La Cattura

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Capitolo Sette

Pensando al peggio

Hobart, maggio 1965

"Wow!" Lo sguardo di Richard studiò su Eva non appena lei aprì la porta. "Sei" - sospirò - "incantevole, con la 'I' maiuscola".

Il suo cuore non si limitava a battere, martellava come se un paio di colombe fossero state liberate nelle sue viscere. "Grazie." Anche lui appariva piuttosto sexy, con un suadente completo nero, camicia bianca e cravatta a motivo cachemire. Molto cool, molto James Bond.

Tirò fuori il suo sorriso sexy e accattivante facendo un gesto verso la sua macchina. "Andiamo".

"Dove mi stai portando?" Lei studiò ancora un po' il suo abbigliamento, sperando che le desse un indizio. In un posto elegante, ovviamente, ma a parte questo, non riusciva a farsi un’idea. Tuttavia, notò una piccola e divertente coincidenza. Il blu elettrico della sua cravatta corrispondeva alla tonalità del suo vestito di velluto aderente, come se si fossero chiamati prima del loro appuntamento per coordinare i colori.

Aprendo la porta dal del lato passeggero, i suoi occhi verde chiaro brillavano. "Te l'ho detto. È una sorpresa".

Hmmm... Nessun bacio o stretta di mano per salutarla, anche se lui sembrava felice di vederla. E poi le aveva mandato quel regalo premuroso e, a quanto pare, costoso. Lei non riusciva a capirlo. Era come uno di quei cruciverba criptici con cui lei aveva sempre difficoltà.

Raggiunsero presto la città e Richard posteggiò nel parcheggio del Theatre Royal. Era ancora un po' presto per vedere uno spettacolo. Il suo misterioso e cavalleresco comportamento suggerivano che aveva pianificato qualcosa di più di una semplice cena di apertura.

Invece di entrare nel teatro proseguirono oltre, attraversarono la strada e si fermarono davanti a una solitaria porta di legno intagliato.

"Eccoci qui", disse Richard con un sorriso sornione aprendole la porta.

L'aroma accogliente della carne marinata le entrò nelle narici e scatenò le sue ghiandole salivari. Inghiottì un improvviso eccesso di saliva mentre il suo stomaco brontolava.

"Dopo di te", disse, insistendo un po’ troppo nel fare il gentiluomo. Ancora una volta avrebbe avuto l’occasione di dare uno sguardo al suo lato B. Dal lampo pieno di desiderio nei suoi occhi a fessura, lei optò per l'opzione 'di dietro'.

Arrivata in cima alle scale, si ritrovò in una sala da pranzo elegante, decorata in oro, crema e rosso, con un grande lampadario incandescente appeso al centro della stanza. Un pianoforte a coda si stagliava in un angolo e uno strano miscuglio di persone, da ragazzi on chiodo e brillantina e ragazze rockettare a modaioli, da hippie a membri dell’alta borghesia, si muoveva intorno, tenendo in mano drink e chiacchierando nei loro gruppi chiusi.

Il palmo caldo di Richard contro la parte bassa della schiena di Eva la fece trasalire come se fosse stata colpita da un fulmine di desiderio. Lui la guidò verso il bar, ordinò un bicchiere di vino per entrambi e infine un cameriere li accompagnò al loro tavolo. Richard le porse una sedia dorata decorata con seduta di velluto rosso e si sedette di fronte.

Finestre a tutta altezza delimitavano il perimetro della stanza, offrendo una spettacolare vista a trecentosessanta gradi sulla città color malva, rosa e oro.

Lui la guardò negli occhi e alzò il bicchiere. "A un'altra meravigliosa serata".

Proprio come l'ultima volta. Eva strinse le gambe nel tentativo di arginare il pungente desiderio che stava nascendo tra di loro e spinse il suo bicchiere contro quello di lui. Almeno spero. "Alla salute."

Entrambi bevvero un sorso e posarono i loro bicchieri sulla tovaglia rossa e oro.

"Suppongo che andremo a cena e poi a vedere uno spettacolo".

