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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6

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CAPITOLO X

Politia delle nostre Chiese durante il tempo dello Scisma, insino al Regno degli Aragonesi

Le revoluzioni accadute dopo la morte del savio Re Roberto insino al Regno placido e pacato del Re Alfonso, conturbarono non meno lo Stato politico e temporale di questo Reame, che l'Ecclesiastico e spirituale delle nostre Chiese. Lo Scisma, che surse per l'elezione d'Urbano IV e di Clemente VII, ci fece conoscere in un medesimo tempo non pure due Re, ma due Papi; e diviso il Regno in fazioni, siccome miseramente afflissero l'Imperio, così anche il Sacerdozio rimase in confusione ed in continui sconvolgimenti e disordini. Colui era fra noi riputato il vero Pontefice, il quale avea il favore e l'amicizia de' nostri Re; e siccome la fortuna sovente mutava il Principe, così variavasi fra noi il Pontefice. L'indisposizione del capo faceva languire tutte le altre membra; onde i Prelati delle nostre Chiese si videro ora intronizzati, ora cacciati dalle loro Sedi, secondo la varia fortuna de' Principi contendenti. Urbano VI nel principio della sua intronizzazione, che avvenne nel 1378, fu da noi riconosciuto per Papa; ma scovertisi poi i difetti della sua elezione e l'animo de' Cardinali di dichiararla nulla, e di crearne un, altro, la nostra Regina Giovanna I per le cagioni rapportate nel XXIII libro di questa Istoria, gli diè favore, ed agevolò l'impresa, e diede mano, che l'elezione si facesse ne' suoi Stati e propriamente a Fondi, dove nello stesso anno s'elesse il nuovo Papa Clemente VII, il quale fu da lei accolto ed adorato in Napoli come vero Pontefice. Nacquero perciò nelle nostre Chiese disordini grandissimi, e sopra ogni altra in quella di Napoli, poichè sedendo quivi l'Arcivescovo Bernardo, avendo costui aderito alle parti della Regina e di Clemente, fu da Urbano deposto e creato in suo luogo Arcivescovo l'Abate Lodovico Bozzuto, il quale concitando il Popolo avea occupata la sede, e cacciata la famiglia di Bernardo. Ma la Regina avendo sedato il tumulto, fugò il Bozzuto, fece abbattere le sue case, ruinare le possessioni307, e richiamò Bernardo, il quale resse questa Chiesa insino che Napoli non fu occupata da Carlo III di Durazzo. Questi invitato da Urbano, il quale avea scomunicata la Regina, e data a lui l'investitura del Regno, fece strozzare la Regina, s'impossessò del Reame, ed afflisse inumanamente tutti i suoi partigiani, spogliandogli de' loro Feudi, delle dignità e di tutti i loro beni. Dall'altra parte Urbano, per vendicarsi di coloro, che aveano aderito a Clemente, mandò tosto per Legato nel Regno il Cardinal Gentile di Sangro, il quale superando di gran lunga le crudeltà di Carlo, perseguitò barbaramente tutti gli Arcivescovi, Vescovi, Abati, Preti, in fine tutti i Cherici del Regno partigiani di Clemente, imprigionandogli, tormentandogli e spogliandogli di tutte le dignità, beneficj e beni, non perdonando nè ad età, nè ad onore, nè allo stato di qualunque persona; ed Urbano lodando il rigore del suo Legato, per accrescere maggior miseria agli spogliati, e tor loro ogni speranza, diede ad essi tosto i successori e per cosa assai portentosa si narra, che in un sol giorno creasse trentadue tra Vescovi ed Arcivescovi per lo più Napoletani, e singolarmente favorisse coloro, i quali aveano dato ajuto a Carlo per l'acquisto del Regno, non richiedendo altro merito che questo308. Nè di ciò soddisfatto il Legato, fece un dì nella chiesa di S. Chiara al cospetto del Re Carlo, de' suoi principali Signori e di tutto il Popolo napoletano, ignominiosamente condurre Lionardo di Gifoni Generale dell'Ordine de' Minori di S. Francesco, già stato eletto Cardinale da Papa Clemente: Giacomo de Viss franzese, Arcivescovo di Otranto e Patriarca di Costantinopoli Cardinale eletto da Clemente, e mandato nel Regno per suo Legato: Casello Vescovo di Chieti, ed un certo Abate nominato Massello, ch'erano stati affezionati alla Regina, e gli costrinse ad abjurare Clemente, e professare Urbano: da poi gli fece spogliare degli abiti e del Cappello Cardinalizio, del manto e della cocolla episcopale, ed accesa una pira, fece quelle spoglie tutte ardere al cospetto del popolo: dopo questo gli fece di nuovo condurre in oscuro carcere, dove per lungo tempo dimorarono309. E narra Teodorico di Niem310, che le crudeltà, che usò il Cardinal di Sangro nel Regno contro tutti gli Arcivescovi, Vescovi, Abati, Preti e Cherici partigiani della Regina e che avean aderito a Clemente, furono tali, che non si possono senz'orrore ascoltare.

