Tasuta

Un’Impresa da Eroi

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Märgi loetuks
Un’Impresa da Eroi
Un’Impresa da Eroi
Tasuta audioraamat
Loeb Edoardo Camponeschi
Lisateave
Šrift:Väiksem АаSuurem Aa

Seguirono Kolk fino all’estremità del campo, dove erano allineate decine di scudi fissati a delle poste.

Tutti i ragazzi, con le loro armi, si riunirono attorno a Kolk, trepidanti.

“Voi starete qui,” tuonò, indicando una linea nel terreno, “e lancerete le vostre armi mirando a quegli scudi. Poi correrete verso gli scudi, recupererete un’arma diversa, e proverete a scagliare quella. Non scegliete mai la stessa arma. Mirate sempre agli scudi. Coloro che mancheranno lo scudo dovranno fare un giro del campo di corsa. Iniziate!”

I ragazzi si allinearono, spalla a spalla, dietro alla linea nel terreno, che era sicuramente a trenta metri buoni di distanza. Thor si mise in linea con loro. Il ragazzo accanto a lui gettò la sua lancia, mancando il bersaglio per un pelo.

Il ragazzo si voltò e iniziò a correre attorno all’arena. Appena partì, uno degli uomini del Re lo affiancò e gli gettò sulle spalle un mantello di maglia metallica che gravò su di lui con il suo peso.

“Corri con questo addosso, ragazzo!” gli ordinò.

Il ragazzo, con quel peso e già sudando, continuò a correre nella calura.

Thor non voleva mancare il bersaglio. Si preparò, si concentrò, tirò indietro al sua ascia e la scagliò. Chiuse gli occhi sperando di colpire lo scudo, e fu sollevato dall’udire il suono dell’arma che si conficcava nel cuoio. Ce l’aveva fatta per un soffio, andando a colpire un angolo in basso, ma almeno c’era riuscito. Tutt’attorno a lui diversi ragazzi mancarono il segno e iniziarono a correre. I pochi che colpirono il beraglio corsero verso gli scudi per afferrare una nuova arma.

Thor raggiunse gli scudi e trovò un lungo e fino pugnale da lancio, lo estrasse e corse di nuovo dietro la linea.

Continuarono a lanciare per ore, fino a che il braccio di Thor gli doleva da morire e lui stesso aveva fatto un bel po’ di giri di corsa. Era madido di sudore, così come tutti gli altri attorno a lui. Era un’esercitazione interessante, questo lanciare ogni sorta di arma, utile per abituarsi alla sensazione e al peso delle diverse impugnature e lame. Thor sentiva che stava migliorando, acquisendo maggiore familiarità ad ogni lancio. Ciononostante il caldo era opprimente e si sentiva stanco. C’erano ancora solo una decina di ragazzi in piedi di fronte agli scudi, dato che la maggior parte stava correndo attorno al campo. Era dura colpire così tante volte, con armi così diverse, e le corse insieme al caldo rendevano ancora più difficile la concentrazione. Thor stava ansimando e non sapeva quanto più a lungo sarebbe resistito. Proprio quando sentiva che stava per cedere, al’improvviso Kolk si fece avanti.

“Basta!” gridò.

I ragazzi tornarono dai loro giri e collassarono sull’erba. Giacevano lì, ansimanti, con il fiato lungo, togliendosì i pesanti mantelli di maglia metallica che gli erano stati messi addosso. Anche Thor stava seduto sull’erba, le braccia esauste, madido di sudore. Alcuni degli uomini del Re passarono tra loro con secchi d’acqua e li appoggiarono sull’erba. Reece ne afferrò uno, bevve e lo passò poi a O’Connor, che bevve a sua volta e lo passò a Thor. Thor bevve con avidità e l’acqua gli colò sul mento e sul petto. L’acqua gli diede una sensazione meravigliosa. Fece un profondo respiro e porse nuovamente il contenitore a Reece.

“Quanto può durare questa cosa?” chiese.

Reece scosse la testa respirando affannosamente. “Non lo so.”

“Giurerei che stanno tentando di ucciderci,” disse una voce. Thor si voltò e vide Elden, che si era avvicinato per sedersi accanto a lui. Thor era sorpreso di vederlo lì e realizzò che Elden voleva veramente essere suo amico. Era strano vedere un tale cambiamento nel suo comportamento.

