Minotauro

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Minotauro
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MINOTAURO
CRIMINE o MARTIRIO?

Di

Sergio Ochoa M.

A Don Sergio, mio padre

A Don Jorge, mio amico

Tutte le storie dovrebbero avere un lieto fine.

Tradotto da Patrizia Barrera

Copyright © 2020 - Sergio Ochoa M.

CAPITOLO PRIMO
Un Poliziotto

Roberto Velarde è un poliziotto dalla nascita, per vocazione. Si potrebbe dire che già lo era nel momento in cui fu concepito.

Se diamo uno sguardo al suo passato possiamo dire che è come se non avesse fatto altro che accumulare distintivi, incarichi e foto rigorosamente in uniforme. Diventare un poliziotto è sempre stato il suo obiettivo, e lo ha sempre saputo, così chiaramente da rinunciare ai piaceri della sua giovinezza per dedicarsi completamente all'Accademia del Distretto Federale.

Nelle sue viscere covava l’ardente desiderio di diventare un detective, di combattere i crimini più gravi; di diventare un eroe, qualcosa di simile alla versione Messicana di Dick Tracy - i suoi fumetti della domenica.

Ma la politica, le lotte di fazioni e gli interessi economici avevano gradualmente distrutto il suo desiderio di giustizia, fino ad estinguerlo del tutto. Più di una volta Velarde era stato testimone della compravendita della giustizia 1

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e della sua corruzione: il prezzo con cui si compra la legalità.

Se aveva deciso di rimanere un poliziotto, era più per un ideale che per altro, forse anche per vocazione. Nel profondo della sua anima sentiva ancora l’esigenza di rimettere a posto le cose, dirimere, fare la differenza; insomma, distinguersi.

Quando Roberto Velarde era ancora molto giovane, all'età di 19 anni, fu reclutato dallo stesso dott. Alfonso Quiroz Cuarón - un caro amico di suo padre e suo compaesano - a far parte

del

gruppo

di

detectives

che

investigarono, tennero d’occhio e infine inchiodarono importanti criminali del tempo, incluso uno che avrebbe posto il Distretto Federale al centro degli interessi della stampa mondiale e di centinaia di articoli: stiamo parlando nientepopodimeno che del famoso Gregorio Cárdenas Hernández, noto anche come "Gregorio il Cardinale".

Furono

momenti

decisivi

nella

sua

formazione, nella sua sete investigativa. Il mondo della psicologia criminale che imparò a conoscere giorno dopo giorno grazie all’aiuto di Quiroz Cuarón, finì per fare di lui un

meraviglioso

agente

della

polizia

giudiziaria federale (e di acquisire quelle 2

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abilità e competenze che gli permisero di collaborare più volte con i servizi segreti, come agente sotto copertura.)

Ma ormai è un bel po’ che questa sua vocazione e il desiderio di combattere per la giustizia sono drasticamente scemati...

Sono trascorsi quasi quarant'anni da allora e Velarde, ormai con il grado di Capitano, lavora come detective nell'area omicidi della capitale di Chihuahua. Non c'è molto lavoro da fare, almeno rispetto ai decenni precedenti; ora la mafia locale guidata da un famoso trafficante di droga di Guadalajara e da un ricercato della giustizia, sembra andare a braccetto con le diverse autorità di zona, nel bene e nel male. Velarde e la sua esperienza vengono ignorati, completamente.

Se solo i suoi superiori considerassero che questo ragazzo ha più missioni di spionaggio sulle spalle di qualsiasi altro militare attivo e che all'epoca era il discepolo preferito di Marcelino García Barragán! Ma la gente presto dimentica e nessuno dei suoi colleghi lo collega ormai a "quei vecchietti", come ama definirli lui quando si riferisce a se stesso, soprattutto quando sente dai novellini appena arrivati i colossali errori di indagine e di ricerca che fanno continuamente!

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Velarde integra la giornata di lavoro con gli straordinari riordinando pratiche d'ufficio, e con grande sorpresa dei suoi colleghi è davvero bravo nell’archiviazione dei files e a smanettare sul PC IBM 5150; da giovane era stato anche dattilografo, e a quanto pare ciò lo ha molto aiutato, in queste cose. La differenza è che invece di usare i fogli di carta carbone, esegue il backup delle informazioni su floppy disk da 5 ”¼ e quando è necessario inserire un file, il rumore della stampante ad aghi non si ferma. Inoltre riordina, unisce files, e strappa ai topi molte cartelle di pratiche altrimenti destinate all’oblio.