Ma furono non guari da poi disturbati i partigiani d'Urbano; perchè Luigi I d'Angiò chiamato al Regno da Giovanna, ed investito da Clemente, calò nel 1382 per riacquistarlo. Si oppose Urbano, ed usò ogni arte ed ingegno per render vano il suo disegno; e venuto in Napoli lo dichiarò scismatico, lo scomunicò, gli bandì contro la Cruciata, concedendo indulgenza plenaria e remission di ogni peccato a tutti coloro, che contro lui pigliavano l'arme; e creò Confaloniere di S. Chiesa il Re Carlo, benedicendogli lo stendardo, che gli diede nel Duomo di Napoli nella solennità della Messa. Perchè mancava il denaro per sostenere una sì aspra e crudel guerra, egli diede facoltà a Filippo Gezza e Poncello Orsino suoi Cardinali di poter vendere e pignorare li fondi e le robe di tutte le chiese, ancorchè i Prelati ed i Capitoli dissentissero; ed allora le nostre Chiese patirono un guasto terribile de' loro beni, perchè Carlo, premendo il bisogno della guerra, gli faceva vendere a vilissimo prezzo311. Mentre Carlo visse, la parte Angioina quasi in niente prevalse; ma costui morto, Re Luigi invase il Regno, ne discacciò Margarita, vedova del morto Re, col suo figliuolo Ladislao; e nell'anno 1387 gli confinò a Gaeta.

Risorta perciò nel Regno la fazione di Clemente, gli partigiani d'Urbano furono tutti a terra. Clemente intanto, morto Bernardo nell'anno 1380 avea rifatto in suo luogo per Arcivescovo di Napoli Tommaso de Amanatis, il quale, mentre durò l'intrusione del Bozzuto e la fazione d'Urbano, dimorò sempre in Avignone, dove Clemente lo creò pure Cardinale e dove morì; variando gli Scrittori non meno intorno l'anno della sua promozione, che della sua morte312; e Clemente tosto gli diede l'Arcivescovo Guglielmo per successore. Dall'altra parte Urbano, morto Bozzuto nell'anno 1384 non mancò di dargli Niccolò Zanasio per successore; ma costui, non meno che Tommaso, seguendo le parti della Regina Margarita, morì esule della sua Chiesa, da lui già resignata, in Cremona nell'anno 1389 avendogli intanto Urbano prima di morire nell'anno 1386 dato per successore l'Arcivescovo Guindazzo, il quale seguitando con molta costanza le parti d'Urbano; e prevalendo a' suoi tempi la parte Angioina, non potè godere la possession pacifica della sua Chiesa: poichè confinata la Regina Margarita e Ladislao in Gaeta, ed ubbidendo Napoli ed il Regno al Re Luigi ed al Pontefice Clemente, l'Arcivescovo Guglielmo era riconosciuto da' Napoletani313.

Papa Clemente non volle essere riputato meno di Urbano in opporsi a' disegni di Ladislao che fatto adulto s'accingeva all'Impresa del Regno, per discacciarne Luigi suo competitore; onde pure egli residendo in Avignone, diede licenza al Re Luigi ed a coloro che governavano il Regno suoi partigiani, che per la guerra contro Ladislao potessero valersi di tutti i vasi d'argento e d'oro delle chiese per coniar moneta per stipendio de' soldati: e così fu fatto, perchè tutti i vasi delle chiese furono parte coniati e parte venduti, con inestimabile danno di quelle314. Non si legge però essersi praticate da Clemente contro i Vescovi ed Abati, partigiani del suo Competitore, quelle crudeltà che usò Urbano per mezzo del Cardinal di Sangro.

