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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11

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A. D. 1187

Potea Saladino temere che l'assedio di una città, il cui destino tenea l'Europa e l'Asia perplesse, ridestasse le ultime scintille dell'entusiasmo ne' Cristiani, e che fra i sessantamila di essi, i quali tuttavia rimanevano in Gerusalemme, ciascuno sarebbe stato soldato, e ciascun soldato un eroe avido del martirio. Ma la regina Sibilla per sè medesima e pel marito prigioniero tremava; quelli fra i baroni e cavalieri che aveano potuto sottrarsi alla morte e alle catene, conservavano, in quegli estremi, lo stesso spirito di fazione, le medesime passioni di personale interesse. Composta di Cristiani orientali la massima parte degli abitanti di Gerusalemme, gli avea l'esperienza ammaestrati a preferire al governo de' Latini il giogo maomettano600; nè il Santo Sepolcro conducea a quelle regioni se non se ciurme di miserabili prive d'armi, come di valore, che colle carità de' pellegrini guerrieri vivevano. Ciò nullameno vennero affrettatamente fatti alcuni apparecchi di difesa; ma l'esercito vittorioso rispinse le sortite degli assediati, e collocate le sue macchine con buon successo, e aperta una larga breccia, nel giorno decimoquarto, dodici stendardi di Maometto e del Sultano sulle mura di Gerusalemme fè sventolare. Invano la Regina, le donne601 e i frati co' piè scalzi e processionalmente, si portarono a supplicare il figliuol di Dio, perchè volesse salvar la sua tomba dalle mani sacrileghe degl'Infedeli. Fece mestieri il ricorrere alla clemenza del vincitore, che la prima deputazione severamente ricusò, facendo noto il suo giuramento di vendicare le lunghe angosce con tanta pazienza sofferte dai Musulmani; essere trascorsa l'ora del perdono, giunto il momento di espiare il sangue innocente versato per opera di Goffredo e de' Crociati. Ma spinti a tal disperazione i Cristiani, con un coraggioso sforzo fecero comprendere al Sultano, ch'ei non era per anche sicuro affatto della vittoria, e la loro appellazione al padrone comune di tutti gli uomini, fu ascoltata con rispetto dall'Aiubita. Un sentimento di umanità ammollì il rigore del fanatismo e della conquista; accettata la sommessione della città, condiscese Saladino a risparmiare il sangue degli abitanti; i Cristiani greci e orientali ottennero permissione di vivere sotto il governo del vincitore; non così i Franchi e Latini, pei quali fu decretato, che entro quaranta giorni sgombrassero Gerusalemme, con promessa di essere condotti sani e salvi ne' porti dell'Egitto e della Sorìa. I riscatti vennero poi così regolati; dieci piastre d'oro per ogni uomo, cinque per ogni donna, una per ciascun fanciullo; chi non aveva modo di pagare un tale riscatto in perpetua cattività rimanea. Alcuni Storici, con malignità, anzichè no, sonosi compiaciuti nel raffrontare la clemenza di Saladino e la strage della prima Crociata: differenza che sarebbe da attribuirsi unicamente al carattere personale del conquistatore: nè per altra parte dobbiamo dimenticarci l'offerta di capitolare fatta dai Cristiani, l'ostinatezza de' Maomettani nel sostenere l'assedio insino all'ultimo, la presa della città seguìta per assalto. Fa d'uopo, per vero dire, dar merito all'esattezza onde il Sultano le condizioni del Trattato adempì, e al guardo di compassione ch'ei volse sulla sventura de' vinti. In vece di pretendere a tutto rigore il pagamento del riscatto, liberò settemila indigenti, contentandosi della somma di trentamila bisantini, e altri due o tremila, immuni da qualunque sborso. Il numero degli schiavi rimasti, si ridusse ad undici o al più quattordicimila persone. Nell'abboccamento che ebbe colla Regina, Saladino cercò raddolcirne l'afflizione co' discorsi e persin colle lagrime. Distribuì con larga mano elemosine alle vedove e agli orfani che a tale stato avea ridotti la guerra, e mentre gli Ospitalieri combatteano tuttavia contro di lui, l'umano vincitore permetteva ad alcuni loro fratelli, che mossi da più vorace pietà al servigio degl'infermi adoperavano le proprie cure, il continuare un intero anno in sì caritatevole ufizio. Cotali atti di clemenza e di virtù, l'amore e l'ammirazione degli uomini gli han meritati. Nè vi era cosa che costringesse a fingere Saladino; poichè anzi, il fanatismo in lui eccessivo, dovea indurlo piuttosto a dissimulare che ostentare verso i nemici del Corano una colpevole compassione. Quando Gerusalemme fu libera dalla presenza degli stranieri, il Sultano al suono di una musica guerriera, e cogli stendardi spiegati dinanzi a sè, vi fece il suo ingresso trionfale. La grande moschea di Omar, che in una chiesa aveano convertita i Cristiani, fu di nuovo consacrata a un solo Dio, e al Profeta di lui Maometto. Con acqua di rosa ne vennero purificati i pavimenti e le mura, e collocata nel Santuario una cattedra fatta dalle stesse mani di Noraddino. Ma allorchè fu veduta atterrata e trascinata per le strade la Croce d'oro che splendea sulla cupola, i Cristiani di tutte Sette misero un lamentevole gemito, cui risposero le acclamazioni di giubilo de' Musulmani. Il Patriarca aveva in quattro cofani d'avorio raccolto le Croci; le immagini, i vasellami, e le reliquie della Santa Città. Di questi s'impadronì il Sultano che avea divisato, siccome trofei della cristiana idolatria602, portarli in dono al Califfo. Ma poi si piegò a confidarli nelle mani del Patriarca e del Principe d'Antiochia, sacrati pegni, che di poi a prezzo di cinquantaduemila bisantini d'oro Riccardo d'Inghilterra ricuperò603.