Ormai il suoi mondo è tutto lì, nei files archiviati che studia e che riordina, ed è curioso di tutto, e analizza con cura e digitalizza anche le vecchie indagini da antiche cartelle cartacee che altrimenti verrebbero distrutte dai topi. Lì, dove una volta facevano bella mostra di sé le macchine da scrivere Remington prima di essere regalate ad altri uffici o semplicemente gettate nella spazzatura; lì dove l'odore di umido antico e la polvere del tempo formano uno strato denso come la crema; lì dove non gli restano altro che i ricordi, Velarde si rifugia, ormai guardato con sopportazione e 4

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sospetto dai suoi stessi colleghi, e in attesa della pensione, ormai sempre più vicina.

“Cosa farò dopo?” si chiedeva spesso.

Sarebbe diventato uno di quegli squallidi detective di provincia, intenti a inseguire mariti infedeli?

Non avrebbe lottato mai più contro la vera criminalità organizzata, non sarebbe finito mai più sui giornali per aver risolto un caso importante.

La vita non è come si vede nei films. Per lui, ci sarebbe stato solo l’oblio.

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CAPITOLO SECONDO
Jorge Sogna

Mercoledì notte, 5 agosto 1982, una meravigliosa luna illuminava il cielo della città di Chihuahua. Le notti cominciavano a rinfrescare, e non erano più così calde come prima. Un forte vento cominciò a soffiare per le strade, e i giganteschi pioppi cominciarono ad ondeggiare pericolosamente. L’autunno era alle porte, o almeno quello era l’avviso che la bella stagione stava per finire.

La luce della luna era appena velata dalle foglie degli alberi, quando una forte corrente d’aria fredda s’insinuò da qualche crepa nascosta della stanza del signor Jorge Ledezema, che rabbrividì e fece un incubo Sognò di un giorno qualsiasi della sua infanzia nei sobborghi; stava correndo lungo il marciapiede della strada dello Specchio, recando in mano un cartoccio di caramelle appena acquistato e se ne riempiva la bocca con voracità. Entrando nel proprio quartiere si scontrò con le gambe di una donna comparsa dal nulla, andandoci a sbattere con tanta violenza da farla quasi cadere per terra.

Era una donna alta, snella, dall'aspetto 6

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semplice ma lo sguardo cupo, con meravigliosi capelli biondi quasi platino che incorniciavano un viso con dei bellissimi occhi scuri ma l’espressione vuota.

La donna si sporse verso di lui e, come se lo conoscesse, lo afferrò per le spalle con entrambe le mani, esclamando con voce dura e roca: "Ragazzo, quando sarai pronto mi sognerai e io ti dirò cosa fare" ...” Jorge si svegliò di soprassalto, mentre la porta della sua stanza sbatteva con fragore, fracassando uno dei suoi cristalli da collezione.

Si tirò su, guardandosi intorno confuso ...

Sudava freddo e mentre ansimava e guardava la piccola lampada sul comodino che tremolava mentre fuori il vento continuava a fischiare, non poté fare a meno di pensare alla spada di Damocle.

La mattina dopo si lavò e si vestì di fretta, uscì di casa senza fare colazione - come faceva quasi ogni giorno - percorse un paio di isolati fino a Paseo Bolívar e salì su un taxi per andare nel suo ufficio, che si trova nella parte alta della città: c'erano alcuni files a cui voleva dare un’occhiata.

Il suo lavoro come consulente tecnico del Congresso di Stato includeva, tra le altre 7

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cose, la revisione delle proproste dei deputati locali, in modo che la loro ambizione di distinguersi per farsi rieleggere sfornando progetti, programmi, riforme e altre boiate del genere

non

s’infrangesse

davanti

a

contraddizioni e incoerenze logistiche o costituzionali. O magari su entrambi i fronti, che era l’errore che, a quanto pare, facevano tutti. Anzi, ad ogni nuova legislatura, gli ignoranti aumentavano.

C'erano un sacco di aspetti da vagliare e su cui documentarsi, come codici, regolamenti e vademecum, ma quella mattina non era concentrato appieno sul suo lavoro. Non riusciva a scrollarsi di dosso il sogno della notte prima: era stato un incubo, una premonizione o un vecchio ricordo? Qualcosa che apparteneva al suo passato e che aveva ormai

dimenticato?

