceano (p. 143), si fosse limitato a narrare quanto riferivasi al numero, alle famiglie, e alle avventure de' suoi compatriotti. Trovo in Dugdale che un Normanno inglese, Stefano conte di Albermarle e di Holdernesse, comandava alla battaglia d'Antiochia l'antiguardo in compagnia del Duca Roberto (Baronage, part. I, p. 61).
465Videres Scotorum apud se ferocium, alias imbellium cuneos (Guibert, p. 471). Il crus intectum, e la hispida chlamys, possono riferirsi ai montanari scozzesi: ma il finibus uliginosis è applicabile con più naturalezza alle paludi della Irlanda. Il Malmsbury parlando degli abitanti di Galles e degli Scozzesi (l. IV, p. 133), dice che i primi abbandonarono venationem saltuum, i secondi familiaritatem pulicum.
466Qui l'Autore a torto allude di nuovo al culto renduto da' Cattolici alle immagini. (Nota di N. N.)
467Questa fame da cannibali, talvolta reale, e più sovente menzognera e artifiziosa, viene affermata da Anna Comnena (Alex., l. X, p. 288), da Giberto (p. 546), da Radolfo Cadom. (capo 97). L'autore dell'opera Gesta Francorum, il monaco Roberto, Baldricco e Raimondo di Agyle, riferiscono questo stratagemma all'assedio e alla carestia di Antiochia.
468I Latini lo additano col nome di Solimano, nome che pur gli davano i Musulmani il carattere e l'indole di questo Sultano è stata di molto sublimata dal Tasso. I Turchi il nomavano Kilidge-Arslan (A. E. 485-500, A. D. 1092-1107. V. le Tavole del De Guignes, t. I, p. 245). Gli Orientali si valeano di questo nome; parimente l'adoperavano, benchè corrotto alcun poco, i Greci, ma non trovasi che un nome solo nelle storie de' Maomettani, i cui scrittori si dimostrano molto aridi e laconici in tutto quanto si aspetta alla prima Crociata (De Guignes t. III, part. II, p. 10-30).
469Su tutto ciò che riguarda fortificazioni, macchine e assedj del Medio Evo, si consulti il Muratori (Antiq. Ital., t. II, Dissert. 26, p. 452-524). Il belfredus, d'onde è venuta la più moderna voce beffroi, era la torre sulle ruote degli Antichi (Ducange t. I, p. 608).
470Non posso starmi dall'osservare la somiglianza tra le fazioni operate dai Crociati nell'assedio di Nicea dal suo lago protetta, e quelle di Fernando Cortez dinanzi alla capitale del Messico. (V. Robertson, Storia dell'America t. I, p. 608.)
471Miscredenti, voce inventata dai Crociati francesi, e adoperata oggidì solamente nel significato ch'essa offre. Sembra però che i nostri antichi, nell'ardore della lor divozione, riguardassero come sinonimi i vocaboli miscredente, e uomo spregevole; questa pregiudicata opinione cova tuttavia nelle anime di alcuni che si pretendono essere veri cristiani.
472Il Baronio ha tratta in campo una lettera molto apocrifa, e scritta al mio fratello Ruggero (A. D. 1098 n. 15). Giusta la medesima l'esercito nemico era composto di Medi, di Persiani e di Caldei: sia! il primo assalto fu a danno dei nostri; è vero anche questo: ma per qual motivo Goffredo di Buglione e Ugo si danno il titolo di fratelli? osservo inoltre che vien dato a Tancredi il nome di filius. Figlio di chi? Non certamente di Ruggero o di Boemondo.
473Verum tamen dicunt se esse de Francorum generatione; et quia nullus homo naturaliter debet esse miles nisi Turci et Franci (Gesta Francorum, p. 7). Tal comune origine ed eguaglianza di valore nelle due genti viene parimente riconosciuta e attestata dall'Arcivescovo Baldricco, (p. 99).
474Balista, balestra, arbalete, V. Muratori, Antiquit., t. II, p. 517-524: Ducange, Gloss. lat., t. I, p. 531, 532. Ai giorni di Anna Comnena, una tal arme, descritta dalla medesima sotto il nome di tzangra, era sconosciuta nell'Oriente. (l. X, pag. 291). Per un sentimento d'umanità che mal coll'altre cose accordavasi, il Papa si adoperò ad impedire nelle guerre de' Cristiani l'uso delle balestre.
475Il leggitore curioso può far confronto tra la erudizione classica del Cellario, e la scienza geografica del d'Anville. Guglielmo di Tiro è il solo storico delle Crociate che conosca alcun poco l'antichità. Il Sig. Otter ha presso che passo a passo seguìti i Franchi da Costantinopoli fino ad Antiochia (Voyage en Turquie et en Perse, t. I, p. 35-88.)
476Quanto avvi di meglio intorno a questa particolare conquista di Edessa, è il racconto fattone da Foulcher di Chartres, il valoroso Cappellano del Conte Baldovino, racconto che trovasi nelle compilazioni di Bongars, Duchesne e Martenne (Esprit des Croisades, t. I, p. 13, 14). E in ciò che spetta alle risse accadute fra questo Principe e Tancredi, la parzialità del ridetto Foulcher può contrapporsi a quella dimostrata da Randolfo Cadomense, soldato e storico del prode Marchese di Puglia.
477V. de Guignes, Hist. des Huns, t. I, p. 456.
478Quanto ad Antiochia, V. la Descrizione del Levante composta dal Pocock, vol. 2, part. 1, p. 188-193; Voyage d'Otter en Turquie, ec. t. I, p. 81, ec.; il Geografo turco nelle Note fatte al predetto viaggio; l'Indice geografico di Schultens (ad calcem Bohadin., vit. Saladini), ed Abulfeda (Tabula Syriae, p. 115, 116, vers. Reiske).
479Ensem elevat, eumque a sinistra parte scapularum, tanta virtute intorsit ut quod pectus medium disjunxit, spinam et vitalia interrupit, et sic lubricus ensis super crus dextrum integer exivit, sicque caput integrum cum dextera parte corporis immersit gurgite, partemque quae equo praesidebat remisit civitati (Robert. Mon. p. 50). Cujus ense trajectus Turcus duo factus est Turci; ut inferior alter in urbem equitaret, alter arcitenens in flumine nataret (Radulph. Cadom., c. 53, p. 54). Questo autore ciò null'ostante si sforza a giustificare il fatto, deducendolo dalle stupendis viribus, o più che naturali di Goffredo. Guglielmo di Tiro cerca salvare la verisimiglianza colla seguente espressione obstupuit populus facti novitate: però un tal fatto ai cavalieri di quel secolo non dovea sembrare incredibile.
480V. le geste di Roberto, di Raimondo, e del modesto Tancredi che imponea silenzio al proprio scudiere (Radulp., Cadom., c. 53).
481Dopo avere raccontato a qual cattivo partito ridotti fossero i Franchi, e l'umile proposta che fecero al nemico, Abulfaragio aggiugne la superba risposta di Codbuka o Kerboga: Non evasuri estis nisi per gladium (Dynast., p. 242).