A. D. 1188

Eravi luogo a temere, o sperare, giusta gl'interessi diversi delle nazioni che, fra brevissimo tempo, i Cristiani da tutta quanta la Sorìa verrebber cacciati. La cosa nondimeno non si avverò, che un secolo dopo la morte di Saladino604; la resistenza opposta dalla città di Tiro, in mezzo al corso delle vittorie, il fermò. Erano state imprudentemente condotte in questo porto tutte le truppe delle guernigioni che aveano capitolato, le quali trovandosi in numero forte a bastanza per difendere quella piazza, riacquistarono fiducia e coraggio per l'arrivo di Corrado di Monferrato, che fra quelle mal disciplinate torme l'ordine restituì. Il padre del ridetto Corrado, venerabile pellegrino, era caduto, nella battaglia di Tiberiade, prigioniero: ma il disastro di tale giornata tuttavia in Grecia e in Italia ignoravasi, allorchè l'ambizione e la pietà condussero questo nuovo Crociato a visitare gli Stati del proprio nipote, il giovine Baldovino. La vista degli stendardi di Maometto avendolo avvertito di evitare le coste di Giaffa, venne unanimamente accolto, qual Principe e difensore di Tiro che già Saladino assediava. Fermezza di zelo, e forse fiducia nella generosità del nemico, gl'inspiravano l'ardimento di affrontarne le minacce, e di protestare che, quand'anche avesse veduto il vecchio padre suo in pericolo sulla breccia, avrebbe egli lanciato il primo dardo, e procacciata a sè medesimo la gloria d'essere figlio di un martire605. Apertosi il porto di Tiro alla flotta degli Egiziani, fu d'improvviso tesa di nuovo la catena che lo chiudeva, onde cinque galee maomettane rimasero prese, o mandate a fondo; in una sortita di Cristiani perirono mille Turchi; e tal si fu la difesa, che Saladino, dopo avere arse le sue macchine, tornò a Damasco, compiendo con una vergognosa ritirata una serie di azioni campali che gli partorirono tanta gloria. Nè andò guari ch'ei dovette sostenere una più formidabil procella. Narrazioni patetiche, ed anche tele effigiate, che in commovente modo offrivano allo sguardo la schiavitù di Gerusalemme e la profanazione del tempio, ridestarono lo assopito zelo dell'Europa; l'Imperatore Federico Barbarossa e i Re di Francia e d'Inghilterra preser la Croce; ma la lentezza degl'immensi apparecchi di queste grandi Potenze i deboli Stati marittimi e dell'Oceano e del Mediterraneo provennero. Gl'Italiani più abili ed antiveggenti, sopra legni pisani, genovesi, veneti, primi di tutti veleggiarono a Tiro: li seguirono indi i pellegrini più zelanti della Francia, della Normandia e delle isole dell'Occidente. Un navilio circa di cento legni portò a quelle spiagge i poderosi soccorsi mandati dalla Fiandra, dalla Frisia e dalla Danimarca; e i nortici guerrieri si faceano in mezzo agli spianati discernere, per l'alta statura, e per le pesanti loro azze da guerra606; nè la voce stessa di Corrado tener lontana, nè poterono le mura di Tiro capire più a lungo tanta moltitudine di guerrieri ogni giorno crescente. Deploravano la sventura, e riverivano le dignità di Lusignano che i Turchi aveano lasciato in libertà, forse mossi dalla speranza di mettere fra gli eserciti latini discordia. Avendo questi proposto l'assedio di Tolomaide, ossia Acri, che situata ad ostro di Tiro, trenta miglia ne era distante, videsi immantinente circondata la piazza da trentamila fanti, e da duemila uomini a cavallo, de' quali venne a quanto sembra, affidato allo stesso Lusignano il comando. Non mi diffonderò intorno alla storia di questo memorabile assedio (A. D. 1189-1191) che, durato circa due anni, entro angusto spazio di terreno, tante forze di Europa e di Asia stremò. Non mai il fuoco dell'entusiasmo erasi manifestato con impeto più violento e struggitore; e i Fedeli (entrambe le parti di questo nome gloriavansi) nell'onorare i lor martiri, non poteano negare un tributo di lodi allo sfrenato zelo e al valore de' loro avversarj. Al primo squillare della sacra tromba, i Musulmani dell'Egitto, dell'Arabia, della Sorìa, e di tutte le province dell'Oriente sotto le bandiere del servo di Maometto si raunarono607. Il campo di lui, o avanzasse, o indietreggiasse, poche miglia sempre si discostava da Acri, tanto il pungea notte e giorno la brama di liberare i proprj fratelli, e di portare ultimo sterminio ai Cristiani. Nove battaglie, che ben tutte di battaglie meritavano il nome, si diedero nelle vicinanze del monte Carmelo; e tai furono le vicissitudini della fortuna, che il Sultano si aperse una volta la via persino alla città; altra volta i Cristiani si spinsero entro la tenda di Saladino. Col ministero di palombai e di colombi, il Sultano teneasi in continua corrispondenza cogli assediati, e profittava d'ogni istante in cui fosse libero il mare, per dar rinforzo di nuovi soldati a quell'estenuato presidio. Intanto la fame, le pugne, i mali influssi di un clima straniero, ogni dì il latino esercito diminuivano; ma ogni dì le tende de' morti bastavano appena agli uomini sopraggiunti, che esageravano il numero e la sollecitudine degli ausiliari postisi sulle lor tracce. Il volgo stupefatto giunse perfino a credere che il Pontefice, Capo di un esercito numeroso, fosse nelle vicinanze di Costantinopoli pervenuto. Più giusti soggetti di ansietà all'Oriente la venuta dell'alemanno Imperatore somministrava; e la politica di Saladino nel moltiplicargli ostacoli nell'Asia, e probabilmente ancor nella Grecia, soprattutto si contraddistinguea; laonde la gioia inspiratagli dalla notizia della morte di Barbarossa, pareggiò la stima che il Musulmano avea concepita di un tanto guerriero. Più sconforto che fiducia trassero i Cristiani dall'arrivo del Duca di Svevia, e di