“Ragazzi!” gridò Kolk, camminando lentamente tra loro. “Molti di voi stanno mancando i loro bersagli, ora che la giornata volge al termine. Come potete vedere è difficile essere precisi quando si è stanchi. È questo il punto. Durante una battaglia non sarete sempre freschi e riposati. Sarete esausti. Alcune battaglie possono durare per giorni. Soprattutto se state attaccando un castello. Ed è proprio quando siete più stanchi che dovete tirare in modo più accurato. Spesso sarete costretti a tirare qualsiasi genere di arma abbiate a vostra disposizione. Dovete essere esperti di ogni arma, e dovete esserlo ad ogni livello di sfinimento. È chiaro?”

“SI’ SIGNORE!” gridarono in risposta.

“Alcuni di voi sono capaci di lanciare un coltello, o una lancia. Ma la stessa persona poi manca il bersaglio con un martello o con un’ascia. Pensate di poter sopravvivere lanciando una sola arma?”

“NO SIGNORE!”

“Pensate che questo sia un gioco?”

“NO SIGNORE!”

Kolk aveva una smorfia sul volto mentre camminava, calciando la schiena di qualche ragazzo che secondo lui non era seduto abbastanza composto.

“Vi siete riposati abbastanza,” disse. “Di nuovo in piedi!”

Thor balzò in piedi con gli altri, le gambe pesanti, insicuro di quanto potesse ancora sopportare tutto ciò.

“Ci sono due aspetti del combattere a distanza,” continuò Kolk. “Potete lanciare, ma lo stesso può fare il vostro nemico. Trenta passi di distanza potrebbero non essere una distanza sicura per lui, ma neanche per voi. Dovete imparare come difendervi a trenta passi. È chiaro?”

“SI’ SIGNORE!”

“Per difendervi dal lancio di un oggetto non avrete bisogno solo di essere svegli e rapidi sulle gambe, abbassarvi, rotolare o schivare, dovrete anche essere esperti nel proteggervi con un largo scudo.”

Kolk fece un cenno ed un soldato portò un enorme e pesante scudo. Thor era stupefatto: era quasi il doppio di lui.

“C’è un volontario?” chiese Kolk.

Il gruppo di ragazzi rimase in silenzio, esitando, e senza pensarci Thor avanzò immediatamente e sollevò la mano.

Kolk annuì e Thor corse verso di lui.

“Bene,” disse Kolk. “Almeno uno di voi è abbastanza sciocco da offrirsi volontario. Mi piace il tuo umorismo, ragazzo. Decisione stupida. Ma buona.”

Thor strava iniziando a chiedersi se avesse preso la decisione sbagliata, quando Kolk gli porse il grande scudo di metallo. Se lo assicurò ad un braccio e rimase sbalordito dal suo peso. Riusciva a malapena a sollevarlo.

“Thor, la tua missione è correre da questa parte del campo all’altra. Indenne. Vedi quei cinquanta ragazzi di fronte a te?” chiese Kolk a Thor. “Ti tireranno armi, tutti quanti. Armi vere. Capito? Se non userai il tuo scudo per proteggerti, potresti essere morto prima di arrivare dall’altra parte.”

Thor fissò, incredulo. La folla di ragazzi ammutolì.

“Questo non è un gioco,” continuò Kolk. “È una cosa molto seria. La battaglia è una cosa seria. Si tratta di vita o morte. Sei ancora certo di voler essere il volontario?”

Thor annuì, troppo paralizzato dal terrore per dire qualsiasi altra cosa. A questo punto non poteva più cambiare idea, non così davanti a tutti.

“Bene.”

Kolk fece cenno ad un servitore che fece un passo avanti e suonò un corno.

“Corri!” gridò Kolk.

Thor sollevò il pesante scudo con entrambe le mani, afferrandolo con tutte le forze che aveva. Appena lo fece sentì un tonfo fragoroso, tanto forte da fargli vibrare la testa. Doveva essere stato un martello di metallo. Non perforò lo scudo, ma emanò una tremenda vibrazione attraverso lo stesso. Thor quasi lasciò cadere lo scudo, ma si sforzò di tenerlo stretto e avanzare.

