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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3

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CAPITOLO XVII

Fondazione di Costantinopoli. Sistema politico di Costantino e de' suoi successori. Disciplina militare. Corte e Finanze

Il disgraziato Licinio fu l'ultimo rivale, che si oppose alla grandezza di Costantino, e l'ultimo prigioniero, che ne adornò il trionfo. Dopo un prospero e tranquillo regno, il conquistatore lasciò erede la sua famiglia del Romano Impero, di una nuova capitale, d'un nuovo governo, e di una nuova religione; e le innovazioni, che egli fece, furono adottate e riguardate con venerazione da quelli che gli succedettero. Il secolo di Costantino Magno e de' suoi figli è pieno d'importanti avvenimenti; ma l'Istorico resterebbe oppresso dal numero e dalla varietà de' medesimi, se diligentemente non separasse l'uno dall'altro i successi, che non hanno altra connessione fra loro che quella dell'ordine de' tempi. Dovrà egli dunque descrivere quei politici stabilimenti, che dieder forza e consistenza all'Impero, avanti di procedere a riferir le guerre e le rivoluzioni, che ne accelerarono la decadenza. Dovrà far uso della divisione fra gli affari civili e gli ecclesiastici, non conosciuta dagli antichi: la vittoria poi e l'interna discordia de' Cristiani somministreranno copiosi e distinti materiali, tanto d'edificazione quanto di scandalo.

Dopo la disfatta e la deposizione di Licinio, il vittorioso di lui rivale s'applicò a gettare i fondamenti di una città destinata ad essere in futuro la dominante dell'Oriente, ed a sopravvivere all'Impero ed alla religione di Costantino. I motivi o d'orgoglio o di politica, che a principio indussero Diocleziano a ritirarsi dall'antica sede del governo, avevano acquistato maggior peso per l'esempio de' suoi successori, e per la consuetudine di quarant'anni. Roma si era insensibilmente confusa co' regni dipendenti, che ne avevano una volta riconosciuto il dominio; e la patria de' Cesari si riguardava con fredda indifferenza da un Principe marziale nato nelle vicinanza del Danubio, educato nelle Corti ed armate dell'Asia, ed investito della porpora dalle legioni della Britannia. Gl'Italiani, che ricevuto avevano Costantino come loro liberatore, umilmente obbedivano agli editti, ch'esso qualche volta si compiaceva d'indirizzare al Senato ed al Popolo Romano; ma di rado venivan onorati dalla presenza del nuovo loro Sovrano. Nel vigore della sua età, Costantino, secondo le varie occorrenze di guerra o di pace, muovevasi ora con lenta dignità, ora con attiva diligenza lungo le frontiere de' suoi vasti dominj; ed era sempre apparecchiato ad entrare in battaglia tanto contro gli esterni, che contro gl'interni nemici. Ma come egli giunse, di grado in grado, al sommo della prosperità e ad un'età più matura, incominciò a pensare di stabilire la forza e la maestà del Trono in una più durevole sede. Volendo scegliere una situazione vantaggiosa, preferì a qualunque altra quella, che serve di confine fra l'Asia e l'Europa, tanto per domare con potenti armi i Barbari, che abitavano tra il Danubio ed il Tanai, quanto per osservare con occhio geloso la condotta del Re di Persia, che di mal animo soffriva il giogo d'un ignominioso trattato. Con tali mire avea Diocleziano scelta per sua residenza, ed abbellita Nicomedia; ma la memoria di Diocleziano era con ragione abborrita dal protettor della Chiesa, e Costantino non era insensibile all'ambizione di fondare una città, che potesse perpetuar la gloria del proprio suo nome. Nel tempo delle ultime operazioni militari contro Licinio, ebbe bastante opportunità di esaminare, come soldato non meno che come politico, l'incomparabile posizione di Bizanzio, e di osservare quanto era fortemente guardato quel luogo dalla natura contro gli attacchi de' nemici, mentr'era da ogni parte accessibile a' vantaggi del commercio. Molti secoli prima di Costantino, uno de' più giudiziosi Storici dell'antichità187 avea descritto i vantaggi di una situazione, dalla quale ad una debole colonia di Greci era provenuto il comando del mare e l'onore di una florida ed indipendente Repubblica188.

Se consideriamo Bizanzio nell'estensione che acquistò coll'augusto nome di Costantinopoli, può rappresentarsene la figura come di un triangolo di lati disuguali. L'angolo ottuso, che s'avanza verso l'oriente ne' lidi dell'Asia, affronta e rispinge i flutti del Bosforo Tracio. Il lato settentrionale della città è circondato dal porto, ed il meridionale è bagnato dalla Propontide o dal mar di Marmora. La base del triangolo è all'occidente, e serve di confine al continente d'Europa. Ma senza una più ampia spiegazione non può con sufficiente chiarezza intendersi l'ammirabile forma e divisione delle terre e delle acque, che sono all'intorno della città.

Quel tortuoso canale, per cui con rapido e continuo corso le acque dell'Eussino scorrono verso il Mediterraneo, fu chiamato Bosforo, nome non meno celebre nell'istoria che nelle favole dell'Antichità189. Una gran quantità di tempj e di altari votivi, sparsi lungo quegli scoscesi e selvosi lidi non fa che dimostrar l'imperizia, i terrori e la devozione de' Greci naviganti, che seguitando l'esempio degli Argonauti andarono esplorando i pericoli dell'inospito Eussino. Su quelle spiagge la tradizione conservò lungo tempo la memoria del palazzo di Fineo, infestato dalle oscene arpie190, e del silvestre regno di Amico, che sfidò il figlio di Leda alla pugna del cesto191. Lo stretto del Bosforo ha per termini gli scogli Cianei, che una volta, secondo la descrizione de' Poeti, galleggiavano sulla superficie dell'acque; ed erano dagli Dei destinati a difendere l'ingresso dell'Eussino dalla profana curiosità192. Dagli scogli Cianei fino al capo ed al porto di Bizanzio la girevole lunghezza del Bosforo si estende circa a sedici miglia193, e la più comune di lui larghezza può computarsi circa un miglio e mezzo. Le nuove fortezze d'Europa e d'Asia furon fabbricate nell'uno e nell'altro continente su' fondamenti de' due celebri tempj di Serapide e di Giove Urio. Le antiche, le quali son opera degl'Imperatori Greci, dominano la parte più stretta del canale, in un luogo dove gli opposti lidi si accostan fra loro fino alla distanza di cinquecento passi. Queste fortezze furono restaurate e fortificate da Maometto II. quando meditava l'assedio di Costantinopoli194; ma il conquistatore Turco probabilmente ignorava che Serse, quasi duemila anni prima di lui, aveva scelto il medesimo luogo per unire, mediante un ponte di barche, i due continenti195. Ad una piccola distanza dalle antiche fortezze si scuopre la piccola città di Crisopoli, o Scutari, che può quasi risguardarsi come il subborgo Asiatico di Costantinopoli. Quando il Bosforo incomincia a farsi strada verso la Propontide, passa fra le due città di Bizanzio e di Calcedone. Quest'ultima fu fabbricata dai Greci, pochi anni avanti la prima; e la società de' fondatori di essa, i quali non videro la più vantaggiosa situazione dell'opposto lido, ha dato luogo ad una proverbiale espressione di disprezzo verso di loro196.