 

Rimase il partito di Clemente in fiore per tutto l'anno 1389 quando Ladislao rinvigoritosi, e prendendo forza il suo partito riacquistò buona parte del Regno; ed allora li disordini si viddero maggiori nelle nostre Chiese, poichè ardendo la guerra, al variar della fortuna de' Principi contendenti, variavano le condizioni ed i Prelati delle Chiese. Nè bastò, per far cessare lo Scisma, la morte d'Urbano seguìta dopo di quella di Clemente; poichè siccome i Cardinali della fazione d'Urbano elessero per suo successore Bonifacio IX, così morto Clemente in Avignone nell'anno 1394 i suoi Cardinali tosto vi rifecero Benedetto XIII, e siccome Bonifacio favoriva il Re Ladislao, così Benedetto prese le parti di Luigi, al quale confermò la Corona del Regno, concedendogli nuova investitura. E stando il Regno diviso, Bonifacio era da' suoi riconosciuto, e Benedetto che resisteva in Avignone avea sotto la sua ubbidienza tutti coloro che seguitavano la parte Angioina; ed i prelati erano sempre in forse ed in timore di non esserne cacciati; onde è che Ladislao per accrescere il suo partito assecurava i timidi, che i loro parenti non sarebbero stati scacciati dalle Sedi: come fece a Galeotto Pagano, assicurandolo che Niccolò Pagano suo fratello ch'era nell'ubbidienza di Benedetto XIII non sarebbe stato cacciato dalla Chiesa di Napoli, ma ch'egli l'avrebbe ad ogni suo costo fatto mantenere; siccome parimente promise a Giacomo di Diano di far rimanere in Arcivescovo di Napoli Niccolò di Diano suo fratello, e di là non farlo rimovere o transferire per qualunque occasione o tempo; siccome si legge ne' diplomi di questo Re rapportati dal Chioccarello315. E per tutto quel tempo che la parte Angioina potè contrastare a Ladislao, furono non meno che le città, combattute le nostre Chiese, insino che abbassata la parte Angioina, e tornato il Re Luigi in Francia, Bonifacio IX, Innocenzio VII e Gregorio XII suoi successori, affezionati del Re Ladislao non ripigliasser nel Regno maggior forza e vigore.

Mentre in Avignone sedeva Benedetto XIII, ed in Roma Gregorio XII, i Cardinali d'amendue i Collegi, per togliere lo Scisma, presero espediente d'unirsi in un Concilio a Pisa, e crear essi un nuovo Papa, e deporre Benedetto e Gregorio e così fecero, creando Alessandro V; ma questo Concilio ebbe per noi inutile successo, perchè ciò non ostante, il Re Ladislao continuò nell'ubbidienza di Gregorio e l'accolse nel Regno; ordinò a' suoi sudditi che lo riconoscessero per vero Pontefice, e gli assegnò la Fortezza di Gaeta per sicuro suo asilo, dove dimorò per lungo tempo, malgrado d'Alessandro, il quale perciò gli mosse contro Baldassar Cossa Cardinal Diacono, che trovò ben presto il modo d'impadronirsi di Roma, di cacciare gli Ufficiali di Ladislao, e stabilirvi Paolo Orsino. Ma Alessandro, che quando fu eletto Papa era settuagenario, non sopravvisse gran tempo alla sua elezione: morì egli in Bologna l'anno 1410, ed in suo luogo fu rifatto Baldassar Cossa, fiero nemico di Ladislao, che prese il nome di Giovanni XXIII. Costui che nella sua elezione ebbe il favore e la raccomandazione del Re Luigi II d'Angiò emolo di Ladislao, il primo disegno, che concepì giunto al Pontificato, fu di spogliar Ladislao del Regno di Puglia: ed in effetto pose in piedi un esercito contro lui, andò verso Capua, lo sconfisse, e ritornò trionfante in Roma. Ma Ladislao, ch'era un Principe d'animo invitto, tosto si ristabilì, sicchè ridusse il Papa a voler pace con lui, la qual si fece con condizione che cacciasse da' suoi Stati Gregorio, e facesse in quelli riconoscer lui come vero Pontefice. Ladislao eseguì il trattato: onde Gregorio cercò il suo rifugio nella Marca d'Ancona sotto la protezione di Carlo Malatesta, dove dimorò sino al Concilio di Costanza. Così discacciato Gregorio, il quale insino all'anno 1412 era stato adorato in Napoli, fu da poi riconosciuto per Pontefice Giovanni insino all'anno 1415 quando dal Concilio di Costanza fu egli deposto; il quale finalmente acquetandosi alla sentenza di quel Concilio si spogliò l'abito pontificale.