Ricordava

bene

l'immagine della donna, come se l’avesse scolpita nella sua mente…ma era reale?

L’aveva già incontrata da qualche parte...ma dove e quando? Esisteva davvero?

I ricordi dell'infanzia erano abbastanza confusi: una volta adulto si accorgeva di averne rimossi parecchi, preferendo ricordare solo quelli felici, come il suo primo amore, i bagordi con gli amici e il suo arrivo nella 8

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Capitale, quando aveva abbandonato la sua amata Ciudad Juárez per diventare un Chihuahuita. Anche ora si sentiva uno straniero ammalato di nostalgia per il suo paese, sebbene completamente integrato con la nuova realtà.

Anche lui, come molti altri forestieri, era stato accolto e trattato meravigliosamente bene dalla capitale dello stato di Chihuahua, non solo per il carattere gioviale degli abitanti ma anche per suoi meriti personali, essendosi dimostrato uno dei migliori studenti dell’Accademia. In parte i suoi successi gli avevano alienato le simpatie di alcuni compagni di corso, già pupilli del rettore. In particolare era inviso agli studenti più anziani, quelli per cui una cattedra rappresenta più un debito nei confronti del proprio partito politico ai quali devono obbedienza da sempre, e un’ emblema del proprio status, piuttosto che il frutto di una passione personale..

Chiaramente, non era così per tutti e fu facile a Jorge riconoscere e distinguere chi credeva davvero nel proprio lavoro e chi no. Anche se non

amava

frequentare

qualcuno

in

particolare, e con nessuno aveva stretto una profonda amicizia. Ai colleghi di Accademia 9

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che venivano da fuori, come lui, piaceva la sua capacità di dialogo e di oratoria.

Amavano la sua compagnia, e Jorge ne frequentò parecchi , di diversi semestri e tutti allievi dalle grandi capacità. Era diventato famoso tra loro come narratore e critico di molti libri. Ma oltre a ciò, continuava a condurre una vita solitaria.

Sprofondato nei suoi pensieri non si accorse del tempo che passava e tornò alla realtà solo quando fu scosso dal brusio dei colleghi degli altri uffici che uscivano per fare pausa pranzo. Allora si rese conto che non aveva ancora mangiato niente, quella mattina, nemmeno uno di quegli squisiti burritos di machaca con uovo che Donna Rosy vendeva nella sua rosticceria, a pochi passi da lì.

Quando Jorge non era nel suo ufficio, si sentiva come un pesce fuor d’acqua nel Palazzo del Governo; gli era sempre sembrato assurdo che l'ufficio del Governatore e quello del Congresso di Stato si trovassero nello stesso edificio, comunque non poteva fare altro che costringersi ad abituarsi.

Tentò di immergersi di nuovo nel suo lavoro, ma il sogno era ancora nella sua mente e non 10

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intendeva abbandonarlo: cercò di ricordarsi se l’aveva fatto già altre volte e poi se n’era dimenticato. Magari un altro paio, o forse tre? E chi cavolo era quella donna bionda?

Qualche vecchia maestra della scuola elementare? Qualche vicina di casa?

Capì che era inutile continuare a fingere di lavorare e che doveva rilassarsi in qualche modo. Inoltre era già giovedì, quindi una breve visita alla cantina centenaria “La Antigua Paz” per un paio di "jaiboles" gli avrebbe fatto bene. In fondo, si trovava a un paio d’isolati dal suo ufficio, il che era un gran bel vantaggio...

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CAPITOLO TERZO

Il Papà di Marianna

Mariana aveva perso suo padre all’età di diciassette anni, e ci aveva messo un bel po’, per elaborare questa perdita. La morte del padre le aveva permesso in parte di riorganizzare meglio la sua vita, ma per lo più gliel’aveva completamente sconvolta.

Sì, per gli altri, per tutti gli altri, si era trattato di una grave perdita dal punto di vista sociale e collettivo. Mariana era consapevole del ruolo che svolgeva suo padre.

Adesso, grazie al suo lavoro da psicologa, stava ricostruendo i frammenti della sua vita.