 

Il porto di Costantinopoli, che si può considerare come un braccio del Bosforo, nella più remota antichità ebbe il nome di corno d'oro. La curva, ch'esso descrive, si può assomigliare al corno d'un cervo, o verisimilmente con più proprietà a quello d'un bove197. L'epiteto d'aureo esprimeva le ricchezze, che qualunque vento portava dalle più distanti regioni nel sicuro ed ampio porto di Costantinopoli. Il fiume Lico, formato dall'unione di due piccioli torrenti, versa perpetuamente nel porto una quantità d'acqua nuova, che serve a purgarne il fondo, e ad invitare delle periodiche turme di pesci a ritirarsi in quel conveniente recinto. Siccome in que' mari appena si sentono le vicende delle maree, la costante profondità del porto fa che le mercanzie possano scaricarsi ne' magazzini senza aiuto di battelli; ed è stato osservato, che in molti luoghi possono i più grossi vascelli appoggiare le prore alle case, mentre le loro poppe si stan movendo nell'acqua198. Questo braccio del Bosforo, dall'imboccatura del Lico fino a quella del porto, è lungo più di sette miglia. L'entratura è larga circa cinquecento braccia, e nelle occasioni vi si può tirare attraverso una forte catena per guardare il porto e la città dagli attacchi d'una flotta nemica199.

Tra il Bosforo e l'Ellesponto, recedendo l'una dall'altra per ambe le parti le spiagge dell'Europa e dell'Asia, contengono fra loro il mar di Marmora, che dagli antichi si chiamava Propontide. La navigazione, dalla fine del Bosforo fino al principio dell'Ellesponto, è di circa cento venti miglia. Quelli, che fan vela verso ponente nel mezzo della Propontide, possono scorgere nel tempo stesso le alture della Tracia e della Bitinia, e non perdere mai di vista l'alta cima del monte Olimpo, coperta d'eterna neve200. A sinistra lasciano un profondo golfo, nel mezzo del quale era situata Nicomedia, Imperial residenza di Diocleziano; e prima di gettar l'ancora a Gallipoli, passano le piccole isole di Cizico e di Proconneso, dove il mare, che separa l'Europa dall'Asia, di nuovo si stringe in un angusto canale.

I Geografi, che hanno esaminato con la più esatta intelligenza la forma e l'estensione dell'Ellesponto, assegnano a quel celebre Stretto la lunghezza di circa sessanta miglia di tortuoso corso, ed intorno a tre miglia d'ordinaria larghezza201. Ma la parte più stretta del canale si trova al settentrione delle antiche fortezze Turche, fra le città di Sesto e d'Abido. In questo luogo l'ardito Leandro s'espose al passaggio del mare per posseder la sua bella202. Qui fu parimente che in un luogo, dove la distanza fra gli opposti lidi non può eccedere i 500 passi, Serse costruì uno stupendo ponte di barche per trasportare in Europa un milione e settecentomila Barbari203. Un mare, contenuto dentro sì stretti limiti, male sembra, che meritar possa il singolar epiteto di largo, che Omero ugualmente che Orfeo hanno frequentemente dato all'Ellesponto. Ma le nostre idee di grandezza son relative: un viaggiatore, e specialmente un poeta, che naviga lungo l'Ellesponto, che va seguitando i giri del canale, e contempla quel teatro di campagne, che da ogni parte par che ne terminino il prospetto, insensibilmente perde la memoria del mare, e la sua fantasia gli dipinge quel celebre stretto con tutte le qualità d'un gran fiume, che scorre dolcemente in mezzo alle piante di una mediterranea campagna, e che finalmente per una larga bocca si scarica entro il mar Egeo, od Arcipelago204. L'antica Troia205, situata sopra un'eminenza a piè del monte Ida, dominava la bocca dell'Ellesponto, il quale appena dimostrava di ricevere un aumento d'acque dal tributo di quegl'immortali ruscelli del Simoenta e dello Scamandro. Il campo de' Greci occupava dodici miglia lungo la spiaggia del promontorio Sigeo sino al Reteo; ed i fianchi dell'esercito eran guardati da' più bravi capitani, che combattevano sotto gli stendardi d'Agamennone. Nel primo di que' promontorj trovavasi Achille con gl'invincibili suoi Mirmidoni, e l'intrepido Aiace aveva piantate le sue tende sull'altro. Dopo che Aiace si fu sacrificato al suo orgoglio mal corrisposto ed all'ingratitudine de' Greci, gli fu eretto il sepolcro in quel luogo, dove aveva difesa la flotta dal furore di Giove e d'Ettore; ed i cittadini della nuova città di Reteo celebravano la sua memoria con onori divini206. Costantino, prima che si risolvesse a dar giustamente la preferenza alla situazione di Bizanzio, avea concepito il disegno d'eriger la sede dell'Impero in quel celebre luogo, dal quale i Romani traevano la favolosa origine loro. A principio fu scelta per la nuova capitale quell'estesa pianura, che giace sotto l'antica Troia verso il promontorio Reteo ed il sepolcro d'Aiace, e quantunque tal impresa fosse tosto abbandonata, i grandiosi avanzi che vi restarono delle mura e delle torri non terminate, chiamarono la curiosità di tutti coloro che navigarono per lo Stretto dell'Ellesponto207.

 

Adesso noi siamo in grado di conoscere la vantaggiosa positura di Costantinopoli, che sembra essere stata dalla natura formata apposta per riuscire la capitale ed il centro d'una gran monarchia. L'Imperial città, situata nel grado 41 di latitudine, dominava dai suoi sette colli208 i lidi opposti dell'Europa e dell'Asia; il clima era salubre e temperato; il terreno fertile; il porto sicuro e capace; e l'accesso dalla parte di terra di piccola estensione e di facil difesa. Il Bosforo e l'Ellesponto si possono risguardare come le due porte di Costantinopoli, ed il Principe, ch'era padrone di que' passi tanto importanti, poteva sempre tenerli chiusi ai vascelli nemici ed aperti al commercio. Può in qualche modo attribuirsi la conservazione delle Province orientali alla politica di Costantino, in quanto che i Barbari dell'Eussino, che avanti di lui avevano sparse le loro armate navali nel cuore del Mediterraneo, ben presto desisterono dall'esercitar la pirateria, disperando di poter forzare quell'insormontabile ostacolo. Quando eran chiuse le porte dell'Ellesponto e del Bosforo, la capitale in tale spazioso recinto poteva sempre godere di tutti i prodotti, atti a supplire a' bisogni, od a soddisfare il lusso dei numerosi suoi abitatori. Le coste marittime della Tracia e della Bitinia, che languiscono sotto il peso dell'oppressione de' Turchi, presentano tuttavia un ricco prospetto di giardini, di vigne, e di abbondanti raccolte; e la Propontide è stata in ogni tempo famosa per l'inesauribile quantità del pesce più squisito, che si prende in certe determinate stagioni senza che vi sia bisogno d'arte veruna e quasi senza fatica209. Ma quando si aprivano al commercio i due passi dello Stretto, questi a vicenda accoglievano le naturali ed artificiali ricchezze del settentrione e del mezzodì, dell'Eussino e del Mediterraneo. Tutte le naturali produzioni, che si raccoglievano nelle foreste della Germania e della Scizia, fino alle sorgenti del Tanai e del Boristene; tutto ciò che si lavorava dalle arti dell'Europa e dell'Asia; il grano d'Egitto, le gemme e le spezierie dell'India la più remota, si trasportavano da' diversi venti nel porto di Costantinopoli, che per molti secoli attrasse il commercio dell'antico mondo210.

