Un Abbraccio Per Gli Eredi

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CAPITOLO QUATTRO

“State morendo?” chiese Sofia, incapace di credere alle proprie orecchie. Lo shock le fece gelare il sangue, la portò a desiderare di fare qualcosa, qualsiasi cosa piuttosto che crederci. Anche quando Sienne le si strusciò contro, il gatto della foresta non fu in grado di riportarla alla realtà.

“Non può essere che stiate morendo,” disse Kate. “Non dopo tutto quello che abbiamo passato. Non era così che dovevano andare le cose.”

Sofia poteva sentire il dolore, e vedere le lacrime che scorrevano negli occhi di sua sorella. Era uno shock già di per sé anche quella scena, perché Kate non piangeva mai. Si arrabbiava, piuttosto, per non doverlo fare.

“Non piangete, tesori miei,” disse loro madre, allargando le braccia. Sofia si alzò dalla sua poltrona per andare da lei, e Kate fece lo stesso. “Questo era previsto da lungo tempo.”

“Ma vi abbiamo appena trovati,” insistette Sofia, come se questo facesse la differenza. Sapeva ormai che il mondo non funzionava così, ma avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto davvero.

“Però ci avete trovati,” disse suo padre. “Abbiamo la possibilità di essere ancora una famiglia, anche se per pochissimo tempo.”

Sofia lo vide sussultare, portandosi la mano al petto. Fino a prima di quel gesto, non si era resa conto di quanto breve potesse essere quel tempo.

“Non si può fare niente?” chiese Lucas. Sofia riconosceva in lui il tentativo di nascondere quello che provava. Non gli piaceva: voleva che lì ci fosse suo fratello, non solo un suo guscio.

“Deve esserci qualcosa,” confermò Kate. “Se avessi ancora i miei poteri, potrei guarirvi. Se non li avessi persi…”

“Allora saresti ancora alla mercé di una delle più antiche streghe della nostra terra,” disse sua madre. “Non è colpa tua, Kate.”

“No, è colpa della vedova,” rispose lei seccamente. “Sua e dei suoi seguaci. Lei è morta, ma loro sono ancora vivi. Lì troverò tutti, fino all’ultimo.”

“Kate,” disse Sofia con gentilezza. “Non è il momento di arrabbiarsi.”

“Perché non sei più arrabbiata anche tu?” ribatté Kate. “Che senso ha avere tutti questi poteri se non ci possono dare i nostri genitori? Perché dobbiamo sempre sacrificare così tanto?”

Sofia poteva vedere che Kate non stava alludendo solo ai loro genitori, ma a tutte le altre cose che erano successe nelle loro vite, a tutto il dolore, a tutte le sofferenze.

“Dobbiamo, perché è quello che a volte ci richiede il destino,” disse loro madre. “So che avete visto barlumi di ciò che accadrà, Sofia e Lucas. Ho avuto tutta una vita per vederlo. Davanti a noi c’è un tempo di grandioso potere. Ho visto la guerra, e il modo in cui essa volge per determinare il fato del mondo.”

“Sconfiggiamo la vedova,” disse Sofia.

“E ora il Nuovo Esercito si trova sulle tue coste,” disse sua madre. “Il Maestro dei Corvi le attraversa, uccidendo nella sua avanzata.” Si voltò verso Kate. “Mi spiace, cara, ma Will è morto.”

Sofia sentì l’ondata di dolore e sofferenza che emanava da sua sorella come la bomba lanciata da un artigliere. Si avvicinò per sostenere Kate, ma sua sorella la spinse via, non permettendole neanche di toccarla.

“No, non può essere vero, non è giusto,” disse. “Will… non può…”

“L’ho visto,” disse sua madre. “Ho sognato Ashton che cadeva, e ho visto il momento in cui ha dato la sua vita in modo che gli altri potessero fuggire. Ha salvato la vita di Sebastian, permettendogli di andarsene con Viola. Ha fatto saltare per aria il cannone che stava difendendo, e il Maestro dei Corvi è sopravvissuto a malapena.”