Thor iniziò a correre, arrancando più veloce che poteva nonstante il peso dello scudo. Mentre armi e lanci forti come missili lo sfioravano, si sforzava di stringersi dietro lo scudo meglio che poteva. Quello scudo era la sua ancora di salvezza. E mentre correva imparò come diventare tutt’uno con esso.

Una freccia gli volò vicino, mancandolo di un millimetro, e Thor strinse ancora più serrato il mento al petto. Un altro oggetto pesante andò a sbattere contro lo scudo, colpendolo con tale violenza da sbalzarlo indietro di parecchi piedi e facendolo cadere a terra. Ma Thor subito si rimise in piedi e continuò a correre. Con sforzo estremo, ansimando a caccia d’aria, finalmente riuscì ad attraversare il campo.

“Fermati!” Gridò Kolk.

Thor lasciò cadere lo scudo, madido di sudore. Era grato oltre ogni limite di essere giunto dall’altra parte: non sapeva se sarebbe riuscito a tenere quello scudo per un altro solo momento.

Thor corse di nuovo dagli altri, molti dei quali lo guardarono con ammirazione. Si chiese come fosse sopravvissuto.

“Ben fatto,” gli sussurrò Reece.

“Altri volontari?” gridò Kolk.

Calò un silenzio di tomba tra i ragazzi. Dopo aver guardato Thor nessun altro osava tentare.

Thor si sentiva orgoglioso. Non era certo che si sarebbe offerto volontario se avesse saputo cosa questo comportava, ma ora che era finita era felice di avercela fatta.

“Bene, allora sceglierò io al posto vostro,” gridò Kolk. “Tu! Saden!” chiamò, indicando una persona.

Un ragazzo più vecchio, magro, fece un passo avanti con espressione terrorizzata.

“Io?” disse Saden, con voce scossa.

Gli altri ragazzi risero di lui.

“Tu, certo, chi altri?” disse Kolk.

“Mi spiace signore, ma preferirei di no.”

Un sussulto di orrore sorse tra la Legione.

Kolk venne avanti, avvicinandosi a lui e guardandolo con una smorfia sul volto.

“Qui non si fa quello che si vuole,” ringhiò Kolk. “Si fa quello che dico io.”

Saden rimase lì, immobile e spaventato a morte.

“Non dovrebbe essere qui,” sussurrò Reece a Thor.

Thor si voltò a guardarlo. “Cosa intendi dire?”

“Viene da una famiglia nobile e lo hanno messo qui. Ma lui non vuole. Non è un combattente. Kolk lo sa. Penso stiano tentando di esasperarlo. Penso che lo vogliano buttare fuori.”

 

“Mi spiace signore, ma non posso,” disse Saden, con voce terrificata.

“Si che puoi,” gridò Kolk, “e lo farai!”

Vi fu un momento di stallo carico di tensione.

Saden guardava a terra, il mento abbassato in segno di vergogna.

“Mi dispiace, signore. Mi dia degli altri compiti e sarò lieto di eseguirli.”

Kolk divenne rosso, appressandosi a lui fino a trovarsi a pochi centimetri dalla sua faccia.

“Ti darò un altro compito, ragazzo. Non me ne frega niente da quale famiglia vieni. Da ora in poi correrai. Correrai attorno a questo campo fino a che stramazzerai a terra. E non tornerai qui fino a che non accetterai di prendere questo scudo. Mi hai capito?”

Saden sembrava sul punto di scoppiare in lacrime e annuì.

Giunse un soldato, pose una maglia di ferro sulle spalle di Saden, poi un altro soldato ne appoggiò un’altra. Thor non sapeva spiegarsi come potesse sopportare quel peso. Lui era riuscito a malapena a correre con una di quelle addosso.

Kolk si ritrasse e diede un forte calcio nel sedere di Saden, che venne spinto in avanti ed iniziò la sua lunga, lenta corsa attorno al campo. Thor si sentiva male per lui. Mentre lo guardava arrancare in cerchio, non poteva fare a meno di chiedere se quel ragazzo sarebbe sopravvissuto alla Legione.