Il prospetto della vaghezza, della salubrità e della dovizia, raccolte in un sol luogo, era sufficiente a giustificar la scelta di Costantino. Ma siccome gli uomini hanno in ogni età supposto che una decente mescolanza di prodigio e di favola rifletta un maestoso decoro sopra l'origine delle grandi città211, così l'Imperatore desiderava d'ascrivere la sua risoluzione non tanto agl'incerti consigli dell'umana politica, quanto agl'infallibili ed eterni decreti della Divina Sapienza. Egli ha avuta la cura di far sapere alla posterità in una delle sue leggi, ch'esso gettò i sempre durevoli fondamenti di Costantinopoli per ubbidire a' comandi di Dio212; e sebbene non abbia voluto riferire in qual maniera gli fosse comunicata l'inspirazione celeste, tuttavia è stato ampiamente supplito al difetto del suo modesto silenzio dall'ingenuità de' posteriori scrittori, i quali descrivono la notturna visione, che presentossi alla fantasia di Costantino nel tempo che dormiva dentro le mura di Bizanzio. Il genio tutelare della città, vale a dire una venerabil matrona, cadente sotto il peso degli anni e delle infermità, venne trasformata ad un tratto, in una florida fanciulla, che fu dalle sue proprie mani adornata con tutti i simboli dell'Imperiale grandezza213. Destossi il Monarca, interpretò il fausto augurio, ed obbedì, senza esitare, al volere celeste. Da' Romani si celebrava il giorno dell'origine d'una città o Colonia con tali ceremonie, quali si erano stabilite da una generosa superstizione214; e quantunque Costantino potesse ometter que' riti, che troppo sapevano d'origine Pagana, pure vivamente desiderava di lasciare una profonda impressione di speranza e di rispetto negli animi degli spettatori. L'Imperatore stesso, a piedi, con una lancia in mano, conduceva la solenne processione, e dirigeva la linea che si tirava per limite della nuova capitale, fintanto che s'incominciò ad osservare con istupore dagli astanti la gran circonferenza di essa, ed essendosi alcuni di loro finalmente avventurati ad avvertirlo, che aveva già oltrepassato il più vasto circuito di una gran città, «Io proseguirò sempre avanti (replicò Costantino) fintanto che Egli, l'invisibil guida, che cammina avanti di me, non crederà a proposito di fermarsi»215. Senza presumere d'investigar la natura o i motivi di questo condottiero straordinario, ci contenteremo della più umil cura di descrivere l'estensione ed i limiti di Costantinopoli216.

Nello stato in cui presentemente si trova la città, il palazzo ed i giardini del Serraglio occupano il promontorio di levante, ch'è il primo de' sette colli; e contengono circa cento cinquanta acri della nostra misura217. Si è costruita su' fondamenti d'una Repubblica Greca la sede della gelosia e del dispotismo Turco, ma è da supporsi che i Bizantini fosser tentati, dalla comodità del porto, ad estendere le loro abitazioni da quella parte oltre i moderni confini del Serraglio. Le nuove mura di Costantino s'estesero dal porto fino alla Propontide, attraverso la maggior larghezza del triangolo, alla distanza di quindici stadi dalle antiche fortificazioni; ed inclusero nel loro recinto, insieme con la città di Bizanzio, cinque de' sette colli, che agli occhi di quelli che s'avvicinano a Costantinopoli, par che in bell'ordine s'innalzino l'uno sopra dell'altro218. Circa un secolo dopo la morte del fondatore, le nuove fabbriche, slargandosi da un lato sul porto e dall'altro lungo la Propontide, già occupavano l'angusta cima del sesto e l'ampia sommità del settimo colle. La necessità di proteggere que' sobborghi dalle continue incursioni de' Barbari, impegnò Teodosio il Giovane a circondare la sua capitale con un conveniente e durevol recinto di mura219. La maggior larghezza di Costantinopoli, dal promontorio orientale alla porta d'oro, era di circa tre miglia Romane220. La circonferenza comprendeva fra le dieci e le undici miglia; e può considerarsene l'area come uguale a circa duemila acri Inglesi. Egli è impossibile di giustificare le credule e vane esagerazioni de' viaggiatori moderni, che alle volte hanno esteso i confini di Costantinopoli ai circonvicini villaggi della costa d'Europa ed anche dell'Asia221. Ma i sobborghi di Pera e di Galata, quantunque situati fuori del porto, possono meritar di considerarsi come una parte della città222; e tal aggiunta può forse autorizzar la misura d'un Istorico Bizantino, che assegna per circonferenza della sua patria sedici miglia Greche (corrispondenti a circa quattordici delle Romane)223. Sembra che tal estensione non fosse indegna d'una sede Imperiale. Pure Costantinopoli dovè cedere in grandezza a Babilonia ed a Tebe224, all'antica Roma, a Londra, ed anche a Parigi225.

Il dominatore del mondo Romano, che aspirava ad erigere un eterno monumento delle glorie del proprio regno, poteva impiegare, nell'eseguir quella grand'opera, le ricchezze, il travaglio, e tutto il gusto, che in quel tempo restava, di tanti milioni di sudditi. Si può formar qualche idea della spesa, che impiegò nella fabbrica di Costantinopoli la liberalità Imperiale, dell'essersi accordati circa due milioni e cinquecentomila lire per la costruzione delle mura, de' portici e degli acquedotti226. Le selve, che adombravano i lidi del Ponto Eussino e le famose cave di marmo bianco della piccola isola di Proconneso, somministrarono una inesauribile quantità di materiali, facili ad esser trasportati per la comodità di un breve tragitto al porto di Bizanzio227. Da un gran numero di lavoranti e di artefici con travaglio continuo si faceva ogni sforzo per condurre a termine l'opera; ma l'impaziente Costantino ben presto conobbe, che nella decadenza delle arti la perizia ed il numero degli architetti, che aveva, eran troppo sproporzionati alla grandezza dei suoi disegni. Fu dunque ordinato a' Magistrati delle più distanti province di erigere scuole, di stabilire professori, e d'impegnare, colla speranza de' premj e de' privilegi, allo studio ed alla pratica dell'architettura un numero sufficiente di giovani d'ingegno, educati liberalmente228. Le fabbriche della nuova città furono eseguite da quegli artefici, che potea dare il regno di Costantino; ma furono però decorate dalle opere dei più celebri maestri del tempo di Pericle e di Alessandro. Il poter far rivivere il genio di Fidia e di Lisippo sorpassava in vero la forza d'un Imperator Romano; ma le immortali produzioni, ch'essi lasciate avevano alla posterità, furono senza difesa esposte alla rapace vanità di un despota. Per ordine di esso le città della Grecia e dell'Asia spogliate vennero de' più pregevoli loro ornamenti229. I trofei di memorabili guerre, gli oggetti di religiosa venerazione, le statue più perfette degli Dei e degli Eroi, dei Sapienti e dei Poeti dell'Antichità contribuirono allo splendido trionfo di Costantinopoli, e dieder luogo a quella riflessione dell'Istorico Cedreno230, il quale osserva con qualche entusiasmo, che niente altro pareva mancare, salvo gli animi degli uomini illustri, che da quegli ammirabili monumenti venivano rappresentati. Ma non è già nella città di Costantino, e nel decadente periodo d'un Impero, allorchè la mente umana trovavasi oppressa dalla schiavitù così civile, come religiosa, che cercarsi dovevano le anime d'un Omero e d'un Demostene.