Un sorriso si diffuse sulle sensuali labbra di lui. "Pensavo avessi detto che non eri brava con gli indovinelli".

"Con gli enigmi criptici", disse lei, correggendo la sua affermazione troppo generica. "Come hai trovato questo posto?"

"Ho visto un annuncio sul giornale che pubblicizzava una cena speciale che sembrava perfetta per noi. La tengono una volta al mese in diversi locali e ho notato che questo sembrava essere vicino al teatro, così ho preso i biglietti per la stessa sera".

"Hai pensato bene. Amo il teatro e questo posto è... " Sospirò. "È davvero incantevole".

Il fuoco del desiderio divampò nei suoi occhi. "Esattamente come te".

Il suo sguardo cadde immediatamente sul tavolo, un improvviso calore le pulsava nelle guance. Quello che le aveva appena detto gridava sono totalmente preso da te, per poi negarlo con la sua riluttanza a toccarla. Richard era davvero un enigma avvolto in un paradosso.

Bevve un altro sorso di vino. "Il posto è fantastico ma... penso che apprezzerai l'intera esperienza".

"Non ne dubito, grazie. Anche se devi smettere di spendere così tanti soldi per me. Lo splendido regalo che mi hai mandato ieri e questa serata devono esserti costati una fortuna!".

"Volevo farlo. Volevo prendermi cura di te".

Toccami allora! Questo era tutto ciò che voleva, insieme al suo amore e alla sua devozione eterna. Non molto, eh? rise tra sé e sé. "Mi basta passare del tempo con te. Sul serio. Del tempo di qualità per me significa molto di più delle cose materiali".

Lui sorrise come se avesse appena vinto a un telequiz e lei fosse il gran premio. "Anch'io."

Allora mostralo! "Anche se questo posto è piuttosto sorprendente".

Rise. "E unico. Aspetta di vedere cosa c'è sul menu".

Carne, carne e ancora carne. Aveva sentito parlare di sontuosi menu degustazione dei ristoranti francesi di lusso, ma mai di qualcosa a tema carne cruda e rara. La selezione era un vero paradiso per i feticisti della carne. E a giudicare dalla cinquantina di commensali presenti, c'erano molte più persone con quel tipo di gusti di quanto avesse pensato. Una percentuale di questi si trovava sicuramente lì solo per la novità, ma non le importava. Era semplicemente bello sapere che esistevano eventi come questo.

Gli antipasti consistevano in una serie di tartine colorate di carne cruda, seguite da un carpaccio di bistecca, da una tartare di bistecca come primo piatto, un filetto al sangue con verdure arrostite come piatto principale e tortini di frutta fatte alla vecchia maniera, ossia con carne vera, come dessert.

Richard non avrebbe potuto fare una scelta migliore. Tutto era perfetto, nella quantità giusta e delizioso. Si dice che la strada per il cuore di un uomo passi per il suo stomaco, beh, questo pasto aveva il sapore della seduzione pura. Se Richard avesse voluto baciarla a tavola in quel momento come digestivo post-pasto, lei non sarebbe riuscita a fermarlo.

Ma no. Lui mantenne il suo proposito di non toccarla se non per qualche breve istante, pagò il conto e si diressero verso il teatro. Avrebbe dovuto cercare di farsi baciare sulle labbra più tardi. A giudicare dal suo comportamento durante la cena, un bacio sarebbe stata la cosa più vicina a finire la serata con un botto.

L'aria frizzante da lenzuola di caldo cotone invernale peggiorò fino a diventare gelida. Soprattutto senza il calore del corpo di Richard a riscaldarla. Eva rabbrividì, concentrandosi sulla piazza illuminata e sull'edificio color crema con finiture verde bosco a pochi passi di distanza. Delle colonne ornavano l'arco che conduceva all'affollato foyer anteriore, dove gli uscieri, su un paio di piattaforme rialzate, vendevano i programmi dell'opera, La Sonnambula di Bellini.

"I nostri posti sono al piano di sopra", disse Richard, afferrando la sua mano e facendosi strada attraverso la folla.