All’improvviso si udì il suono di un corno e Thor si voltò per vedere un gruppo di uomini del Re che avanzavano a cavallo, accompagnati da una decina di membri dell’Argento, tenendo lunghe lance e con indosso elmi piumati. Si avvicinarono e si fermarono accanto alla Legione.

“In onore del giorno delle nozze della figlia del Re e in onore del solstizio d’estate, il Re ha dichiarato che il resto della giornata sia dedicata alla caccia!”

Tutti i ragazzi attorno a Thor esultarono di gioia. Tutti insieme si misero a correre, seguendo i cavalli che svoltavano e correvano attraverso il prato.

“Cosa sta succedendo?” chiese Thor a Reece, e iniziò a correre con gli altri.

Reece aveva impresso in volto un ampio sorriso.

“È una benedizione del cielo!” disse. “Abbiamo la giornata libera! Andiamo a caccia!”

CAPITOLO VENTUNO

Thor correva lungo il sentiero della foresta insieme agli altri, reggendo la lancia che gli era stata data per la caccia. Accanto a lui correvano Reece, O’Connor ed Elden, con almeno cinquanta altri membri della Legione. Di fronte a loro procedevano a cavallo un centinaio di membri dell’Argento, vestiti di armature leggere, alcuni con lance corte, ma la maggior parte dotati di archi e frecce appese alle loro schiene. A piedi tra di loro correvano decine di scudieri e servitori.

A capo del gruppo c’era Re MacGil, dall’aspetto come sempre grandioso e fiero, con un sorriso eccitato stampato in volto. Era affiancato dai suoi figli, Kendrick e Gareth, e Thor fu sorpreso nel vedere addirittura Godfrey. Decine di paggi correvano in mezzo a loro, alcuni di loro suonando corni fatti con lunghe zanne d’avorio; altri strattonavano cani che abbaiavano e che, ansiosamente, non vedevano l’ora di raggiungere i cavalli. Era un caos completo. Mentre l’enorme gruppo correva attraverso la foresta, iniziarono a dividersi in ogni direzione e Thor non aveva idea di dove stessero andando o di quale gruppo dovesse seguire.

Erec gli passò vicino e Thor e gli altri decisero di seguire il suo sentiero. Thor corse accanto a Reece.

“Dove stiamo andando?” chiese senza fiato mentre correvano.

Nel profondo della foresta,” rispose Reece. “Gli uomini del Re mirano a portare a casa giorni di selvaggina.”

“Perché alcuni dell’Argento sono a cavallo e altri a piedi?” chiese O’Connor a Reece.

“Quelli a cavallo cacciano le prede più facili, come cervi e uccelli,” rispose Reece. “Usano i loro archi. Quelli a piedi cercano gli animali più pericolosi. Come il cinghiale coda gialla.”

Thor si sentì tanto eccitato quanto nervoso all’udire il nome dell’animale. Ne aveva visto uno adulto: era una creatura pericolosa e cattiva, noto per dilaniare un uomo alla minima provocazione.

“I guerrieri più anziani tendono a rimanere a cavallo e inseguire cervi e uccelli,” aggiunse Erec, guardando verso di loro. “I più giovani tendono ad andare a piedi a caccia della selvaggina più grande. Bisogna essere più in forma per quella, ovviamente.”

“Questo è il motivo per cui permettiamo la caccia a voi ragazzi,” gridò Kolk, correndo con gli altri, non molto più in là. “È un buon allenamento anche per voi. Sarete a piedi per tutta la caccia, al passo con i cavalli. Mentre procediamo vi dividerete in gruppi più piccoli e ciascuno imboccherà un suo sentiero, a caccia del proprio animale. Troverete gli animali più feroci e vi batterete con loro fino ad ucciderli. Sono le stesse qualità che vi servono in quanto soldati: resistenza, audacia e la capacità di non fuggire di fronte al proprio avversario, non importa quanto grande o quanto feroce sia. E ora andate!” gridò.

Thor corse più velocemente, così come tutti i suoi compagni, per tenere il passo con i cavalli che avanzavano con irruenza attraverso la foresta. Non sapeva da che parte andare, ma pensò che se fosse rimasto incollato a Reece e O’Connor sarebbe andato tutto bene.

“Una freccia, svelto!” gli gridò Erec.