cinquemila Alemanni, avanzo dell'esercito imperiale, ridotto a stremo dal lungo cammino. Finalmente nella primavera del successivo anno, le flotte di Francia e d'Inghilterra gettarono l'ancora nella baia di Tolomaide; e l'emulazione de' due giovani re Filippo Augusto e Riccardo Plantageneto, le fazioni dell'assedio rinvigorì. Dopo avere tentata indarno ogni via di salvezza, e privi già d'ogni speranza, i difensori di Acri, sottomettendosi per ultimo al proprio destino, una capitolazione, ma a patti durissimi, ottennero608. Dugentomila piastre d'oro furono il prezzo posto alla loro vita e alla lor libertà; e dovettero promettere di far liberi cento prigionieri della classe nobile e millecinquecento d'ordine inferiore, e di restituire il legno della vera Croce. Alcuni dubbj in ordine alla convenzione, alcuni indugi nell'adempirla, avendo ridestata la furibonda rabbia de' Franchi, il truce Riccardo fe' decollare quasi a veggente del Sultano tremila Musulmani. Certamente la conquista di Acri mise in poter de' Latini una ragguardevole Fortezza e un ottimo porto; ma a caro prezzo un tal vantaggio scontarono. Lo Storico, ministro di Saladino, fondandosi sulle asserzioni stesse degli avversarj, calcola a cinque, o seicentomila uomini il numero de' Cristiani successivamente approdati, e a centomila quello de' morti coll'armi alla mano. Molto maggior numero ne tolser di vita i naufragi e le infermità; e d'un esercito sì sterminato, una piccolissima parte potè, immune da disastri, rivedere la patria609.

 

A. D. 1191-1192

Filippo Augusto e Riccardo I, sono i due soli Re di Francia e d'Inghilterra, che abbiano sotto le stesse bandiere militato; ma scambievole gelosia di nazione pregiudicava alla santa guerra che avevano intrapresa; e le due fazioni, ciascuna delle quali riconosceva per suo proteggitore nella Palestina uno di questi Principi, più accanite al reciproco danno, che a quello del comune inimico, mostravansi. Gli Orientali riguardavano il Re di Francia come superiore in dignità e possanza all'Inglese, e in mancanza dell'Imperatore, i Latini, siccome lor Capo lo riverivano610. Molto minori della sua fama le imprese ne furono; perchè comunque di valor non mancasse, le qualità d'uom di Stato nell'indole del medesimo prevalevano. Stancatosi tostamente di sagrificare la salute e i proprj interessi sopra una sterile spiaggia, la presa d'Acri fu per lui segnale di ritirata. Ben lasciò per la difesa di Terra Santa, diecimila fanti e cinquecento uomini a cavallo, sotto il comando del Duca di Borgogna: ma non quindi il disonore di tal partenza perdonato gli venne. Il Re d'Inghilterra, benchè inferiore per dignità, superava in ricchezze e militar rinomanza il rivale611; e se un brutale e feroce valore bastasse all'essenza dell'eroismo, Riccardo Plantageneto avrebbe diritto a comparire fra i primarj eroi del suo secolo. Per lungo tempo, cara e gloriosa agl'Inglesi fu la ricordanza di Cuor-di-Leone; e sessant'anni dopo la sua morte, i pronipoti de' Turchi e de' Saracini da lui soggiogati, fin ne' proverbj loro lo rammentarono con onore. Le madri della Sorìa si giovavano di un tal nome per fare star zitti i loro fanciulli; se un cavallo aombravasi, il cavaliere soleva, rampognando l'animale esclamare: «Credi forse che il re Riccardo612 si aggiri per queste boscaglie?» La crudeltà ch'ei verso i Musulmani adoprò, era effetto di zelo e di violenza della sua indole; ma penoso mi è il persuadermi che un guerriero sì abile e prode nel giovarsi della sua lancia, siasi avvilito a ricorrere al ministero del pugnale contra il proprio collega, il valoroso Corrado di Monferrato, morto ad Acri per tradimento d'ignota mano613. Dopo la presa d'Acri e la partenza di Filippo, Riccardo, fattosi condottiero de' Crociati alla conquista della costa marittima, le città di Giaffa e di Cesarea aggiunse agli avanzi del regno di Lusignano; e un cammino di cento miglia che Ascalon da Acri divide, fu per undici giorni l'aringo di un grande e continuo combattimento; e fuvvi un punto che scoraggiate le truppe turche, Saladino si trovò sul campo di battaglia da sole diciassette delle sue guardie accompagnato; pur vi rimase senza calar le bandiere, nè permettere che sol per poco cessasse lo squillo delle sue trombe. Ben pervenne a riordinare i soldati, e a ricondurli contro il nemico: ben i suoi predicanti e i suoi araldi esortarono con incalzante tuono gli unitarj a oppor fermo petto agl'idolatri cristiani; ma all'impeto di questi idolatri non poteva allora resistere, e sol collo spianare le mura e le fortificazioni di Ascalon, giunse ad impedire ai Cristiani l'occupazione di così munita Fortezza, situata ai confini dell'Egitto. Durante un rigido verno, inoperose stettero l'armi; ma al ricomparire della primavera, i Franchi, sempre guidati dal medesimo condottiero, s'innoltrarono tanto che d'una sola giornata da Gerusalemme distavano. Ivi il solerte re Riccardo impadronitosi d'una carovana di settemila cammelli, costrinse Saladino614 a rinchiudersi nella Città Santa, divenuta per maggior disastro del Principe musulmano, soggiorno di costernazione e discordie. Questi orò, fece digiuni e prediche, offerse di partecipare egli medesimo ai pericoli dell'assedio; ma fosse principio d'affetto, e di animo alle sedizioni propenso, i suoi Mammalucchi, ingombra ancora la fantasia del disastro sofferto in Acri dai lor compagni, con preghiere che di clamori sentivano, supplicarono il Sultano volesse conservare la propria persona e il valore de' suoi soldati a miglior uopo, per la difesa del culto del Profeta e dell'Impero615. La ritirata de' Cristiani tanto improvvisa, che miracolo la credettero gli