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Dirà queste ultime parole con voce tremante di commozione.

La Madre, nel sentirle dire così, sopraffatta da un empito d’incontenibile ambascia, che s’esprimerà prima in alcuni gemiti soffocati, romperà alla fine in un pianto perduto. La commozione vincerà tutti. Lunga pausa.

La figliastra (appena la Madre accennerà di quietarsi, soggiungerà, cupa e risoluta). Noi siamo qua tra noi, adesso, ignorati ancora dal pubblico. Lei darà domani di noi quello spettacolo che crederà, concertandolo a suo modo. Ma lo vuol vedere davvero, il dramma? scoppiare davvero, com’è stato?

Il capocomico Ma sì, non chiedo di meglio, per prenderne fin d’ora quanto sarà possibile!

La figliastra Ebbene, faccia uscire quella madre.

La madre (levandosi dal suo pianto, con un urlo) No, no! Non lo permetta, signore! Non lo permetta!

Il capocomico Ma è solo per vedere, signora!

La madre Io non posso! non posso!

Il capocomico Ma se è già tutto avvenuto, scusi! Non capisco!

La madre No, avviene ora, avviene sempre! Il mio strazio non è finito, signore! Io sono viva e presente, sempre, in ogni momento del mio strazio, che si rinnova, vivo e presente sempre. Ma quei due piccini là, li ha lei sentiti parlare? Non possono più parlare, signore! Se ne stanno aggrappati a me, ancora, per tenermi vivo e presente lo strazio: ma essi, per sè, non sono, non sono più! E questa,

indicherà la Figliastra signore, se n’è fuggita, è scappata via da me e s’è perduta, perduta… Se ora io me la vedo qua è ancora per questo, solo per questo, sempre, sempre, per rinnovarmi sempre, presente, lo strazio che vivo e ho sofferto anche per lei!

Il padre (solenne) Il momento eterno, com’io le ho detto, signore! Lei

indicherà la Figliastra è qui per cogliermi, fissarmi, tenermi agganciato e sospeso in eterno, alla gogna, in quel solo momento fuggevole e vergognoso della mia vita. Non può rinunziarvi, e lei, signore, non può veramente risparmiarmelo.

Il capocomico Ma sì, io non dico di non rappresentarlo: formerà appunto il nucleo di tutto il primo atto, fino ad arrivare alla sorpresa di lei —

indicherà la Madre.

Il padre Ecco, sì. Perché è la mia condanna, tutta signore!: tutta la nostra passione, che deve culminare nel grido finale di lei! —

Indicherà anche lui la Madre.

La figliastra L’ho ancora qui negli orecchi! M’ha reso folle quel grido! – Lei può rappresentarmi come vuole signore: non importa! Anche vestita, purché abbia almeno le braccia – solo le braccia – nude, perché, guardi, stando così,

si accosterà al Padre e gli appoggerà la testa sul petto con la testa appoggiata così, e le braccia così al suo collo, mi vedevo pulsare qui, nel braccio qui, una vena; e allora, come se soltanto quella vena viva mi facesse ribrezzo, strizzai gli occhi, così, così, ed affondai la testa nel suo petto!

Voltandosi verso la Madre: Grida, grida, mamma!

Affonderà la testa nel petto del Padre, e con le spalle alzate come per non sentire il grido, soggiungerà con voce di strazio soffocato: Grida, come hai gridato allora!

La madre (avventandosi per separarli) No! Figlia, figlia mia!

E dopo averla staccata da lui: Bruto, bruto, è mia figlia! Non vedi che è mia figlia?

Il capocomico (arretrando, al grido; fino alla ribalta, fra lo sgomento degli Attori) Benissimo; sì, benissimo! E allora, sipario, sipario!

Il Padre (accorrendo a lui, convulso) Ecco, sì: perché è stato veramente così, signore!

Il capocomico (ammirato e convinto) Ma sì, qua, senz’altro! Sipario! Sipario!

Alle grida reiterate del Capocomico, il Macchinista butterà giù il sipario, lasciando fuori, davanti alla ribalta, il Capocomico e il Padre.

Il capocomico (guardando in alto, con le braccia alzate). Ma che bestia! Dico sipario per intendere che l’Atto deve finir così, e m’abbassano il sipario davvero!

Al Padre, sollevando un lembo della tenda per rientrare nel palcoscenico: Sì, sì, benissimo! benissimo! Effetto sicuro! Bisogna finir così. Garantisco, garantisco, per questo Primo Atto!

Rientrerà col Padre.