Thor scattò in azione, correndo affianco al cavallo di Erec, afferrando una freccia dalla faretra appesa alla sella e porgendogliela. Senza fermarsi Erec la posizionò nell’arco, rallentò e prese la mira verso qualcosa nel bosco.

“I cani!” gridò Erec.

Uno dei servitor del Re liberò un cane che si tuffò abbaiando nei cespugli. Con sorpresa di Thor un grande uccello si librò in aria, e proprio in quel momento Erec scoccò la freccia.

Fu un colpo perfetto, dritto al collo, e l’uccello cadde a terra morto. Thor era stupefatto per come Erec l’aveva individuato.

“L’uccello!” gridò Erec.

Thor corse ad afferrare il grosso volatile, caldo e con il sangue che zampillava dal collo, e tornò velocemente da Erec. Lo appese alla sella in modo che potesse rimanere lì mentre procedevano.

Tutt’attorno a Thor molti cavalieri a cavallo stavano facendo lo stesso, scovando uccelli e colpendoli, mentre gli scudieri poi li recuperavano. La maggior parte di loro utilizzava frecce, alcuni usavano lance. Kendrick tirò indietro la sua lancia, prese la mira e la scagliò contro un cervo. Fu un colpo perfetto, giusto alla gola, e anche quello cadde.

Thor era colpito dall’abbondanza di selvaggina in quei boschi, la quantità di bottino che avrebbero portato a casa. Sarebbe bastato a dar da mangiare alla Corte del Re per giorni.

“Sei mai stato ad una caccia prima?” chiese Thor a Reece, evitando per un pelo di essere travolto da uno degli uomini del Re mentre correvano. Era difficile sentire, con i cani che abbaiavano, i corni che suonavano e gli uomini che gridavano, ridendo vittoriosi quando abbattevano un animale dopo l’altro.

Reece aveva un largo sorriso stampato in faccia, saltò un tronco e continuò a correre.

“Un sacco di volte! Ma solo per mio padre. Non è permesso partecipare alle cacce fino ad una certa età. È una cosa emozionante, anche se nessuno genralmente ne esce illeso. Più di un uomo è rimasto ferito, o ucciso, inseguendo un cinghiale.”

Reece ansimava mentre correva. “Ma sono sempre andato a cavallo,” aggiunse. “Non mi era mai stato concesso di andare a piedi prima d’ora, con la Legione, mai avuto il permesso di cacciare un cinghiale. È la prima volta per me!”

La foresta improvvisamente mutò, con decine di sentieri che si diramavano davanti a loro, dividendosi verso decine di direzioni. Si udì il suono di un altro corno e l’enorme gruppo iniziò a dividersi in gruppetti più piccoli.

Mentre si dividevano Thor stava attaccato ad Erec, e Reece e O’Connor si unirono a loro. Svoltarono tutti in uno stretto sentiero che delineava una curva secca verso il basso. Continuarono a correre, Thor tenendo stretta la sua lancia e saltando un piccolo ruscello. Il loro gruppetto comprendeva Erec e Kendrick a cavallo, Thor, Reece, O’Connor ed Elden a piedi per un totale di sei persone, e quando Thor si girò notò altri due membri della Legione che correvano dietro di loro, raggiungendoli. Erano di corporatura grande e robusta, con capelli ondulati e biondicci che gli ricadevano sugli occhi, e larghi sorrisi. Sembravano avere un paio d’anni più di Thor ed erano gemelli identici.

“Io sono Conval,” disse uno dei due rivolto a Thor.

“Ed io Conven.”

“Siamo fratelli,” disse Conval.

“Gemelli!” aggiunse Conven.

“Spero non ti dispiaccia se ci uniamo a voi,” disse Conval a Thor.

Thor li aveva visti in giro, nella Legione, ma non li aveva mai incontrati direttamente prima. Era felice di conoscere nuovi membri, soprattutto quelli che erano gentili con lui.

“Felice di avervi qui,” disse Thor.

“Più siamo meglio è,” gli fece eco Reece.

“Ho sentito dire che i cinghiali in questo bosco sono enormi,” commentò Conval.

“E letali,” aggiunse Conven.

