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La favorita del Mahdi

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Il greco, fuori di sè, si precipitò verso la costa e scagliate via le pistole balzò nelle onde. Passò un minuto lungo quanto un secolo, poi riapparve. Con una mano nuotava e coll’altra sosteneva il sacco contenente la povera Fathma.

Nuotò vigorosamente verso la riva, scalò agilmente le roccie, depose l’almea sulla sabbia e con un rapido colpo di jatagan squarciò il grosso tessuto.

Si chinò ansiosamente su quel bel corpo che non dava più segno di vita e appoggiò una mano sul cuore. Sentì che batteva leggermente.

Viva! Viva!… tuonò egli. Ah! sei alfine mia!

Le sue labbra sfiorarono dieci volte di seguito quelle scolorite dell’almea; egli rideva e piangeva dalla gioia.

Il galoppo di parecchi cavalli, che rapidamente si avvicinava, gli richiamò alla mente Abù-el-Nèmr. Gettò uno sguardo verso il lago, nel quale dibattevasi ancora il carnefice Yokara colla testa fracassata dalla palla della pistola, afferrò strettamente fra le braccia Fathma, scattò in piedi e si diede a precipitosa fuga senza sapere dove andasse nè che cosa avesse in mente di fare.

Aveva percorso duecento passi, quando udì una voce gridare:

Ehi, alt! Se non t’arresti sei morto!

Il greco a quell’intimazione si volse digrignando i denti. A cinquanta passi da lui stava Abù-el-Nèmr col fucile spianato, circondato dai suoi guerrieri.

Maledizione! gridò il greco che comprese d’essere irremissibilmente perduto.

Con un rapido gesto sguainò l’jatagan e lo puntò sul seno dell’almea gridando ad Abù:

Se non ti fermi la uccido!

Nell’istesso istante Omar sbucava da una macchia di bauinie slanciandosi verso il miserabile. Cinque negri lo seguivano armati fino ai denti.

Ah! cane! gridò lo schiavo tendendo la dritta armata di revolver.

Quattro detonazioni scoppiarono l’una dietro l’altra. Il greco girò due volte su sè stesso, stravolse gli occhi, un getto di sangue gli sgorgò dalle labbra e piombò a terra bestemmiando.

È morto! esclamarono i guerrieri accorrendo.

Omar in pochi salti lo raggiunse. Il morente si agitava ancora stringendosi furiosamente al petto Fathma e macchiandola di sangue.

Mi riconosci? gli chiese il negro.

Sii… maledet…to! mormorò Notis.

Il negro gli appoggiò la canna del revolver alla fronte e con un quinto colpo gli fece saltare le cervella.

Ora sono vendicato! esclamò.

Gli strappò dalle braccia la sua padrona, l’adagiò sulla fine sabbia, e le si inginocchiò accanto esaminandola attentamente.

Vive? chiese Abù-el-Nèmr con profonda emozione.

È viva, rispose Omar. Fra pochi minuti ritornerà in sè.

Abù-el-Nèmr respirò e si terse un freddo sudore che grondavagli dalla fronte.

Povera donna, mormorò egli. Che tu possa essere alfine felice.

Una nube oscurò la sua fronte e i suoi sguardi s’intenerirono. Quell’abbronzato volto, di solito così aperto e fiero divenne triste, cupo.

Che hai? gli chiese Omar che s’era accorto di quell’improvviso cambiamento.

Nulla, Omar, nulla, balbettò con voce soffocata lo sceicco. Dov’è Abd-el-Kerim?

Eccolo, disse un guerriero.

Infatti l’arabo era improvvisamente apparso all’uscita della gola e s’avvicinava a spron battuto. Ma non era più lo spaventevole agonizzante di dieci giorni prima, privo di forze, ischeletrito, orrendamente deturpato e che incuteva ribrezzo.

Era ancora pallido, scarno, ma aveva ricuperato nel lasso di pochi giorni e la salute e le forze. Abù-el-Nèmr, avutolo in sua mano, gli aveva tagliati uno ad uno i tumori e strappati gli schifosi vermi che lo stremavano succhiandogli il sangue.

Egli giunse come una bomba fra i suoi amici, nel mentre che due guerrieri gettavano nel lago il cadavere di Notis con una pietra appesa al collo.

Tese le mani a Omar ed allo sceicco, poi si precipitò sul corpo dell’almea.

Fathma! mia adorata Fathma! esclamò egli delirante.

Non seppe dire di più. La gioia di rivedere alfine l’infelice sua fidanzata, lo soffocava. Afferrò quel corpo ancora inanimato e lo coprì di baci e di lagrime.

Abù-el-Nèmr si nascose il volto fra le mani e un rauco singhiozzo gli rumoreggiò in fondo al petto. Una tremenda disperazione aveva improvvisamente scomposto i suoi lineamenti.

In quell’istante Fathma emise un profondo sospiro e si scosse. Abd-el-Kerim se la strinse teneramente al petto.