assediati, a tali angustie sottrasseli616. Riccardo vide i proprj allori appassire o per la prudenza, o per l'invidia de' suoi compagni. Sopra un monte, d'onde Gerusalemme scoprivasi, l'eroe il volto velossi con voce d'indignazione esclamando. «Coloro che rifiutano liberare il Santo Sepolcro di Gesù Cristo, sono immeritevoli di contemplarlo». Appena giunto ad Acri gli fu nunziato che il Sultano avea stretta d'assedio la città di Giaffa. Pronto Riccardo nell'imbarcare sè e le sue truppe sopra alcuni legni mercantili in quel porto ancorati, e primo a lanciarsi sulla riva, rianimò lo spento coraggio de' difensori della rocca; onde sessantamila Turchi, o Saracini, al solo avviso dell'arrivo di Cuor-di-Leone si diedero a fuga. Saputa indi la debolezza del drappello che l'Inglese avea guidato con sè, ricomparvero alla domane, e il trovarono, come se non vi fosse stato alcun pericolo da temere, accampato dinanzi alla porta di Giaffa colla sola scorta di diciassette uomini a cavallo e di trecento arcieri. Non prendendosi pensiero del numero degli assalitori, la presenza loro sostenne con tanta intrepidezza, che, a confessione degli stessi nemici, colla lancia in resta trascorse galoppando da destra a sinistra, dinanzi a tutto il fronte de' Saracini, nè vi fu fra questi un solo che ardisse fermarlo617. Si narrano forse in questo luogo le storie di Amadigi o di Orlando?

 

Nel durare delle ostilità i Franchi e i Musulmani incominciarono, interruppero, riassunsero per più riprese, lente e languide negoziazioni618. Alcuni atti di scambievole cortesia fra i due Re, qualche donativo di frutta e di neve, diversi cambj di falchi di Norvegia con cavalli arabi, l'acerbità di una guerra di religione addolcirono. Forse le alternative de' successi indussero i due monarchi a sospettare che il cielo non si prendesse poi tanto pensiero dei loro litigi, e troppo ben si conosceano l'un l'altro gagliardi, perchè niun d'essi una concludente vittoria sperasse619. Intanto declinavano la salute di Riccardo e di Saladino: pativano entrambi tutti i mali alle discordie civili e alle lontane guerre congiunti. Plantageneto ardea della brama di punire un perfido rivale che profittando della lontananza di lui aveva invasa la Normandia, intanto che l'instancabile Sultano resisteva a fatica ai clamori de' soldati, strumenti del suo zelo guerriero, e a quelli del popolo che ne era la vittima. Il Re d'Inghilterra chiese primieramente la restituzione di Gerusalemme, della Palestina, e della vera Croce, protestando con fermezza che egli e i pellegrini tutta la loro vita alla santa impresa sagrificherebbero, anzichè rivedere, carichi di rimorsi e di ignominia, l'Europa; ma rifuggiva la coscienza di Saladino ad acconsentire, senza un condegno compenso, che i Cristiani riavessero i loro idoli, o a favoreggiare in alcun modo la loro idolatria620. Con uguale fermezza i suoi diritti temporali e religiosi sulle sovranità della Palestina difese, e riguardando egli pure, siccome santa, Gerusalemme, e il possedimento di essa rilevante cosa pei Maomettani, ricusò calare ad alcun patto di parteggiamento colle nazioni latine. Fra i patti proposti da Riccardo fuvvi pur quello di concedere la propria sorella in moglie al fratello di Saladino; ma la disparità di religione non permise che un tal parentado si conchiudesse: nè l'inglese Principessa potea concepir senza orrore la sola idea di vedersi fra le braccia di un Turco, nè sì di leggeri Adel, o Safadino (nomi di questo fratello) avrebbe rinunziato alla pluralità delle mogli. Negò il Sultano di venire a parlamento con Riccardo, adducendone a motivo la disparità del linguaggio che avrebbe loro impedito a vicenda l'intendersi. Artifiziosamente tirata in lungo per via di messi e d'interpreti una tale negoziazione, il Trattato definitivo offese lo zelo di entrambe le parti, e il Pontefice di Roma e il Califfo di Bagdad parimente sen dolsero. Venne stipulato col medesimo che Gerusalemme e il Santo Sepolcro rimarrebbero aperti alla divozione de' Cristiani e de' pellegrini d'Europa, senza che questi fossero costretti a tributo, o soffrissero vessazioni; che rimanendo nello stato suo di assoluta rovina Ascalon, i Cristiani conserverebbero tutta la costa marittima da Giaffa a Tiro, comprendendo queste due città ne' loro possedimenti; che al Conte di Tripoli e al Principe di Antiochia si estenderebbe la tregua; che per tre anni e tre mesi, niuna ostilità, nè da una parte, nè dall'altra, sarebbe lecita. I principali Capi de' due eserciti giurarono di mantenere la convenzione; ma i due Monarchi ebbero per bastanti mallevadori la propria parola e l'atto di porgersi la destra; e la regal maestà venne dispensata dal giuramento, come se questo includesse implicitamente il sospetto della perfidia. Riccardo corse a cercare in Europa lunga cattività, e morte immatura; trascorsi pochi mesi la gloria e la vita di Saladino videro il termine (A. D. 1193). Vien celebrato dagli Orientali il modo edificante cui questo guerriero finì i suoi giorni in Damasco; nè a quanto sembra pervennero ad essi le bizzarre notizie delle elemosine egualmente distribuite ai settarj di tre religioni diverse, nè del panno funebre sostituito allo stendardo di Maometto, per avvertire l'Oriente della instabilità delle umane grandezze621. Colla morte di Saladino l'unità dell'Impero fu sciolta; oppressi i figli di lui dal poderoso braccio del loro zio Safadino, le dissensioni fra i Sultani d'Egitto, di Damasco e di Aleppo si rinovarono622; circostanze tutte per le quali i Franchi poterono respirare in pace nelle Fortezze lor rimaste sulle coste della Sorìa, e alle speranze tuttavia abbandonarsi.

