Come supereroina sarei super!

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3Famiglia

La mia mamma prima faceva la maestra in diverse scuole. Ha insegnato a tanti bambini. Sicuramente non era facile. Per fortuna era una brava maestra e mi ha aiutato spesso con i compiti a casa. Credo che le sia piaciuto. Dopo ha fatto anche la segretaria in una scuola. Ancora dopo ha messo al mondo mia sorella e poi me. Per questo motivo ha lasciato il suo lavoro. Prima i suoi capelli erano castani e adesso diventano lentamente grigi. Peccato che mia mamma soffra della paura di volare.

Ogni giorno ha tanto da fare. Fare la spesa, pulire, cucinare, usare l’aspirapolvere, fare i letti. Per riuscire a fare tutto questo bisogna essere molto versatili e pensare rapidamente. Per mia mamma questo lavoro non finisce mai. Capisco che si stanca. Se fossi io mia mamma dovrei fare io tutti i lavori. Così potrei capire i suoi stati d’animo e condividerli. Però non so esattamente come la pensa mia madre. Non è semplice descriverlo. Mia mamma mi conosce meglio di quanto io conosca lei.

Di tanto in tanto arriva una conoscente che pulisce molto bene le camere e l’ufficio di mio padre. Talvolta mette le cose in un posto diverso. E noi dobbiamo cercarle. Allora ridiamo e diciamo: è una donna molto accurata.

Se io cambiassi la mia vita con quella di mio papà, sarebbe una cosa molto complicata per me. Dovrei lavorare in uno studio di ingegneria, progettare, controllare i cantieri e avere sempre in mano un metro. Dovrei sapere come si fa precisamente una strada, quanto ferro ci vuole. No, non seguirò le sue orme professionali. È troppo difficile. Nella sua professione si deve calcolare troppo. E i miei occhi davanti al computer si stancherebbero in continuazione.

Anni fa mio papà faceva il bagnino. Seguirlo in questo mi piacerebbe di più. Più tardi ha frequentato l’istituto per geometri. E dopo all’università di Innsbruck si è laureato in ingegneria ed è diventato un ingegnere completo. Alla televisione guarda volentieri le gare di sci, calcio e film buoni. Tutti e due i miei genitori amano la lettura, i viaggi in macchina e la natura. D’inverno mio papà fa volentieri sci-alpinismo. E d’estate va volentieri in montagna.

Lo trovo molto carino che mio papà si occupi dei miei affari in banca. Non gli piace portare cravatte.

Ho anche due nonni che sono già diventati angeli. Il primo nonno non l’ho mai conosciuto. Lui è morto prima. Poi sono nata io. Però l’ho visto in tante foto. Sembrava alto e musicale. La sera giocava volentieri a carte. Anche lui era ingegnere civile come mio papà. Dopo pranzo gli piaceva fare un pisolino. A Natale qualche volta suonava il pianoforte. Una volta addirittura ha ballato con sua moglie. L’ho visto su una foto. Però non l’ho mai visto in natura.

Sua moglie, mia nonna, anni fa era molto giovane. Lei ama il suo giardino e lo tiene molto bene. Qualche anno fa ha ancora spaccato la legna e l’ha accatastata. Di tanto in tanto abbiamo giocato a prenderci. Allora mia nonna poteva ancora camminare. Quasi sempre era in giro in bicicletta. Qualche volta siamo andate insieme a nuotare. E io le ho messo sulla schiena la crema solare. A Natale mia nonna ha fatto sempre un mucchio di biscotti e il punch. Più tardi il suo corpo e i suoi muscoli si sono indeboliti. Poi è caduta in bagno e anche nel salotto. E ora purtroppo siede su una sedia a rotelle. Perché cade facilmente. Ha figli grandi e sono tanti. Loro si prendono cura di lei a vicenda. C’è anche una badante. Però il suo cervello è ancora formidabile. Legge tanti giornali, libri e fa le parole crociate. In tv le piace vedere lo sport e le notizie. Sul suo balcone ha una cyclette e pedala per trenta minuti.