La pelle di lui sulla sua, la elettrizzava e allo stesso tempo calmava le sue terminazioni nervose. "Hai già visto quest’opera?"

"No, e tu?" Raggiunsero la cima delle scale, lui le lasciò la mano e tirò fuori i biglietti dalla tasca interna della giacca.

"No. Ma adoro il Bel Canto, e Bellini era un vero maestro", disse.

"Sono d'accordo".

Dai loro posti in prima fila, lei osservò l'ambiente circostante. L'arredamento a tema oro-crema, rosso e verde proseguiva all'interno del teatro, con un grande sipario di velluto rosso che nascondeva il palco. Erano nella posizione perfetta per guardare l'azione in scena senza che le teste degli spettatori interferissero con la loro vista.

Durante il primo atto, Eva fu assorbita dalle elaborate scenografie, dal canto e dalla trama, ma non così tanto da non notare i frequenti sguardi di Richard verso di lei, seppure continuasse a evitare il contatto fisico.

Lui si appoggiò al bracciolo in mezzo a loro sfiorando il suo braccio, ma subito lo ritrasse, dandole non più di un istante di piacere. Forse avrebbe dovuto prendere la sua mano e vedere cosa sarebbe successo. No, non ancora. Poteva pazientare ancora. Avrebbe conservato la sua piccola strategia per il secondo atto, quello culminante.

Fecero una pausa per bere qualcosa e andare in bagno durante l'intervallo e passarono il resto del tempo a parlare dell'imponenza della produzione. Poi suonò la campanella che avvisava gli spettatori che era il momento di tornare ai loro posti, e così cominciò il secondo round della campagna pro-contatto fisico di Eva. La folla che si agitava aveva i suoi vantaggi. Eva contò che ben cinque volte il corpo di Richard finì premuto contro il suo, facendo schizzare la sua eccitazione alle stelle.

Prendergli la mano era il primo passo del suo piano di seduzione. Lei lo guardò di sottecchi, cercando un'occasione per fare la sua mossa. Tuttavia, lui si sedette dritto con le mani in grembo, lo sguardo fisso sullo spettacolo, e rimase in quella posizione per tutto il secondo tempo. Alla faccia del momento culminante. Sembrava aver anticipato le sue intenzione assicurandosi che lei non avesse alcuna opportunità.

 

Il piano A poteva non aver funzionato, ma c’erano ancora i piani B e C. Proporre un caffè post-spettacolo in un piccolo chiosco dove poteva scivolare accanto a lui, oppure irrompere nel suo spazio personale quando lui l'avrebbe accompagnata a casa.

Con il suggerimento per il caffè andato a vuoto, si preparò a mettere in atto il piano C. Si fermarono davanti a casa sua e lei fece un respiro lungo e profondo. Ecco... "Vuoi entrare per un caffè?".

Il tentativo di sorriso le si congelò sulle labbra, con l'agitazione che imperversava nei suoi occhi. "Mi piacerebbe, ma non posso".

Lei si avvicinò, deglutì, e gli mise una mano sul ginocchio. "Sì che puoi. È ancora presto".

Lo sguardo di Richard si posò sul suo ginocchio e poi di nuovo sugli occhi di lei; fece per parlare ma si bloccò, come se il suo cuore e la sua testa fossero in guerra tra loro e lui non riuscisse a decidere da che parte stare. "Eva, grazie, ma non posso".

Rughe di disapprovazione le attraversarono la fronte come crepe in un muro, mentre afferrava la mano fredda di lui. "Per favore."

Lui fece scivolare la mano da sotto la sua, si chinò e le diede un rapido bacio sulle labbra. "Ti chiamo domani".

Solo che non lo fece. Delusa e confusa, Eva si tirò il piumone sulla testa e si rannicchiò in una palla informe come per proteggersi dal mondo esterno. Richard sta solo giocando con me? Lui non sembrava il tipo, ma lei aveva poca esperienza con gli uomini. Doveva parlarne con lui al loro prossimo appuntamento, in modo da sapere a che punto erano una volta per tutte.