A. D. 1198-1216

La decima, conosciuta sotto il nome di decima di Saladino, tributo a cui il popolo e il Clero della Chiesa latina si erano assoggettati per le spese necessarie a guerreggiar Saladino, è il più splendido monumento della rinomanza di questo guerriero, e del terrore che aveva inspirato. Una tal costumanza portava troppo vantaggio ad alcune persone, perchè cessar dovesse col cessar de' motivi dai quali ebbe origine. Da questo tributo derivano le ricognizioni e le decime su i beni della Chiesa, ricognizioni e decime che il Pontefice talora concedeva ai Sovrani, talora per gli usi particolari della Santa Sede si riserbava623; e certamente questo tributo pecuniario624 dovette aumentare il fervore che per la liberazione di Terra Santa dimostravano i Papi. Dopo la morte di Saladino, continuarono essi, e per lettere, e col ministerio di missionari e Legati a predicar le Crociate; e lo zelo e l'ingegno d'Innocenzo III al buon esito della pietosa impresa erano favorevoli augurj625. Per opera di questo giovine ed ambizioso Pontefice, i successori di S. Pietro al massimo grado di lor grandezza pervennero; e durante il suo regno di diciotto anni, dominò con dispotica autorità sugli Imperatori e sui Re, che egli creava, a talento suo rimovea, e sulle nazioni che per le colpe dei loro governanti puniva, privandole, interi mesi ed anni, d'ogni esercizio del religioso lor culto. Fu soprattutto nel Concilio di Laterano che Innocenzo si comportò qual sovrano spirituale, e quasi padrone temporale dell'Oriente e dell'Occidente. Ai piedi del Legato d'Innocenzo, Giovanni d'Inghilterra rassegnò la propria corona; e questo Pontefice potè vantarsi de' due più segnalati trionfi che sul buon senso e sull'umanità sieno stati riportati giammai, la Transustanziazione posta in dogma626, e le prime fondamenta della Inquisizione da esso gettate. Alla voce di lui (A. D. 1203), due Crociate vennero intraprese, la quarta e la quinta; ma eccetto il re d'Ungheria, queste non ebbero che Principi di secondo ordine per comandanti, e trovatesi le forze inferiori all'ampiezza della impresa, i successi alle speranze del Papa e de' popoli non corrisposero. I pellegrini della quarta Crociata (A. D. 1218) dimenticarono la Sorìa per Costantinopoli, la conquista della qual capitale operata per l'armi Latine, ne somministrerà l'argomento del seguente Capitolo. Nella quinta Crociata627, dugentomila Franchi sbarcarono alla foce orientale del Nilo: persuasi con assai di ragione che il miglior modo per liberare la Palestina, fosse vincere il Sultano in Egitto, luogo di sua residenza ed emporio di quella dominazione. E veramente, dopo un assedio di sedici mesi, i Musulmani dovettero deplorare la perdita di Damieta. Ma l'esercito cristiano andò perduto per l'orgoglio e la tracotanza del Legato Pelagio, che a nome del Pontefice, impadronito erasi del comando. I Franchi, estenuati dai morbi epidemici, rinserrati fra l'acque del Nilo e tutte le forze d'Oriente armatesi contro di loro, abbandonarono Damieta, per ottenere la franchigia della ritirata, alcuni concedimenti a favore de' pellegrini, e la tarda restituzione del legno della vera Croce, monumento, che molta parte di sua autenticità avea perduta. L'infausto esito delle Crociate vuole in parte essere attribuito alla moltiplicità e all'abuso di queste pie spedizioni, che nel tempo medesimo e contra i Pagani della Livonia, e contra i Mori di Spagna e gli Albigesi di Francia, e contra i Re siciliani della famiglia imperiale venivan bandite628. Nelle imprese meritorie del secondo genere poteano gli avventurieri senza uscir dell'Europa ottenere le stesse indulgenze, oltre a ricompense temporali più certe e più ragguardevoli. Laonde i Papi, dal santo loro zelo contro i nemici domestici si lasciarono trasportar sì, che le sciagure de' Cristiani della Sorìa ponevano in dimenticanza. L'ultimo secolo delle Crociate, mise per un certo tempo all'arbitrio de' Papi un esercito e una rendita considerabile, onde diversi profondi ragionatori si portarono a sospettare che sin dal tempo del primo Sinodo di Piacenza, tutte le ridette spedizioni la politica di Roma avesse condotte. Ma nè sulla realtà, nè sulla verisimiglianza, un tal sospetto è fondato. Le apparenze dimostrarono che i successori di S. Pietro secondarono, anzichè regolare l'impulso de' costumi e delle pregiudicate opinioni di quelle età. Senza aver preveduta la stagione delle messi, senza essersi prese le cure del coltivare, colsero a lor tempo i frutti naturali della superstizione, ricolta che di pericoli e di fatiche per loro fu scevra. Nel Concilio di Laterano, Innocenzo annunziò in termini ambigui il disegno di animare col proprio esempio i Crociati; ma il nocchiero della Santa nave non potea abbandonarne il governale, nè alcun Pontefice romano consacrò colla sua santa presenza le spedizioni della Palestina629.