Nel tempo dell'assedio di Bizanzio aveva il conquistatore piantato la propria tenda sulla dominante eminenza del secondo colle. Per eternare pertanto la memoria del suo buon successo, destinò per il Foro principale231 quel medesimo vantaggioso luogo, che sembra essere stato di figura circolare o piuttosto elittica. Due archi trionfali ne formavano gli opposti due ingressi; i portici, che lo circondavano da ogni parte, erano pieni di statue; e nel centro del Foro s'alzava una sublime colonna, un mutilato frammento del quale indica ora la sua degradazione col nome di Colonna bruciata. Questa colonna posava sopra un piedistallo di marmo bianco, alto venti piedi, ed era composta di dieci pezzi di porfido, ciascuno de' quali aveva l'altezza di circa dieci piedi, e la circonferenza di circa trenta tre232. Nella sommità della colonna, alla distanza di sopra 120 piedi da terra, fu collocata una statua colossale d'Apollo. Essa era di bronzo, ed era stata trasportata o da Atene o da qualche città della Frigia, supponendosi che fosse opera di Fidia. L'Artefice avea rappresentato il Dio del giorno, o come fu interpretato dipoi, l'Imperator Costantino medesimo con uno scettro nella destra, col globo del mondo nella sinistra, e con una corona di raggi lucenti sul capo233. Il Circo, o l'Ippodromo era una magnifica fabbrica, lunga circa quattrocento passi, e larga cento234. Lo spazio fra le due mete o guglie era pieno di statue e di obelischi; e possiamo ancora osservare un frammento molto singolare d'antichità, vale a dire i corpi di tre serpenti avviticchiati ad una colonna di rame. I loro tre capi una volta servivano a sostenere il tripode d'oro, che i Greci vittoriosi dopo la disfatta di Serse consacrarono nel tempio di Delfo235. La bellezza dell'Ippodromo è stata dopo lungo tempo sfigurata dalle rozze mani de' conquistatori Turchi; ma tuttavia ritenendo il nome d'Atmeidan, che indica presso a poco l'istesso, serve di luogo d'esercizio pei loro cavalli. Dal trono, donde l'Imperatore godeva i giuochi circensi, per una scala a chiocciola236 scendeva esso nel palazzo, ch'era un edificio magnifico, il quale appena cedeva alla residenza dell'istessa Roma, ed insieme con i cortili, giardini o portici adiacenti occupava una considerabil estension di terreno su' lidi della Propontide fra l'Ippodromo e la Chiesa di S. Sofia237. Dovremmo in simil guisa far menzione dei bagni, che seguitarono a ritenere il nome di Zeusippo, dopo che dalla munificenza di Costantino arricchiti furono d'alte colonne di varj marmi, e di sopra sessanta statue di bronzo238. Ma devieremmo dal proposito di quest'istoria, se volessimo descriver minutamente le diverse fabbriche e quartieri della città. Servirà in generale avvertire, che nelle mura di Costantinopoli fu compreso tutto ciò che adornar poteva la dignità di una gran capitale, o contribuire all'utile o al piacere de' numerosi di lei abitanti. In una particolar descrizione di essa, composta circa cent'anni dopo la sua fondazione, si trovano un campidoglio o scuola di studi, un circo, due teatri, otto bagni pubblici e cento cinquanta tre privati, cinquanta due portici, cinque granai, otto acquedotti o conserve d'acqua, quattro spaziose sale per le adunanze del Senato, o de' Tribunali di giustizia, quattordici chiese, quattordici palazzi, e quattromila trecento ottantotto case, che per la loro struttura e bellezza meritavano d'esser distinte dalla moltitudine delle abitazioni plebee239.

Il secondo, e più serio oggetto dell'attenzione del fondatore fu la popolazione della sua favorita città. Ne' secoli tenebrosi, che successero alla traslazion dell'Impero, furono stranamente confuse fra loro le remote colle immediate conseguenze di quel memorabile avvenimento dalla vanità de' Greci e dalla credulità de' Latini240. Fu asserito e creduto, che tutte le famiglie nobili di Roma, il Senato, l'Ordine equestre con tutti i loro innumerabili dipendenti avean seguitato l'Imperatore alle spiagge della Propontide; che fu lasciata una razza spuria di stranieri e di plebei a posseder la solitudine della vecchia capitale; e che le terre d'Italia, che da gran tempo eran divenute giardini, restaron tutto ad un tratto spogliate di coltivatori e di abitanti241. Nel corso di quest'istoria tali esagerazioni si ridurranno al giusto loro valore; pure, siccome l'accrescimento di Costantinopoli non può attribuirsi al generale aumento dell'uman genere o della industria, conviene ammettere, che questa colonia artificiale s'innalzò a spese delle antiche città dell'Impero. Furono probabilmente invitati da Costantino molti opulenti Senatori di Roma e delle Province Orientali ad abbracciare per patria quella fortunata regione, che egli avea scelta per sua residenza. Gl'inviti d'un Principe difficilmente si posson distinguere da' comandi; e la liberalità dell'Imperatore facilmente e di buona voglia fu secondata. Egli donò a' suoi favoriti i palazzi, che avea fabbricati ne' diversi quartieri della città, assegnò loro, per sostenere il proprio decoro, varie terre e pensioni242, ed alienò i fondi pubblici del Ponto e dell'Asia per concedere in vece stati ereditari, colla facile condizione di mantenere una casa nella capitale243. Ma ben presto tali obbligazioni ed incoraggiamenti divenner superflui, e furono a grado a grado aboliti. Dovunque si stabilisce la sede del Governo, ivi si spende una parte considerabile delle pubbliche rendite dal Principe stesso, da' suoi Ministri, dagli Offiziali di giustizia e da' Cortigiani. Vi sono attratti i provinciali più ricchi dai potenti motivi dell'interesse e del dovere, del divertimento e della curiosità. Si forma insensibilmente una terza classe anche più numerosa di abitatori da' servi, dagli artefici, e da' mercanti, che ritraggono la sussistenza dal proprio lavoro, e da' bisogni o dal lusso delle classi più elevate. In meno d'un secolo Costantinopoli contendeva coll'istessa Roma intorno alla superiorità delle ricchezze e della popolazione. Nuovi edifizi, ammucchiati insieme con poco riguardo alla salute o alla decenza, lasciavano appena lo spazio di anguste strade per la perpetua folla di uomini, di cavalli e di carriaggi. Il terreno, in principio destinato per la città, non era più sufficiente a contenere il popolo che sempre cresceva, e le sole fabbriche aggiuntevi, che si avanzavano dall'una e dall'altra parte nel mare, potevan formare una città molto considerabile244.