Quando ancora la nonna poteva correre ha giocato con noi a prenderci in giardino. Qualche volta con mia sorella e le mie cugine abbiamo giocato al circo. E tutti i parenti erano presenti e ci applaudivano. Io da leone dovevo saltare da una sedia all’altra. Siamo andati anche in altalena o abbiamo giocato nella sabbia. Molto dopo ci siamo messe attorno alle nostre caviglie un bianco nastro elastico traballante. Una ragazza da una parte, l’altra dall’altra. La terza doveva saltellare tra i due nastri di qua e di là. Con i miei genitori giocavo in giardino a ping-pong e a badminton. Lì mio padre mi ha insegnato anche ad andare in bicicletta. Siamo andati volentieri a sciare, pattinare e fare percorsi Kneipp nell’acqua fredda.

Col mio secondo nonno ho fatto tante esperienze. Mi ha letto la favola “Cappuccetto rosso”. E voleva insegnarmi come si accende una candela. Purtroppo mi sono bruciata un dito. Mio nonno mi ha raccontato tante cose e me le ha anche spiegate. Ero molto affezionata a lui. E ho accarezzato volentieri le sue mani. Perché erano così belle e grandi e care. Era molto buono con me. Altrettanto buono era con gli altri nipoti, i suoi figli e i pronipoti. Quando è morto il nonno io ero triste. E sono ancora triste. Però il nonno ha una moglie simpatica che vive già da 95 anni. Mi piace anche farmi coccolare.

Questa nonna aveva un padre severo. Lui era maniscalco e fabbro. Lei era la sua ultima figlia. Frequentava una scuola di monache. Una volta ha cercato di suonare le campane della chiesa del suo paese. La sua famiglia possedeva un’osteria. Da giovane serviva gli ospiti. Qualcuno la stuzzicava un po’. Era ancora al tempo di guerra. Questo me lo ha raccontato. Più tardi ha conosciuto un uomo. Ha avuto sei figli. Dopo le figlie maggiori le hanno dato i nipoti. E tanto tempo dopo sono arrivati tanti pronipoti. Mia nonna ama il giardinaggio e tutti i fiori variopinti nel suo grande giardino. Una volta è caduta nell’orto. E un giorno è caduta anche dalla scala in casa. Lei ama tutti i parenti, pronipoti, nipotini e neonati. E tutti amano lei.

Una volta ho scritto una lettera a mio nonno in cielo:

“Tu hai sposato mia nonna. E questo mi piace molto. Se tu sapessi che io nel mio tempo libero vado a trovare tua moglie a giocare a carte e a suonare il pianoforte! Qualche volta guardo anche le foto dove ci sei tu. Peccato che non ci sei più. Sarei venuta a trovare anche te e ti avrei conosciuto. Ti avrei suonato qualcosa al pianoforte. Sarei stata seduta vicino a te sul divano e avrei ascoltato quello che mi avresti spiegato e raccontato. Intanto saresti diventato bisnonno quattro volte. A volte ti penso perché ti voglio molto bene.”

Lutto e addii non mi piacciono per niente. Qualche volta ho già dovuto sopportare un addio. Per esempio quando il mio secondo nonno è andato per sempre in cielo. In quel momento in segreto ho pianto forte. Sono anche sempre molto molto molto triste quando devo andare via dal mio ragazzo. Dopo essere stata a casa sua un po’ di tempo nel suo paese. Al momento dell’addio gli do alcuni baci e abbracci. E dopo devo prendere la corriera. Quando sento molto forte la mancanza del mio ragazzo sento scorrere le lacrime sul mio viso.

La vita e la morte sono del tutto normali. Per noi persone e per gli animali. Trovo più bella la vita. La nascita di un bambino incomincia nella pancia della donna. E poi il bambino viene al mondo nell’ospedale. Il mio primo incontro con la morte non è stato per niente piacevole. È stato nella casa di riposo. Quando lì facevo pratica. Erano morte due persone anziane. E la mia superiora me le aveva fatto vedere nella cappella. Poi mi ha lasciato sola. Silenziosamente mi sono avvicinata ai morti. Erano molto freddi perché li ho toccati cautamente. Senza sapere il perché ho pianto. Intanto non ho più paura. Però quando ho perso il mio ultimo nonno, quello è stato il mio dolore più forte.