* * * *

Dovevano vedersi il venerdì sera. Stasera. Quando Eva arrivò in ufficio, trovò un biglietto ripiegato nella sua buchetta della posta. Da Richard. Annulla l’appuntamento. Di nuovo. Chiamò il suo numero al lavoro, ma lui non rispose. Molti altri tentativi infruttuosi dopo, il mal di testa da tensione che l’attanagliava si trasformò in un'emicrania vera e propria e il suo capo la mandò a casa.

Eva andò subito a letto e si svegliò nel buio. Cercò a tentoni l’abatjour e l'accese, un frammento di luce artificiale trafisse il suo cervello sensibilizzato. Con gli occhi socchiusi guardò l’orologio d'oro in marcasite: nove e quindici. Era troppo tardi per chiamare Richard? No. Doveva provare a parlargli, finché ne aveva il coraggio.

Compose il suo numero di casa e attese con i nervi a fior di pelle, ascoltando il telefono che suonava e suonava e suonava.

"Salve, residenza Hall". Una voce di donna. Una donna giovane e allegra.

"Chi è?" gridò Richard in sottofondo.

Eva sbatté il telefono a terra e si allontanò barcollando, le sue emozioni la sballottavano come una barca a remi su un fiume in piena. Cosa ci faceva Richard a casa con una donna?

Lascia perdere. Sapeva esattamente cosa stava facendo, l’aveva bidonata per un altro appuntamento. La sua peggiore paura era fondata. Richard l'aveva abbandonata come tutti quelli che avevano affermato di tenere a lei.

Lacrime silenziose e pungenti sgorgarono dai suoi occhi e scivolarono lungo le guance. Meglio che lo abbia saputo subito piuttosto che scoprirlo più tardi. Ma razionalizzare la situazione non servì a calmare la sua angoscia. Inciampò di nuovo nel letto, con i piedi pesanti come piombo. Avrebbe dovuto sapere che Richard era troppo bello per essere vero. Una passione come la loro non poteva che spegnersi e, nel loro caso, istantaneamente come era iniziata.

Delusione e tristezza le si aggrapparono addosso come una nebbia fredda e pesante per tutto il fine settimana, e il lunedì mattina si ritrovò che aveva dormito a malapena. Durante tutto il viaggio verso il lavoro, l'imminente confronto con Richard le risuonò in loop nella mente e le fece contorcere lo stomaco.

Le porte dell'ascensore si aprirono al livello del suo ufficio, ma lei non riuscì a vederlo. Il cuore le sprofondò in fondo allo stomaco. Era stata nervosa tutto il tempo immaginando che lui la stesse aspettando. Ora la disillusione ristagnava nelle sue vene come un fango denso. Invece di scegliere di incontrarla di persona, aveva lasciato un altro biglietto nella solita buchetta della posta.

Cara Eva,

Mi dispiace molto per venerdì. C’è stato un imprevisto da cui non sono riuscito a liberarmi. Ho provato a chiamarti per tutto il fine settimana ma non hai risposto. Non sei arrabbiata con me, vero? Mi è mancato molto vederti e sentire la tua voce.

Ti chiamo più tardi.

Con amore,

Richard

Il suo cuore sussultò e un'ondata di gioia attraversò il suo corpo. Con amore. Era la prima volta. Non aveva mai firmato 'con amore'.

Smettila!

Amore era solo una parola: quella giusta, certo, ma non era abbastanza. Il modo migliore per testare la forza del suo sentimento sarebbe stato parlargli di persona. Se il linguaggio del corpo fosse corrisposto alle sue parole, avrebbe avuto la prova che stava dicendo la verità. Tuttavia, lui aveva detto che l’avrebbe chiamata. Stava a lei decidere se rispondere o meno.

Capitolo Otto

Decifrare il codice dell'amore

Trondheim, Norvegia 1937

La porta si aprì e il compagno di stanza di Abe entrò a grandi passi. "Sembra che tu rimanga".

"Pardon?"

