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“Cosa intendi dire?” chiese Kevin.

Il ricercatore fece un gesto invitandolo a seguirlo, e lo condusse a una larga finestra vicino all’ingresso principale dell’edificio, guardando verso l’esterno, dove si trovava il cortile anteriore della struttura. Oltre la recinzione si trovava la parte pubblica della struttura della NASA. Kevin vide una grossa folla di gente che guardava verso l’edificio. Diversi di loro avevano macchine fotografiche.

“Chi sono?” chiese Kevin.

“Qualcuno deve essersi lasciato scappare che stiamo lavorando a qualcosa che ha a che vedere con gli alieni,” disse Phil in un tono che suggeriva esattamente chi potesse essere quel qualcuno. “Probabilmente uno scienziato che ha deciso che non fosse necessario tenere le cose così nel silenzio.”

“Oppure tu,” suggerì Kevin, perché non aveva mai veramente capito quando gli adulti cercavano di dire le cose senza dirle effettivamente, proprio così.

“Potrebbe essere stata tua madre,” sottolineò Phil, “e la dottoressa Levin sarebbe felicissima di dire al pubblico che la vita extraterrestre è reale. Voglio dire, è letteralmente il suo lavoro. Oppure…”

“Ma non sono stati loro,” disse Kevin. “Sei stato tu, vero?”

“Shh,” disse Phil. “Vuoi farmi perdere il lavoro? Ora succede che, se tu dovessi andare là fuori a parlare con quella gente, il vecchio Brewster non sarebbe capace di tenerti rinchiuso. Parlo solo di qualcosa di ipotetico, capisci.”

Kevin guardò verso le porte. Erano solide e si potevano aprire con una carta magnetica, cosa che lui non aveva. Sembravano una barriera impossibile. Anche il vetro vicino a loro era rinforzato.

“Non posso uscire,” disse.

“Perché mai dovresti uscire?” rispose Phil, con un’espressione di stupore mal mascherato. “Sto parlando solo ipoteticamente. Spero tu capisca che se facessi qualsiasi cosa per aiutarti, Kevin, potresti finire in un sacco di guai.”

“Penso… di capire,” disse Kevin con un leggero cipiglio, perché non era veramente sicuro di capire. Davvero, perché la gente non diceva quello che intendeva dire?

“Oh,” disse Phil, “mi sono appena ricordato che dovevo andare a dare una mano a sistemare un problema di sicurezza con le telecamere di fronte alle porte.”

“Che problema di sicurezza?” chiese Kevin sempre più accigliato.

“Quello che accadrà tra due minuti. Qualcuno deciderà che sarebbe una buona idea lasciare che una delle IA sperimentali giochi a scacchi con loro. Per caso, potresti farmi un favore, Kevin?”

Kevin lo guardò. “Cosa ti serve?”

Phil tirò fuori una cosa che assomigliava molto a una carta magnetica. “Il professor Brewster ha perso questa. Ti spiacerebbe tornargliela quando lo vedi? Sono sicuro che a un certo punto verrà a chiederti delle risposte.”

Kevin la prese. “Sì,” disse. “E Phil… grazie.”

“Di cosa?” chiese il ricercatore. “Non ho fatto nulla. A dire il vero, è piuttosto importante ricordare questo aspetto.”

“Certo,” promise Kevin.

Mentre Phil si allontanava, Kevin si sforzò di aspettare, contando i secondi quasi senza fiato. Vide le luci delle telecamere all’ingresso spegnersi, e fece rapidamente passare la carta nella porta.

Uscì dall’edificio, sentendosi strano all’aria aperta per la prima volta dopo giorni. L’aria nella struttura era così pura, così attentamente filtrata che questa sembrava quasi stantia. Era strano anche camminare a quel modo, quando aveva passato un sacco di tempo seduto o disteso, senza fare nulla se non riportare il contenuto di quel filo dorato di informazioni. Continuò a camminare, poi si mise a correre quando sentì delle grida alle sue spalle. Guardò indietro e vide una guardia, apparentemente insicura sul da farsi e intenta a parlare alla radio.