Mi trovo bene all’ospedale. Trovo il lavoro dei medici molto interessante e molto vario. Tutti i loro apparecchi mi sembrano affascinanti. Sono molto grata perché salvano la vita a parecchia gente. E sarebbe per me una immensa gioia rivedere quel pediatra che mi ha portata in giro in braccio. Spero che lui mi riconosca se mi vedesse.

Quando ero una neonata mia mamma ha chiesto al medico: come crescerò con la sindrome di Down? Il medico ha detto che non lo sapeva. Ogni persona è diversa. La bambina è capace di imparare.

Questo mi ha raccontato mia mamma.

Nell’anno 2000 mia sorella con la sua pancia grossa ha avuto le doglie. Sono andati velocissimi all’ospedale. Quel giorno c’ero anch’io per un intervento alle tonsille. Proprio allora mia sorella ha partorito una piccola figlia di nome Laura. La mattina dopo mia mamma mi ha svegliata e mi ha detto che ero diventata zia di una nipote. Ho chiesto al mio medico se potevo vedere mia sorella e la sua bambina. Lui ha detto di sì. Perché ero diventata zia. Dall’infermiera il medico ha anche saputo che venivano visitatori da lontano. Mi reggevo ancora a malapena sulle gambe. Però mi hanno dato una medicina speciale e così potevo andare. La piccola era dolcissima!

Quando mia sorella e io siamo tornate a casa sono arrivati tutti i parenti dal Tirolo. Sono scesi anche quelli del piano di sopra. La piccola Laura passava da un braccio all’altro, è stata guardata con meraviglia, ridevano con lei ed è stata calmata quando piangeva. Ci sono tante foto con lei in gruppo, con due e tre persone. La piccola Laura era seduta su parecchie ginocchia quando era neonata. Dopo un po’ è diventata una ragazzina. Ha giocato con le bambole e con i playmobil, con i foulard di seta e con dadini di legno e anche con la nonna allo zoo. Le piaceva stare sotto il tavolo quando giocava con le bambole. In quel periodo Laura aveva capelli biondissimi con riccioli come un angioletto. Il nonno voleva insegnarle a parlare. Più tardi ha anche provato a parlare in dialetto tirolese e più volte ha detto al cameriere: würstlpizza. Mia nipote fa ridere tutti e mi tiene sempre in movimento. Quando veniva a trovarci anch’io giocavo con lei. Per esempio le ho letto un libro. E la piccola Laura era seduta sulle mie ginocchia e ascoltava. Dopo ha imparato a camminare. Ancora più tardi ha mangiato i canederli alle albicocche fatti dalla bisnonna. E tanta panna, riso al latte, frittate e besciamella. È cresciuta e in giardino andava sull’altalena e ha anche imparato ad andare in bicicletta. D’inverno abbiamo fatto tutta una famiglia di pupazzi di neve. E d’estate ha aiutato la nonna a dare acqua ai fiori e l’ha osservata quando si truccava in bagno. Dopo si è truccata lei stessa. Ancora dopo aveva capelli lunghi e lisci. E trecce sporgenti e anche pendenti. Quando Laura era più grande ha fatto la parrucchiera alle sue bambole Barbie e ha fatto la venditrice di scarpe. Questo me lo ricordo. Era molto divertente.

 

Mi ricordo anche di questo: quando mia sorella era incinta, il suo ragazzo ha giocato con lei a ping-pong. Affinché la nascita e il lungo aspettare si accorciassero.

Nell’anno 2004 è nata la mia seconda nipote. Anche questa volta era in estate. L’abbiamo saputo verso sera per telefono. Era molto emozionante. Purtroppo intanto la nostra cena si era raffreddata. Quando abbiamo sentito la notizia siamo subito saliti al piano di sopra, l’abbiamo detto alla bisnonna e agli altri parenti. Perciò la nostra cena si era raffreddata.