"I risultati sono arrivati. Hai fatto il botto! Sei il primo della classe". Gli occhi entusiasti del ragazzo brillavano come se si fosse trattato dei suoi risultati. "Puoi smettere di fare la faccia scioccata, Abe. Capirei lo shock se tu avessi una media più bassa".

"Grazie. È una grande notizia", disse Abe senza entusiasmo.

"Allora perché sembra che sia appena morto qualcuno"?

Abe si massaggiò la parte posteriore del collo sottile. "Ho avuto molte cose per la testa".

"Ad esempio?" chiese sedendosi di fronte ad Abe sulla poltrona blu.

"Stavo pensando di trasferirmi di nuovo in Tasmania per finire la mia laurea".

"Pensavo che ti piacesse qui, e poi andartene non annullerebbe la tua borsa di studio?".

"Sì... e sì".

Il suo amico si piegò in avanti con gli occhi imploranti. "Allora devi restare, non solo per te, ma anche per me. Senza il tuo aiuto, non so come farò a superare i componenti forzati del codice".

Ecco la soluzione. Come poteva non essergli venuto in mente prima? Abe avrebbe scritto a Rhoda qualcosa in codice e se lei lo avesse capito, sarebbe stato il segno che gli indicava di darle una possibilità.

Il suo compagno di stanza schioccò le dita. "Pronto? Sto parlando con te".

"Sì, mi dispiace. Non ti preoccupare. Rimango... per il momento. Mi hai appena aiutato a risolvere un problema che mi tormenta da un paio di settimane".

Non appena il suo compagno uscì, Abe si sedette alla sua scrivania piena di libri di testo e di appunti ordinatamente impilati e tirò fuori un foglio bianco. Prese una penna stilografica e se la picchiettò sulle labbra. Delicati raggi di sole entravano dalla finestra, proiettando ombre morbide nella stanza.

Cosa scrivere? La sua mente si era bloccata come se fosse stata censurata. Forse il contatto fisico, carta-penna, avrebbe liberato il flusso dei suoi pensieri. Tamponò il pennino d'oro nel calamaio mezzo pieno e lo premette alla pagina.

Cara Rhoda,

ti prego di perdonarmi per il ritardo con cui ti rispondo. Ho pensato molto alla notte in cui ci siamo incontrati, a quello che hai detto, a quel bacio incredibile e sono pronto e disposto a fare un tentativo. Vorrei davvero vederti di nuovo, per darci la possibilità di conoscerci meglio e prendere una decisione più fondata sul fatto che la nostra relazione abbia o meno un futuro romantico.

Se vuoi ancora darmi una possibilità, incontriamoci davanti alla cattedrale di Nidaros venerdì a mezzogiorno. Aspetterò per un'ora. Se non vieni, lo considererò un "no" e prometto di non contattarti più.

Spero vivamente di vederti.

Abe

Fatto. Primo tentativo. Lesse e rilesse la lettera, solo per essere sicuro di non aver dimenticato nulla. Niente. Ora doveva solo scegliere un codice. Qualcosa di difficile, ma non così tanto da far sì che Rhoda non avesse alcuna possibilità di decifrarlo. Perché preoccuparsi di essere corretto? Il suo cuore tifava per lei, anche se nel suo cervello la giuria non aveva ancora deciso.

Abe consultò gli appunti presi a lezione e passò in rassegna gli esempi di codifica che avevano trattato nel corso. Un codice numerico. Qualcosa dove 1 equivaleva ad A, 2 a B, 3 a C e così via. Sembrava la migliore opzione a metà strada. Così la sua lettera divenne...

45118 1881541,

161251195 6151879225 135 61518 2085 4512125 914 7520209147 21311 2021 251521. 9’225 25514 208914119147 1 121520 12152120 2085 1497820 235 13520, 238120 251521 19194, 218120 9143185492125 1191919, 1144 9’13 1851425 1144 23912129147 2015 79225 208914719 1 201825. 9’4 1851121225 129115 2015 1955 251521 171914, 2015 79225 2119 1 3811435 2015 7520 2015 11141523 5138 15208518 1144 131115 1 1315185 13321181205 45391991514 12152120 2385208518 152118 1851212091514198916 8119 1 1815131142093 6212021185.