Le frequenti e regolari distribuzioni di vino e di olio, di grano o di pane, di danaro o di provvisioni avevano quasi liberato i cittadini più poveri di Roma dalla necessità di lavorare. Il fondator di Costantinopoli volle in qualche maniera imitar la magnificenza de' primi Cesari245; ma per quanto la sua liberalità eccitasse l'applauso del popolo, essa è incorsa nella censura de' posteri. Un popolo di legislatori e di conquistatori avea ben diritto alle raccolte dell'Affrica, la quale si era conquistata col di lui sangue; ed Augusto immaginò con grand'arte, che i Romani, godendo dell'abbondanza, perduta avrebbero la memoria della libertà. Ma non può scusarsi la prodigalità di Costantino per alcuna considerazione nè di pubblico, nè di privato vantaggio; e l'annuale tributo di grano, imposto sopra l'Egitto in pro della nuova sua capitale, impiegavasi a nutrire una pigra ed insolente plebaglia a spese degli agricoltori d'un'industriosa Provincia246. Vi sono alcuni altri regolamenti di quest'Imperatore meno biasimevoli, ma che non meritano che se ne faccia menzione. Esso divise Costantinopoli in quattordici rioni, o quartieri247, decorò col nome di Senato il Consiglio pubblico248, comunicò i privilegi d'Italia a' cittadini249, e diede alla nascente città il titolo di Colonia, e di prima e più favorita figlia dell'antica Roma. La venerabile madre mantenne sempre la legittima e riconosciuta superiorità, che dovevasi all'età, alla dignità ed alla memoria della sua prima grandezza250.

Costantino faceva proseguir l'opera con l'impazienza di un amante; onde in pochi anni, o come altri racconta, in pochi mesi251 fur terminate le mura, i portici ed i principali edifizi; ma tale straordinaria diligenza ecciterà meno la maraviglia, se rifletteremo che molte fabbriche furono finite così precipitosamente e con tali mancanze, che al tempo del successore si dovettero con difficoltà preservare dall'imminente ruina252. Si possono facilmente supporre i giuochi e le largità, che decorarono la pompa di questa memorabile festa; ma v'è una circostanza più singolare e permanente, che non deve interamente omettersi. Ogni anno, nel giorno natalizio della città, si collocava sopra un carro trionfale la statua di Costantino formata per suo ordine di legno dorato, che teneva nella destra una piccola immagine del Genio del luogo. Le guardie, vestite de' loro più ricchi abiti e portando in mano dei bianchi ceri, accompagnavano la solenne processione, che girava per l'Ippodromo. Quando era giunta dirimpetto al trono dell'Imperatore regnante, questi si alzava, e con grata riverenza adorava la memoria del suo predecessore253. Nella solennità della dedicazione per mezzo d'un editto inciso in una colonna di marmo, si diede alla città di Costantino il titolo di Seconda o di Nuova Roma254. Ma il nome di Costantinopoli255 prevalse a quell'onorevole epiteto: e dopo il corso di quattordici secoli tuttavia continua la fama dell'autore di essa256.