A. D. 1228

Assuntisi i Papi la protezione immediata delle persone, delle famiglie, delle sostanze de' pellegrini, quegli spirituali tutori si arrogarono ben tosto il diritto di regolarne le azioni, e di costringerli a mantenere i carichi che si erano addossati. Federico II630, pronipote di Barbarossa, fu successivamente il pupillo631, il nemico e la vittima della Chiesa. In età di ventun anni, prese la Croce per non contravvenire ai voleri del suo tutore, Innocenzo III, che alle singole coronazioni, come Re e come Imperatore, lo costrinse a rinovare questa obbligazione; oltrechè il maritaggio da lui contratto colla erede del Re di Gerusalemme, gli imponea per sempre il dovere di assicurar questo regno al proprio figlio Corrado; ma avanzando Federico negli anni, e più ferma vedendo la sua autorità, degli obblighi contratti imprudentemente in giovinezza gli increbbe; e le acquistate cognizioni e l'esperienza instruito aveanlo a disprezzare le illusioni del fanatismo, e le corone dell'Asia. Fattosi minore il rispetto di lui verso i successori d'Innocenzo, il solo disegno di restaurare la Monarchia italiana, dalla Sicilia all'Alpi, l'animo suo ambizioso occupava. Ma il buon successo di tale impresa, ricondotti avrebbe alla semplicità primitiva i Pontefici; i quali tenuti a bada con indugi e scuse per dodici anni, non risparmiarono sollecitazioni e minacce; tanto che indussero il Monarca dell'Alemagna a prefiggere il giorno della sua partenza ai lidi della Palestina. Egli fece allestire ne' porti della Sicilia e della Puglia una flotta di cento galee e di cento vascelli, costrutti in modo che potessero trasportare e sbarcare facilmente duemila cinquecento cavalieri coi loro cavalli e il loro seguito. Dai vassalli imperiali di Napoli e di Alemagna, levò un poderoso esercito, e la fama portò sino a sessantamila il numero de' pellegrini dell'Inghilterra: ma gl'indugi volontarj, o inevitabilmente congiunti a sì immensi apparecchi, estenuarono le vettovaglie e le forze dei più poveri fra i pellegrini; le infermità e le diserzioni l'esercito diradarono, e la state ardente della Calabria anticipò i disastri che a quelle truppe si preparavano nei campi della Sorìa. Finalmente l'Imperatore salpò da Brindisi con una flotta e un esercito di quarantamila uomini. Ma non tenne il mare più di tre giorni, e una precipitosa ritirata, che gli amici di lui a grave infermità attribuirono, venne dai suoi avversarj riguardata, come una volontaria e ostinata inobbedienza ai voleri del Sommo Pontefice. Per avere infranto il suo voto, Federico videsi scomunicato da Gregorio IX, che lo scomunicò una seconda volta nel successivo anno per avere ardito adempire lo stesso voto632; e intanto ch'egli conduceva la Crociata in Palestina, una Crociata bandivasi in Italia contro di lui, e ritornando venne costretto a chieder perdono di ingiurie che unicamente avea ricevute. Gli Ordini militari e il Clero di Palestina, erano stati anticipatamente avvertiti di disobbedirgli, e non farsi lecito il menomo consorzio con un uomo scomunicato. Per ultimo aggravio, l'Imperatore si trovò in mezzo al suo campo, e, ne' proprj Stati di Palestina, costretto a tollerare che i comandi venissero dati in nome di Dio e della Repubblica cristiana, che del suo nome non fosse fatta menzione. Trionfale fu l'ingresso di Federico in Gerusalemme; e colle proprie mani, perchè niun ecclesiastico a tale ufizio volle prestarsi, prese la corona posta sull'altare del Santo Sepolcro. Ma il Patriarca lanciò anatema sulla Chiesa, che la presenza di questo Principe avea profanata; e i Templarj e gli Ospitalieri, eglino stessi fecero avvertire il Sultano del momento opportuno a sorprendere ed uccidere Federico in riva al Giordano, ove questi con debole scorta si trasferiva. Circondato in tal guisa da fanatici e da faziosi, non che impossibile cosa l'aspirare a vittorie, gli era persin difficile il provvedere alla propria sicurezza. Ma le discordie de' Maomettani, e la stima che Federico aveva a questi inspirata, gli fruttarono un Trattato vantaggioso di pace con essi. L'uom percosso dagli anatemi della Chiesa, venne tosto accusato di avere mantenuto coi miscredenti pratiche disdicevoli ad un Cristiano, sprezzata la sterilità del suolo di Palestina, d'essersi lasciati sfuggir dal labbro questi empj detti: «che se Jeova avesse conosciuto il regno di Napoli, non avrebbe scelta la Palestina a retaggio del suo popolo eletto». Pur questo Federico aveva ottenuta dal Sultano la restituzione di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazaret, di Tiro e di Sidone; per esso i Latini divenuti liberi di abitare e fortificare la Città Santa. Fra gli accordi patuiti dal Principe alemanno, eravi una mutua libertà civile e religiosa così pei discepoli di Gesù, come per quelli di Maometto, in conseguenza di che i primi avrebbero ufiziato nella chiesa del Santo Sepolcro; poteano i secondi orare e predicare nella moschea del tempio633, d'onde credevano che il loro Profeta fosse partito di notte tempo pel viaggio suo verso il Cielo. Contro d'una sì scandalosa tolleranza il Clero si scatenò; i Musulmani, trovandosi ivi i più deboli, vennero in modo quasi insensibile discacciati; e quanto uom ragionevole potea prefiggersi a scopo nelle spedizioni delle Crociate, tutto erasi, senza l'uopo di sparger sangue, ottenuto. Le chiese restaurate, riempiuti di Monaci i conventi; in meno di quindici anni Gerusalemme noverava seimila Latini fra i suoi abitanti. L'invasione de' selvaggi Carizmj pose fine a questo pacifico e prospero stato634, di cui i Latini non avean saputo nè grado, nè grazia a chi lo avea lor procurato. Abbandonate le rive del mar Caspio, d'onde i Mongui li scacciarono, i pastori Carizmj innondarono la Sorìa, nè la lega de' Franchi coi Sultani di Aleppo, di Hems e Damasco a rintuzzare l'impeto di costoro bastò. Divenne inutile ogni resistenza, e la morte, o la cattività unicamente ne erano prezzo. Una sola battaglia, pressochè affatto, i militari ordini esterminò. Saccheggiata la città, profanato il Santo Sepolcro, i Franchi dovettero, e confessarlo di propria bocca, augurarsi la disciplina e l'umanità de' Turchi e dei Saracini.