Kevin continuò ad avanzare verso la recinzione, non sicuro di quanto tempo gli restasse.

Il professor Brewster era da qualche parte dietro di lui ora, e gli gridava di tornare indietro. Kevin sorrise. Questo poteva solo aumentare le probabilità che la gente credesse a quello che avrebbe fatto ora. Poteva significare che la gente avrebbe ascoltato.

Corse fino alla recinzione e si fermò, guardando la gente lì riunita, guardando le macchine fotografiche. Alcune appartenevano alle stazioni giornalistiche locali. Almeno un paio sembravano appartenere a testate nazionali. Di fronte a tutto questo, Kevin deglutì nervosamente. Non sapeva cosa dire.

“Ehm… salve, sono Kevin. Probabilmente avete sentito alcune delle voci riguardanti ciò che sta accadendo qui? Beh, sono vere.”

CAPITOLO NOVE

Kevin sedeva nell’ufficio del professor Brewster con la sensazione che lo scienziato morisse dalla voglia di gridargli addosso, se solo ce ne fosse stato il tempo. Di certo aveva l’aspetto infuriato di volerlo fare. Francamente in quel momento sembrava tanto arrabbiato da poter esplodere. Però non aveva abbastanza tempo, perché era troppo occupato a rispondere alle telefonate e a cercare di parlare con Kevin e la dottoressa Levin fra una chiamata e l’altra.

“Sì signore, ne sono certo. Sì, è vero che il ragazzo sembra essere… sì, sì, certo. Ma signore, è il nostro progetto e… sì, signore, certo che sono consapevole delle implicazioni.” Ripose il telefono. “Questo era il direttore della NASA. Capisci quanto difficile sia, Kevin? Quanto sia complicato…”

Il telefono suonò di nuovo e il professore dovette rispondere ancora.

“Pronto? Chi? No, mi spiace. No. No. Non accetto che il ragazzo venga messo sotto custodia dell’FBI per la sua sicurezza.”

Riagganciò.

“Questo è solo l’inizio,” disse. Guardò verso Kevin. “Caspici, Kevin, che parte del motivo per cui volevo tenere segreta questa faccenda era perché sapevo come avrebbero reagito certe persone? Avere delle novità sulla vita aliena è qualcosa di grosso per questo paese, per il mondo. Volevo proteggerti da tutte le diverse persone che avrebbero voluto cercare di controllare parte della situazione.”

Kevin fissò l’uomo. Non aveva pensato che il professor Brewster fosse interessato ad altro che non fosse il successo dell’istituto. Era strano pensare che avesse potuto tentare di salvaguardarlo. Gli adulti, decise, erano un po’ troppo complicati.

Il telefono suonò di nuovo.

“La CIA? Ma siamo su suolo americano… sì, solo che lo spazio si trova al di là dei confini americani, ma…”

Mentre erano occupati a discutere, la dottoressa Levin mise una mano sulla spalla di Kevin.

“Che ne dici se ti riportiamo nella tua stanza, Kevin?” suggerì. “Sono certa che ne avranno per un po’, adesso.”

Kevin annuì e quindi sgattaiolarono fuori. Non era certo che il professor Brewster se ne fosse accorto, tanto era occupato con le chiamate. Brevemente si chiese cosa sarebbe successo se lui fosse uscito dall’edificio e avesse continuato a camminare senza tornare indietro. Lo scienziato avrebbe fatto qualcosa per fermarlo? Ne sarebbe stato capace?

Un’occhiata fuori dalla finestra gli suggerì che non sarebbe stato facile. La folla di giornalisti era già cresciuta fino a sembrare un’orda desiderosa di entrare, e la sicurezza sul posto era appena sufficiente a tenerla a bada. Pareva che quella sicurezza fosse sul punto di ricevere rinforzi, però, perché dei veicoli militari stavano avanzando, sparpagliandosi lungo il perimetro della struttura, con uomini armati pronti alla difesa.