Sofia si aspettava ora che sua sorella crollasse. Neanche Kate poteva restare forte così a lungo. Cercò anche di allungarsi verso di lei, mente a mente, ma si trovò davanti un muro di pura rabbia, così incandescente da scottarle i pensieri nell’avvicinarsi. Kate rimase ferma lì per quella che parve un’eternità, prima di parlare di nuovo.

“Come faccio a ucciderlo?”

Quelle parole avevano una sorta di durezza che veniva dalla rabbia che le emanava.

“È una via oscura, Kate,” disse sua madre.

“È quello che sarebbe dovuto succedere fin dall’inizio,” rispose Kate.

Sofia vide i suoi genitori che si guardavano tra loro.

“Ci sono delle cose che voi tre dovete fare per prepararvi alla battaglia che ci sarà,” disse loro padre.

“Non me ne frega niente,” rispose Kate. “L’unica cosa che mi interessa è assicurarmi che la cosa responsabile della morte di Will muoia!”

“Avresti bisogno del tuo potere per farlo,” disse loro madre. “Le vie per arrivarci sono ancora lì, ma sono danneggiate.”

Sofia mise una mano sulla spalla di Kate, e questa volta lei glielo concesse.

“Troveremo un modo per ucciderlo,” le disse. “Anche senza i tuoi poteri, sei sempre mia sorella, sei…”

“Se avessi tutto il mio potere, Will non sarebbe morto,” disse Kate. Sofia la vide rivolgere lo sguardo a loro madre. “Come faccio a riaverli?”

“C’è un posto,” disse sua madre. Abbassò la testa. “E combacia con tutto il resto che ho visto. Se vuoi davvero farlo…”

Sofia capì che ora non c’era proprio scelta.

“Sì,” disse. “Lo faremo. Aiuteremo Kate a riprendere i suoi poteri. Sconfiggeremo il Maestro dei Corvi.”

Vide suo padre scuotere la testa. “Questa è una cosa che non potete fare insieme. C’è troppo da fare e troppo poco tempo per farlo. Il mondo dipende dai compiti che ciascuno di voi ora ha.”

“Quali compiti?” chiese Sofia.

Vide sua madre fare una smorfia prima di continuare, appoggiandosi brevemente allo schienale del divano e chiudendo gli occhi. “Il veleno sta diventando più forte. Mi ero… dimenticata quanto facesse male.”

“Dobbiamo farlo,” disse loro padre. Si spostò accanto a lei e le prese la mano. Subito una visione apparve nella mente di Sofia.

Vide Monthys, quel posto ancestrale che si dispiegava nella campagna sotto alle Terre della Montagna. La vide in un modo che non aveva mai visto prima, strati luccicanti di forza avvolti attorno alla città con intrecci tanto intricati quanto potenti. Sembravano formare una rete progettata per proteggere ciò che si trovava all’interno, sprigionandosi verso l’esterno per collegarsi con la terra. Ma c’erano dei pezzi mancanti in quella rete. Si notavano dei punti vuoti, e senza quelle parti Monthys era praticamente in rovina. C’erano simboli che fluttuavano sopra a cinque punti, e mentre Sofia li guardava, ne capì il significato.

Pietra, Ghiaccio, Fuoco, Ombra, Spirito, le sussurrò la voce di sua madre. Alcuni dei più vecchi tra coloro che hanno la magia credevano che queste fossero le cose di cui era fatto il mondo, e hanno dato a ciascuno di essi un posto sulla terra.

“Casapietra e Ishjemme?” ipotizzò Sofia a voce alta.

E altri, disse la voce di suo padre, unendosi a quella di sua madre. Ciascuno contiene un cuore, una fonte di potere. Morgassa era il sito del fuoco, prima che i suoi governatori decidessero che il cuore era troppo di valore per andarsene nel deserto. Tu recupererai quello, Sofia, e lo porterai per ricostruire.