Thor guardò le lunghe lance dei due gemelli, tre volte più lunghe della sua, e meditò. Vide che osservavano la sua lancia corta.

“Quella lancia non è abbastanza lunga,” disse Conval.

“Questi cinghiali hanno grandi zanne. Te ne serve una più lunga,” confermò Conven.

“Prendi la mia,” disse Elden, correndo verso Thor ed offrendogli la sua lancia.

“Non posso prendere la tua,” disse Thor. “E tu cosa userai?”

Elden scrollò le spalle. “Nessun problema.”

Thor fu commosso dalla sua generosità e si meravigliò di quanto diversa fosse ora la loro amicizia.

“Prendi una delle mie,” ordinò una voce.

Thor sollevò lo sguardo e vide Erec accano a lui, che indicava la sella alla quale erano attaccate due lunghe lance.

Thor afferò dalla sella una delle due, subito pervaso dalla gratitudine per quel gesto. Era più pesante e si sentiva più impacciato a correre con quella, ma si sentiva più protetto e sembrava che ne avrebbe avuto bisogno.

Continuarono a correre fino a che Thor sentì l’aria bruciargli nei polmoni, tanto che non sapeva se sarebbe riuscito ad andare oltre. Era in allerta e si guardava attorno per scorgere ogni segno della presenza di un animale. Si sentiva protetto con questi altri uomini attorno a lui, ed invincibile con quella lunga lancia. Ma era ancora molto teso. Non aveva mai cacciato un cinghiale prima d’ora e non aveva idea di cosa aspettarsi.

Mentre gli bruciavano i polmoni, la foresta si aprì in una radura e fortunatamente Erec e Kendrick fecero fermare i loro cavalli. Thor diede per scontato che ciò permettesse anche a loro di fermarsi. Stavano tutti e otto lì in quella radura nella foresta: i ragazzi a piedi ansimavano ormai senza fiato ed Erec e Kendrick scesero da cavallo. I cavalli sbuffavano, ma a parte questo il silenzio era rotto solo dal rumore del vento tra i rami. Il rumore delle centinaia di altri uomini che correvano nella foresta era scomparso e Thor intuì che si trovavano ora molto distanti dagli altri.

Rimase lì con il fiato lungo a guardarsi attorno nella radura.

“Non ho visto molte tracce di animali,” disse Thor a Reece. “Tu sì?”

Reece scosse la testa.

“Il cinghiale è un animale astuto,” disse Erec, avanzando. “Non si fa mai vedere. A volte è lui che guarda te. Può capitare che aspetti fino a che è certo di coglierti alla sprovvista, e a quel punto ti attacca. State sempre in guardia.”

“Attenti!” gridò O’Connor.

Thor si voltò e improvvisamente un grosso animale piombò nella radura creando grande subbuglio. Thor trasalì, pensando che un cinghiale li stesse attaccando. O’Connor gridò e Reece si voltò lanciando una lancia contro la bestia. La mancò e l’animale si librò in aria. Fu a quel punto che Thor si accorse che era solo un tacchino, che scomparve nel bosco.

Risero tutti, spezzando la tensione. O’Connor arrossì, e Reece gli appoggiò una mano rassicurante sulla spalla.

“Non ti preoccupare, amico,” disse.

O’Connor distolse lo sguardo, imbarazzato.

“Non ci sono cinghiali qui,” disse Elden. “Abbiamo scelto un sentiero sbagliato. Lungo questo tracciato ci sono solo uccelli. Torneremo a mani vuote.”

“Può darsi che non sia una cattiva cosa,” disse Conval. “Ho sentito dire che la lotta con un cinghiale può essere questione di vita o di morte.”

 

Kendrick stava lì, osservando tranquillamente il bosco, e così faceva Erec. Thor poteva vedere sui volti di entrambi che là fuori c’era qualcosa. Poteva dire, dalla loro esperienza e dalla loro saggezza, che erano in guardia.

“Bene, il sentiero sembra terminare qui,” disse Reece. “Quindi se andiamo avanti il bosco non sarà tracciato. E non troveremo la via del ritorno.”

“Ma se torniamo indietro la nostra caccia è fnita,” disse O’Connor.

“Cosa succede se torniamo a mani vuote?” chiese Thor. “Senza un cinghiale?”