“Tutto questo perché ho parlato degli alieni alla TV?” chiese Kevin. Gli sembrava tanto, dato il numero di persone che l’avevano fatto.

“Tutto questo perché abbiamo dato loro prova degli alieni,” lo corresse la dottoressa Levin, e Kevin immaginava che molte meno persone lo avessero fatto. “Ce ne saranno molti altri.”

“Quanti altri?” chiese Kevin. Non era sicuro di sentirsi a suo agio all’idea di essere circondato solo perché aveva detto qualcosa.

“Seguimi.” Fece strada fino a uno dei saloni ricreativi. La TV era accesa e gli scienziati stavano fissando uno dei canali dei notiziari.

“Il ragazzo, identificato come Kevin McKenzie di Walnut Creek, California, afferma di essere in contatto con una fonte extraterrestre di informazioni, e ha fornito ampi dettagli sul sistema planetario Trappist 1, che molti esperti credono essere…”

La dottoressa Levin cambiò canale, mostrando un’intervista con un uomo dagli occhi sgranati con addosso una maglietta malconcia di una band che Kevin non conosceva.

“È una bugia,” diceva. “È un modo per distrarci. Il governo vuole che guardiamo questa cosa, in modo che non vediamo la verità! È una scusa, così quando inizieranno a drogare l’acqua, sembrerà tutto normale!”

La dottoressa Levin cambiò canale ancora una volta. Ora c’era un pastore sullo schermo che parlava davanti a una grossa congregazione di persone.

“È chiaro che ciò che il ragazzo sta realmente udendo è la voce di Dio che ci prepara alla Beatitudine! Dobbiamo essere…”

Spense il televisore, ignorando le proteste degli scienziati quando lo fece.

“Basta così,” disse. “Avete tutti del lavoro da fare, e sarà comunque abbastanza complicato anche senza dover ascoltare tutta questa spazzatura. Voi conoscete la verità. L’avete vista. Tornate al lavoro.”

Con sorpresa di Kevin, le obbedirono, anche se la dottoressa Levin non era il loro capo. Forse stavano solo cercando qualcuno che dicesse loro cosa fare. Per lui era così, in quel momento. Poteva anche capire i messaggi degli alieni, ma non era certo di poter capire la metà di ciò che questo significava.

“Le cose diventeranno complesse,” gli disse la dottoressa Levin. “Ora ci saranno persone che cercheranno di distorcere quello che dici, usandolo per i loro scopi.”

 

“E allora cosa faccio?” chiese Kevin.

La dottoressa scrollò le spalle. “Continua solo a dire le cose esattamente come le vedi. Sei nel mezzo di qualcosa di grosso, ma devi dire la verità e fare del tuo meglio per farlo. E tutto ciò che noi tutti possiamo sperare di fare in questo momento.”

Kevin annuì, ma dubitava che sarebbe stato così facile. Almeno una ragione per cui non sarebbe stato facile era sua madre, che ora si trovava dall’altra parte del salone ricreativo e lo aspettava. Kevin scoprì di avere paura. Cosa avrebbe detto? Sapeva che lei era stata contenta quanto gli altri di mantenere tutto questo segreto, proprio come il professor Brewster, eppure lui aveva detto tutto alla gente.

Gli corse incontro e lo abbracciò. “Kevin, stai bene? Pensavo che ti avessero riportato nella tua stanza, e poi sono andata nell’ufficio del professor Brewster e lui era al telefono con il Papa, e…”

“Sto bene, mamma,” la rassicurò Kevin. In quel momento lo avrebbe detto anche se non era vero, solo per levare un po’ di preoccupazione dal suo volto.

“C’è così tanta gente là fuori adesso,” gli disse. “Kevin, stavamo solo cercando di tenerti al sicuro.”