187Polibio (l. IV. p. 423) dell'edizione del Casaubono. Egli osserva che la pace de' Bizantini spesso era disturbata, e ristretta l'estensione del lor territorio dalle scorrerie dei Barbari della Tracia.
188La città fu fondata 656 anni avanti l'Era Cristiana da Biza, uomo di mare, che si diceva figlio di Nettuno. I suoi seguaci eran venuti da Argo e da Megara. Fu in seguito rifabbricato e fortificato Bizanzio da Pausania, generale Spartano. Vedi Scaligero animad. ad Euseb. p. 81. Ducange Constantinopolis l. 1. part. 1. c. 15, 16. Quanto alle guerre dei Bisantini contro Filippo, i Galli ed i Re della Bitinia non si dee prestar fede, che agli antichi scrittori i quali vissero prima che la grandezza della città Imperiale suscitasse lo spirito di adulazione e di falsità.
189Il Bosforo è stato molto minutamente descritto da Dionisio di Bisanzio, che visse a' tempi di Diocleziano (Hudson Georg. Minor. Tom. III.), e da Gilles o Gillio viaggiatore Francese del XVI. Secolo. Sembra, che Turnefort (Lett. XV.) siasi servito de' suoi propri occhi e dell'erudizione di Gillio.
190Ben poche congetture sono così felici, come quella del Le Clerc, il quale suppone (Biblioth. univ. Tom. I. p. 248) che le arpie non fossero che locuste. Il nome Siriaco o Fenicio di quest'insetti, il ronzio che fanno nel volare, il fetore e la devastazione che producono, ed il vento settentrionale, che li trasporta verso il mare, tutto contribuisce a stabilire questa probabilissima somiglianza.
191Amico risedeva in Asia fra le antiche e le nuove rocche, in un luogo chiamato Laurus insana; e Fineo in Europa vicino al villaggio di Mauramolo ed al Mar Nero. Vedi Gyll. de Bosphor. l. III. c. 23. Tournefort Lett. XV.
192L'inganno proveniva da varie punte di scogli alternativamente coperte ed abbandonate dalle onde. Al presente non sono che due piccole isole situate in vicinanza de' due contrari lidi; quella d'Europa è distinta per la colonna di Pompeo.
193Gli antichi la facevano di 120 stadi, o di quindici miglia Romane. Essi cominciavano a misurar lo stretto dalle nuove fortezze, ma lo continuavano fino alla città di Calcedone.
194Ducas Hist. c. 34. Leunclav. Hist. Turc. Musulmanic. l. XV. p. 577. Sotto l'Impero Greco, queste fortezze servivano per li prigionieri di Stato col tremendo nome di Lete e di torri dell'obblivione.
195Serse fece imprimere sopra due colonne di marmo in lettere Greche ed Assirie i nomi delle nazioni a lui sottoposte ed il sorprendente numero delle sue fortezze terresti e marittime. I Bizantini dipoi trasportarono queste colonne dentro la città, e se ne servirono per altari delle tutelari loro Divinità. Herodot. l. IV. c. 37.
196Namque arctissimo inter Europam Asiamque divortio Bysantium in extrema Europa posuere Graeci, quibus Pythium Apollinem consulentibus, ubi conderent urbem, redditum oraculum est, quaererent sedem coecorum terris adversam. Ea ambage Chalcedonis monstrabantur, quod priores illuc advecti, praevisa locorum utilitate pecora legissent. Tacit. Annal. XII. 62.
197Strab. l. X. p. 492. Presentemente se ne son tagliati molti rami, o per parlare meno figuratamente, molti seni del porto si son ripieni. Vedi Gyll. de Bosph. Thrac. l. I. c. 3.
198Procop. de adific. l. I. c. 5. La sua descrizione vien confermata da' viaggiatori moderni. Vedi Thevenot. P. I. l. I. c. 15. Tournefort lett. XII. Niebuhr viagg. d'Arab. p. 22.
199Vedi Ducange C. l. I. P. I. c. 16. e le sue osservazioni sopra Villehardouin p. 289. Fu tirata una catena da Acropoli vicino al moderno Kiosco fino alla torre di Galata ed era sostenuta a convenienti distanze da grossi pali di legno.
200Thevenot (viagg. in Levante P. I. l. I. c. 14) ne riduce la misura a 125 piccole miglia Greche. Belon (Observat. l. I. c. 1) dà una buona descrizione della Propontide, ma si contenta dell'indeterminata espressione di una giornata e mezzo di cammino. Dove Sandys (viag. p. 21) parla di 150 stadi tanto in lungo che in largo, non può supporsi che un error di stampa nel testo di questo giudizioso viaggiatore.
201Vedasi un'ammirabile dissertazione del Dauville sopra l'Ellesponto e i Dardanelli, nelle Memorie dell'Accademia delle Iscrizioni Tom. XXVIII. p. 318-346. Pure anche quell'ingegnoso Geografo è troppo inclinato a supporre delle nuove e forse immaginarie misure, ad oggetto di render gli antichi scrittori tanto esatti, quanto egli stesso. Gli stadi, de' quali si serve Erodoto nella descrizione dell'Eussino, del Bosforo ec. (l. IV. c. 85) senza dubbio devono esser tutti della medesima specie; ma sembra impossibile di conciliarli o con la verità, o fra di loro.
202La distanza obbliqua fra Sesto ed Abido era di trenta stadi. S'espone dal Mahudol l'improbabilità del racconto di Ero e Leandro, ma coll'autorità de' poeti e delle medaglie si difende dal La Nauze. Vedi Accad. delle Inscriz. Tom. VII. Hist. p. 74. Mem. p. 140.
203Vedi lib. VII. d'Erodoto, che ha innalzato un elegante trofeo alla sua propria fama, ed a quella del suo paese. Sembra che ne sia stata fatta l'enumerazione con tollerabile accuratezza; ma era interessata la vanità, prima de' Persiani e poi de' Greci, ad amplificar l'armamento e la vittoria. Io dubiterei molto se gl'invasori abbiano mai sorpassato il numero degli uomini di qualunque paese, che abbiano attaccato.
204Vedi le Osservazioni di Wood sopra Omero p. 320. Io ho preso con piacere quest'osservazione da un Autore, che in generale non par che abbia corrisposto all'espettazione del Pubblico e come critico e meno ancora come viaggiatore. Aveva egli veduti i lidi dell'Ellesponto; avea letto Strabone; dovrebbe aver consultati gl'itinerari Romani: come fu dunque possibile che confondesse Ilium con Alexandria Troas (Observ. p. 340, 341) città, che sono 6 miglia distanti l'una dall'altra?
205Demetrio di Scepside scrisse sessanta libri sopra trenta versi del catalogo d'Omero. Per soddisfare la nostra curiosità è sufficiente il lib. XIII di Strabone.
206Strab. l. XIII. p. 595. Omero descrive con gran chiarezza la disposizione delle navi, che furono tratte in terra ed i posti d'Aiace e d'Achille.
207Zosimo l. II. p. 10. Sozomen. l. II. c. 3. Teofan. p. 18. Nicefor. Callisto l. VII. p. 48. Zonara Tom. II. l. XIII. p. 6. Zosimo pone la nuova città fra Ilio ed Alessandria; ma questa apparente differenza può conciliarsi con ciò, che dicono gli altri, mediante la grand'estensione della sua circonferenza. Avanti la fondazione di Costantinopoli, Cedreno dice che venne progettata per capitale Tessalonica, e Zonara, Sardica. Tutti e due suppongono con ben poca probabilità che l'Imperatore, se non fosse stato impedito da un prodigio, avrebbe rinnovato l'errore de' ciechi Calcedonesi.
208Descriz. dell'Oriente di Pocock Vol. II, part. II. p. 127. La descrizione, ch'ei fa de' sette colli, è chiara ed esatta. Questo viaggiatore di rado è tanto soddisfacente come in quest'occasione.
209Vedi Belon. Osserv. c. 72, 76. Fra le varie specie di pesci i Pelamidi, che sono una specie di Tonni, erano i più celebri. Si può rilevar da Polibio, da Strabone e da Tacito che il guadagno della pesca formava la rendita principale di Bizanzio.
210Vedi l'eloquente descrizione del Busbequio Epist. I. p. 64. Est in Europa; habet in conspectu Asiam, Aegyptum, Africamque a dextra: quae tametsi contiguae non sunt, maris tamen, navigandique commoditate veluti junguntur. A sinistra vero Pontus est Euxinus etc.
211Datur haec venia antiquitati, ut miscendo humana divinis, primordia Urbium augustiora faciat. Tit. Liv. in Proëm.