I genitori hanno scelto il nome Lia per la loro nuova bambina. Era anche molto carina. Anche Laura aveva partecipato alla scelta del nome. Però quando mia sorella ha allattato la piccola, Laura era gelosa e ha portato via il cuscino. Naturalmente anche Lia è cresciuta. Ha imparato a camminare. E sua sorella ha giocato a prendersi con lei. Qualche volta le due litigavano. Di tanto in tanto erano anche alquanto chiassose. Le ho guardate quando hanno fatto ginnastica sul divano. Quando erano più grandi guardavano con me i film su DVD. Siamo andate anche in città per vedere il corteo dei “Krampus”.

Ora la mia prima nipote è molto grande. Lei si tinge i capelli di tutti i colori. Quello che sa fare molto bene è dipingersi le unghie e copiare visi dal computer.

La mia nipote più piccola è anche di una testa più alta di me. I suoi capelli sono biondo scuro. Ha molti interessi ed esce anche volentieri con le sue amiche.

Talvolta le mie nipoti dicono che io sono una “coole Socke”. La parola cool in sé vuol dire fresco. Non capisco. Io sarei un calzino fresco? Dovrei mettermi calzini freschi? E allora avrei piedi freddi. E questo non mi piace. A me piacciono i calzini variopinti. Si possono trovare cool tante cose. Io trovo “cool” diversi indumenti come pantaloni bucherellati, biancheria intima con pizzi, pullover e scarpe molto vistose. Questo forse è cool. Se tira il vento, il mio viso e le mani sono freddi. A me questo non piace per niente. Però trovo super i miei nuovi occhiali di colore rosa e marrone. Pensiamoci – cos’altro trovo ancora cool? Capelli tinti o variopinti, una volta verdi, l’altra volta blu e pink. E camicette molto scollate e pullover e pantaloni fioriti di tanti colori. Le mie nipoti ce l’hanno. Loro sono cool.

Sono sempre fiera delle mie grandi nipoti.

Anche da ragazzine erano molto carine.

La mamma delle mie nipoti è mia sorella. Il suo nome è Claudia. È di media statura e snella. I suoi capelli sono biondo scuro e con gli anni diventano un po’ marroni. Lei ha sempre due anni più di me ed è anche più alta di me. Perché è nata prima. Mi piace il suo viso, i suoi vestiti, i suoi gioielli, il trucco, la larghezza della sua vita e anche molto lei stessa. Lei porta vestiti neri e colorati e scarpe con tacchi alti. Abita a Brunico con le mie nipoti. In macchina si viaggia un bel po’. Lei ha un bel posto di lavoro. E cioè a scuola. Porta gli scolari con difficoltà e i figli di immigranti fuori dalla classe. E in un locale vicino insegna loro la lingua tedesca. Questo le piace. Lei è anche molto sportiva e va in palestra. A mia sorella piace molto mangiare tanta verdura, frutta, carne e altri cibi.

Anni fa mia sorella e io ci siamo scatenate in giardino nella neve. E una volta mia sorella si è buttata con una fune molto solida ed elastica da una torre alta 40 metri. Per lei era una prova del suo coraggio.

Di tanto in tanto nelle famiglie si creano diverse situazioni e comportamenti. E io ci penso come si può venirne a capo e vedere chiaro in queste situazioni. Per esempio qualche volta le situazioni con i genitori sono spiacevoli. Queste cose allora si devono risolvere insieme. Non ci aiuta scappare pieni di rabbia. Perché queste situazioni esistono. Siamo in gioco noi stessi e le persone. Si dovrebbe imparare a capire molto meglio le incomprensioni degli altri. E informarsi su cosa avevano pensato. Che si chiariscano per favore. Allora sappiamo perché si sono comportati così.

A volte anch’io mi ritiro nella mia camera. Quando veramente voglio stare da sola. O quando mi ha fatto male la pancia o se ho nostalgia del mio ragazzo. Allora qualche volta piango a letto. Qualche volta succede anche che mi sono comportata un po’ male con i miei genitori. Allora vado in camera mia e devo riflettere sul mio comportamento. Perché ho detto o fatto una certa cosa. Dopo di che mi piace molto sentire in camera mia musica e cassette di favole. Di tanto in tanto ballo e canto a voce alta.