Kevin scosse la testa. Era importante che la gente sapesse cosa stava succedendo. Non importava che lui fosse al sicuro. “Dovevo dirglielo.”

“E ora penso che impazziranno là fuori se qualcuno non dice loro qualcosa di più,” disse sua madre.

La dottoressa Levin piegò la testa di lato, poi guardò fuori verso la folla al di là dell’edificio. “Tua madre ha ragione, Kevin. Qualcuno deve spiegare tutto questo a quelle persone.”

“Cos’avete in mente?” chiese Kevin.

“Penso che si debba organizzare una conferenza stampa.”

***

“Dobbiamo fare molta attenzione con questa cosa,” disse il professor Brewster mentre lui, Kevin e la dottoressa Levin entravano insieme in una delle sale da conferenza dell’istituto. “Sono d’accordo con questa cosa solo perché l’alternativa sarebbe di lasciare che la gente si inventi quello che vuole invece della verità.”

Kevin immaginò che non gli piacesse neanche l’idea che la gente tentasse di entrare a forza nel suo centro di ricerca per venire a sapere la verità.

“Quindi diciamo loro la verità,” disse Kevin.

Con sua sorpresa, vide il professor Brewster scuotere la testa. “Idealmente, Kevin, penso sia meglio se dici il meno possibile. Dobbiamo gestire le aspettative della gente su tutto questo oltre a ciò che potrebbe significare per loro.”

“Ma ci sono gli alieni,” disse Kevin.

“E questo spaventerà un sacco di gente,” spiegò il professor Brewster. “Dobbiamo stare attenti. Fidati di me. Mi sono trovato a dover annunciare un sacco di scoperte scientifiche. È importante trasmettere il giusto messaggio con queste cose, in modo che la gente possa capire le potenziali implicazioni della faccenda.”

Fece strana fino a una piccola piattaforma dove alcuni dei ricercatori avevano preparato un tavolo. Kevin sedeva in mezzo, con i due adulti al suo fianco. Davanti a lui c’era quello che sembrava un mare di persone, molte con macchine fotografiche. Iniziarono a gridare domande quasi nel momento in cui lui e gli altri si sedettero.

“Professor Brewster, avete davvero trovato prova di vita aliena?”

“Possiamo aspettarci di ricevere la visita degli alieni nel prossimo futuro?”

“È tutto uno scherzo?”

“Chi è il ragazzo?”

Kevin fece del suo meglio per restare lì seduto, mentre il professor Brewster si piegava in avanti e iniziava a rispondere in tono ufficioso.

“Beh, sono tutte domande piuttosto complesse,” iniziò il direttore dell’istituto, e Kevin capì come sarebbe andata a finire.

Apparentemente lo capì anche la dottoressa Levin. “Sì,” disse. “Gli alieni ci sono. No, non è uno scherzo e molti di voi hanno già conosciuto Kevin. Da quello che ho visto nelle notizie, la metà di voi ha già iniziato a scavare nella sua vita. Non ha davvero senso. Non stiamo cercando di nascondere niente. Per darne prova, intendiamo svolgere regolari conferenze stampa qui, spiegando ciò che scopriamo.”

Il professor Brewster sembrava aver appena deglutito qualcosa di disgustoso, ma le domande stavano già tornando alla carica.

“Ma il ragazzo, Kevin, è davvero in comunicazione con una civiltà aliena?” gridò un reporter. “Ci parla insieme?”

Quando la dottoressa Levin guardò verso di lui, Kevin si alzò in piedi, cercando di non apparire nervoso come in realtà si sentiva in quel momento.

“Non parlo con gli alieni,” disse. “Ho avuto… delle visioni, immagino… e posso tradurre il loro segnale quando lo sento. Ecco tutto.”

“Ecco tutto?” disse il reporter con una risata. “Mi pare un sacco di roba. E noi potremo sentire questi segnali?”