600Renaudot, Hist. patr. Alex. p. 345.
601Il teologo risponde, che i peccati dei Crociati, già descritti dall'Autore, tolsero loro l'aiuto di Gesù Cristo, e cagionarono la loro intera rovina, estesa sopra alcuni milioni d'uomini, malgrado i meriti dell'impresa. (Nota di N. N.).
602Il culto delle Immagini bene considerato non è idolatria. (Nota di N. N.)
603In quanto riguarda la conquista di Gerusalemme, Boadino (p. 67-76) e Abulfeda (p. 40-43) sono le nostre autorità maomettane. Fra gli storici Cristiani, Bernardo il Tesoriere (c. 151-157) è il più abbondante di particolarità, ed il più autentico. V. anche Mattia Paris (p. 120-124).
604Intorno agli assedj di Acri e di Tiro ampie nozioni possono ottenersi da Bernardo il Tesoriere (De acquisit. Terrae Sanctae, c. 167-179), dall'Autore della Hist. Hieros. (p. 1150-1172), dal Bongars e d'Abulfeda (pag. 43-60), e da Boadino (p. 75-179).
605Mi sono tenuto al racconto più saggio e più verisimile di un tal fatto. Il Vertot ammette senza esitare una novella romanzesca, giusta la quale il vecchio Marchese trovasi di fatto esposto ai dardi degli assediati.
606Northmanni et Gothi, et coeteri populi insularum, quae inter Occidentem et Septentrionem positae sunt, gentes bellicosae, corporis proceri, mortis intrepidae, bipennibus armatae navibus rotundis quae Ysnachiae dicuntur advectae.
607Lo Storico di Gerusalemme (p. 1108) aggiugne le nazioni dell'Oriente dal Tigri all'Indo, e le tribù de' Mauri e dei Getuli; di modo che l'Asia e l'Affrica combatteano contra l'Europa.
608Boadino (pag. 180) e gli storici Cristiani non negano, nè disapprovano questa carnificina. Alacriter jussa complentes (i soldati inglesi), dice Goffredo di Vinisauf (lib. IV, c. 4, p. 346), e calcola di duemilasettecento il numero delle vittime. Roberto Hoveden pretende sieno state cinquemila (p. 697, 698). Fosse umanità, o avarizia, Filippo Augusto si piegò a restituire ai suoi prigionieri la libertà, mediante un riscatto (Giacomo di Vitry, l. I, c. 98, p. 1122).
609Boadino, p. 14. Egli cita la sentenza di Baliano e del principe di Sidon, aggiugnendo: ex illo mundo quasi hominum paucissimi redierunt. Fra i nomi de' Cristiani periti sotto le mura di Acri, trovo quelli degl'Inglesi, Ferrers, conte di Derby (Dugdale, Baronnage, part. I, p. 260), Mowbray (idem., p. 124); Mandevil, Fiennes, S. John, Scrope, Pigot, Talbot ec.
610Magnus hic apud eos, interque reges eorum tum virtute, tum majestate eminens… summus rerum arbiter (Bohadin, p. 159). Non sembra che questo Storico abbia conosciuti i nomi di Filippo o di Riccardo.
611Rex Angliae praestrenuus… rege Gallorum minor apud eos censebatur, ratione regni atque dignitatis; sed tum divitiis florentior, tum bellica virtute multo erat celebrior (Bohadin, p. 161). È lecito ad uno straniero l'ammirare queste ricchezze; ma i nostri Storici avrebbero potuto raccontare a Boadino quali angherie, quali funeste depredazioni erano state usate per ammassarle.
612Joinville (p. 17). «Guides-tu que ce soit le roi Richard?»
613Egli era nondimeno colpevole di un tal delitto agli occhi de' Musulmani, i quali attestano che gli assassini confessarono essere stati inviati dal Re d'Inghilterra (Bohadin p. 225); mentre la difesa del re è tutta fondata sopra una supposizione evidentemente assurda (Hist. de l'Acad. des inscript., t. XVI, p. 155-163), sopra una pretesa lettera del Capo degli assassini, lo Sceik, o Vecchio della Montagna, che giustificava Riccardo, assumendo sopra di sè il biasimo, o il merito di un tale assassino.
614V. gli estremi a cui Saladino era ridotto, e la pia fermezza dell'animo suo nella descrizione fattane da Boadino (p. 7-9, 235-236), che aringò egli stesso i difensori di Gerusalemme; l'atterrimento loro non era pei nemici un mistero (Giacomo di Vitry, l. I, c. 100, p. 1123, Vinisauf, l. V, c. 50, p. 399).
615Pure a meno che il Sultano o un principe Aiubita non fosse rimasto entro Gerusalemme, nec Curdi Turcis, nec Turci Curdis essent obtemperaturi (Boadino p. 237). Qui lo Storico solleva una falda del velo politico.