Non riconobbe poi il nostro Reame niun altro Pontefice per tutto il tempo che corse dalla deposizione di Giovanni, insino all'elezione fatta dal Concilio di Costanza di Papa Martino V, seguita in novembre dell'anno 1417, tanto che quasi per due anni e mezzo si riputò appresso noi vacare la Sede Appostolica: onde nelle scritture fatte in Napoli in questo tempo, non si metteva nome d'alcun Pontefice, ma si diceva, Apostolica Sede vacante316; poichè siccome dopo deposto dal Concilio Giovanni, non fu riputato Pontefice, molto più deposti Gregorio e Benedetto, non furono da noi per niente riconosciuti. Ma eletto dal Concilio Martino V, siccome questi fu riconosciuto da quasi tutto il Mondo cattolico per vero e legittimo Pontefice, così da' nostri Principi e da tutte le Chiese e Popoli del Regno, in Napoli, e da per tutto fu adorato ed avuto per solo e vero Pontefice; e quantunque il Re Alfonso per tener in freno il Pontefice Martino sostenesse ancora il partito di Benedetto XIII, e costui morto nell'anno 1424, quello di Clemente VIII suo successore, eletto da due soli Cardinali ch'erano rimasi appresso di esso; nulladimanco ciò presso di noi non apportò alterazione alcuna, così perchè Alfonso non impedì a suoi sudditi il riconoscer Martino, come anche perchè si sapeva il fine che lo spingeva a proteggere il partito di Clemente: essendosi ancora Alfonso sdegnato con Martino, perchè avea investito Luigi III del nostro Regno suo emolo e competitore. Ma cessate infra di loro le discordie e rappacificati, Alfonso mandò il Cardinal di Foix Legato in Ispagna, perchè Clemente cedesse, il quale nell'anno 1429 fu costretto nelle mani del Legato renunziare ogni suo diritto, siccome i Cardinali ch'egli avea creati, anche volontariamente rinunziarono al Cardinalato; ed in cotal maniera terminossi interamente lo Scisma che per lo spazio di cinquantuno anni avea miseramente lacerata la Chiesa; e Martino V restò solo ed unico Papa, riconosciuto da tutto l'Occidente.

Fu data perciò pace alle nostre Chiese, le quali non furono in niente turbate per lo Scisma rinovato dal Concilio di Basilea, il quale nell'anno 1439 avendo deposto Eugenio IV successor di Martino, avea confermata l'elezione fatta da' suoi Commessarj d'Amedeo Duca di Savoja, che si faceva chiamare Felice V poichè sebbene Alfonso per le cagioni, che si diranno nel seguente libro, lo favorisse, non fu mai dalle nostre Chiese riconosciuto per Pontefice, rimanendo sempre nell'ubbidienza di Papa Eugenio: siccome dopo la di lui morte, accaduta nel 1447, di Niccolò V successore, per l'elezione del quale finì anche lo Scisma, perchè essendo costui un uomo mite e pacifico, ascoltò volentieri le proposizioni d'accordo che gli furono fatte da' Principi cristiani; e dall'altra parte Felice, ed i suoi aderenti trovandosi parimente disposti alla pace, s'indusse a rinunziare alla pontifical dignità, e gli fu accordato che sarebbe egli rimaso il primo fra' Cardinali e Legato perpetuo della Santa Sede in Alemagna.

Il Concilio di Costanza rimediò ancora a' disordini preceduti delle nostre Chiese; poichè, per lo ben della pace e per togliere le dissensioni fra due partiti, sul dubbio di chi de' due Contendenti dovesse riputarsi il vero e legittimo Pontefice, e per conseguenza quali elezioni e provisioni da essi fatte dovessero rimaner ferme, previde che i Cardinali, Vescovi, Abati, Beneficiati e tutti gli Ufficiali delle due Ubbidienze fossero mantenuti nel possesso de' loro posti, e che le dispense, indulgenze e l'altre grazie concedute da' Papi delle due Ubbidienze, come pure i decreti, le disposizioni ed i regolamenti che avessero fatti, dovessero avere la loro sussistenza317. In cotal guisa rimasero le nostre Chiese in pace; siccome la Chiesa di Roma dopo l'elezione di Niccolò V insino alla fine di questo secolo fu in pace; ed i Pontefici furon da poi occupati più nelle guerre d'Italia, e nella cura di sostenere la lor potenza temporale, e di stabilire la propria famiglia, che negli affari ecclesiastici. Erano ancora occupati per cagion di coloro, che d'ordinario si portavano in Roma per le Canonizzazioni de' Santi: per ottener privilegi a' monasterj: per gli affari degli Ordini di tante e sì varie religioni: per ottener indulgenze e dispense: per le liti fra le Chiese e gli Ecclesiastici che si tirarono tutte a Roma, dove parimente si tirarono le collazioni di tutti i beneficj, colle riserve, grazie, aspettative, prevenzioni, annate e tutte l'elezioni de' Vescovadi e Badie, ed altre provisioni di beneficj; per i litigj fra Curati e Religiosi sopra l'amministrazione de' Sacramenti e sopra tante altre faccende; onde lor si diede occasione di stabilire tante Bolle e lettere, le quali col correr degli anni crebbero in tanto numero, che ora se ne veggono compilati ben cinque volumi, sotto il titolo di Bullario Romano318.