“Non sono certo che qualcuno li capirebbe,” disse Kevin. E se qualcuno invece ne fosse stato capace? E se là fuori c’era qualcuno di simile a lui? sarebbe stato un bene o un male? Kevin proprio non lo sapeva.

“Ma abbiamo te per tradurre, giusto?” esclamò un altro giornalista. “Il pubblico non ha il diritto di sentire questi messaggi?”

“Sì,” disse la dottoressa Levin, e di nuovo Kevin ebbe l’impressione che stesse parlando prima che il professor Brewster potesse dire qualcosa. “Ecco il motivo per cui terremo delle conferenze stampa regolari da ora in poi, dove Kevin cercherà di decifrare i segnali che abbiamo registrato da quell’area.”

Il professor Brewster si alzò in piedi. Aveva un sorriso fisso in volto che pareva potersi disfare da un momento all’altro. “Ok, gente. Penso che non dovremmo stancare troppo Kevin. Per oggi può bastare.”

***

Questa volta il professor Brewster aveva sufficiente tempo a disposizione per gridare.

“Mi hai teso un’imboscata, Elise!” disse. “Conferenze stampa regolari?”

“Andiamo, David,” disse la dottoressa Levin, “Sai che è la cosa giusta da fare, e in questo modo riesci a tenere tutto in ordine, invece di avere la gente che tenta di fare irruzione qua dentro per avere informazioni. Sei uno scienziato. Non credi nel tenere le cose nascoste.”

“Non credo neanche nel trovarci con i fondi tagliati perché qualcuno nel Congresso pensa che stia rivelando qualcosa che dovremmo tenerci per noi,” disse il professor Brewster, e Kevin poté sentire parte della preoccupazione sotto alla sua rabbia.

Kevin si chiese come dovesse essere avere il lavoro del professor Brewster. Presumibilmente aveva voluto fare lo scienziato quando aveva l’età di Kevin, e aveva voluto fare delle scoperte. Ora pareva che passasse per lo più il tempo ad organizzare le cose e a preoccuparsi dei soldi. Suonava come il genere di cose che una persona era costretta a fare quando si trovava a capo di qualcosa, non uno scienziato. Non era una cosa che Kevin avrebbe voluto trovarsi a fare.

“Ora gliel’abbiamo annunciato,” disse la dottoressa Levin.

“Tu gliel’hai annunciato,” disse il professor Brewster. “Possiamo ancora…”

Si trovò interrotto da una chiamata, e qualcosa nella sua espressione quando rispose disse che era diversa dalle telefonate ricevute fino a quel momento su questa faccenda.

“Pronto? Sì, sono io… scusi, ho sentito bene? Sì, subito.” Era sbiancato quando mise giù il telefono. “Dobbiamo andare nella lobby, adesso.”

“Perché?” chiese Kevin.

“Perché dicono che ci sia il presidente.”

Kevin avrebbe potuto chiedere se stava scherzando, ma un’occhiata al volto del professor Brewster bastava a capire che era vero. Kevin sentì il cuore stringersi nel petto al pensiero. Il presidente era qui per vedere lui? In qualche modo anche la presenza degli alieni sembrava una cosa più probabile di questa. Kevin si trovò improvvisamente a chiedersi se avesse appena fatto la cosa giusta, nervoso ora come non mai. In qualche modo non gli sembrava giusto per lui incontrare il presidente.

Seguì il professor Brewster e la dottoressa Levin fino alla lobby dell’istituto di ricerca, accelerando il passo per star loro dietro. Era ovvio che non volevano far aspettare il presidente. Quando furono più vicini, Kevin guardò fuori dalle finestre dell’edificio e vide un lungo corteo di automobili, la maggior parte con i finestrini oscurati.

Quando ebbero raggiunto la lobby, il presidente era già nell’edificio, e non era il solo. Agenti dei Servizi Segreti con abiti scuri erano lì posizionati come se si aspettassero una minaccia da un momento all’altro. Consiglieri e assistenti lo seguivano in gruppo, alcuni un po’ sorpresi di essere lì. Kevin vide anche altre persone, che secondo i badge che indossavano appartenevano all’esercito, all’NSA, all’FBI a altro. Pareva che nessuno volesse mancare a una cosa come questa.