Suo padre le aveva lasciato abbastanza soldi per garantirle un futuro tranquillo, ma anche di dipendenza: benché l’Ingegnere Salgado fosse un uomo colto, era anche decisamente maschilista ed era sempre stato convinto che il posto della donna fosse a casa e che toccasse all’uomo di famiglia lavorare e procurare il pane.. Non solo: che la superiorità del maschio non potesse essere messa in discussione, soprattutto da una femmina, com’era appunto lei.

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Poco prima della morte del patriarca della famiglia Salgado, i litigi erano all’ordine del giorno e si gridava sempre, anche nei fine settimana, quando la famiglia era solita cenare in lussuosi ristoranti, o andava al lago, o partecipava a eventi sociali di rilievo, che ne accrescessero l’immagine pubblica.

Mariana era sempre in contrasto con suo padre e con ciò che egli rappresentava, accusandolo continuamente di predicare bene e razzolare male, dato che aveva anche avuto un paio di figli illegittimi. Quella donna che, da piccola, amava stare sempre con lui per andare a mangiarsi un gelato o farsi comprare dei bei libri da leggere, crescendo era diventata una figlia ribelle, sempre al centro delle liti tra i suoi genitori, fastidiosamente lagnosa e contestatrice, che si sentiva disprezzata perché non era nata maschio.

“ Senti, Marianita, te l’ho già detto e non intendo ripeterlo: stasera devi uscire con noi!”

“Uffa, mamma! Non ci voglio venire! MI annoio a queste riunioni di papà!”

“Non importa, devi venire e basta! Lo sai che queste riunioni sono importanti per tuo 13

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padre e per la famiglia! Dobbiamo mostrarci uniti ed essere di sostegno a papà. Non ti voglio vedere ferma in un angolo e con il muso lungo! LO sai quanta pressione deve già sostenere tuo padre per il suo…”

“ ... lavoro, sì, lo so! Sempre la stessa canzone! Non ne posso più! Ma tu che c’entri? Perché non viene lui, a dirmelo, invece di mandare avanti te?”

“Non ti permettere di mancarmi di rispetto, Mariana, non sono la tua serva! Se non viene lui a parlare con te è perché è stufo delle tue lagne e dei tuoi dispetti, e non vuole sentirsi costretto a punirti!”

“Sì, mamma, ma quale lavoro fa davvero papà? Perché non ne parla mai? Che cosa nasconde?”

“Non nasconde proprio niente, e lo so bene io, perché lo conosco, era già mio marito quando tu stavi ancora nel mondo della luna! “

diceva sempre sua madre, sapendo di mentire.

“ Sì ... prima che io nascessi, quando stavate meglio senza di me, era questo che volevi sbattermi in faccia, non è vero?”

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“E smettila, Mariana, ora mi hai veramente stufata!”

No, non c'era via d’uscita a quelle raffiche di litigi e di interrogatori del tipo Gestapo e all’atmosfera pesante creata da quella ragazzina una volta adorabile e ora costantemente sul piede di guerra! Tutto ciò aveva portato l'Ing. Salgado a farsi assorbire ancora di più dal suo lavoro e a rifugiarsi in biblioteca, nelle rare occasioni in cui era a casa, dove non c’era nulla che potesse attirare la figlia, e dove lui poteva restarsene in pace. La ragazza, invece, passava le sue giornate nel salotto a sfogliare libri o a parlare al telefono con le sue amiche.

Quei pomeriggi da sogno in cui l’ingegnere e la

sua

bellissima

figlioletta

Mariana

correvano nel giardino con in mano una girandola, o si sedevano accanto alla fontana a mangiare un gelato o che se ne stavano sdraiati a terra in giardino a guardare il cielo e a dare un volto alle nuvole, appartenevano ormai al passato. Tutto ciò, nel tempo, aveva creato un forte sentimento di rancore nel cuore della signora Julia Viuda de Salgado, che alla fine accusò la figlia di essere stata la causa della morte prematura del marito.

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“Quella stupida e i suoi capricci! - urlava la madre fuori di sé – E ha voluto anche studiare, la signorina! Ha voluto fare psicologia! Lei, proprio lei! Non le bastava essere ricca e potersi permettere di sposare chiunque, magari un brav’uomo che mi riempisse la casa di nipotini! Ma no, lei voleva

essere

indipendente,

lavorare,

studiare, come se fosse un uomo! Ah, ma perché non ho avuto un maschio, invece di quella stupida femmina!”