La Collina di Ysbryd è un posto strano, inviò sua madre. Le cose sono reali e no lì. Lucas dovrà andare a recuperare quel cuore. Ci riuscirà solo con dell’aiuto, ma deve fidarsi ad andare da solo.

Il posto che chiamano Si è ancora più pericoloso, inviò loro padre. Sono preoccupato per vostra sorella. Troverà quello che vuole, ma poi?

La visione si interruppe, almeno così Sofia pensò. Era difficile a dirsi, perché la magia sembrava ancora aleggiare nella stanza. Vide i contorni del mondo sotto di loro accendersi nello stesso modo in cui aveva fatto il disco portata da Lucas. Brillavano di potere e cinque punti di luce emergevano dal pavimento, spiccando tra tutto il resto.

Sofia si alzò in piedi e li fissò. Ne distinse uno che ardeva di luce dal suo regno. Un altro poco distante, nel punto in cui sapeva esserci Ishjemme. Un terzo si trovava vicino al centro della mappa e altri due erano all’esterno: uno su un’isola circondata da barriere coralline, un altro a identificare una città in mezzo alle colline, al centro di un’ampia piana. Non sembrava esserci niente nel raggio di centinaia di miglia, eccetto un fiume che vi passava attraverso.

“Sono così distanti,” disse Sofia.

Lucas annuì. “È per questo che non possiamo andarci insieme. Io andrò al luogo dello spirito e cercherò il cuore. Non fallirò.”

“E io andrò qui,” disse Kate inginocchiandosi per puntare un dito su Si. “Se è quello che serve per uccidere il Maestro dei Corvi, lo prenderò e riporterò indietro anche questo cuore.”

“E io resto con il compito di convincere il re Akar di Morgassa,” disse Sofia. In qualche modo non sembrava un compito difficile, almeno fino a quando non pensò a come avesse tentato di tenerli lontani da questo posto dimenticato. Anche la carovana che aveva inviato a guidarli li avrebbe portati altrove. Messa così, poteva apparire ancora più difficile di quanto Sofia pensasse.

“Lo farò,” disse Lucas. “Ce la faremo.”

“Ucciderò chiunque tenti di fermarmi,” disse Kate con sguardo duro.

“Kate…” iniziò Sofia, ma sua sorella scosse la testa con decisione.

“No. Ho bisogno di questo. Ho bisogno di essere arrabbiata, perché se smetto di essere arrabbiata, non mi resta nulla. Lo farò. Farò qualsiasi cosa sia necessaria. E poi non sembra che ci sia niente di bello nel vivere in un ‘posto di ombre’, no?”

“Immagino di no,” disse Sofia. Guardò i loro genitori, sperando di avere qualche consiglio, o magari dell’aiuto nel convincere Kate che c’erano modi migliori per fare tutto questo che attraverso la violenza.

 

I loro genitori sedevano sul divano che condividevano, perfettamente immobili, gli occhi chiusi mentre la magia fluttuava attorno a loro. Sofia si sentì mozzare il fiato in gola e si avvicinò, mettendo le mani sulle spalle di sua madre e scuotendola.

“Mamma, puoi sentirmi? Mamma? Papà?”

Erano entrambi fin troppo immobili. Anche i loro petti non si alzavano e abbassavano nel tipico movimento della respirazione. La pelle di sua madre era fredda al tatto, il calore che se ne stava man mano andando insieme alla magia. Quanto sforzo avevano messo in questo ultimo incantesimo? O meglio, quanto veleno era stato in grado di usarne come collegamento a loro? Avevano mostrato a loro tre dove andare, ma nel farlo… nel farlo si erano resi vulnerabili a tutto ciò che avevano chiuso fuori così a lungo.

I loro genitori erano morti.

CAPITOLO CINQUE

Il Nuovo Esercito avanzò e Sebastian sapeva che non c’era modo di respingerlo senza la protezione dello scudo di Casapietra. Non erano riusciti a farlo ad Ashton, o in nessuna delle altre cittadine del regno, quindi come avrebbero potuto riuscirci qui, in un insediamento di poche migliaia di persone?