Il presidente si fece avanti quando arrivarono e strinse la mano del professor Brewster, spostando poi l’attenzione su Kevin. Kevin deglutì nervosamente mentre l’uomo lo fissava.

“Quindi questo è il ragazzo?” chiese il presidente guardando Kevin dalla testa ai piedi come se si fosse aspettato di più.

“Sì, signore,” rispose il professor Brewster con tono positivamente confidenziale. “Questo è Kevin.”

“Kevin? Bene Kevin, sai chi sono io?”

“Voi siete il presidente,” disse Kevin. Dentro di lui una vocina gli stava ripetendo continuamente le parole stai parlando con il presidente. Fece del suo meglio per ignorarla, perché se la ascoltava troppo, sospettava che non sarebbe stato capace di dire niente.

“Bravo ragazzo. Ora, dimmi onestamente, sei davvero capace di parlare con gli alieni?”

“No, signore,” disse Kevin.

“Ah, lo sapevo!” disse il presidente. “Ho detto a quelli del comitato per i casi d’emergenza che…”

“Non posso parlare con loro, ma ricevo dei messaggi da loro,” continuò Kevin. “Mandano delle informazioni su di loro e sul loro pianeta, e io posso tradurle.”

L’espressione del presidente mutò, come se ora non sapesse esattamente cosa dire. Kevin si stava abituando a quell’espressione da parte della gente, ormai.

“Bene, allora,” disse il presidente agitando un dito. “Ricorda solo che queste informazioni sono state date a noi, in America. C’era ovviamente l’intenzione che arrivassero a noi, in quanto nazione più sviluppata della Terra.”

Signore,” disse il professor Brewster, “il segnale colpisce il mondo intero. Kevin è solo una persona che è capace di tradurlo. Deve anche sapere che abbiamo concordato delle conferenze stampa in modo da non essere accusati di nascondere informazioni.”

Kevin si sorprese a vedere come l’uomo ora si mostrasse così favorevole alla condivisione delle informazioni. Che prendesse le sue difese a quel modo. Un consigliere si avvicinò al presidente e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.

“Bene,” disse il presidente. “Forse è una buona cosa. Altri paesi ci vedranno condividere la cosa e sapranno che non avrebbero saputo niente senza di noi.”

“Sì, signore,” disse il professor Brewster.

“Ma ora vorrei vedere una dimostrazione. Kevin, puoi farmi vedere quello che sai fare?”

Kevin guardò gli altri, che annuirono. “Possiamo farlo solo se c’è un segnale,” disse.

Ma proprio mentre lo diceva poté sentire la pressione nel cranio che ne precedeva uno. Risuonò un allarme e tutti corsero in direzione della stanza dove lui eseguiva le traduzioni, sedendosi e aspettando. Kevin si mise seduto, mentre fuori il presidente e i suoi consiglieri stavano in piedi e guardavano come se non capissero cosa stesse succedendo.

Le parole gli filtrarono nella testa e la traduzione avvenne automaticamente.

Il nostro mondo è stato distrutto. Le parole sembravano piatte. Siamo dovuti fuggire. Pochissimi sono sopravvissuti.

Kevin ripeté le parole, e poté vedere l’espressione del presidente cambiare, prima in sorpresa, poi in qualcosa di più simile a meraviglia.

Abbiamo nascosto tutto ciò che eravamo, disse la voce, e Kevin ripeté, come anche noi stessi prima che arrivasse il fuoco. Sono stati inviati dei messaggi, in modo che la gente possa sapere di noi. Abbiamo mandato capsule in ogni direzione, verso tutti i mondi abitati.