Generalmente trovo che i miei genitori siano stati molto bravi per come mi hanno cresciuta con impegno e buon senso. Talvolta è anche pesante. Qualche volta dico grazie. E qualche volta mi sembra di dover partecipare di più ai lavori in casa.

4Vita quotidiana

La mattina per prima cosa sbatto le palpebre parecchie volte finché sono sveglia. La mia sveglia è semirotonda, bianco-blu e segna diverse ore. Le mie tende hanno fiori colorati di rosapinkverdechiarobianco. Fuori è già chiaro. Allora butto via con le mie gambe il mio piumino dipinto di uccelli colorati. Pian piano alzo la gamba destra e quella sinistra finché sono seduta sull’orlo del letto. Dopo di che mi alzo e prendo i miei calzini. Si trovano sulla sedia davanti alla scrivania. Dopo vado in bagno comodamente e mi lavo bene i denti. Naturalmente lavo anche il mio viso. Mi metto acqua tiepida con le mani sul viso, poi lo asciugo e mi soffio il naso. E dopo il mio viso riceve una crema. Contro il vento. Mi pettino per bene. Alla fine ritorno in camera per vestirmi. Oggi mi metto la mia camicetta rosso scuro e i jeans neri. Reggiseno e mutande sono cose private. Dalla mia camera sento mio papà fare rumore in cucina. Prepara con cura il tavolo per la colazione. Quando entro in cucina dico: “Buon giorno!”. Prendo il latte intero e mi verso una tazza piena. La metto nel microonde per scaldarlo. Dopo arriva mia mamma in cucina. Sento già come si soffia il naso nel corridoio. Diciamo: “Buon giorno Evi”. I miei genitori per colazione prendono il tè. Mio papà beve tè verde, mia mamma tè ai frutti di bosco o alla mela. La camomilla non le piace per niente, perché sa di malattia. Io bevo la mia cioccolata calda. Mangiamo pane nero, burro e marmellata. Io preferisco mangiare il mio pane solo con burro. La marmellata non mi piace tanto. L’unica che mi piace è quella di albicocche. È mio papà che la fa. In giardino abbiamo due albicocchi. Uno però è malato, forse dobbiamo toglierlo. Raramente prendo il mio latte senza cioccolata, ma con il miele.

Chi arriva per ultimo a colazione sparecchia la tavola. Solo poche volte sparecchio io. Se ho tempo. Già prima della colazione mio papà accende il computer nel suo ufficio. Perché dura un bel po’ finché quello è pronto. Quando mio papà starnutisce forte in ufficio, mia mamma e io gridiamo: “No, non così forte!”.

Nella mia camera sposto le tende e spalanco la finestra. Poi chiudo. Durante l’apertura guardo il giardino. Ci sono aiuole di fiori alla parte sinistra, alla destra un’altalena per la piccola Maja, figlia di mia cugina, e – anni fa – anche per me. Prendo il mio zainetto con i grembiuli da lavoro e il mio spuntino. Da noi si dice “marende”. Io, per esempio, prendo pane o yogurt, pera, mela, piccole prugne, pesche o albicocche. Mi allaccio anche il mio marsupio. Lì dentro ci sono fazzoletti e documenti. Di solito il mio cellulare lo lascio a casa. All’ingresso mi metto la giacca e le scarpe. Dico “ciao” ai miei genitori e vado al lavoro. In estate e in primavera vado in bicicletta. Quasi sempre parto prima delle otto.

Da tanti anni lavoro in una casa di riposo. Per prima cosa dovevo presentarmi ai superiori. Poi mi hanno dato un’assistente di lavoro e mi hanno assegnato una persona a cui mi posso rivolgere in caso di problemi. All’inizio ho lavorato in prova. All’inizio era facile per me. Durante il lavoro venivo sempre osservata dalla mia assistente. Lei doveva sempre riferire come mi ero comportata durante il lavoro. Poi ho ricevuto un incarico di affidamento ufficiale. Questo viene ripetuto ogni anno e prorogato se nel mio lavoro tutto va bene. Ora sono impegnata nel reparto lavanderia e nel reparto “tempo libero”. Devo portare sempre grembiuli puliti e sandali con cinturini.