L'ingegnere Mario Salgado era morto improvvisamente di infarto, un giorno che si trovava nel suo ufficio, il suo unico rifugio.

Stava recensendo, per così dire, un libro che Jacobo Aguilar aveva ricevuto per caso nella sua libreria. Non faceva parte di alcun ordine, era contenuto in una scatola insieme ad altri libri che erano stati richiesti a un editore del Distretto Federale, ma questo particolare volume era impacchettato con molta cura, avvolto in carta di giornale, e protetto da una coperta .

Era un volume spagnolo della fine del 1800, pesava poco più di due chili ed era in perfette condizioni. Jacobo lo aveva già letto dall’inizio alla fine e ne aveva detto miracoli, l’ultima volta che si erano incontrati lui e l’ingegnere 16

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in una di quelle riunioni segrete nella Loggia, di cui entrambi facevano parte.

Mariana aveva riflettuto a lungo sulla comparsa improvvisa di quello strano libro chiuso in una scatola. Si era chiesta se ci fosse una relazione con la morte del padre.

Sì, ma di che tipo? Questo pensiero la faceva sentire spesso a disagio.

Essendo un uomo di cultura, come amava spesso definirsi, Jacobo si era mostrato contento che l’Ingegnere chi avesse chiesto il libro in prestito, per poterselo leggere a casa.

Riferì che avrebbe voluto proporglielo lui stesso, ma un po’ gli dispiaceva separarsene, quindi era stato lieto che l’amico gli avesse, per così dire, risolto il problema. Era un vezzo, quello di Jacobo: voleva che l’ingegnere lo leggesse, ma non voleva che lo facesse a casa sua o alla loggia.

D’altra parte, non è che a Salgado interessasse particolarmente leggere quel libro: si trattava di una raccolta di opere di Wagner, che lui aveva già letto, ma era la bellezza e la qualità della traduzione che lo aveva incuriosito.

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CAPITOLO QUARTO
Buon Compleanno!

Quel pomeriggio Jorge entrò nel bar di un noto ristorante che si trovava proprio al confine tra Avenida Colón e Avenida Juárez.

Quel posto era, per così dire, uno dei suoi quartieri centri operativi, che lui definiva

"quello con la tovaglia"

La solita stanchezza da fine settimana già lo affliggeva, quindi stancamente si trovò un tavolo, si sedette, salutò il cameriere, aggiornò il suo credito e si apprestò al solito rituale del venerdì, con il consueto menù fisso.

A pochi metri dal suo tavolo un gruppo di ragazze si è riunito per festeggiare un compleanno: quella di Mariana Salgado, una donna alta, di carnagione chiara e capelli scuri, che oggi compie 29 anni. Mariana ha una voce decisa e ammaliante che cattura subito l'attenzione di Jorge, il quale non riesce a nascondere il proprio interesse e la propria ammirazione. Ma a quanto pare non gli è permesso neanche il minimo approccio, a vedere la fitta rete di protezione che le amiche

stanno

alzando

intorno

alla

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festeggiata. Jorge si rassegna e rispetta la loro volontà. Saluta le ragazze con affettata galanteria e, con discrezione, ordina al cameriere di offrire alle signore una bottiglia di champagne. Poi si rimette a mangiare per i fatti suoi, senza disturbare nessuno.

“Miguel!”

“ Buongiorno, signorine! Cosa vi porto?” dice il cameriere.

“Per adesso, portaci un giro di drink di quello che stanno bevendo quelle ragazze laggiù…ma mi raccomando, con discrezione!”

“ Ovviamente, signorina.”

“ Fra un paio di giri ti diremo cosa sgranocchiarci vicino!”

“Oh, Signorine, volete che mi ritirino la licenza!” scherza il cameriere.

“E tu digli che è colpa nostra, Miguel!”

scherzano a loro volta le ragazze.

E poi giù, tutti a ridere.

Le amiche forse sono un po’ troppo chiassose. Fanno a Mariana due regali separati e lei le ringrazia con calore, guardandole direttamente negli occhi. Non 19

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finge un comportamento gioioso, ma anzi si mantiene tranquilla ed elegante nei gesti, da vera signora. Sembra una ragazza di gran classe, molto oltre l’ordinario, e decisamente diversa dalle sue amiche. E’ capace di far sentire bene le persone intorno a sé e sembra anche molto brava a parlare con gli occhi.