96 251521 192091212 2311420 2015 79225 135 1 3811435, 12520’19 135520 914 618151420 156 2085 14941181519 312085418112 120 13944125 1514 61894125. 9’1212 231920 61518 114 8152118. 96 251521 41514’20 315135, 9’1212 1191921135 208120’19 1 ‘1415’ 1144 9 161815139195 141520 2015 31514201320 251521 171914.

9 2251825 132138 815165 2015 1955 251521 208514.

125

Quando l'inchiostro si fu asciugato, piegò il biglietto, scrisse il nome di lei in stampatello sul davanti e lo imbucò a mano per essere sicuro che Rhoda lo ricevesse in tempo.

Due giorni dopo, Abe si trovava davanti alla cattedrale di Nidaros, colpito dalla bellezza del rosone gotico in vetro colorato. Non importava quante volte l'avesse visto, aveva sempre da offrire qualcosa di nuovo, un nuovo dettaglio intessuto nell'intricato disegno.

Essendo un matematico, non credeva nella religione o nella fede, eppure quel posto irradiava un'incredibile energia calmante, anche se non abbastanza da placare la sua ansia che gli faceva digrignare i denti.

Stava barcollando sul filo del rasoio, il che non aveva senso. Se Rhoda non fosse venuta, non erano fatti per stare insieme. E se lei fosse arrivata, lui doveva mantenere la sua promessa e darle un'occasione come si deve.

Il disagio lo appesantiva, come se avesse ingoiato una palla medica. Ma era più preoccupato che lei si facesse vedere o che non si facesse vedere affatto? Guardò l'orologio... dodici e cinque. Aveva ancora cinquantacinque minuti. A giudicare dai primi cinque minuti, sarebbe stata l'ora più lunga e pesante della sua vita.

Picchiettò la tasca anteriore dei suoi pantaloni, che nascondeva il ciondolo a forma di croce d'oro e nero e l'anello abbinato che i suoi genitori gli avevano regalato.

"È per proteggerti mentre sei via", gli aveva detto suo padre. E si sperava che lo facesse anche oggi, se Abe ne avesse avuto bisogno.

"E per essere sicuro che non ti immischi con nessuna ragazza non cristiana", lo aveva avvertito sua madre.

Se sua madre fosse stata viva, avrebbe potuto immaginarsi la sua faccia allibita guardandolo prendere in considerazione non solo una non cristiana ma anche una vampira meticcia. Che Dio la benedicesse. Nessuna sarebbe mai stata abbastanza per il suo unico figlio.

In lontananza, una donna dai capelli chiari si avvicinò. Non lei. Scosse le braccia e le gambe fredde e rigide e guardò di nuovo l'orologio... le dodici e nove. Lo avrebbe fatto aspettare? Gli avrebbe dato una doppia dose della sua stessa medicina? Probabilmente se lo meritava.

Abe ripassò il messaggio in codice nella sua testa. L'aveva reso troppo complicato? Il suo stomaco ebbe un sussulto. Forse lei non aveva attitudine per i rompicapi. Forse avrebbe dovuto renderlo più semplice. Ma quanto più semplice avrebbe potuto farlo?

Il percorso criptico degli indizi era uno stile di codice più difficile da decifrare. Forse avrebbe dovuto testare la lettera codificata su qualche studente non crittografo, giusto per controllare. Ormai era troppo tardi. Aveva preso la sua decisione e doveva accettarne le conseguenze.

 

Alcune persone uscirono dalla cattedrale e si incamminarono verso il parco dall'altra parte della strada. Il sentiero e i tetti erano spolverati di neve che scintillava nel sole che picchiava, e senza una brezza, la temperatura dell'aria era di circa cinque gradi. Per gli standard di Trondheim, era una bella giornata d'inverno.

Si strofinò e soffiò sulle mani guantate di nero e si chiuse la giacca sotto il mento appena rasato. Un po' di barba avrebbe aiutato a isolare il suo viso contro l'aria fredda, ma aveva scelto di apparire rispettabile a spese del calore.