616Boadino (pag. 237) e lo stesso Goffredo di Vinisauf (l. VI, c. 1-8, pag. 403-409) attribuiscono allo stesso Riccardo la ritirata, e Giacomo di Vitry nota che per l'impazienza di partire in alterum virum mutatus est (pag. 1123). Nondimeno Joinville, cavalier francese, ne dà colpa alla gelosia d'Ugo, Duca di Borgogna (p. 116), senza supporre, come Mattia Paris, che questi si fosse lasciato corrompere dall'oro di Saladino.
617Boadino (p. 184-249) e Abulfeda (p. 51, 52) raccontano le spedizioni di Giaffa e di Gerusalemme. L'autore dell'Itinerario, ossia il monaco di S. Albano, non può, in ordine alle prodezze di Riccardo, aggiungere alcuna cosa al racconto che di queste ha fatto il Cadì (Vinisauf, l. VI, c. 14-24, p. 412-421); Hist. major., p. 137-143. In tutta questa guerra è singolare un accordo che regna fra i Cristiani ed i Maomettani, quello cioè di esaltarsi per valore scambievolmente.
618V. il progresso delle negoziazioni e delle ostilità in Boadino (p. 207, 260), che ebbe parte egli stesso nella conclusione del Trattato. Riccardo manifestò l'animo suo di ritornare con nuovi eserciti a compire la conquista di Terra Santa, alla quale minaccia Saladino con un cortese complimento rispose (Vinisauf, l. VI, c. 28, p. 423).
619Fra i racconti che abbiamo di cotesta guerra, il meglio spiegato trovasi nell'Opera originale di Goffredo di Vinisauf, Itinerarium regis Anglorum Richardi et aliorum in terram Hierosolimarum, diviso in sei volumi. Lo stesso racconto trovasi per esteso nel secondo volume di Gale (Scriptores Hist. Anglicanae, p. 247-429). Anche Ruggero Hoveden e Mattia Paris somministrano utili materiali a tale storia: il primo di essi ne dà a conoscere con molta esattezza lo stato di navigazione e la disciplina della flotta inglese in que' tempi.
620Così Saladino denominava il culto de' Cristiani; nè un Maomettano era obbligato a distinguere dall'Idolatria la venerazione che i Cattolici romani prestano alle Immagini de' Santi. Non mi fermo su questo argomento per averne già parlato a lungo nelle note precedenti. (Nota di N. N.)
621Anche il Vertot (t. I, p. 251) ammette in questa ridicola favola della indifferenza religiosa di Saladino; di quel Saladino che fino all'ultimo respiro rigidamente professò l'Islamismo.
622V. la genealogia degli Aiubiti in Abulfaragio (Dynast., p. 277 ec.), le Tavole del de Guignes, la Art de vérifier les dates, e la Bibl. orient.
623Il Thomassin (Discipline de l'Eglise, t. III, p. 311-374) ha esaminato partitamente l'origine, gli abusi e le restrizioni di queste decime. Venne sostenuta per qualche tempo una opinione che facea le decime di legittimo diritto del Papa, come la decima del decimo de' Leviti dovuta al gran Sacerdote, o Pontefice (Selden, sulle Decime: V. le sue Opere, vol. III, parte II, p. 1083).
624Il principale scopo de' Papi, come risulta dalle loro lettere, fu il togliere a' Maomettani Gerusalemme, ed il sepolcro di Gesù Cristo. (Nota di N. N.)
625V. Gesta Innocentii III, nel Muratori, Script. rerum ital., t. III, part. I, p. 486-568.
626Le massime affatto erronee dell'Autore protestante in ordine a questa materia, sono già state confutate nelle precedenti note. (Nota di N. N.)
627V. la quinta Crociata e l'assedio di Damieta in Giacomo di Vitry (l. III, p. 1125-1149), in Bongars, testimonio oculare (Gesta Dei), in Bernardo il Tesoriere, contemporaneo (Script. Muratori, t. VII, p. 825-846, c. 190-207), in Sanuto, laborioso compilatore (Secreta fidel. crucis, l. II, parte XI, cap. 4-9); e fra gli Arabi in Abulfaragio (Dinast., p. 294) e nella fine dell'Opera del Joinville, pag 533-537, 540-547, ec.
628A coloro che presero la Croce contro Manfredi, il Papa (A. D. 1255) concedè plenissimam peccatorum remissionem. Fideles mirabantur quod tantum eis promitteret pro sanguine Christianorum effundendo, quantum pro cruore infidelium aliquando. (Mattia Paris, pag. 785). Era già un ragionar molto nel secolo decimoterzo.
629Questa semplice idea è conforme al retto sentire del Mosheim (Inst. Hist. eccl., p. 332), e alla illuminata filosofia dell'Hume (Storia d'Inghilterra, v. I, p. 330).
630Per rinvenire i materiali di cui la storia della Crociata di Federico II è composta, vogliono essere consultati Riccardo di S. Germano nel Muratori (Script. rer. ital. t. VII, p. 1002-1013) e Mattia Paris (p. 286-291, 300-302, 304). I più ragionevoli fra i moderni sono Fleury (Hist. eccles., t. XVI), Vertot (Chev. de Malte, t. I, l. III), Giannone (Ist. Civ. di Napoli, t. II, l. XVI) e Muratori (Annali d'Italia, t. X).
631Non della Chiesa, ma della Corte di Roma. (Nota di N. N.).
632Il buon Muratori sa ben che pensare, ma non che dire a tale proposito; Chino qui il capo ec. (p. 322).
633Il clero confuse ad arte la moschea ossia la chiesa del Tempio col Santo Sepolcro, errore volontario, che ha tratti in inganno il Vertot e il Muratori.
634L'Invasione de' Carizmj, o Corasmini viene narrata da Mattia Paris p. 546, 547, dal Joinville, da Nangis e dagli storici Arabi.