Kevin cercò di immaginarselo, navicelle spaziali mandate in ogni direzione, alla ricerca della salvezza. Che sforzo doveva essere servito per organizzare una cosa del genere? Come avevano fatto a organizzarlo sotto la minaccia di un disastro?

Ogni navicella contiene un registro della nostra storia, continuò la voce.

 

Lungo questa strada verranno inviate delle coordinate, disse la voce, ma il sigillo della navicella sarà chiuso per preservarci. Dovete trovarla. Dovete prepararvi a riceverci…

Kevin ansimò nello sforzo di tradurre, il mondo attorno a lui che ritornava chiaramente a fuoco dopo che si fu fermato. Vide il presidente che lo stava fissando, spostando poi lo sguardo sul professor Brewster.

“Cosa significa tutto questo?” chiese. “Cosa mi state dicendo?”

Kevin poteva rispondere.

“Penso…” disse. “Penso che gli alieni stiano venendo qui.”

Il presidente lo fissò. Così fecero anche gli altri. Poi scoppiò il caos, con decine di persone che cercavano di parlare contemporaneamente. Il presidente alzò la voce per parlare sopra a loro.

“Basta,” disse, facendo segno di fare silenzio. “Capisco tutte le vostre preoccupazioni. Professor Brewster, ci sono componenti del mio team che hanno la sensazione che Kevin non sia al sicuro qui nella vostra struttura, che sia vulnerabile a possibili rapimenti o attacchi da parte dei nostri nemici. Vogliamo spostarlo in un posto sicuro.”

“Intende dire che volete nascondermi in un qualche bunker?” chiese Kevin. Scosse la testa. “Non voglio.”

“A volte quello che vogliamo non ha importanza, figliolo,” disse il presidente. “Bisogna pensare al bene del paese.”

“Con tutto il rispetto, presidente,” disse il professor Brewster, “i desideri di Kevin riguardo alla questione dovrebbero contare qualcosa. Non ha commesso alcun crimine, quindi sarebbe sbagliato, addirittura illegale, rinchiuderlo. Questa è una struttura sicura, e se altri qui vogliono contribuire a questa sicurezza, sarebbe molto utile. Ma dovrebbero farlo qui, dove ci sono gli strumenti tecnologici per studiare quello che sta succedendo.”

Kevin fu sorpreso di trovare il Professor Brewster a sostenerlo a quel modo, anche se sapeva che in parte era perché non voleva rischiare di perdere la possibilità di essere parte di tutto questo. Pareva che anche il presidente fosse un po’ sorpreso di sentirlo parlare così.

“È un punto molto… forzato, professore,” disse. “Molto bene, il ragazzo starà qui. Forniremo alla vostra struttura tutto ciò che serve, ma vi coordinerete con il mio ufficio. È necessario che comprendiate la gravità della cosa.”

“Sì, signore,” disse il professor Brewster. “Grazie, signor presidente.”

Kevin non era del tutto sicuro di cosa avesse appena concordato il professore. Pareva che avesse appena ceduto buona parte del controllo sul progetto.

“Serve che anche tu capisca la gravità di questa cosa, Kevin,” disse il presidente. “Prima di venire qui pensavo che fossero delle sciocchezze, e ora non ne sono più tanto sicuro.”

“È vero,” disse Kevin.

“La verità è che non ha importanza,” disse il presidente. “Non ora. Abbiamo rapporti che dicono che Russia e Cina abbiano mobilitato i loro eserciti, conducendo ‘addestramenti’ in caso di qualche particolare attacco. Ci sono stati dei tumulti nelle Filippine, perché la gente pensa che ciò significhi la fine del mondo. Dobbiamo stare molto attenti con tutto questo, Kevin. Permetterò che le cose per il momento continuino, ma ci saranno qui delle persone a osservare quello che succede.”

Questo a Kevin non importava. Quello che contava era continuare. Gli alieni stavano inviando qualcosa sulla terra, e qualsiasi cosa fosse, Kevin era determinato a scoprirlo.