Nella casa di riposo devo avere tanta pazienza con gli anziani. Vuol dire anche tolleranza. Per me tolleranza vuol dire che in genere devo avere molta pazienza con tutte le persone. Sono come sono. Gli anziani nella casa di riposo spesso sono affetti da demenza. Questa è una difficoltà. Non auguro questo a nessuno. In continuazione dicono le stesse parole, le stesse frasi e desideri. A me sembra monotono e non piacevole. Devo essere molto tollerante e stare attenta a non agitarmi troppo e a non diventare nervosa o suscettibile. Questo non si deve far vedere davanti a loro. Le persone con demenza non riconoscono più le loro cose private e scambiano spesso i loro vestiti. Qualche volta dimenticano che sono d’intralcio. Poi si accorgono di questo e forse fanno quello che viene proposto. A volte sono anche indecise e assai impazienti.

Io ho pazienza nel mio lavoro. E proprio molta. Perché io mi prendo molto tempo con gli anziani per ascoltarli a lungo seduta vicino a loro. Nel mio lavoro tutti i colleghi devono sopportare parecchio anche in generale. I dolori interni ci sono anche loro. Così come piaghe del corpo che sono aperte. Ci sono tanti tipi di pazienza, di sopportazione e modi di sentire il dolore. Anche con il mio ragazzo di tanto in tanto mi ci vuole tanta pazienza.

Se sono seduta vicino agli ospiti anziani, i loro discorsi qualche volta sono noiosi, altre volte invece interessanti. Se raccontano di tempi passati sono tutt’orecchi. Raccontano come hanno lavorato anni fa. E parlano dei loro figli e masi. Hanno lavorato come domestiche e contadine e casalinghe. Come lavoravano una volta, facevano il contadino o il servo. Sicuramente tutti quanti si alzavano molto presto. Sono andati nella stalla a mungere le mucche. Poi hanno preso una forca e hanno pulito la stalla. Dopo di che le mucche prendevano il cibo. Più tardi si facevano i mucchi di fieno sui prati. L’erba veniva tagliata con la falce. Le contadine preparavano panini con lo speck e i contadini mangiavano pane con tanto burro e speck o uova al tegamino. Anche alle galline si doveva dare da mangiare.

In continuazione gli ospiti della casa dicono e ripetono le stesse parole. Questo non mi piace. Non mi piace neanche come mi parlano solo perché appaio piccola. Qualche volta succede anche che mi fanno arrabbiare. Sarebbe bello se i discorsi potessero essere più carini.

H. dice: Hai forse rubato tu il mio rosario?

U. chiede: Che ore sono? Che c’è da mangiare?

E. dice: Devo andare in bagno.

G. dice a me: Petra, vieni qua! – sebbene io mi chiami Verena.

I. chiede: Dove si prende un caffè?

H. dice: Hai rubato tu il mio rosario?

Ripetono tutto. Ho bisogno di pazienza e tolleranza. E vorrei tanto capirli meglio e più facilmente. Tanti parlano italiano. E allora non li capisco molto bene. Ho imparato l’italiano a scuola, però non lo capisco abbastanza.

Quando la mattina alle otto arrivo alla casa di riposo devo infilare la mia tessera di lavoro nell’apparecchio che è pronto a fare “peep”. Gli impiegati dell’ufficio vogliono sapere se veramente ci siamo tutti. Per prima cosa saluto le donne delle pulizie e le impiegate dell’ufficio. Poi vado giù allo spogliatoio dove mi metto i miei diversi grembiuli colorati puliti. E i miei sandali di lavoro. Questi si chiudono molto bene. Se no succede un “ahia!” alle dita dei miei piedi se uno ci passa sopra con la sedia a rotelle.

Dopo guardo il programma del giorno. Io prendo due pennarelli grossi e scrivo questo “Flipchart” per i nostri abitanti. Per esempio: movimento con musica, o Santa Messa, una volta fare lavori manuali, cantare canzoni vecchie regionali. E tutto questo dovrei scriverlo anche in italiano. Il che non è facile.