Riaprendosi il sipario si vedrà che i Macchinisti e Apparatori avranno disfatto quel primo simulacro di scena e messo su, invece, una piccola vasca da giardino. Da una parte del palcoscenico staranno seduti in fila gli Attori e dall’altra i Personaggi. Il Capocomico sarà in piedi, in mezzo al palcoscenico, con una mano sulla bocca a pugno chiuso in atto di meditare.

Il capocomico (scrollandosi dopo una breve pausa) Oh, dunque: veniamo al Secondo Atto! Lascino, lascino fare a me, come avevamo prima stabilito, che andrà benone!

La Figliastra La nostra entrata in casa di lui

indicherà il Padre a dispetto di quello lì!

indicherà il Figlio

Il capocomico (spazientito) Sta bene; ma lasci fare a me, le dico!

La figliastra Purché appaja chiaro il dispetto!

La madre (dal suo canto tentennando il capo) Per tutto il bene che ce n’è venuto…

La figliastra (voltandosi a lei di scatto) Non importa! Quanto più danno a noi, tanto più rimorso per lui!

Il capocomico (spazientito) Ho capito, ho capito! E si terrà conto di questo in principio sopratutto! Non dubiti!

La madre (supplichevole) Ma faccia che si capisca bene, la prego, signore, per la mia coscienza ch’io cercai in tutti i modi —

La figliastra (interrompendo con sdegno, e seguitando) – di placarmi, di consigliarmi che questo dispetto non gli fosse fatto!

Al Capocomico: La contenti, la contenti, perché è vero! Io ne godo moltissimo; perché, intanto, si può vedere: più lei è così supplice, più tenta d’entrargli nel cuore, e più quello lì si tien lontano: «as-sen-te»! Che gusto!

Il capocomico Vogliamo insomma cominciarlo, questo Secondo Atto?

La figliastra Non parlo più. Ma badi che svolgerlo tutto nel giardino, come lei vorrebbe, non sarà possibile!

Il capocomico Perché non sarà possibile?

La figliastra Perché lui

indicherà di nuovo il Figlio se ne sta sempre chiuso in camera, appartato! E poi, in casa, c’è da svolgere tutta la parte di quel povero ragazzo lì, smarrito, come le ho detto.

Il capocomico Eh già! Ma d’altra parte, capiranno, non possiamo mica appendere i cartellini o cambiar di scena a vista, tre o quattro volte per Atto!

Il primo attore Si faceva un tempo…

Il capocomico Sì, quando il pubblico era forse come quella bambina lì!

La prima attrice E l’illusione, più facile!

Il padre (con uno scatto, alzandosi) L’illusione? Per carità, non dicano l’illusione! Non adoperino codesta parola, che per noi è particolarmente crudele!

Il capocomico (stordito) E perché, scusi?

Il padre Ma sì, crudele! crudele! Dovrebbe capirlo!

Il capocomico E come dovremmo dire allora? L’illusione da creare, qua, agli spettatori —

Il primo attore

– con la nostra rappresentazione —

Il capocomico

– l’illusione d’una realtà!

Il padre Comprendo, signore. Forse lei, invece, non può comprendere noi. Mi scusi! Perché – veda – qua per lei e per i suoi attori si tratta soltanto – ed è giusto – del loro giuoco.

La prima attrice (interrompendo sdegnata) Ma che giuoco! Non siamo mica bambini! Qua si recita sul serio.

Il padre Non dico di no. E intendo, infatti, il giuoco della loro arte, che deve dare appunto – come dice il signore – una perfetta illusione di realtà.

Il capocomico Ecco, appunto!

Il padre Ora, se lei pensa che noi come noi

indicherà sè e sommariamente gli altri cinque Personaggi non abbiamo altra realtà fuori di questa illusione!

Il capocomico (stordito, guardando i suoi Attori rimasti anch’essi come sospesi e smarriti) E come sarebbe a dire?

Il padre (dopo averli un po’ osservati, con un pallido sorriso) Ma sì, signori! Quale altra? Quella che per loro è un’illusione da creare, per noi è invece l’unica nostra realtà.

Breve pausa. Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico, e soggiungerà: Ma non soltanto per noi, del resto, badi! Ci pensi bene.

Lo guarderà negli occhi. Mi sa dire chi è lei?

E rimarrà con l’indice appuntato su lui.

Il capocomico (turbato, con un mezzo sorriso) Come, chi sono? – Sono io!

Il padre E se le dicessi che non è vero, perché lei è me?

Il capocomico Le risponderei che lei è un pazzo!

Gli Attori rideranno.

Il padre Hanno ragione di ridere: perché qua si giuoca;

al Direttore: e lei può dunque obbiettarmi che soltanto per un giuoco quel signore là

indicherà il Primo Attore che è «lui», dev’esser «me», che viceversa sono io, «questo». Vede che l’ho colto in trappola?