“Diventeremmo lo zimbello degli altri,” disse Elden.

“Non è vero,” disse Reece. “Non tutti trovano un cinghiale. A dire il vero è la cosa più difficile.”

Mentre tutto il gruppo stava lì in silenzio, col fiato corto a guardare il bosco, Thor si rese improvvisamente conto di aver bevuto troppa acqua. L’aveva trattenuta per tutta la caccia e ora aveva un tale senso di dolore alla vescica da non riuscire più a trattenersi.

“Scusatemi,” disse, e si avviò verso il bosco.

“Dove stai andando?” chiese Erec, cauto.

“Devo solo liberarmi. Torno subito.”

“Non allontanarti,” lo avvertì Erec.

Titubante, Thor corse nel bosco, allontanandosi di una ventina di passi dagli altri, fino a che trovò un punto nascosto.

Proprio quando aveva finito, improvvisamente udì un ramoscello spezzarsi. Fu un suono secco e distinto, e Thor capì – lo capì immediatamente – che non era stato prodotto da un essere umano.

Si voltò lentamente, con i peli che gli si rizzavano sulla schiena, e guardò. Più in là, forse una decina di passi, c’era un’altra piccola radura con un macigno al centro. E lì, ai piedi della grande pietra, si notava del movimento. C’era un piccolo animale, ma Thor non riusciva a capire cosa fosse.

Si avvicinò, indeciso se tornarsene dagli altri o vedere cosa fosse. Senza pensare strisciò verso la radura. Qualsiasi animale fosse non aveva intenzione di lasciarselo scappare, e se fosse tornato indietro l’animale sarebbe potuto fuggire prima che loro toranssero lì.

Thor si avvicinò i capelli ritti in testa, dato che il bosco diventava più fitto e c’era meno spazio per muoversi. Non riusciva a vedere altro che fitto bosco, con la luce del sole che lo tagliava ad angoli netti. Finalmente raggiunse la radura. Mentre si avvicinava ammorbidiì la presa sulla lancia e la abbassò all’altezza del fianco. Rimase sbalordito da ciò che vide di fronte a lui, nella radura, in una macchia di sole.

Lì, a contorcersi nell’erba, accanto alla roccia, c’era un piccolo cucciolo di leopardo. Stava lì, stiracchiandosi e piagnucolando, strizzando gli occhi al sole. Sembrava che fosse appena nato, lungo neanche un piede, giusto per stare dentro la camicia di Thor.

Thor rimase lì, stupefatto. Il cucciolo era completamente bianco e doveva essere per certo un cucciolo di leopardo bianco, il più raro degli animali.

Udì un improvviso fruscio di foglie alle sue spalle e si voltò per vedere l’intero gruppo che correva verso di lui, con Reece in testa con espressione preoccupata. In pochi secondi gli furono accanto.

“Dove sei andato?” chiese. “Pensavamo fossi morto.”

Quando tutti furono lì vicicno a lui e guardarono verso il cucciolo, li sentì sussultare di sorpresa.

“Un presagio importantissimo,” disse Erec a Thor. “Hai fatto la scoperta di una vita. L’animale più raro. È stato abbandonato. Non ha nessuno che si prenda cura di lui. Ciò significa che è tuo. È un tuo dovere crescerlo.”

“Mio?” chiese Thor, perplesso.

“È un tuo dovere,” aggiunse Kendrick. “L’hai trovato tu. O, dovrei dire, lui ha trovato te.”

Thor era frastornato. Si era preso cura di pecore, ma non aveva mai allevato un animale in vita sua, e non aveva idea di cosa fare.

Ma allo stesso tempo sentiva già un forte legame con quell’animale. I suoi piccoli occhi blu si aprirono e sembrarono fissare solo lui.

Thor gli si avvicinò, si chinò e lo raccolse tra le sue braccia. Il cucciolo iniziò a leccargli il mento.

“Come ci si prende cura di un cucciolo di leopardo?” chiese Thor, emozionato.

“Credo nello stesso modo in cui ci si prende cura di qualsiasi altra cosa,” disse Erec. “Dagli da mangiare quando ha fame.”

“Devi dargli un nome,” disse Kendrick.