Improvvisamente si levò una brezza che portava con sé molecole di ghiaccio che pizzicavano la pelle come se venissero direttamente dall'Artico. Il freddo quasi bruciava, cesellando un profondo vuoto doloroso nel cuore di ogni singolo osso.

"Pensa a cose calde", borbottò tra sé e sé, e un'immagine di Rhoda gli invase la mente. Subito dopo vide che lei si trovava a pochi metri di distanza da lui, apparentemente materializzatasi dal nulla come in un trucco da illusionista. Sollievo, gioia e terrore lo attraversarono e lui inciampò andando verso di lei, con la mano appoggiata sulla tasca contenente gli amuleti della croce.

Rhoda sorrise, un sorriso ampio a denti stretti, senza segni di zanne. Ma avrebbe ricontrollato quando si fosse avvicinato, per essere sicuro. I suoi capelli dorati spuntavano da sotto un cappello nero di lana e cadevano sulla sua giacca bordata di pelliccia. I pantaloni che indossava, abbinati a lunghi stivali neri, facevano sembrare le sue gambe lunghe fino al cielo. E quegli occhi, quegli inconfondibili occhi verde giada... Splendidi. Irresistibili.

"Impressionante. Era un test?" chiese.

Il senso di colpa gli salì dentro e il suo sguardo precipitò sui suoi piedi congelati. "Una specie..."

"E se avessi fallito?"

"Non eravamo fatti per stare insieme", disse in un sussurro rauco e umile.

"E ora l’ho superato?"

Abe sollevò lo sguardo fino ai suoi occhi e sorrise. "Sono felice di confermare che hai raggiunto con successo il secondo round".

Lei si accigliò. "Significa che devo superarne un altro o qualcosa del genere?"

Lui ridacchiò. "No. Il mio esame ha finito per mettere alla prova me più di te. Ho dovuto superare il mio stesso test".

"E lo hai passato?"

La speranza brillava dai suoi occhi impazienti, rivelando che gli avrebbe dato un'altra possibilità. "Penso di esserci riuscito. In realtà, ne sono sicuro". Lui afferrò la mano guantata e intrecciò le dita con le sue, deluso dal fatto che la barriera a doppia maglia impedisse il contatto pelle a pelle. "Andiamo a fare una passeggiata mentre il sole è ancora fuori?"

"Pensavo che non me lo avresti mai chiesto". Nessuno poteva dire che il sarcasmo non fosse il suo forte e a lui piaceva. Le donne dall’intelligenza vivace stimolavano la sua mente, il suo corpo e la sua anima, ma nessuna prima lo era stata quanto questa donna esuberante.

Passarono davanti alla cattedrale, attraversarono la strada per arrivare al parco e passeggiarono lungo i tornanti del fiume. "Ci sono così tante cose che avrei voluto chiederti, ma credi che mi vengano in mente adesso?" disse lui.

Lei rise e mosse le sue dita tra le sue in modo che si intrecciassero più comodamente.

L'aumento del contatto fece formicolare la pelle di Abe dappertutto. Le lanciò un'occhiata. "Forse potresti parlarmi dell'essere una Jade. Quali sono le differenze con loro? C'è qualcosa in particolare che dovrei sapere, oltre a al fatto di non poterne parlare con nessuno?"

"Differenze..." Pensò per un momento. "Ho meno tolleranza alla luce del sole di te, ma più dei miei parenti Jade a pieno titolo o a tre quarti. Ha a che fare con un elevato numero di globuli bianchi. Più la genetica è vampiresca, più alta è la concentrazione di globuli bianchi, il che causa una pelle più chiara e una minore tolleranza al sole. Questo è il motivo per cui viviamo in climi più freddi e con una luce solare meno intensa".

"E le croci?"

"Nessun effetto. Pura finzione, come la maggior parte della storia di Dracula".

La mano di Abe si strinse sui gioielli che aveva in tasca. Grazie a Dio le cose erano andate secondo i piani... finora.

"E nemmeno l'aglio. È un deterrente, ma non ci uccide. Di nuovo, siccome io sono una meticcia, mi colpisce meno di quelli con più geni dei Jade".