§. I. Monaci e beni temporali

Le nostre Chiese, durante il tempo dello Scisma, non fecero notabili acquisti di beni temporali, poichè l'Ordine chericale era in poco credito; anzi le ostinate guerre che insorsero, sovente obbligarono i nostri Principi, con permissione de' romani Pontefici, di dare a' loro beni guasti terribili, insino a venderli e impegnargli, ed a valersi, per gli stipendj de' soldati, de' loro vasi d'oro e d'argento. I Monaci vecchi avendo già perduto il credito di santità, non erano più riguardati. Tutta la devozion de' popoli era rivolta verso i novelli Ordini di nuove religioni, che s'andavano alla giornata ergendo; e siccome altrove fu osservato, nel Regno degli Angioini, i più accreditati erano i Mendicanti, e fra questi i più favoriti furono i Frati Predicatori ed i Frati Minori. La Regina Giovanna II in ammenda delle sue lascivie diedesi pure a favorirgli, e a disporre il suo animo ad opere di pietà. Oltre di aver fondato un nuovo ospedale nella chiesa dell'Annunziata di Napoli, dotandolo di ricchissime rendite, e d'aver ampliato l'ospedale e la chiesa di S. Niccolò del Molo, riparò in grazia de' Frati Minori il monastero della Croce di Napoli, ed ordinò che tutti coloro ch'aveano rubato in tempo suo e della Regina Margarita e di Ladislao suo fratello al Fisco regio, fossero assoluti, con pagar il due per cento delle quantità rubate ed occupate: ed a tal effetto avea posta una cassa dentro il monastero di S. Maria della Nuova, dove i ladri doveano portar il denaro, ch'ella avea destinato per reparazione di quel monastero319. Donò ancora al monastero di S. Antonio di Padova, ora disfatto, molti poderi, a contemplazione di Suor Chiara già Contessa di Melito; e confermò al monastero di S. Martino sopra Napoli, li privilegi e concessioni fatte al medesimo dalla Regina Giovanna I di governare lo spedale dell'Incoronata da lei fondato e dotato, facendo franca la chiesa e sue robe d'ogni ragion fiscale, affinchè gl'infermi fossero ben trattati; ora i beni donati e le franchigie concesse son rimase, ma lo spedale, come dice il Summonte320, è dismesso; e dove si governavano gl'infermi, ora vi sono magazzini di vino.

 

Favorì ancora questa Regina Giovanni da Capistrano, Terra posta nell'Apruzzo Ultra, Frate Minore e discepolo di S. Bernardino di Siena, il quale datosi nella sua giovanezza agli studii legali, vi riuscì eminente e fu creato Giudice della Gran Corte della Vicaria; ma da poi abbandonando il secolo, si fece religioso di S. Francesco, e fu più celebre per le sue spedizioni, che per li suoi trattati di legge e di morale che ci lasciò, de' quali il Toppi321 fece catalogo. Egli si fece capo d'una Crociata contro i Fraticelli e gli Ussiti, ed andò in persona alla testa delle truppe che guerreggiavano contro i Boemi. La Regina Giovanna gli diede anch'ella commessione di proibire ai Giudei del nostro Regno l'usure, e che potesse costringergli a portare il segno del Thau, perchè fossero distinti da' Cristiani. Fu ancor rinomato per lo spaventoso soccorso, che diede alla città di Belgrado assediata da Turchi, e per gli altri impieghi marziali, ch'ebbe in Ungheria, dove nell'anno 1456 finì i giorni suoi.