 

La mattina lavoro nel reparto lavanderia. Lì non si parla tanto. Perché dobbiamo concentrarci totalmente sul lavoro. Per fortuna ci sono due radio dove si può sentire RADIO 2000. Lì si sente tanta musica popolare e canzoni di una volta. Assegnare la biancheria è difficile perché si può scambiare la biancheria intima. Nella stireria devo stirare tanta biancheria intima. E anche fazzoletti. E pantaloni e magliette che non sono così delicati. Fatto questo devo mettere i veri strofinacci in un cesto blu. Gli strofinacci colorati li metto per colore nei loro scaffali.

A mezzogiorno gli ospiti prendono un menu di quattro portate. Per esempio: insalata verde, brodo con taglierini di frittata o con pane, verdura, carne e crauti. E come dolce, frutta cotta o yogurt. Prima del pranzo il mio compito è di accompagnare le persone nella sala da pranzo.

Il pomeriggio sono nel reparto “tempo libero”. Lì aiuto gli ospiti a dedicarsi a qualche attività. Preghiamo, giochiamo, parliamo, beviamo, si legge un libro, cantiamo, facciamo lavori manuali, cuociamo al forno qualcosa, ci punzecchiamo, ridiamo, facciamo qualche passeggiata e balliamo con loro. Poi vado a servire tè, acqua minerale e succo di frutta con tazze e bicchieri. Qualche volta devo prendere o portare agli ospiti foulard, giacca, giornali, secchielli delle immondizie, fazzoletti, chips dal distributore o Coca Cola o caffè in cortile o nelle loro camere. Se facciamo lavori manuali vado a prendere forbici, scatola dei colori e carta. Qualche volta devo anche raccogliere cose da terra e scopare il pavimento. Nel pomeriggio nel reparto “tempo libero” parlo molto con colleghi e altre persone. Se gli ospiti urlano: “zucchero!” devo riempire i sacchetti di zucchero. Se il tè non è abbastanza buono, hanno bisogno di zucchero. Anche se tanti di loro sono diabetici. Loro ricevono acqua e lo zucchero dietetico. Però solo metà bustina. Tante volte raccolgo fazzoletti usati. Sono più svelta degli anziani.

Per me poi è una cosa bellissima fare un quarto d’ora di pausa. Io mi siedo nella stanza per il relax e mangio o lo yogurt e le chips di mele o mezzo panino con il burro. Il nostro custode ci serve la cioccolata. E io scherzo con lui. Qualche volta devo andare al WC. Però questo è privato.

Se sul programma giornaliero c’è scritto “Messa”, devo riempire i bicchierini con l’acqua. Alla fine della mia giornata lavorativa il mio compito è di mettere via giornali, resti di frutta, fazzoletti, matite colorate, temperini, gomme da cancellare, bicchieri, piatti, posate, ciotole e secchielli delle immondizie e dopo pulire per bene tutti i tavoli.

Dopo il lavoro vado a casa passeggiando per la città. Mi compro una cioccolata o un succo di frutta. E poi vado veramente a casa. Sulla via di casa c’è anche la biblioteca. Qualche volta entro e prendo qualcosa in prestito. Però dopo di questo vado veramente a casa. Arrivata mi faccio ogni tanto la doccia. Dopo dico “ciao” ai miei genitori. E alcune volte faccio un salto su al primo piano da mia nonna per vedere come sta.

Qualche volta mi trovo con una mia amica per fare qualcosa. Quest’amica per me è veramente importante. Lei è più grande di me e lavora come segretaria alla ricezione dell’ospedale. È di media statura, ha i capelli neri di media lunghezza, un deambulatore e anche gli occhiali. In città viene salutata da tutte le parti da altra gente. Talvolta va a trovare sua sorella e si gode la sua nipotina. Noi due insieme andiamo a mangiare la pizza o prendiamo qualcosa da bere, andiamo in piscina o facciamo acquisti. Però non è così facile organizzare un appuntamento. Perché lei ha ore di lavoro non sempre uguali e talvolta fa anche servizio notturno. Se è in giro con me deve avere sempre con sé il cellulare di servizio. Se facciamo un giretto in città i nostri discorsi vanno un po’ così:

L’amica: Ciao Verena, cos’è che vuoi fare? Io devo comperare qualcosa.