“Perché dobbiamo,” disse Asha, sguainando la sua spada e una pistola. “Dobbiamo resistere, o Viola non potrà mai diventare quello che abbiamo visto di lei.”

Sebastian ignorò il fatto che per l’ennesima volta la donna sembrava aver letto nel suo pensiero. Era già abbastanza che fosse propensa ad aiutare, e che fosse presente mentre la prima ondata di soldati entrava.

Moschetti e pistole risuonarono per quel primo attacco, rallentando mentre gli uomini cadevano falciati dalla pioggia di proiettili e frecce. Ma non fu sufficiente: non poteva mai essere sufficiente quando non c’era il tempo per ricaricare. Alcuni guerrieri dell’insediamento riuscirono a sparare una seconda raffica con delle armi di scorta o perché erano in qualche modo riusciti a ricaricare, ma il nemico continuava ad avanzare anche mentre i loro commilitoni cadevano, assaltando le mura che circondavano il villaggio.

Sebastian, spada in pugno, avanzò per affrontare il nemico che voleva sua figlia, conficcando la lama nella gola del primo uomo che gli si avvicinò, poi tirando un fendente di traverso a un secondo.

Abbatteva uomini e quelli continuavano a venire, anche mentre Sebastian tentava di pensare a dei modi per salvare la gente che gli stava attorno. Vide i guerrieri di Casapietra fianco a fianco con quelli tra i rifugiati che sapevano come combattere. Colpivano senza alcuna sorta di piano generale, se non con l’idea di tenerli indietro. Non c’era tempo per nessuna sottigliezza o strategia: solo la necessità di stare lì e combattere.

Sentì una mano sul braccio e si voltò, ma vide solo Emeline, lì accanto a lui nel mezzo della battaglia

“Dobbiamo arrivare a Viola!” gridò oltre il frastuono delle lame e il vibrare della magia che veniva usata nel combattimento. Attorno a Sebastian i guerrieri di Casapietra usavano poteri che li rendevano decine di volte più pericolosi di un singolo soldato: alcuni di loro si muovevano più veloci di qualsiasi persona normale, alcuni gettavano oggetti con forza incredibile, mentre uno evocava le fiamme sugli abiti dei suoi avversari.

Anche con tutte quelle abilità magiche, anche potendo coordinare alla velocità del pensiero ogni singolo nemico che gli si gettava contro, non c’era molto che potessero fare contro l’enorme numero di soldati che li stavano attaccando. Sebastian vide cadere un guerriero, trascinato a terra dalla ressa di uomini che aveva attorno, incapace di spostarsi e schivare i colpi. Cercò di andare in suo soccorso, ma la mano di Emeline era di nuovo sul suo braccio.

“Non c’è nulla che tu possa fare qui, Sebastian,” disse. “La difesa non ha bisogno di te, ma tua figlia sì.”

Sebastian deglutì. Non c’era altra scelta, non con sua figlia in pericolo. Doveva portarla in salvo.

“Dov’è?” le chiese.

“Cora sarà andata verso casa nostra,” rispose Emeline. “Sbrighiamoci, prima che tutto il posto venga invaso!”

Corsero verso la piccola abitazione, passando oltre la violenza in corso. Sebastian vide un paio di soldati che tenevano fermo uno dei rifugiati e ne uccise uno con la sua spada, ma non si fermò. Ora non c’era tempo per fare altro che correre. Se non fossero arrivati presto da Viola, sarebbe stato troppo tardi.

Vide un quartetto di soldati attorno alla porta aperta della casa e lanciò un grido d’attacco mentre si lanciava avanti. Uno degli uomini si girò verso di lui mentre Sebastian gli tagliava la gola con la spada che aveva in mano. Un altro rimase impietrito sul posto con la spada sollevata, e Sebastian gli conficcò la propria lama nel petto, liberandola subito per lanciarsi sul terzo. Lo gettò a terra, prendendo un pugnale dal fodero, ideale per un attacco così ravvicinato, pugnalandolo quindi mentre teneva il polso dell’uomo bloccato a terra con l’altra mano. Quando il soldato si afflosciò, Sebastian sollevò la testa e vide il quarto uomo che incombeva su di lui con la spada alzata.