212In una delle sue leggi così s'esprime. Pro comoditate Urbis, quam materno nomine, jubente Deo, donavimus. Cod. Theodos. l. XIII. Tit. V. leg. 7.
213I Greci, come Teofane, Cedreno e l'Autore della Cronica Alessandrina si contengono dentro i limiti di espressioni vaghe o generali. Volendo un ragguaglio più circostanziato della visione, bisogna ricorrere a tali scrittori Latini, quale è Guglielmo di Malmesbury. Vedi Ducange C. P. l. I. p. 24, 25.
214Vedi Plutarc. in Romul. Tom. I. p. 49. Edit. Bryan. Fra le altre cerimonie facevasi una gran buca, la quale si riempiva con pugni di terra, che ciascheduno de' nuovi abitanti portava dal luogo della sua nascita, ed in tal modo adottava la sua nuova patria.
215Filostorg. l. II. c. 9. Questo accidente, quantunque preso da un autore sospetto, è caratteristico e probabile.
216Vedi nelle Memor. dell'Accad. delle Iscriz. T. XXXV. pag. 747, 758 una dissertazione del Danville sopra l'estensione di Costantinopoli. Egli prende la pianta inserita nell'Impero Orientale del Banduri per la più esatta; ma con una serie di minutissime osservazioni corregge la stravagante proporzione della scala, e determina che la circonferenza della città è di circa 7800 tese Francesi invece di 9500.
217Appresso gl'Inglesi un acro contiene un'estensione di terra, lunga 40 pertiche e larga 4.
218Codin. Antiquit. Const. p. 12. Egli assegna per limite dalla parte del porto la chiesa di S. Antonio. Se ne fa menzione dal Du Cange l. IV. c. VI. ma non mi è riuscito di scuoprire il luogo, dov'essa era situata.
219Fu costruita la nuova muraglia di Teodosio nell'anno 413. Nel 447 fu gettata a terra da un terremoto, ed in tre mesi rifabbricata dalla diligenza del Prefetto Ciro. Il sobborgo della Blacherne fu per la prima volta compreso nella città al tempo d'Eraclio. Du Cange Const. l. I. c. 10, 11.
220Nella Notizia ec. se n'esprime la misura con piedi 14075. Si può ragionevolmente supporre, che questi fossero piedi Greci, la proporzione de' quali fu ingegnosamente determinata dal Danville. Secondo esso 180 piedi equivalgono ai 78 cubiti Asemiti, che diversi scrittori dicono esser l'altezza di S. Sofia. Ciascheduno di questi cubiti era uguale a 27 pollici francesi.
221L'esatto Thevenot (l. I. c. 15) in un'ora e tre quarti girò intorno a' due lati del triangolo, dal Chiosco del Serraglio fino alle sette Torri. Danville accuratamente pondera, e molto s'affida a questa decisiva testimonianza che somministra una circonferenza di dieci o dodici miglia. Molto s'allontana dall'ordinario suo carattere Tournefort, allorchè (Lett. XI) s'estende alla stravagante misura di trenta o di trentaquattro miglia, senz'includervi Scutari.
222Il luogo chiamato Sycae (o sia i Fichi) formava la decima terza regione, e fu molto abbellito da Giustiniano. Esso ebbe in seguito i nomi di Pera, e di Galata. È ovvia l'etimologia del primo, incognita quella del secondo nome. Vedi Du Cange Const. l. I. c. 22. Gyll. de Byzant. l. IV. c. 10.
223Cento undici stadi, che possono computarsi in miglia Greche moderne di 7 stadi l'uno, o sia di 660 ed alle volte di sole 600 tese Francesi. Vedi Danville Misur. Itinerar. p. 53.
224Corretti gli antichi Testi, che descrivono la grandezza di Babilonia e di Tebe; ridotte a' giusti termini l'esagerazioni, e certificate le misure, troviamo, che quelle famose città avevano la grande, ma non incredibil circonferenza di circa venticinque o trenta miglia. Si confronti Danville nelle Memor. dell'Accad. Tom. XXVIII. p. 235 colla sua Descrizione dell'Egitto pag. 201, 202.
225Se Costantinopoli e Parigi si dividano in tanti quadrati di 50 tese Francesi l'uno, il primo contiene 850 di queste parti, ed il secondo 1160.
226Seicento centinaia, o sessantamila libbre d'oro. Tal somma è presa da Codino Antiq. Const. p. 11. Ma questo disprezzabile Autore, a meno che non abbia tratta la sua relazione da qualche sorgente più pura, non sarebbe probabilmente stato capace di contare in una maniera così disusata.
227Quanto alle foreste del Mar Nero vedasi Tournefort Lett. XVI. Quanto alle cave di marmo di Proconneso, vedi Strabone l. XIII. p. 588. Queste ultime avevan già somministrato i materiali alle grandiose fabbriche di Cizico.
228Vedi Cod. Theod. lib. XIII. Tit. IV. leg. 1. La data di questa legge è dell'anno 334 e fu indirizzata al Prefetto dell'Italia, la giurisdizione del quale s'estendeva sull'Affrica. Merita d'esser consultato il Comentario del Gotofredo sopra tutto il Titolo.
229Constantinopolis dedicatur pene omnium Urbium nuditate: Hieronym. Chron. p. 181. Vedi Codin. p. 8, 9. L'autore delle Antichità Cost. l. III (appresso Banduri Imp. Orient. Tom. I. p. 41) enumera Roma, Sicilia, Antiochia, Atene ed una lunga lista di altre città. Può supporsi che le Provincie della Grecia e dell'Asia minore avranno somministrato il più ricco bottino.
230Hist. Comp. p. 369. Esso descrive la statua, o piuttosto il busto d'Omero con sì fino gusto, che chiaramente indica, che Cedreno copiò lo stile d'un secolo più fortunato.
231Zosimo l. II. p. 106. Cronic. Alessand. o Pasqual. p. 284. Du Cange Const. l. I. c. 24. Anche quest'ultimo scrittore pare, che confonda il Foro di Costantino coll'Augusteo, o corte del Palazzo. Io non sono ben sicuro, se abbia precisamente distinto quel che appartiene all'uno ed all'altro.
232Pocock porge la descrizione più tollerabile di tal colonna, Descriz. d'Orient. vol. II. Part. II. p. 131, ma essa in molti luoghi è tuttavia oscura, e non soddisfa pienamente.
233Du Cange Const. l. I. c. 24. p. 76, e le sue not. ad Alexiad. p. 382. La statua di Costantino o d'Apollo fu abbattuta nel tempo di Alessio Comneno.
234Tournefort (Lett. XII.) considera l'Atmeidan 400 passi. Se intende passi geometrici di sette piedi l'uno, sarebbe stato lungo 300 tese, intorno a quaranta più lungo del gran Circo di Roma. Vedi Danville Misur. Itiner. p. 72.
235Se i custodi delle reliquie più sante potessero addurre una serie di prove, quali si possono allegare in quest'occasione, ne sarebbero ben essi contenti. Vedi Banduri ad antiquit. Const. p. 668. Gyll. de Bizant. l. II. c. 13. 1. Può in primo luogo provarsi l'originale consacrazione del tripode, e della colonna nel tempio di Delfo coll'autorità d'Erodoto e di Pausania; 2. Zosimo Pagano si trova d'accordo co' tre Storici Ecclesiastici, Eusebio, Socrate e Sozomeno in asserire, che per ordine di Costantino furon trasportati a Costantinopoli gli ornamenti sacri del tempio di Delfo; e fra gli altri espressamente si nomina la colonna serpentina dell'Ippodromo. 3. Tutti i viaggiatori Europei, che sono stati a Costantinopoli da Buondelmonti fino a Pocock, la descrivono nel medesimo luogo, e quasi nell'istessa maniera; e le differenze, che si trovan fra loro, non nascono che dalle ingiurie che ha sofferto da' Turchi. Maometto II. con un colpo di scure spezzò la mascella di sotto ad uno de' serpenti. Thevenot l. I. c. 17.
236Da' Greci fu adottato il nome Latino di cochlea, e frequentemente s'incontra nell'istoria Bizantina. Du Cange Const. l. II. c. 1. p. 104.
237Vi sono tre punti topografici, che indicano la situazione del Palazzo; 1. La scala che lo faceva comunicare coll'Ippodromo o Atmeidan, 2. Un piccolo porto artificiale sulla Propontide, da cui salivasi facilmente per una serie di scalini di marmo a' giardini del Palazzo, 3. L'Augusteo, ch'era una spaziosa corte, un lato della quale veniva occupato dalla facciata del palazzo, e l'altro dalla chiesa di Santa Sofia.