Gli attori torneranno a ridere.

Il capocomico (seccato) Ma questo s’è già detto poco fa! Daccapo?

Il padre No, no. Non volevo dir questo, infatti. Io la invito anzi a uscire da questo giuoco

guardando la Prima Attrice, come per prevenire

d’arte! d’arte! – che lei è solito di fare qua coi suoi attori; e torno a domandarle seriamente: chi è lei?

Il capocomico (rivolgendosi quasi strabiliato, e insieme irritato, agli Attori) Oh, ma guardate che ci vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per personaggio, venire a domandare a me, chi sono!

 

Il padre (con dignità, ma senza alterigia) Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre «qualcuno». Mentre un uomo – non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può non esser «nessuno».

Il capocomico Già! Ma lei lo domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito?

Il padre (quasi in sordina, con melliflua umiltà) Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com’è adesso, si vede… come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano – ed erano, erano realmente per lei! – Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa più, a tutte quelle cose che ora non le «sembrano» più come per lei «erano» un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando che ugualmente «questo» come lei ora si sente, tutta la sua realtà d’oggi così com’è, è destinata a parerle illusione domani?

Il capocomico (senza aver ben capito, nell’intontimento della speciosa argomentazione) Ebbene? E che vuol concludere con questo?

Il padre Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sè e gli altri Personaggi) oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sè, perché – come quella di jeri – è destinata a scoprirlesi illusione domani.

Il capocomico (rivolgendosi a prenderla in riso) Ah, benissimo! E dica per giunta che lei, con codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è più vero e reale di me!

Il padre (con la massima serietà) Ma questo senza dubbio, signore!

Il capocomico Ah sì?

Il padre Credevo che lei lo avesse già compreso fin da principio.

Il capocomico Più reale di me?

Il padre Se la sua realtà può cangiare dall’oggi al domani…

Il capocomico Ma si sa che può cangiare, sfido! Cangia continuamente, come quella di tutti!

Il padre (con un grido) Ma la nostra no, signore! Vede? La differenza è questa! Non cangia, non può cangiare, né esser altra, mai, perché già fissata – così – «questa» – per sempre – (è terribile, signore!) realtà immutabile, che dovrebbe dar loro un brivido nell’accostarsi a noi!

Il capocomico (con uno scatto, parandoglisi davanti per un’idea che gli sorgerà all’improvviso). Io vorrei sapere però, quando mai s’è visto un personaggio che, uscendo dalla sua parte, si sia messo a perorarla così come fa lei, e a proporla, a spiegarla. Me lo sa dire? Io non l’ho mai visto!

Il padre Non l’ha mai visto, signore, perché gli autori nascondono di solito il travaglio della loro creazione. Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro che seguirli nelle parole, nei gesti ch’essi appunto gli propongono, e bisogna ch’egli li voglia com’essi si vogliono; e guai se non fa così! Quando un personaggio è nato, acquista subito una tale indipendenza anche dal suo stesso autore, che può esser da tutti immaginato in tant’altre situazioni in cui l’autore non pensò di metterlo, e acquistare anche, a volte, un significato che l’autore non si sognò mai di dargli!

Il capocomico Ma sì, questo lo so!

Il padre E dunque, perché si fa meraviglia di noi? Immagini per un personaggio la disgrazia che le ho detto, d’esser nato vivo dalla fantasia d’un autore che abbia voluto poi negargli la vita, e mi dica se questo personaggio lasciato così, vivo e senza vita, non ha ragione di mettersi a fare quel che stiamo facendo noi, ora, qua davanti a loro, dopo averlo fatto a lungo a lungo, creda, davanti a lui per persuaderlo, per spingerlo, comparendogli ora io, ora lei,

indicherà la Figliastra ora quella povera madre…

La figliastra (venendo avanti come trasognata) È vero, anch’io, anch’io signore, per tentarlo, tante volte, nella malinconia di quel suo scrittojo, all’ora del crepuscolo, quand’egli, abbandonato su una poltrona, non sapeva risolversi a girar la chiavetta della luce e lasciava che l’ombra gl’invadesse la stanza e che quell’ombra brulicasse di noi, che andavamo a tentarlo…

Come se si vedesse ancora là in quello scrittojo e avesse fastidio della presenza di tutti quegli Attori: Se loro tutti se n’andassero! se ci lasciassero soli! La mamma lì, con quel figlio – io con quella bambina – quel ragazzo là sempre solo – e poi io con lui

indicherà appena il Padre – e poi io sola, io sola…– in quell’ombra

balzerà a un tratto, come se nella visione che ha di sè, lucente in quell’ombra e viva, volesse afferrarsi ah, la mia vita! Che scene, che scene andavamo a proporgli! – Io, io lo tentavo più di tutti!