Thor si spremette le meningi, stupito dal fatto che quella era la seconda volta, in appena due giorni, che doveva trovare il nome per un animale. Ricordava una storia della sua infanzia, su un leone che terrorizzava un villaggio.

“Krohn,” disse Thor.

Gli altri annuirono con approvazione.

“Come la leggenda,” disse Reece.

“Mi piace,” disse O’Connor.

“E Krohn sia,” disse Erec.

Quando Krohn abbasso la testa su petto di Thor, Thor percepì un forte legame con lui, più forte di qualsiasi altra cosa avesse mai avuto. Non poteva fare a meno di sentirsi come se conoscesse Krohn da una vita, mentre il cucciolo si contorceva e mugolava rivolto a lui.

Improvvisamente si udì un suono distinto, uno di quelli da far venire la pelle d’oca, e Thor si girò rapidamente e guardò verso il cielo.

Lì in alto c’era Estofele. Improvvisamente scese in picchiata, proprio verso la testa di Thor, stridendo, per poi risollevarsi all’ultimo secondo.

Inizialmente Thor si chiese se per caso fosse gelosa di Krohn. Ma poi, in una frazione di secondo, capì: il falcone lo stava mettendo in guardia.

Un attimo dopo si udì un suono distinto dall’altra parte del bosco. Era un fruscio, seguito da una corsa, e tutto avvenne molto in fretta.

Grazie all’avvertimento Thor aveva un piccolo vantaggio: lo vide arrivare e si levò con un balzo dalla traiettoria in un secondo, mentre un enorme cinghiale saettò proprio contro di lui. Lo mancò per un pelo.

La radura eslpose in un caos. Il cinghiale caricò gli altri, feroce, dimendando le sue zanne in ogni direzione. Con un colpo riuscì a ferire il braccio di O’Connor ed il sangue zampillò fuori mentre lui si stringeva la ferita, gridando.

Era come cercare di battersi contro un toro, ma senza le giuste armi. Elden cercò di trafiggerlo con la sua lancia lunga, ma il cinghiale neanche girò la testa, la strinse con la sua enorme bocca e con un movimento secco la spezzò a metà. Poi si voltò e caricò Elden, colpendolo alle costole. Fortunatamente e per un pelo Elden non fu infilzato dalle zanne.

Questo cinghiale era irrefrenabile. Era a caccia di sangue ed era evidente che non li avrebbe lasciati stare finché non l’avesse ottenuto.

Gli altri si ripreseso e scattarono in azione. Erec e Kendrick sguainarono le loro spade, come anche Thor, Reece e gli altri.

Lo circondarono, ma era difficile da colpire, soprattutto con quelle zanne lunghe tre piedi che li tenevano a debita distanza. Correva in cerchio, rincorrendoli attorno alla radura. Mentro loro a turno lo attaccavano, Erec mandò a segno un colpo diretto, ferendolo sul fianco, ma quel cinghiale doveva essere fatto d’acciaio, perché non si fermò.

Fu lì che cambiò tutto. Per un breve momento qualcosa attirò l’attenzione di Thor, che si voltò a guardare verso al foresta. In lontananza, nascosoto dietro un albero, poteva giurare di aver visto un uomo con mantello e cappuccio neri. Lo vide sollevare un arco e una freccia, puntando dritto alla radura. Sembrava puntare non al cinghiale, ma agli uomini.

Thor si chiese se stesse avendo un’allucinazione. Potevano essere attaccati? Qui? Nel mezzo del nulla? Da chi?

Thor si lasciò guidare dal suo istinto. Percepiva che gli altri erano in pericolo e corse verso di loro. Vide che l’uomo mirava a Kendrick.

Thor si buttò su Kendrick. Lo colpì con forza, buttandolo a terra, e appena l’ebbe fatto la freccia volò vicino a loro, mancandolo di poco.

Thor subitò si rigirò verso la foresta, cercando un segno dell’attaccante. Ma era sparito.

Ma non c’era tempo di pensare: il cinghiale stava ancora correndo furiosamente attorno alla radura, a pochi passi da loro. Ora li stava riprendendo di mira e Thor non ebbe il tempo per reagire. Si preparò all’impatto, mentre le lunghe e affilate zanne si dirigevano direttamente verso di lui.