238Zeusippo era un epiteto di Giove, ed i bagni facevano una parte dell'antico Bizanzio. Du Cange non ha sentito la difficoltà di determinarne la vera situazione. L'Istoria par che gli unisca con S. Sofia, e col palazzo; ma la pianta originale, inserita nel Banduri, li pone dall'altra parte della città, vicino al porto. Quanto alle loro bellezze, vedi Chron. Paschal. p. 285 e Gyll. de Byzan. l. II. c. 7. Cristodoro (Antiquit. Const. l. VII) compose delle iscrizioni in versi per ogni statua. Egli era un poeta Tebano di nascita non men che d'ingegno Boeotum in crasso jurares aere natum.
239Vedi la notizia ec. Roma una volta contava 1780 grandi case domus; ma bisogna che tal parola avesse un significato più ampio. In Costantinopoli non si fa menzione d'Insulae. La Capitale antica conteneva 424 strade, la nuova 322.
240Luitprand. Legat. ad Imperat. Niceph. p. 153. I Greci moderni hanno stranamente sfigurate le antichità di Costantinopoli. Sarebbero scusabili gli sbagli degli scrittori Turchi o Arabi, ma fa stupore, che i Greci, che avevano tra le mani autentici materiali, conservati nella lor propria lingua, preferissero la finzione alla verità, e le favolose tradizioni alla storia genuina. In una sola pagina di Codino posson contarsi dodici imperdonabili errori, quali sono la riconciliazione di Severo e di Negro, il matrimonio tra il figlio dell'uno e la figlia dell'altro, l'assedio di Bizanzio fatto da' Macedoni, l'invasione de' Galli, che richiamò Severo a Roma, i sessant'anni che scorsero dalla morte di lui alla fondazione di Costantinopoli ec.
241Montesquieu, Grand. et decad. des Rom. c. 17.
242Temist. Orat. III. p. 48. Edit. Hardouin. Sozomeno l. II. c. 3. Zosimo l. II. p. 107. Anon. Vales. p. 715. Se dovessimo prestar fede a Codino (p. 10) Costantino fabbricò le case pei Senatori sul medesimo esatto disegno de' loro palazzi di Roma, e diede ad essi ugualmente che a se medesimo il piacere d'una gradita sorpresa; ma tutta quell'istoria è piena di finzioni e di insussistenti racconti.
243Fra le Novelle dell'Imperator Teodosio il Giovane al fine del Codice Teodosiano (Tom. VI Nov. 12.) si trova la legge con cui quell'Imperatore, nell'anno 438, abolì tali concessioni. Il Tillemont (Hist. des Emper. Tom. IV. p. 37) ha evidentemente sbagliato intorno alla natura di questi beni. La medesima condizione, che si sarebbe con ragione stimata un peso, qualora fosse stata imposta su' beni de' privati, si riceveva come un favore quand'era accompagnata dalla concessione di fondi Imperiali.
244Gillio (de Byzant l. I. c. 3.) raccoglie, e connette fra loro i passi di Zosimo, di Sozomeno e di Agatia, che riferiscono l'accrescimento, e le fabbriche di Costantinopoli. Sidonio Apollinare (in Panegyr. Anthem. 56. p. 291. Edit. Sirmond) descrive le moli, che furono gettate molto avanti nel mare: formavansi queste dalla famosa pozzolana che indura nell'acqua.
245Sozomeno l. II. c. 3. Filostorg. l. II. c. 9. Codino Antiquit. Const. p. 8. Si rileva da Socrate (l. II. c. 13.) che la quotidiana distribuzione della città consisterà in ottanta migliaia di σιτου, che o si può tradur con Valesio per modj di grano, o supporre ch'esprima il numero de' pani, che si dispensavano.
246Vedi Cod. Theodos. lib. XIII e XIV e Cod. Justin. Ed. XII. Tom. II. p. 648. edit. Genev. Si veda il bel lamento di Roma nel Poema di Claudiano de bello Gildon. v. 46-64. Cum subiit par Roma mihi, divisaque sumpsitAequales Aurora togas; Aegyptia ruraIn partem cessere novam.
247Si fa menzione de' rioni di Costantinopoli nel codice di Giustiniano, e sono particolarmente descritti nella Notizia di Teodosio il Giovane; ma siccome gli ultimi quattro di essi non son compresi nelle mura di Costantino, si può dubitare se tal divisione della città riferir debbasi al fondatore.
248Senatum constituit secundi ordinis; claros vocavit. Anonym. Valesian. p. 715. I Senatori della vecchia Roma avevano il titolo di Clarissimi. Vedasi una curiosa nota di Valesio ad Ammian. Marcellin. XXII. 9. Dall'epistola undecima di Giuliano apparisce, che si risguardava il posto di Senatore piuttosto come un peso, che come un onore; ma l'Abbate della Bletterie (Vit. di Giovian. Tom. II. p. 371) ha dimostrato che questa lettera non può riferirsi a Costantinopoli. Non potremmo noi leggere invece del celebre nome di Βυζαντιοις l'oscuro ma più probabile vocabolo Βισανθηνοις? Bisanto, o Redesto (adesso Rodosto) era una piccola città marittima della Tracia. Vedi Steph. Byzant. de Urbibus p. 225 e Cellar. Geograph. Tom. I. p. 849.
249Cod. Theodos. l. XIV. 13. Il Comentario di Gotofredo (Tom. V. p. 220) è lungo ma oscuro; ed in verità non è facile il determinare in che consistesse il Gius Italico, dopo che fu comunicata a tutto l'Impero la libera cittadinanza Romana.
250Giuliano (Orat. I. p. 8) celebra Costantinopoli come non meno superiore ad ogni altra città, di quel che fosse inferiore all'istessa Roma. Il dotto di lui Comentatore (Spanem. p. 75. ec.) giustifica questa maniera di parlare con varj esempi simili di Autori contemporanei, Zosimo non meno che Socrate e Sozomeno fiorirono dopo la divisione dell'impero, fatta fra due figli di Teodosio, la quale stabilì una perfetta uguaglianza fra la Capitale antica e moderna.
251Codino (Antiquit. p. 8) asserisce, che furon gettati i fondamenti di Costantinopoli nell'anno del mondo 5837 (dell'Era volg. 329) il dì 26 settembre, e che fu fatta la dedicazione della città negli 11 Maggio 5838 (330 di Cristo). Egli pretende di connettere queste date con altr'epoche caratteristiche, ma si contraddicono l'una coll'altra: l'autorità di Codino è di piccolo peso, e lo spazio, ch'egli assegna, dee sembrare insufficiente. Giuliano (Orat. I. p. 8) fissa il termine di dieci anni, e Spanemio (p. 69-759) procura di stabilirne la verità coll'aiuto di due passi presi da Temistio (Orat. IV p. 58), e da Filostorgio (l. II c. 9) e tal tempo si conta dall'anno 324 al 334. Intorno a questo punto di cronologia son tra loro divisi i moderni critici, ed i varj lor sentimenti vengono con molt'accuratezza discussi dal Tillemont (Hist. des Emper. Tom. IV. p. 619-625).
252Temist. Orat. III. p. 47. Zosimo l. II. p. 108. Costantino medesimo in una delle sue leggi (Cod. Theod. l. XV. Tit. 1.) manifesta la sua impazienza.
253Può vedersi il più antico e pieno racconto di tale straordinaria ceremonia nella Cronica Alessandrina p. 285. Tillemont, e gli altri amici di Costantino, offesi dall'aria di Paganesimo, che sembra indegna di un Principe Cristiano, avevan ragione di risguardarla come dubbiosa, ma non avevano perciò diritto di ometterla affatto.
254Sozomeno l. II. c. 2. Du Cange C. P. l. I. c. 6. Velut ipsius Romae filiam dice S. Agostino de civit. Dei l. V. c. 25.
255Eutrop. l. X. c. 8. Giuliano Orat. 1. p. 8. Du Cange C. P. I. c. 5. Si trova il nome Costantinopoli nelle medaglie di Costantino.
256Il vivace Fontenelle (Dial. de' Morti XII.) affetta di derider la vanità dell'ambizione umana, e par che trionfi per essere andato a voto il disegno di Costantino, l'immortale cui nome, dice, che adesso s'è perduto nella volgar denominazione d'Istambol, che è una corruzione che fanno i Turchi delle parole εις την πογιν (alla città). Ma sempre si conserva il nome originale di Costantinopoli: in primo luogo, appresso le nazioni dell'Europa, 2. appresso i Greci moderni, 3. appresso gli Arabi, gli scritti de' quali sono sparsi per l'ampio tratto delle loro conquiste nell'Asia e nell'Affrica. Vedi d'Herbelot. Bibliot. Orient. p. 275. Finalmente appresso i Turchi più culti, e l'Imperatore medesimo ne' pubblici suoi decreti. Cantemir Istor. Ottom. p. 51.