Il padre Già! Ma forse è stato per causa tua; appunto per codeste tue troppe insistenze, per le tue troppe incontinenze!

La figliastra Ma che! Se egli stesso m’ha voluta così!

Verrà presso al Capocomico per dirgli come in confidenza: Io credo che fu piuttosto, signore, per avvilimento o per sdegno del teatro, così come il pubblico solitamente lo vede e lo vuole…

Il capocomico Andiamo avanti, andiamo avanti, santo Dio, e veniamo al fatto, signori miei!.

La figliastra Eh, ma mi pare, scusi, che di fatti ne abbia fin troppi, con la nostra entrata in casa di lui!

Indicherà il Padre Diceva che non poteva appendere i cartellini o cangiar di scena ogni cinque minuti!

Il capocomico Già! Ma appunto! Combinarli, aggrupparli in un’azione simultanea e serrata, e non come pretende lei, che vuol vedere prima il suo fratellino che ritorna dalla scuola e s’aggira come un’ombra per le stanze, nascondendosi dietro gli usci a meditare un proposito, in cui – com’ha detto? —

La figliastra

– Si dissuga, signore, si dissuga tutto!

Il capocomico Non ho mai sentito codesta parola! E va bene: «crescendo soltanto negli occhi», è vero?

La figliastra Sissignore: eccolo lì!

Lo indicherà presso la Madre.

Il capocomico Brava! E poi, contemporaneamente, vorrebbe anche quella bambina che giuoca, ignara, nel giardino. L’uno in casa, e l’altra nel giardino, è possibile?

La figliastra Ah, nel sole, signore, felice! È l’unico mio premio, la sua allegria, la sua festa, in quel giardino; tratta dalla miseria, dallo squallore di un’orribile camera dove dormivamo tutti e quattro – e io con lei – io, pensi! con l’orrore del mio corpo contaminato, accanto a lei che mi stringeva forte forte coi suoi braccini amorosi e innocenti. Nel giardino, appena mi vedeva, correva a prendermi per mano. I fiori grandi non li vedeva; andava a scoprire invece tutti quei «pittoli pittoli» e me li voleva mostrare, facendo una festa, una festa!

Così dicendo, straziata dal ricordo, romperà in un pianto lungo, disperato, abbattendo il capo sulle braccia abbandonate sul tavolino.

La commozione vincerà tutti.

Il Capocomico le si accosterà quasi paternamente, e le dirà per confortarla:

Il capocomico Faremo il giardino, faremo il giardino, non dubiti: e vedrà che ne sarà contenta! Le scene le aggrupperemo lì!

Chiamando per nome un Apparatore: Ehi, calami qualche spezzato d’alberi! Due cipressetti qua davanti a questa vasca!

Si vedranno calare dall’alto del palcoscenico due cipressetti. Il Macchinista, accorrendo, fermerà coi chiodi i due pedani.

Il capocomico (alla Figliastra) Così alla meglio, adesso, per dare un’idea.

Richiamerà per nome l’Apparatore. Ehi, dammi ora un po’ di cielo!

L’apparatore (dall’alto) Che cosa?

Il capocomico Un po’ di cielo! Un fondalino, che cada qua dietro questa vasca!

Si vedrà calare dall’alto del palcoscenico una tela bianca.

Il capocomico Ma non bianco! T’ho detto cielo! Non fa nulla, lascia: rimedierò io.

Chiamando: Ehi, elettricista, spegni tutto e dammi un po’ di atmosfera… atmosfera lunare…blu, blu alle bilance, e blu sulla tela, col riflettore… Così! Basta!

Si sarà fatta, a comando, una misteriosa scena lunare, che indurrà gli Attori a parlare e muoversi come di sera, in un giardino, sotto la luna.

Il capocomico (alla Figliastra) Ecco, guardi! E ora il giovinetto, invece di nascondersi dietro gli usci delle stanze, potrebbe aggirarsi qua nel giardino, nascondendosi dietro gli alberi. Ma capirà che sarà difficile trovare una bambina che faccia bene la scena con lei, quando le mostra i fiorellini.

Rivolgendosi al Giovinetto: Venga, venga avanti lei, piuttosto! Vediamo di concretare un po’!

E poiché il ragazzo non si muove: Avanti, avanti!