La sua pelle perfetta, bianca come una perla, scintillava alla luce del sole e lui non riusciva a smettere di fissarla. "E un paletto nel cuore?"

"Non fa nulla ai vampiri di tre quarti o completi, ma uccide o ferisce gravemente le caste di mezzo e quarto proprio come farebbe con un umano completo, a causa della maggior percentuale di genetica umana e del corpo più debole".

"Ha senso. E i tuoi denti?"

Le sue labbra rosa chiaro si incurvarono in un sorriso. "Ah, sì, non hai notato nessuna zanna. Di nuovo, solo i Jade completi hanno le zanne piene e anche in quel caso spuntano solo quando il Jade è arrabbiato o sta per... nutrirsi".

Ora il punto cruciale. Il modo in cui lei avrebbe risposto a questa domanda avrebbe deciso il destino della loro relazione. "E che mi dici degli umani che vengono morsi e trasformati in vampiri? Potrebbe succedere se tu mi mordessi accidentalmente, per esempio?"

Lei scoppiò a ridere, e quando si rese conto che non riusciva a smettere, si piegò afferrandosi la pancia e cercando di inalare aria tra una risata e l'altra. Invece di offendersi, Abe assorbì il dolce suono della sua risata, i trilli armoniosi che si insinuavano direttamente nel suo cuore.

Dopo un minuto buono, la sua risata si placò e lei si alzò con l'allegria che ancora le danzava negli occhi. "Scusa. Non dovrei ridere, anche se alcune delle cose che voi umani dite sono così divertenti e ridicole. Paura e, la parola che usate voi... ah... ignoranza. La paura e l'ignoranza fanno questo. Lascia che ti spieghi".

Rhoda gli afferrò entrambe le mani, il suo sguardo verde incandescente fisso su di lui. "Non preoccuparti, non posso cambiarti. Solo i tre quarti o le caste complete possono farlo creando un legame di sangue. Succede quando il vampiro succhia il sangue in un flusso continuo mentre inietta il veleno. Se ti mordessi o addirittura ti mordessi con forza, la zona si gonfierebbe e arrosserebbe per qualche giorno, ma niente di più".

"Come un morso d'amore".

"Sì, simile". Lei tenne una delle sue mani e ripresero a camminare. "Vuoi sapere qualcos'altro?"

"Cosa causa la morte?"

"Dipende da quanto è forte il gene del vampiro. Per i vampiri completi, le principali cause di morte sono la fame dovuta alla mancanza di sangue rosso o la sovraesposizione alla luce del sole. Altrimenti, vivranno per sempre e non invecchieranno mai dal momento in cui sono stati trasformati. Quelli di noi che sono meno che vampiri purosangue, invecchiamo ma ad un ritmo più lento e possiamo morire per malattie umane, se non ci prendiamo cura di noi stessi".

Una brezza gelida gli soffiò sul viso, sparandogli schegge di ghiaccio negli occhi. "Fammi capire bene. Puoi diventare un vampiro completo solo se trasformato da un vampiro da tre quarti a completo" disse, asciugandosi le lacrime pungenti dalle guance.

"Sì. Tutti i meticci nascono così".

I suoi occhi non erano stati minimamente colpiti dal vento gelido. La sua genetica di vampiro la proteggeva o la sua immunità era dovuta ai suoi geni umani norvegesi che si adattavano a quelle temperature estreme?

"Cosa succede se due meticci concepiscono un vampiro completo?"

"Muore. Non può sopravvivere perché viene congelato allo stadio di embrione e viene abortito".

"Certamente. C'è qualcos'altro che dovrei sapere?".

"Niente che mi venga in mente".

"Solo che tu invecchierai più lentamente e alla fine sembrerà che io mi sia procurato una moglie trofeo".

Lei rideva, un suono sexy e roco che gli arrivava dritto nei pantaloni. "Un minuto prima non eri sicuro di volermi rivedere e quello dopo parli di un impegno per la vita. Mi stai facendo girare la testa".

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