Fathma! Fathma! ripetè egli.

L’almea aprì gli occhi, li chiuse, poi tornò a riaprirli. Un grido inesprimibile le uscì dalle labbra.

Abd-el-Kerim!…

Si raddrizzò, gettò le braccia attorno al collo del fidanzato e scoppiò in singhiozzi.

Dio!… Dio!… balbettò ella, fa che io non sogni!

No, povera donna, tu non sogni, sono io, proprio io, il tuo amato Abd-el-Kerim che non si separerà più mai da te.

Ad un tratto Fathma impallidì terribilmente.

E Ahmed, esclamò ella con profondo terrore. Ho paura, Abd-el-Kerim, ho paura.

Abù-el-Nèmr si fece innanzi.

Ahmed vi ha perdonato, diss’egli con voce appena distinta. Voi siete liberi, interamente liberi. Che Allàh vi faccia felici!

Retrocesse di alcuni passi coi lineamenti alterati da una tremenda disperazione, le braccia incrociate convulsivamente sul petto, la testa china.

Gli ultimi raggi di sole che ancor indoravano le sponde del lago, si rifletterono su due grosse lagrime che scendevano silenziosamente sulle abbronzate gote del guerriero.

Conclusione

Sono trascorsi due mesi. Una sera, mentre la luna s’alzava sull’orizzonte illuminando vagamente gli esili minareti di El-Obeid e le tende dell’accampamento degli insorti e le stelle fiorivano in cielo scintillando vivamente, due uomini avvolti in candidi taub se ne andavano a lenti passi verso la strada che conduceva al lago Tscherkela.

Uno era Ahmed Mohammed, l’altro era lo sceicco Abù-el-Nèmr. Il primo era lo stesso uomo come abbiamo veduto due mesi innanzi, il secondo invece era interamente cambiato.

Precoci rughe solcavano la sua fronte e sul suo volto vedevasi scolpita ancora una viva disperazione. Gli occhi avevano perduto l’usuale loro splendore, ed erano diventati melanconici, cupi e l’altra sua persona erasi curvata come sotto il peso dell’età. Quell’uomo in poche settimane era invecchiato di dieci anni.

S’erano allontanati già più d’un miglio dall’accampamento, quando Ahmed bruscamente arrestossi.

Guarda, Abù, diss’egli.

Il guerriero rialzò il capo, chino sino allora sul petto, e guardò. Un cavaliere era apparso sulla bruna linea dell’orizzonte e si avvicinava di carriera.

Chi sia? chiese Ahmed, dopo qualche istante.

Fosse un messaggiero, rispose con voce cavernosa Abù.

Se portasse notizie di…

Taci, Ahmed, taci! esclamò lo sceicco.

Ahmed lo guardò con compassione e scosse il capo.

Il cavaliere era allora giunto a cento metri da loro. Rattenne il cavallo, come indeciso sulla via da prendere, poi riprese la corsa dirigendosi verso il Mahdi.

All’inviato di Dio, diss’egli, balzando a terra e consegnandogli una pergamena arrotolata.

Ahmed s’impadronì vivamente di quella carta e vi gettò sopra gli occhi. La sua faccia s’annuvolò e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra.

Che hai? chiese Abù-el-Nèmr, guardandolo cogli occhi accesi.

Notizie di loro, rispose Ahmed.

Chi loro?

Fathma e Abd-el-Kerim.

Leggi!… leggi, Ahmed!… balbettò lo sceicco con un filo di voce.

Il Mahdi si passò più volte una mano sugli occhi che erano diventati umidi, poi lesse questa laconica lettera:

«Da Shendy.

«Ad Ahmed Mohammed Mahdi.

«Salute a te, all›amico Abù-el-Nèmr e al tuo esercito. Le tue guide ci hanno condotti felicemente a Shendy, dove fummo bene accolti dai tuoi nemici gli egiziani. Oggi abbiamo celebrata la nostra unione. Dio ti protegga.

«Abd-el-Kerim e Fathma».

Aveva appena terminato di leggere, che al suo fianco scoppiava una fragorosa detonazione. Si volse precipitosamente e mandò un acutissimo grido. Abù-el-Nèmr giaceva per terra colla testa sfracellata, stringendo ancora nella dritta la fumante pistola colla quale si era suicidato.

Abù-el-Nèmr! gridò egli singhiozzando e inginocchiandoglisi accanto.

Il guerriero aprì gli occhi; un amaro sorriso increspò le sue labbra insanguinate. Cercò di sollevarsi, ma non vi riuscì; allungò le braccia e strinse convulsivamente le mani dell’amico.

Muoio… felice!… rantolò egli. Perdonami… Ho amato… Fathma… Tutto… tutto è… finito… Ad…dio… amico!…

Uno sbocco di sangue gli soffocò l’ultima parola. Un fremito agitò il suo corpo, poi s’irrigidì. Abù-el-Nèmr aveva cessato di vivere.

FINE