Asha andò a colpirlo di lato, la spada che gli scivolava dentro con movimento quasi troppo rapido da vedere.

“Pare che avessi ragione,” disse. “Dobbiamo portare la principessa Viola fuori di qui.”

Sebastian la fissò. Non era certo che Asha fosse la persona che avrebbe scelto da tenere al proprio fianco in un momento come questo.

“Allora sei un idiota,” disse lei, in risposta ai suoi pensieri. “Combatto bene come chiunque altro qui, e la proteggerò con la mia vita. La sua sopravvivenza è tutto ciò che conta adesso.”

Sebastian sospettava che dicesse sul serio al riguardo, e in ogni caso non c’era tempo per mettersi a discutere. Sulle mura poteva vedere Vincente che tentava di imbastire una difesa, ma gli uomini e le donne stavano perdendo terreno un passo dopo l’altro.

Fecero irruzione nella casetta e trovarono un altro soldato morto sul pavimento, Cora in piedi vicino a lui con Viola accoccolata in una fascia che aveva addosso e una spada in mano.

“Ben fatto,” le disse Asha, per la prima volta impressionata dalle sue azioni.

“Dobbiamo uscire di qui,” disse Cora, praticamente incurante dell’uomo morto ai suoi piedi. Viola era sorprendentemente tranquilla mentre succhiava uno strofinaccio imbevuto nel latte.

“Ma come?” si chiese Sebastian a voce alta mentre guardava fuori dalla finestra della casupola, cercando di trovare un modo per sgattaiolare attraverso il combattimento. Se fossero riusciti ad arrivare ai cavalli, sarebbero potuti scappare attraverso la brughiera, ma c’erano soldati dappertutto e Sebastian poteva vedere i corvi che iniziavano a raccogliersi sopra di loro, di certo alla ricerca di qualsiasi segno della presenza di Viola.

Peggio ancora, Sebastian vide il momento in cui il Maestro dei Corvi salì sulle mura. I guerrieri di Casapietra corsero verso di lui, e lui li uccise tutti, ruotando e girando, mandandogli i suoi corvi in faccia, colpendo con la sua spada da duello. C’erano uomini tutt’attorno a lui, e sembrava sempre sapere da che parte voltarsi. E poi, con la quantità di morte che si respirava nell’aria, la sua forza era terrificante. Un uomo gli si parò davanti e fu tagliato letteralmente a metà da un colpo fortissimo. Un altro si trovò calciato via, le costole frantumate.

Allora arrivò Vincente, e il Maestro dei Corvi si abbassò in tempo per permettere ai soldati dietro di lui di percepire la chiamata ruggente del suo archibugio. La lunga lama da macellaio di Vincente non era agile come lo stocco del Maestro dei Corvi, ma continuò comunque a muoversi tenendolo a bada. Sembrava che Asha volesse correre ad aiutarlo, ma Sebastian la vide poi puntare gli occhi sul cerchio di pietra poco più in là.

“Se riusciamo ad arrivare lì, posso creare un’uscita per noi.”

“Asha,” disse Emeline. “Non funzionerà. L’incantesimo di Endi…”

“Non intendo stare nel cerchio,” disse lei. Ci serve la pietra cuore che si trova nel mezzo. Aiutatemi a farlo! Non permetterò che Vincente muoia invano.”

Corse fuori dalla casupola, scattando verso il cerchio e uccidendo i nemici che incontrava. Emeline corse insieme a lei e Sebastian imprecò silenziosamente.

“Andiamo,” disse a Cora. “Se Asha ha un modo per uscire, dobbiamo prenderlo.”