 

“Esagerate come al solito! Andrea, Luisa, perché vi siete messe in cerimonie! Questa borsa vi deve essere costata una fortuna!”

“Sì e no, Marianita. E poi, lo sappiamo che le borse ti piacciono molto!”

“Comunque, visto che ci è costata una fortuna – intervenne Luisa, ridacchiando- ti conviene dire che ti piace e che la userai tutti i giorni! Altrimenti ci offendiamo!”

E di nuovo tutte a ridere.

Intanto Andrea, una delle amiche di Mariana, non la smetteva di girarsi intorno e guardare di nascosto in direzione del tavolo di Jorge.

Aveva notato gli sguardi di ammirazione dell’uomo per Mariana ma, più lo guardava, più le pareva che l’uomo avesse un’aria distaccata e poco interessata. Un paio di volte i loro sguardi si erano anche incrociati, ma 20

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Jorge non aveva fatto alcun tipo di avances.

Forse, si era sbagliata, concluse la ragazza.

Nel tempo necessario per due giri di bevande, o di una birra come nel caso di Jorge, era riuscito a capire che le amiche della festeggiata erano entrambe sposate, ma lei no. Nel frattempo il cameriere aveva portato al tavolo delle ragazze lo champagne ordinato da lui, e le ragazze si girano tutte insieme verso il suo tavolo, con la faccia sorpresa, mentre il cameriere sussurra, come da prassi.

” Lo champagne lo offre quel signore laggiù per il compleanno della signorina, con tanti auguri.”

Mariana arrossisce. Miguel, il cameriere, deve aver fatto molto bene il suo lavoro.

Il ghiaccio si è rotto, le donne prendono i calici in mano, li alzano e brindano tutte nella direzione di Jorge, che si unisce da lontano

al

brindisi.

Esclama”

Buon

Compleanno!” di rimando, e finalmente riesce a incrociare lo sguardo di Mariana, che lo ringrazia con gli occhi. Ormai è sicuro che, prima di andarsene, lei verrà al suo tavolo per ringraziarlo della gentilezza.

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Il brindisi si è concluso, e le ragazze decidono di riunirsi a casa di Mariana, per continuare i festeggiamenti. Una esclama: “Allora, andiamo?” E l’altra ammicca a Mariana: “

Noi

ti

aspettiamo

fuori…”

Entrambe

sorridono ma guardano anche con un po’ di sospetto quell’uomo gentile seduto al tavolo che fa finta di non accorgersi di nulla, e se ne sta a capo chino per i fatti suoi a dare un’occhiata al giornale.

Mariana si avvicina al tavolo di Jorge, per ringraziarlo. E’ bellissima! Indossa un abito in tinta unita molto elegante e una classica collana di perle a un filo al collo, uguale agli orecchini. Ricorda vagamente Diana Spencer per lo stile, ma i capelli scuri la fanno apparire più bella.

Lei lo saluta a voce alta, e Jorge fa finta di essersi accorto di lei solo in quel momento.

“Salve! Posso sedermi?” chiese, appoggiando sul tavolo la borsa Halston in stile clutch che portava sotto il braccio destro,e quando lo fa le borchie metalliche sulla pelle della borsa scintillano come piccoli soli dorati.

“Prego, con piacere!” esclama Jorge, come risvegliandosi da un lungo sonno.

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Con leggero imbarazzo Mariana gli dice:

“Ha presente? Sono la ragazza che ha festeggiato il compleanno al tavolo accanto al suo.” E gli sorride con calore.

“Ah, certo, mi scusi, mi presento: Jorge Ledezma, ai suoi ordini.” Esclamò Jorge, con finta indifferenza, come se in realtà non gl’importasse nulla di lei.

“Mariana Salgado, molto piacere – rispose lei, un po’ contrariata – ma vedo che è occupato. Forse è meglio che me ne vada.” E

si alzò per andarsene. Ma Jorge la trattenne.

“No ... no, mi scusi. Non sto facendo nulla d’importante, anzi sono felice che lei sia venuta a salutarmi.”

Lei si rimise a sedere, per cortesia.

“Indossa un bellissimo anello: è un regalo di suo padre?” esclamò Jorge, senza immaginare di toccare un tasto dolente.