Poi, tirandolo avanti, cercando di fargli tener ritto il capo che ogni volta ricasca giù: Ah, dico, un bel guajo, anche questo ragazzo…Ma com’è? …Dio mio, bisognerebbe pure che qualche cosa dicesse…

Gli s’appresserà, gli poserà una mano sulla spalla, lo condurrà dietro allo spezzato d’alberi. Venga, venga un po’: mi faccia vedere! Si nasconda un po’ qua…Così… Si provi a sporgere un po’ il capo, a spiare…

Si scosterà per vedere l’effetto: e appena il Giovinetto eseguirà l’azione tra lo sgomento degli Attori che resteranno impressionatissimi: Ah, benissimo…benissimo…

Rivolgendosi alla Figliastra: E dico, se la bambina, sorprendendolo così a spiare, accorresse a lui e gli cavasse di bocca almeno qualche parola?

La figliastra (sorgendo in piedi) Non speri che parli, finché c’è quello lì!

Indicherà il Figlio. Bisognerebbe che lei mandasse via, prima, quello lì.

Il figlio (avviandosi risoluto verso una delle due scalette) Ma prontissimo! Felicissimo! Non chiedo di meglio!

Il capocomico (subito trattenendolo) No! Dove va? Aspetti!

La Madre si alzerà sgomenta, angosciata dal pensiero che egli se ne vada davvero, e istintivamente leverà le braccia quasi per trattenerlo, pur senza muoversi dal suo posto.

Il figlio (arrivando alla ribalta, al Capocomico che lo tratterrà) Non ho proprio nulla, io, da far qui! Me ne lasci andare, la prego! Me ne lasci andare!

Il capocomico Come non ha nulla da fare?

La figliastra (placidamente, con ironia) Ma non lo trattenga! Non se ne va!

Il padre Deve rappresentare la terribile scena del giardino con sua madre!

ll figlio (subito, risoluto, fieramente) Io non rappresento nulla! E l’ho dichiarato fin da principio!

Al Capocomico: Me ne lasci andare!

La figliastra (accorrendo, al Capocomico) Permette, signore?

Gli farà abbassare le braccia, con cui trattiene il Figlio. Lo lasci!

Poi, rivolgendosi a lui, appena il Capocomico lo avrà lasciato: Ebbene, vattene!

Il Figlio resterà proteso verso la scaletta, ma, come legato da un potere occulto, non potrà scenderne gli scalini; poi, tra lo stupore e lo sgomento ansioso degli Attori, si moverà lentamente lungo la ribalta, diretto all’altra scaletta del palcoscenico; ma giuntovi, resterà anche lì proteso, senza poter discendere.

La figliastra, che lo avrà seguito con gli occhi in atteggiamento di sfida, scoppierà a ridere. – Non può, vede? non può! Deve restar qui, per forza, legato alla catena, indissolubilmente. Ma se io che prendo il volo, signore, quando accade ciò che deve accadere – proprio per l’odio che sento per lui, proprio per non vedermelo più davanti – ebbene, se io sono ancora qua, e sopporto la sua vista e la sua compagnia – si figuri se può andarsene via lui che deve, deve restar qua veramente con questo suo bel padre, e quella madre là, senza più altri figli che lui…

Rivolgendosi alla Madre: – E su, su, mamma! Vieni…

Rivolgendosi al Capocomico per indicargliela: – Guardi, s’era alzata, s’era alzata per trattenerlo…

Alla Madre, quasi attirandola per virtù magica: – Vieni, Vieni…

Poi al Capocomico: – Immagini che cuore può aver lei di mostrare qua ai suoi attori quello che prova; ma è tanta la brama d’accostarsi a lui, che – eccola – vede? è disposta a vivere la sua scena!

Difatti la Madre si sarà accostata, e appena la Figliastra finirà di proferire le ultime parole, aprirà le braccia per significare che acconsente.

 

Il figlio (subito) Ah, ma io no! Io no! Se non me ne posso andare, resterò qua; ma le ripeto che io non rappresento nulla!

Il padre (al Capocomico, fremendo) Lei lo può costringere, signore!

Il figlio Non può costringermi nessuno!

Il padre Ti costringerò io!

La figliastra Aspettate! Aspettate! Prima, la bambina alla vasca!

Correrà a prendere la Bambina, si piegherà sulle gambe davanti a lei, le prenderà la faccina tra le mani. Povero amorino mio, tu guardi smarrita, con codesti occhioni belli: chi sa dove ti par d’essere! Siamo su un palcoscenico, cara! Che cos’è un palcoscenico? Ma, vedi? un luogo dove si giuoca a far sul serio. Ci si fa la commedia. E noi faremo ora la commedia. Sul serio, sai! Anche tu…