Corsero fuori dietro ad Asha ed Emeline, diretti al cerchio. Non appena emersero dalla casa, i corvi iniziarono a gracchiare, e Sebastian poté solo girarsi un momento per vedere il Maestro dei Corvi con gli occhi puntati su di loro. Quel secondo di attenzione costò al generale del Nuovo Esercito un taglio inferto dalla lama di Vincente, ma la ferita si rimarginò praticamente subito, grazie al potere che gli scorreva dentro. I due continuarono a lottare, ma quanto sarebbe potuto durare ancora quel combattimento, con i soldati che si chiudevano attorno a loro da ogni lato?

La risposta arrivò dopo pochi secondi. Il Maestro dei Corvi lasciò un varco e Vincente colpì ancora, ma la sua lama pesante rimase conficcata nella carne dell’uomo, e il Maestro dei Corvi sorrise crudelmente prima di colpire più e più volte, trafiggendolo con la sua spada e con un pugnale lungo.

“Corri verso il cerchio!” gridò Sebastian a Cora, e fortunatamente, sorprendentemente, lei obbedì mentre lui si voltava aspettando che il Maestro dei Corvi venisse a lui. L’uomo balzò avanti, il mantello che sventolava al vento come delle ali, le lame aperte in fuori come mani artigliate. Sebastian sapeva di non poter sopravvivere che qualche secondo contro una cosa del genere, ma anche pochi secondi sarebbero pur stati qualcosa per consentire a sua figlia di scappare.

Il Signore dei Corvi si avvicinò a lui, Sebastian sollevò la spada… e poi calò la nebbia.

Discese sul villaggio come una spessa onda che Sebastian conosceva fin troppo bene. Lì non si poteva distinguere una direzione dall’altra, non si poteva indovinare da che parte sarebbe andato un avversario. Fece un passo di lato, evitando il primo colpo del Maestro dei Corvi, e poi entrambi furono perduti, svaniti nella nebbia.

Sebastian brancolò alla cieca, non sicuro se stesse cercando il suo nemico, o sua figlia, o qualcos’altro. Gli parve di vedere delle ombre nella nebbia, ma nessuna venne verso di lui. Nessuno riuscì ad arrivare a prenderlo.

Una mano gli si chiuse sul braccio e Sebastian si voltò, pronto a uccidere.

“Sono io,” disse Emeline. “Sono io, Sebastian. Da questa parte!”

Fece strada in mezzo alla nebbia fino a un punto dove Cora e Asha stavano tenendo due cavalli. Cora teneva Viola in braccio, mentre Asha aveva qualcosa stretto in pugno, qualcosa che brillava. Aprì un momento la mano e mostrò una pietra perfettamente sferica, decorata con diversi sigilli, tutti che luccicavano sulla superficie.

“Non può farlo,” disse Emeline, meraviglia e paura che trasparivano dalla sua voce. “Non può sostenere l’intera barriera di nebbia mentre il Maestro di Corvi ci spinge contro, senza neanche il cerchio.”

“Guardate… me…” riuscì a dire Asha a denti stretti. “Le pietre sono solo fatte per contenere e concentrare… è… facile!”

A Sebastian non sembrava così facile. Se non altro, pareva che lo sforzo la stesse lentamente consumando, divorandola dall’interno.

“Io cavalcherò con Cora e ci terrò al riparo da possibili incursioni nei nostri pensieri,” disse Emeline. “Sebastian, tu dovrai andare con Asha.”

“Veloci,” disse Asha, gli occhi chiusi nella concentrazione. “Non c’è tempo… da perdere.”

Sebastian annuì e balzò in sella. Fuori dalla nebbia, poteva ancora udire le grida e i rumori della violenza, ma sembravano in qualche modo distanti, soffusi e irreali.

“Ci faremo strada là in mezzo,” disse Emeline, a capo del gruppo. “Passate esattamente dove dico io, e non vi fermate!”

Sebastian non aveva certo bisogno di quella raccomandazione. Nella nebbia, non aveva alcuna speranza di trovare la strada giusta senza imbattersi in nemici, mentre Emeline poteva essere capace di trovare un passaggio tra i soldati e restare al riparo dagli artigli del Maestro dei Corvi.

Insieme, muovendosi più silenziosamente possibile con i loro cavalli, partirono nella nebbia.