La sua intenzione non era certamente quella di farle del male, ma il risultato fu che quella frase colpì la ragazza come una mazzata, con una violenza tale che lei sbattè gli occhi per un attimo. Quando si riprese era tutta rossa e aveva lo sguardo perso nel vuoto: quella 23

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frase le aveva risvegliato un lontano ricordo legato a quell’anello. La persona che glielo aveva regalato ormai non c’era più..

“Sì! Era di mio padre. Me lo ha regalato per la maturità, e lo ha fatto adattare per me. Ci sono delle incisioni, sopra.”

Mariana si sfilò l'anello e lo mise nelle mani di Jorge, che lo osservò con grande attenzione. Era un bel gioiello pesante in oro 14

carati,

con

due

incisioni:

una

rappresentava

lo

scudo

della

loggia

massonica del rito scozzese di El Paso in Texas, l'altro era una "X" formata da due pergamene arrotolate su una foglia d'ulivo, il che indicava il gruppo di appartenenza del padre, che evidentemente era custode della biblioteca e depositario degli accordi, e poi c’era la classica bussola sul monte e la piazza, emblema della massoneria. Sotto a tutto due grossi rubini e le iniziali G11.

“Il simbolo della massoneria.” mormorò Jorge.

Mariana non si era mai sfilata quel pezzo d’oro dal dito per mostrarlo a qualcuno, e quando all’improvviso se ne rese conto sulle prime si sentì in imbarazzo, ma poi il suo istinto la convinse che non aveva nulla da 24

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temere, da quell’uomo pacifico che la guardava con sincera ammirazione.

“Sei un Massone, o che? - chiese Mariana –

Come ha fatto a capirlo?”

“No, non appartengo alla Massoneria!”

esclamò Jorge, di slancio. E non era una bugia. Aveva avuto a che fare spesso con dei Massoni, nella sua carriera da poliziotto, ma non di più.

“Davvero? E che lavoro fa?” indagò la ragazza.

“Sono un dipendente del governo, e faccio un lavoro "legale."

“Cioè?”

“Sono Avvocato, ma non seguo cause.”

“Davvero? E allora cosa fa, di preciso?”

“Faccio il consulente, sa, quelli che consigliano solo ... E adesso, dove va di bello a festeggiare?” provò a cambiare discorso Jorge.

Mariana si sentì di nuovo a disagio, non era abituata a così tante domande e in un attimo Jorge aveva saputo su di lei più cose di 25

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quante ne sapessero i suoi amici, che frequentava da anni.

“Beh, andiamo tutti a casa mia. Ma è una cosa intima, solo per noi amiche.” disse Mariana. Si accorse quasi subito che poteva sembrare scortese e si corresse. “A dire la verità sono indecisa se invitarla o no, sa, siamo tutti amici…” Cavolo, si sentiva presa tra due fuochi!

“Non preoccuparti - ti dispiace se ti do del tu? - non sentirti in imbarazzo, ho capito. Ci sarà occasione di rivederci. Vengo qui spesso.

E il buon Miguel mi conosce bene. Vero, Miguel?” esclamò in direzione del cameriere che, a quanto pare, aveva le orecchie puntate su di loro.

Infatti il cameriere, pur stando a buona distanza dal loro tavolo, annuì sorridendo, anche se non pensava che Jorge se ne sarebbe accorto che stava origliando. Jorge alzò il bicchiere di birra nella sua direzione e lo salutò, ammiccando.

“Ok, Jorge, ormai siamo qui e chissà se ci rivedremo. Magari, dammi il tuo numero di telefono che semmai ti chiamo. E ora scusa ma devo proprio andare! Mia madre starà già dando in escandescenze perché sono in 26

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ritardo! Non vorrei litigare con lei anche oggi!”

esclamò la ragazza, riprendendosi la borsa e alzandosi dal tavolo.

“Non sia mai!" esclamò Jorge. Prese il suo bigliettino da visita dalla tasca della giacca e glielo porse.

Quando la ragazza se ne fu andata, Jorge si prese un’altra birra. Di solito non faceva mai cose come questa, e men che mai cercava di attaccare bottone con una ragazza…ma c’era qualcosa in quella Mariana che lo attirava.

Provò a non pensarci, ma l’impulso di correre da lei e conoscerla meglio lo perseguitava.

Non erano solo le lunghe gambe di Mariana, ma anche un interesse professionale.

Quell’anello… pensò tra sé e sé, quasi per giustificare il suo interesse. E l’eventuale invito a cena della ragazza, se davvero lei gli avesse telefonato…

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