(La morte di Giovanni da Capistrano, secondo che rapporta Gobellino322, bisogna riportarla ne' seguenti anni; poichè questi lo fa intervenire nel Concilio di Francfort, celebrato nell'anno 1454, scrivendo ancora, che le sue prediche poco profittarono nella guerra contro a' Turchi. Aderat et Johannes Capistranus ordinis minorum Professor vitae sanctimonia, et assidua verbi Dei praedicatione clarus, quem populi velut prophetum habebant, quamvis in bello contra Turcas suadendo paucum proficeret).

Un nuovo Ordine, che surse a questi tempi fra noi, diede occasione a nostri Principi Aragonesi, perchè non fossero riputati meno degli Angioini, di accrescere anch'essi gli acquisti de' Monaci. Fu questo l'Ordine di Monte Oliveto istituito in Italia da tre Sanesi, i quali ritiratisi nel contado di Monte Alcino a menar vita solitaria in un Monte chiamato Oliveto, essendo stati accusati al Pontefice Giovanni XXII come inventori di nuove superstizioni, fur costretti giustificare il loro instituto a quel Pontefice, il quale diede commessione al Vescovo d'Arezzo, nella cui Diocesi era Monte Oliveto, che prescrivesse loro la regola, colla quale dovessero vivere: il Vescovo gli fece vestire di un abito bianco, dando loro la regola di S. Benedetto; ed avendo essi edificato in quel Monte un monastero ch'ora è rimaso capo di questa Congregazione, fra poco tempo se ne edificarono in Italia degli altri: onde nel 1372 Papa Gregorio XI approvò il nuovo Ordine, e Martino V parimente lo confermò. In Napoli furono questi novelli Religiosi introdotti da Gurrello Origlia Cavalier di Porto, Gran Protonotario del Regno, e molto familiare del Re Ladislao, il quale nel 1411 dai fondamenti gli edificò chiesa e monastero, dotandolo di 133 once d'oro l'anno per vitto di 24 Monaci e 14 Oblati. Assegnò loro anche molti poderi e censi, e fra gli altri li feudi di Savignano, di Cotugno e di casa Alba nel territorio d'Aversa: li territorii d'Echia colle grossissime rendite che da quelli si traggono, non riserbandosi altro per se e suoi successori, se non che i Monaci gli dovessero ogni anno nel dì della Cerajuola, presentare un torchio di cera d'una libbra, in segno del padronato che e' si riserbava, come fondatore di quella chiesa323.

Ma da poi ne' tempi de' nostri Re Aragonesi crebber assai più gli acquisti e le lor ricchezze; ed Alfonso II sopra gli altri affezionatissimo di quest'Ordine, gli arrichì estraordinariamente; poichè oltre d'aver loro donate molte preziose suppellettili e vasi d'argento, ed ingrandite le loro abitazioni, ed adornate con dipinture eccellenti, donò loro anche tre castelli cioè Teverola, Aprano e Pepona, con la giurisdizione civile e criminale. Ciò che fu imitato anche dagli altri Re Aragonesi, il Regno de' quali saremo ora a narrare:

FINE DEL LIBRO VENTESIMOQUINTO
307V. Chioccar. de Archiep. Neap. in Bozzuto, anno 1378.
308V. Ciaccon. in Urbano VI et in Cardinali Gentili de Sangro.
309Ciaccon. loc. cit. Diar. Ducis Montisleon. Jo. Baptista Carafa. Hist. Neap. lib. 6.
310Teodoric. de Schism. lib. 1 cap. 26.
311Ciaccon. in Urbano VI.
312V Chiocc. in Archiep. Neap. in Thom. ann. 1380.
313Chioc. in Archiep. Guglielmo ann. 1380.
314S. Antonin. in 3 p. Hist. lit. 12 cap. 2 § 14. Collenuc. lib. 5. Comp. Regn.
315Chiocc. de Archiep. Neap. ann. 13, 9 fol. 257 et ann. 1412 fol. 266.
316Chioc. de Archiep. Neapol. fol. 256.
317V. Baluz. in Praefat. ad Vitas Papar. Aven.
318V. Struv. Hist. Juris Canon. c. 7 § 32.
319Summon. tom. 2 lib. 4 cap. 620.
320Summ. loc. cit.
321Toppi de Orig. Tribunal. part. 1. 3 c. 10 pag. 107 et segg.
322Lib. 1 p. 23.
323V. Engen. Nap. Sacr. di M. Oliveto.