Verena: Va bene, anch’io ho voglia. Dove andiamo?

L’amica: Avrei bisogno di qualche smalto per le unghie.

Verena: Hai bisogno di qualcosa dalla latteria?

L’amica: Sì, forse lo yogurt.

Verena: Dopo andiamo alla Pasticceria Häusler?

L’amica: Buona idea, vengo anch’io.

Verena: E che cosa prendiamo?

L’amica: Io prendo un caffè e un bicchiere d’acqua. E tu?

Verena: A me per favore un bicchiere di spuma. La spuma si fa con le mele cadute per terra. A me questo succo piace molto.

Se abbiamo fortuna, facciamo un salto in piscina. Prima occupiamo due sdraio con le nostre cose. Dopo andiamo in acqua e parliamo per esempio così:

Verena: Come ti va con la respirazione sotto acqua?

L’amica: Non proprio bene. Mi fa solletico al naso. Però provo.

Verena: Ti faccio vedere come si fa.

O noi due andiamo a mangiare la pizza e parliamo così:

L’amica: Mi dai una mano per aprire la porta?

Verena: Certo, entra tu per prima.

L’amica: Grazie, prendiamo lo stesso tavolo come sempre?

Verena: Sì, perché no?

Dopo salutiamo il team della pizzeria e ci mettiamo comode. La cameriera o il cameriere arriva al nostro tavolo e chiede che cosa vogliamo bere. Per esempio rispondiamo così:

L’amica: Prendo una bottiglia d’acqua.

Verena: A me una Coca Cola per favore.

L’amica: Io prendo la pizza alle verdure.

Verena: Allora io prendo una pizza piccola con il würstel.

L’amica: Come va con il tuo ragazzo? E nel tuo lavoro?

Verena: Nel lavoro c’è sempre molto da fare. Del mio ragazzo preferisco non parlare.

L’amica: Hai ancora scritto qualcosa per il tuo libro?

Verena: Sì, te lo faccio vedere volentieri. Prego.

Mentre parliamo mangiamo la nostra pizza. Poi paghiamo separatamente e ci salutiamo davanti a casa sua.

Di tanto in tanto lavoro anche per l’“Ohrenkuss” e per la “Perspektive”. L’“Ohrenkuss” è una rivista di persone con la sindrome di Down. Per me l’“Ohrenkuss” è molto carino, interessante e vario. Persone Down scrivono, dettano, scrivono al computer. L’ufficio si trova a Bonn. Si incontrano regolarmente per le loro riunioni. Discutono di argomenti, di testi e di che cosa vogliono ancora scrivere. La direttrice mi manda le domande al mio indirizzo e-mail. E io scrivo le mie cose a casa al computer. Mi fa sempre piacere ricevere nuovi argomenti. Un giorno i miei genitori come sorpresa mi hanno accompagnato a Bonn alla redazione dell’“Ohrenkuss”. E ho potuto davvero partecipare di persona. È stato magnifico per me. Durante questa riunione ho osservato un po’ gli altri. Dopo anch’io ho lavorato con loro e parlato. Questo mi è piaciuto molto. L’“Ohrenkuss” viene stampato in formato oblungo. Ed è anche fatto con diversi tipi di scrittura. A me piacciono soprattutto le illustrazioni. Naturalmente leggo anche gli altri testi. Degli altri autori con la sindrome di Down. Mi fa sempre piacere quando arriva la nuova rivista per posta a casa mia.

Scrivo anche per la rivista “Perspektive”. Scrivo articoli su molti temi che riguardano il Sudtirolo e le mie esperienze. All’inizio non era facile. Non è permesso mettere foto o nomi di persone senza la loro autorizzazione. Questo l’ho imparato. Diverse persone scrivono per questa rivista. Ognuno può partecipare. La sede centrale della “Perspektive” si trova a Bolzano presso la “Lebenshilfe”. Intanto sono responsabile delle pagine colorate. Trovo questo lavoro molto piacevole. E lo faccio molto volentieri.

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